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Otaku no Video: il manifesto di una generazione tra sangue, sudore, lacrime, orgoglio ed una bruciante passione        

Salve,benvenuti, o bentornati su questi lidi.

Ed inizio subito chiedendovi scusa, perché quello che state per leggere difficilmente può definirsi un articolo, in quanto sarà un flusso di coscienza dettato da quello che gli storici definirebbero come ‘fanatismo mistico’, ma, visto il soggetto, era inevitabile.

Avrei potuto prendere la strada più semplice,fare una rapida carrellata delle opere animate di SONODA, e chiudere lì la questione, ma in questi giorni compio gli anni, e quest’anno supererò il quarto di secolo, per cui voglio fare qualcosa, guardando indietro, di cui essere orgoglioso. Ecco perché oggi vi parlo di Otaku no Video.

Ma che cos’è otaku no video?

Ebbene, si tratta di due OVA (original video animation, ovvero prodotti direttamente per l’allora fiorente mercato home video) usciti rispettivamente a Settembre e Dicembre 1991, ma ambientati fra il1982 e l’allora futuristico 2035, almeno per quanto riguarda la parte animata. Sì, perché i due episodi si dividono in una metà animata, che racconta di come lo studente universitario, e giocatore di tennis, Kubo, in seguito ad un incontro con il suo ex compagno di scuola Tanaka, finisca con l’entrare, o sprofondare se preferite, nel complesso e contraddittorio mondo dell’essere un fan, mondo che viene contestualizzato dalla metà (finto)documentaristica, ovvero la decina di segmenti live action chiamati “portrait of an otaku”.

E questi segmenti, sebbene ispirati a persone reali, sono interpretati dallo staff che ha lavorato alla parte animata, ovvero quelli del fu studio Gainax. Ma perché fare tutto questo, potreste chiedervi,e, per farla breve, si tratta di un tentativo di riabilitazione.

Ora, per spiegare cosa intendo devo fare una digressione storica, ma cercherò di essere conciso: la cosiddetta ‘prima generazione otaku’ riguarda i giapponesi nati e cresciuti guardando l’animazione degli anni ’60 e ’70, e che, arrivati all’inizio degli ’80, sono diventati studenti universitari, quindi erano sulla soglia dell’entrare in società. Celebre è infatti, per chi era presente, la ‘dichiarazione del nuovo secolo di animazione’ del 22 febbraio 1981, ovvero la première dei film di Gundam, che va a popolarizzare l’immaginario di questa sottocultura nell’opinione pubblica.

Tuttavia, io ho parlato di riabilitazione, e questo perché, proprio alla fine della decade, quella stessa opinione pubblica viene sconvolta dai crimini di Tsutomu Miyazaki che, in una mossa usata anche per fumetti e videogiochi, viene apostrofato come ‘otaku killer’, incolpando i suoi hobby per le sue azioni. Capite bene, almeno spero, che ciò è dannoso per tutti i fan, quindi bisogna mostrare che una mela marcia non è indicativa di tutto l’albero, ed ecco perché viene creato Otaku no Video.

Dunque, la domanda che sorge spontanea è “l’opera riesce nel suo intento?” Sì e no. Sì perché mostra gli otaku per quello che sono, ovvero persone appassionate di qualcosa, forse a volte in maniera fin troppo esagerata, ma comunque innocue; e no perché questo intento viene messo in ombra da altro. Infatti uno dei temi portanti dell’opera, come altri hanno già fatto notare, e si un’autobiografia romanzata sulla nascita dello studio che creerà Evangelion, ma è soprattutto una storia sull’importanza della passione. Di quella passione che ti fa venire i pensieri intrusivi che devi buttare giù, che ti tiene sveglio fino a tardi, che ti spinge a dare il massimo anche se sei esausto e che non ti fa dormire la notte, perché il cuore batte troppo forte e la mente corre troppo veloce.

Ma vediamo di tirare le somme, ok?

Perché, nell’anno di nostra signora Haruhi 2025, qualcuno dovrebbe ancora guardare Otaku no Video? Principalmente per motivi storici e culturali.

E, a rischio di risultare pedante, credo che chiunque voglia definirsi otaku debba accettare sulle proprie spalle il peso di ciò che quella parola significa e che ha significato.

