La Lobby

Nel nostro Paese la vita politica, e conseguentemente anche quella sociale ed economica, è caratterizzata da un alto tasso di corporativismo (cioè da una forte tendenza dei gruppi sociali e delle categorie professionali a difendere i propri interessi particolari, anche quando questi sono – come spesso accade – in contrasto con l’interesse generale).  Un esempio, forse un po’ semplicistico, ma sicuramente efficace, di questa situazione può essere rappresentato da una serie di eventi della recente cronaca italiana, cioè dalle forti proteste che ha suscitato in alcuni settori il cd. Decreto Bersani. Infatti, nonostante il pacchetto di liberalizzazioni approvato dal Consiglio dei Ministri qualche mese addietro (con un decreto legislativo comunemente indicato col cognome del Ministro dello Sviluppo economico) va nella direzione della tutela del consumatore e del cittadino comune, esso ha generato manifestazioni di piazza da parte di tutte – o quasi – le categorie i cui interessi particolari sono stati intaccati per il raggiungimento dell’interesse generale. Queste contestazioni (che hanno riguardato il mondo delle banche e delle assicurazioni, gli avvocati, i tassisti, i farmacisti ed altri ancora) vanno certamente al di là delle critiche che di fronte ad un provvedimento del genere si potevano preventivare: infatti erano immaginabili gli attacchi dovuti alla forma dell’intervento legislativo e alla mancata preventiva concertazione con le parti interessate (che pure sono stati rivolti, sul piano politico, dall’opposizione alla maggioranza che ha approvato queste liberalizzazioni), ma era difficile ipotizzare blocchi della circolazione e quant’altro è accaduto ad opera dei classi su elencate. Ciò – credo – dimostra la validità dell’affermazione iniziale di una forte caratterizzazione corporativistica dell’Italia.
Un quadro generale del tipo appena descritto (in cui, davanti all’ovvio contrasto tra interesse generale e vari interessi particolari, vi è da parte di portatori di alcuni interessi di categoria il tentativo di far prevalere a tutti i costi questi, con il risultato non sporadico di riuscirci) costituisce senz’altro terreno fertile per il proliferare di lobbys.
Il termine lobby è proprio del linguaggio inglese, ma è diventato ormai (alla stregua di molte altre parole come, ad es., bar, corner, shopping) di uso comune anche in quello italiano, in cui letteralmente si traduce con l’espressione generica di gruppo di potere o di pressione. Più precisamente con esso si indicano i gruppi di interesse che mediante pressioni, anche illecite, su uomini e partiti politici cercano di ottenere provvedimenti a proprio favore. Il termine inglese deriva da quello del latino tardo laubia, che significa “loggia” e per estensione anche “partito”.
A proposito dell’origine del termine lobby, occorre ricordare una tradizione anglosassone che collega l’uso di questa terminologia per indicare la parte del Parlamento inglese dove i rappresentanti di gruppi di pressione si incontravano con i membri della Camera dei Lord e della Camera dei Comuni per indicargli i provvedimenti a loro favorevoli e quelli a cui erano contrari. Secondo questo orientamento, non del tutto certo, nel gergo inglese il termine si sviluppò nel XIX secolo per indicare coloro che svolgevano tale attività di pressione e l’attività di pressione stessa.
Dal punto di vista linguistico occorre evidenziare che, col l’entrata della parola lobby nella terminologia italiana, anche molte altre parole, che derivano da questa, sono state introdotte nella linguaggio comune del nostro Paese, in particolare lobbismo (per indicare l’attività esercitata da una lobby per orientare la classe politica) e lobbista (per individuare colui che è componente di un gruppo di pressione). Inoltre, sempre dal punto di vista linguistico, si può notare come nella terminologia giornalistica il termine ha subito un’estensione ed è utilizzato anche per indicare una manifestazione di cittadini (o altre forme di protesta) che hanno lo scopo di esercitare la loro influenza in favore di (o contro) un determinato provvedimento di legge (ad es. lobby contro la finanziaria) o per fare riferimento ad un certo numero di organizzazioni o di associazioni o, più semplicemente, di persone legati tra loro dal comune intento di incidere a proprio vantaggio sulle deliberazioni delle istituzioni legislative.