In definitiva, non è il mio prodotto preferito della fu Gainax, quel posto resta all’immortale Gunbuster, ma è il secondo o terzo a cui penso quando sento la parola Anime, al punto che la sua opening è da anni la mia suoneria.

Normalmente chiuderei chiedendovi cosa ne pensate, ma per questa volta, eccezionalmente, lasciatemi finire con un irrispettosissimo

 “ ore wa kimoi otakudearu koto o hokori ni omoimasu da!!!

(Sono orgoglioso d’essere uno schifoso Otaku!!!)

Trent’anni di Evangelion: l’apocalisse che ha cambiato per sempre il modo di vedere gli anime

Certe opere non invecchiano. Evolvono, mutano, si rispecchiano nei nostri occhi e continuano a parlarci anche dopo decenni. “Neon Genesis Evangelion” è una di queste. Il 4 ottobre 1995, alle 18:30, TV Tokyo trasmetteva il primo episodio di una serie destinata a cambiare per sempre la storia dell’animazione giapponese. Nessuno poteva immaginare che, dietro quel titolo enigmatico, si nascondesse un manifesto generazionale, un grido di dolore e rinascita che avrebbe definito l’anime moderno.Evangelion non era “solo” un nuovo mecha show. Era — e resta — un viaggio nell’inconscio collettivo, una battaglia tra il sé e il mondo, tra l’uomo e Dio, tra tecnologia e disperazione. Una Lancia di Longino scagliata nel cuore di chiunque pensasse che i robottoni fossero soltanto muscoli d’acciaio e pose eroiche.


Il mondo dopo l’Apocalisse

Anno 2015. Quindici anni dopo il Second Impact, la Terra è una ferita ancora aperta. Nella futuristica Neo Tokyo-3, una nuova generazione cresce nell’ombra di una tragedia planetaria. È qui che un ragazzo timido, Shinji Ikari, viene richiamato dal padre — un uomo che conosce più il freddo del potere che il calore dell’affetto — per pilotare un colosso biomeccanico chiamato Evangelion.Da quel momento, l’adolescente smarrito diventa il pilota destinato a confrontarsi con esseri noti come “Angeli”: creature misteriose, ambigue, forse divine, forse solo riflesse della nostra stessa follia. Evangelion è questo: un’epopea di battaglie titaniche e silenzi abissali, dove il nemico è tanto fuori quanto dentro di noi. Ogni episodio è un frammento di un mosaico sempre più oscuro, dove religione, filosofia e psicologia si intrecciano in un enigma senza soluzione definitiva.

Quando Hideaki Anno concepisce Evangelion, il Giappone è in piena crisi esistenziale. L’economia crolla, le certezze sociali vacillano, e una generazione di giovani otaku vive sospesa tra alienazione e isolamento. Anno stesso è reduce da una depressione profonda. Evangelion nasce da lì: dal dolore di un uomo che decide di mettersi a nudo.

Tutti i personaggi di Evangelion sono me”, confesserà anni dopo. E in effetti, Shinji, Asuka, Rei e perfino Gendo sono sfaccettature della stessa psiche: l’insicurezza, la rabbia, la paura di essere rifiutati, il desiderio disperato di essere accettati.

Anno prende il linguaggio dei robot e lo trasforma in seduta di analisi. Gli Eva non sono armi: sono corpi viventi che fondono la carne con l’anima. Sono le estensioni dei traumi dei loro piloti. Ogni sincronizzazione è una confessione. Ogni battaglia, un tentativo di guarigione.


Psicologia, religione e apocalisse

In un panorama dominato da eroi invincibili, Evangelion osa chiedere: cosa significa davvero essere umani?
L’opera intreccia la psicoanalisi junghiana con la simbologia cristiana e cabalistica. Ogni angelo, ogni croce, ogni cerchio di Sephiroth è una tessera di un puzzle mistico che riflette la mente dell’autore.

Gli ultimi episodi, spesso criticati per la loro astrattezza, rappresentano l’apice di questa fusione tra introspezione e sperimentazione audiovisiva. Mentre le battaglie si dissolvono, resta solo la coscienza: un viaggio onirico nel subconscio dei protagonisti, fino all’iconico “Congratulations” — un applauso liberatorio e inquietante allo stesso tempo.

Ma il pubblico non era pronto a una fine così. Nel 1997 arrivano i film “Death & Rebirth” e “The End of Evangelion”, che offrono una conclusione alternativa, più apocalittica e cinematografica. Il risultato è un’esperienza complessiva che fonde arte, filosofia e disperazione con una potenza che ancora oggi pochi titoli hanno eguagliato.


Dalla Gainax alla rivoluzione dell’industria

Prima di Evangelion, lo studio Gainax era già un nome cult tra i fan grazie a progetti come “Gunbuster” e “Nadia – Il mistero della pietra azzurra”. Ma con Eva, Anno e il suo team riscrivono le regole dell’animazione.

L’impatto industriale è devastante: nasce il modello del production committee, le serie si accorciano ma si intensificano, e gli autori iniziano a reclamare una libertà creativa totale. Senza Evangelion, probabilmente, non esisterebbero opere come “Serial Experiments Lain”, “Ergo Proxy”, “Attack on Titan” o “Made in Abyss”.

Gainax diventa un laboratorio di idee, un simbolo di come la cultura otaku possa diventare arte e critica sociale allo stesso tempo. Evangelion non è solo un anime: è una rivoluzione culturale che ha reso possibile parlare di nevrosi, solitudine e identità in un medium pensato fino ad allora per l’evasione.


Il simbolo di una generazione

Shinji Ikari non è un eroe. È un ragazzo che non vuole combattere, che teme il contatto umano, che si rifugia nell’obbedienza e nella fuga. Ma proprio per questo è diventato immortale. In lui, gli spettatori degli anni ’90 — e quelli di oggi — si riconoscono più che in qualsiasi super robot pilotato da coraggiosi comandanti.

Evangelion è il racconto di una generazione che ha paura di crescere ma non può smettere di cercare se stessa. È un’opera che non consola, non spiega, ma ti costringe a guardarti dentro.

Ogni rewatch è una nuova seduta. Ogni battaglia contro un Angelo diventa una metafora delle nostre ansie quotidiane. E ogni volta, quando lo schermo si riempie di sangue e luce, ci chiediamo: “Chi sono io, e perché sono qui?”.


Un’eredità eterna

A trent’anni dalla sua prima trasmissione, “Neon Genesis Evangelion” rimane un monumento all’arte dell’anime. Ha ridefinito l’estetica visiva, la narrazione e la profondità psicologica del medium.
È diventato un linguaggio, un codice culturale condiviso che riecheggia in decine di opere successive, dai manga ai videogiochi, fino alla tetralogia “Rebuild of Evangelion” che, tra il 2007 e il 2021, ha offerto una nuova visione del mito, chiudendo il cerchio con il perdono e la rinascita.

Evangelion è la dimostrazione che l’animazione può essere introspezione, filosofia, dolore e catarsi. È un viaggio nella mente umana travestito da epopea apocalittica.

E se, come diceva Misato Katsuragi, “la realtà è crudele”, Hideaki Anno ci ha insegnato che anche nel momento della fine, c’è sempre un nuovo inizio.

Bunny Day: il 21 agosto si celebra la festa nerd delle bunny girl tra anime, manga e cosplay

Agosto, si sa, è un mese bollente — e non solo per le temperature torride che ci obbligano a rifugiarci davanti al ventilatore o a divorare ghiaccioli. Per gli appassionati di cultura otaku, agosto è anche il mese di alcune delle festività più bizzarre, divertenti e, diciamocelo, maliziosamente intriganti del calendario nerd giapponese. Stiamo parlando di ricorrenze come il Waifu Day, celebrato il 1° agosto, o il Pantsu Day, il 2 agosto, ma la vera star del mese arriva più avanti, precisamente il 21 agosto: il mitico Bunny Day, dedicato alle leggendarie “bunny girl” di anime, manga e cultura pop.

Ma da dove nasce questa tradizione che, anno dopo anno, riempie i social giapponesi (e non solo) di illustrazioni, fanart e cosplay a tema coniglietta? La storia affonda le sue radici nel lontano 2008, quando un artista giapponese noto come Marison proclamò ufficialmente la nascita del Bunny Day su Pixiv, la celebre piattaforma online dedicata agli artisti e ai creativi. Con un’illustrazione pubblicata il 19 agosto, Marison invitava gli utenti a dare sfogo alla fantasia, proponendo il 21 o il 23 agosto come date per festeggiare la giornata delle “Bunny-san” — un invito che fu accolto con entusiasmo, dando vita a quella che oggi è diventata una vera e propria tradizione otaku.