Il fenomeno del lobbismo non trova una precisa collocazione nè politica e né ideologica, infatti esso è caratterizzato dalla mancanza di un’unica appartenenza partitica e dalla assenza di ideologie tradizionali, a meno che non si voglia considerare la ricerca del raggiungimento dell’interesse particolare come un’ideologia in maniera da assegnargli una qualche connotazione positiva. Quest’ultimo aspetto ci porta a notare come il proliferarsi delle lobby, o comunque il rafforzarsi di quelle esistenti, trova terreno fertile anche in un’altra caratteristica italiana (oltre a quella dell’alto tasso di corporativismo): il suo accentuato trasformismo parlamentare. In questa maniera viene indicato il metodo politico che consiste nel formare maggioranze parlamentari assorbendo uomini e gruppi di tendenze diverse, con accordi di tipo particolaristico, estranei agli orientamenti ideali e politici, e – più in generale – così vengono identificate le trasmigrazioni di Deputati e Senatori da un gruppo parlamentare (quello del partito sotto il cui simbolo sono stati eletti) ad un altro (molto spesso il “Gruppo Misto”). Che la nostra vita politica è caratterizzata da una situazione di questo genere è facilmente dimostrabile: basta leggere i dati delle suddette trasmigrazioni durante la scorsa legislatura parlamentare e ci si rende conto immediatamente delle proporzioni del fenomeno. Un esito solo parzialmente attenuato sarebbe fornito da un controllo della situazioni nei primi mesi della nuova legislatura, nonostante il fenomeno dovrebbe in teoria essere ridotto al massimo visto le che liste di candidati alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica questa volta (in virtù di una nuova legge elettorale) sono state elaborate dai partiti in un ordine predeterminato. Comunque tale situazione è sintomo certo di una scarsa attenzione agli ideali e alle origini delle culture politiche e quindi favorisce il lobbismo che, come detto, è staccato da tali ideali e da tali culture visto che i membri di una lobby sono uniti e perseguono lo stesso scopo solo in quanto questo consiste nel raggiungimento di un provvedimento che genera benefici per tutti i componenti del gruppo stesso. Pertanto l’adesione ad un gruppo di tal genere non presuppone una coincidenza di visioni politiche o di concezioni ideologiche, ma si concretizza in un interesse a negoziazioni con le istituzioni.
Il termine lobby ha una chiara connotazione negativa, perlomeno nel nostro lessico. Tale connotazione è giustificata più che dalla considerazione sociale secondo cui il cercare di ottenere il soddisfacimento dei propri interessi anche quando questi siano in contrasto con gli interessi della generalità dei consociati rappresenta un atteggiamento poco etico che contrasta con gli obblighi morali che investono ogni componente di una comunità, bensì dalla considerazione giuridica che i comportamenti con cui i gruppi di pressione cercano di raggiungere i propri scopi sono molto spesso illegali e quindi in tal caso viene meno ogni considerazione di moralità per lasciare il campo alla illecità (sia quando il comportamento si concretizza in atteggiamenti di concussione e corruzione, sia quando si realizzano minacce e ritorsioni, con la principale differenza tra le due coppie di fatto che negli ultimi due casi si agisce contro la volontà di colui che esercita pubbliche funzioni). Occorre però precisare come le lobbys agiscono pure attraverso azioni legali, infatti – seppur tale termine può richiamare alla mente attività “sotterranee” e diverse come quelle delle società segrete, ad es. la massoneria – lobby possono definirsi anche semplici associazioni che con attività che si svolgono nei limiti della legge cercano di indirizzare le decisioni generali nell’interesse dei loro associati. Occorre, da ultimo, rilevare come fuori da nostri confini nazionale il termine assume connotazioni negative più attenuate perché più comunemente utilizzato al fine di indicare associazioni come quelle appena descritte.
Satyrnet

Autore: Satyrnet

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