La scelta del 21 agosto non è affatto casuale, ma si basa su un gioco di parole tipicamente giapponese che strizza l’occhio ai nerd di tutto il mondo. Proprio come “May the Fourh be with you” per lo Star Wars Day, in Giappone il numero 821 (ba-ni-i) suona simile alla parola “bunny”. Un piccolo gioco fonetico, certo, ma sufficiente a trasformare una data qualsiasi in una celebrazione geek a tutti gli effetti.

Ma facciamo un passo indietro: chi sono le bunny girl? Da dove arriva questa figura tanto iconica quanto discussa? Per rispondere dobbiamo attraversare il Pacifico e atterrare nell’America degli anni ’60, dove le leggendarie conigliette di Playboy facevano sognare il pubblico maschile nei famosi Playboy Club. Con le loro orecchie da coniglio, il bustino attillato, i polsini e il colletto da cameriere, queste modelle incarnavano un’idea di sensualità tanto patinata quanto influente. Dal 1960 al 1991, furono vere icone pop, protagoniste di un immaginario che mescolava glamour, trasgressione e intrattenimento.

Quando e come questo immaginario ha attraversato l’oceano per radicarsi nella cultura giapponese? Anche se il primo Playboy Club asiatico aprì a Tokyo solo nel 1976, in Giappone le “bunny suit” (バニースーツ) iniziarono a comparire già a metà degli anni ’60, indossate dalle cameriere di alcuni locali ispirati all’estetica occidentale. Tuttavia, il Giappone fece presto propria questa figura, trasformandola in qualcosa di unico, filtrandola attraverso il prisma dell’anime, del manga e dell’idol culture.

Oggi il costume da coniglietta è un vero e proprio topos della cultura pop giapponese. Dai cosplay nei festival ai videogiochi, dalle serie animate ai gadget da collezione, il bunny suit è diventato un elemento iconico e riconoscibile. Pensiamo, per esempio, a Ranma ½, dove il protagonista si ritrova più volte in situazioni esilaranti travestito da coniglietta, o a Bulma di Dragon Ball, una delle prime “bunny girl” viste da milioni di spettatori occidentali. E come non citare Haruhi Suzumiya, protagonista di The Melancholy of Haruhi Suzumiya, o la ragazza coniglietta dei leggendari cortometraggi Daicon III e Daicon IV, realizzati dallo studio Gainax agli albori della sua carriera?

Il fascino delle bunny girl in Giappone non è solo legato all’aspetto sexy e provocante. Esiste anche un gioco estetico, un po’ come accade con il fenomeno delle nekomimi, le “orecchie da gatto” indossate da ragazze e ragazzi nei manga, negli anime e nei cosplay. È un modo per giocare con l’identità, con la metamorfosi, con la sospensione tra umano e animale, tra innocenza e malizia, tra ironia e seduzione.

Il Bunny Day, quindi, non è solo una celebrazione del sexy fine a sé stesso, ma un’occasione per rendere omaggio a una figura che, nel bene e nel male, ha lasciato un segno nell’immaginario nerd globale. Ogni anno, il 21 agosto, i social esplodono di fanart, cosplay, meme e discussioni, creando un momento di condivisione tra appassionati che non conosce confini geografici.

E tu, cosa ne pensi del Bunny Day? Hai un personaggio preferito in versione coniglietta? Ti è mai capitato di cimentarti in un cosplay a tema, o magari hai una fanart nel cassetto che non hai mai avuto il coraggio di pubblicare? Raccontacelo nei commenti e condividi questo articolo sui tuoi social: più siamo, più ci divertiamo! E chissà, magari quest’anno il 21 agosto lo festeggeremo tutti insieme, con orecchie da coniglio in testa e un sorriso nerd stampato sulla faccia.

Neon Genesis Evangelion: il mito compie trent’anni e si prepara a un festival epocale

Ci sono opere che guardi, ti piacciono, le archivi. E poi ci sono quelle che ti restano addosso. Ti strappano via qualcosa e ti restituiscono una nuova prospettiva. Neon Genesis Evangelion è esattamente questo: non solo un anime, ma un’esperienza profonda, viscerale, disturbante e folgorante. Un viaggio nell’anima umana, mascherato da epopea mecha. E ora, mentre il suo trentesimo anniversario si avvicina, mi ritrovo travolta da un vortice di emozioni: nostalgia per quei pomeriggi passati a interrogarmi sul senso di ogni sguardo di Rei o ogni silenzio pesante come piombo; entusiasmo per le novità che stanno arrivando; e una curiosità divorante per ciò che Evangelion ha ancora da raccontarci.

Sì, avete capito bene: Evangelion compie trent’anni. Trenta. Solo a pronunciarlo mi viene un brivido lungo la schiena. Perché Evangelion non è semplicemente invecchiato: è cresciuto, si è trasformato, si è rigenerato come solo i grandi capolavori sanno fare. E nel 2025 e 2026 si prepara a tornare più vivo che mai, con un festival dedicato interamente al suo universo e un cofanetto Blu-ray da capogiro che farà impazzire i collezionisti.

Neon Genesis Evangelion: quando l’anime diventò psicanalisi

Torniamo indietro, al 1995. La TV giapponese manda in onda una nuova serie anime firmata Gainax, diretta da un giovane ma tormentato regista: Hideaki Anno. Neon Genesis Evangelion inizia come una serie mecha, ma fin dai primi episodi si capisce che sotto l’armatura degli EVA si nasconde qualcosa di molto più profondo. Questa non è una guerra tra robot e angeli, ma una battaglia interiore. Una danza tra depressione, alienazione, identità, traumi e simbolismo religioso. Un anime che ti prende a schiaffi emotivi e ti costringe a guardarti dentro.

E poi c’è lui, Shinji Ikari. Un protagonista che non vuole combattere, che non vuole essere lì, che crolla, che fugge. Mai un personaggio ha diviso tanto: amato, odiato, compreso e rifiutato. Ma è proprio attraverso Shinji che Evangelion compie il suo miracolo narrativo: si trasforma in una seduta collettiva di terapia.

Gli ultimi due episodi della serie televisiva mandano in tilt migliaia di spettatori. Niente risposte, solo introspezione pura. Poi arriva The End of Evangelion, il film che riscrive (e distrugge) la fine dell’anime con una potenza iconica tale da guadagnarsi l’Anime Grand Prix nel 1998, dopo che la serie l’aveva già vinto due volte consecutive. Una tripletta storica che consacra Evangelion come opera di culto assoluto.

L’eredità di un gigante

Ma cos’è rimasto di Evangelion, trent’anni dopo? Tutto. Perché Evangelion ha riscritto le regole dell’animazione giapponese. Ha preso il genere mecha e lo ha stravolto, rendendolo umano, imperfetto, filosofico. Senza Evangelion non esisterebbero Serial Experiments Lain, RahXephon o Bokurano. Ha aperto le porte a un’animazione adulta, notturna, densa.

Anche la cultura otaku è cambiata. Come osservato da Hiroki Azuma, Evangelion ha segnato il passaggio alla terza generazione otaku, rendendo la passione per gli anime non più una nicchia, ma un’identità collettiva. I cosplay di Rei e Asuka sono diventati leggendari, simboli di una generazione intera.

E l’influenza di Anno è arrivata ovunque: da Makoto Shinkai a Rick and Morty, da Gravity Falls ai videoclip di Billie Eilish. Evangelion è ovunque, nei temi, nei colori, nell’estetica frammentata e nei dialoghi criptici.

2025–2026: un festival epocale e un cofanetto da sogno

Per celebrare questo trentesimo anniversario, il Giappone ha in serbo qualcosa di gigantesco. Dal 21 al 23 febbraio 2026 si terrà un festival interamente dedicato a Evangelion, un evento pensato non solo per i fan hardcore, ma per chiunque voglia entrare – o rientrare – nel mondo degli EVA. Il tema? Passato, presente e futuro.

Ci saranno mostre immersive, concerti, panel, collaborazioni esclusive, merchandising da urlo. Ma soprattutto, ci sarà lei: Yoko Takahashi. La voce che ha reso immortale A Cruel Angel’s Thesis tornerà a esibirsi dal vivo nell’Evangelion Wind Symphony, un’esperienza audio-visiva che si preannuncia memorabile.

E non è finita. Dal 10 dicembre 2025 sarà disponibile la EVANGELION 30th Anniversary Movie Collection, un’edizione Blu-ray che farà tremare le mani ai collezionisti. Tre versioni, per tre livelli di follia.

La più estrema? Il Full Complete Blu-ray BOX, un cofanetto da 28 dischi che include la serie originale, i film classici (Death & Rebirth, The End of Evangelion, Revival of Evangelion) e tutta la tetralogia dei Rebuild of Evangelion in versione Blu-ray e 4K UHD. Prezzo? 110.000 yen (circa 674 euro). Ma cosa non si fa per la completezza assoluta?

Per chi è interessato solo ai film Rebuild, c’è un’edizione intermedia da 77.000 yen, elegante e dettagliata, con booklet di 200 pagine. E per chi vuole spendere meno, esiste anche una versione base con i film aggiornati in Blu-ray standard a circa 168 euro. L’unico difetto? Pare che nessuna delle edizioni includa sottotitoli in inglese. Una scelta discutibile, ma che probabilmente non fermerà i fan internazionali più incalliti.

Evangelion dopo “Thrice Upon a Time”: fine o nuovo inizio?

Con l’uscita di Evangelion 3.0+1.0: Thrice Upon a Time, il ciclo dei Rebuild si è chiuso. Silenzio stampa da parte di Anno e dello Studio Khara. Ma se Evangelion ci ha insegnato qualcosa, è che ogni fine è solo un’altra forma di inizio. E questo festival, questo ritorno in pompa magna, sembra un indizio troppo grande per essere ignorato.

Forse non ci sarà un sequel diretto. Ma nuovi progetti, spin-off, esperimenti crossmediali? Nulla è escluso. Evangelion è un’entità viva, che muta, che si rinnova. E Anno lo sa bene: ha sempre giocato con le aspettative del suo pubblico, distruggendole per ricostruirle.

L’EVA non si ferma mai

Trent’anni sono passati. Eppure, Evangelion è più attuale che mai. In un’epoca dove l’identità è fluida, la solitudine endemica e il trauma un tema quotidiano, questa serie continua a parlarci. A sconvolgerci. A metterci a nudo.

Il trentesimo anniversario non è una semplice commemorazione: è un ritorno, una rinascita. Un’occasione per riscoprire un’opera che non ha mai smesso di evolversi. Che tu sia un fan di lunga data, cresciuto a pane e VHS, o un neofita folgorato da Netflix, questo è il momento perfetto per entrare – di nuovo – nel mondo degli EVA.

E ora tocca a voi. Qual è il vostro momento preferito di Neon Genesis Evangelion? Quale personaggio vi ha cambiato la vita? Avete già messo nel mirino il festival o il cofanetto da collezione? Scrivetemelo nei commenti qui sotto o condividete questo articolo sui vostri social. Facciamo rivivere insieme questa leggenda. Perché Evangelion non è solo un anime: è un viaggio dentro l’anima. E certi viaggi non finiscono mai.

FLCL – Venticinque anni di follia animata tra Vespe, chitarre e portali interdimensionali

C’è un paradosso, quasi un’equazione algebrica impazzita, che si annida nel cuore pulsante dell’animazione giapponese: il punto in cui l’assurdo più sfrenato si fonde con la crescita emotiva più universale. E se c’è un’opera che ha saputo incarnare questo cortocircuito con una sfrontatezza inaudita, quella è senza dubbio FLCL (o Furi Kuri, per i puristi, o l’iconico Fooly Cooly per la legione di fan occidentali). Un Original Video Animation (OAV) in soli sei episodi, pubblicato in Giappone tra l’aprile 2000 e il marzo 2001, che a un quarto di secolo di distanza non ha perso nulla della sua carica esplosiva e della sua inclassificabile, magnetica, follia.

Il Caos Sensoriale della Gainax Digitale

Immaginate il 2000, l’alba del nuovo millennio, un’epoca in cui la cultura otaku era un fervente laboratorio di sperimentazione. Lo Studio Gainax, in collaborazione con Production I.G., decide di superare l’eredità imponente di Evangelion non rinnegandola, ma iniettandole una dose letale di anarchia visiva. Il risultato è un’opera annunciata con lo slogan “The new digital animation”, un vero e proprio manifesto di transizione. FLCL è una sintesi perfetta di tecniche: l’eleganza del disegno a mano si mescola a una pionieristica Computer Grafica, dando vita a un montaggio sincopato e schizofrenico che spazia da sketch in stile manga a improvvisi cambi di stile che citano l’animazione occidentale. L’obiettivo era chiaro: distruggere la routine visiva e creare un linguaggio mai visto.

A orchestrare questo pandemonio creativo c’era una squadra di fuoriclasse in stato di grazia. Alla regia esordiva Kazuya Tsurumaki, già braccio destro di Hideaki Anno e pronto a forgiare la Gainax del futuro. La sceneggiatura portava la firma di Yōji Enokido, mente dietro Utena e collaboratore di Sailor Moon. Il character design, dinamico e immediatamente riconoscibile, era opera di Yoshiyuki Sadamoto, il leggendario “padre” di Shinji Ikari. Un vero dream team che ha distillato il caos in pura, curiosa, poesia.

Una Vespa, un Basso, la Crisi Adolescenziale

Al centro di questa esplosione surreale si trova Naota, un ragazzino apparentemente normale la cui vita nella città soporifera di Mabase, dominata dall’enorme e minacciosa fabbrica a forma di ferro da stiro della Medical Mechanica, viene sconvolta dall’arrivo di Haruko Haruhara. Alieno, piombato dal cielo in sella a una Vespa gialla (rigorosamente P150X, per i fanatici della meccanica), Haruko non bussa: investe Naota e lo colpisce con un basso elettrico Rickenbacker, facendogli spuntare in fronte un misterioso bernoccolo.

Da quel momento, la “trama” si dissolve in un flusso di coscienza animato. Naota diventa un portale interdimensionale, un faro per robot giganti che emergono dalla sua testa grazie al flusso di energia cerebrale noto come “N.O.”. Robot antropomorfi come Canti, l’androide dalla testa a monitor, popolano una realtà deformata che è la metafora perfetta della confusione e della trasformazione adolescenziale. L’amore, la gelosia per il fratello maggiore, il rapporto ambiguo con l’enigmatica Mamimi: ogni elemento della crescita è trasformato in linguaggio visivo, in una parata di nonsense che, incredibilmente, arriva al cuore. L’anime non è una storia lineare, ma un sogno lucido, un’allegoria esistenziale che trasforma il desiderio di crescere, di capire e di essere visti in una battaglia catastrofica contro una corporazione che vuole “stirare” il cervello umano annullando l’individualità.

The Pillows: Il Rock che Divora l’Anime

Ciò che eleva FLCL da opera sperimentale a fenomeno di culto è senza dubbio la sua colonna sonora, opera della band alternative rock The Pillows. I loro brani – da Ride on Shooting Star a Hybrid Rainbow, passando per Little Busters – non si limitano ad accompagnare le scene, ma le divorano e le definiscono. Ogni riff punk, ogni cambio di ritmo del basso (un AzureGlo Rickenbacker 4001, anch’esso un cimelio), si fonde con l’animazione in modo viscerale. La musica è il ritmo narrativo, è l’urlo del caos, il battito cardiaco dell’adolescenza. La sinergia fu tale che l’anime contribuì a rendere The Pillows celebri a livello internazionale, creando inni generazionali capaci di esprimere in musica ciò che la sceneggiatura lasciava, saggiamente, irrisolto.

Dal Culto Irripetibile alla Rinascita

Nonostante la sua brevità, FLCL ha lasciato un segno indelebile, un culto tra i fan più devoti. L’opera è rimasta viva anche grazie al manga di Hajime Ueda, pubblicato nel 2000, che offriva una reinterpretazione visiva ancora più ermetica, con segni ruvidi e anatomie distorte. Le edizioni italiane Dynit, uscite nel 2005, e i precedenti manga Play Press del 2003, sono oggi autentici cimeli, testimonianza di un’epoca d’oro per la cultura otaku nel nostro Paese.

Anni dopo, nel 2016, Production I.G. annunciò il ritorno della serie con i sequel FLCL Progressive e FLCL Alternative, rilasciati nel 2018. Questi nuovi capitoli hanno provato a riprendere le atmosfere originali, esplorando nuove declinazioni del tema della crescita in un mondo in continua mutazione, sempre con Haruko a guidare il caos, ma non tutti li hanno accolti con lo stesso fervore. Per molti, la serie originale rimane un fulmine irripetibile di creatività pura.

A un quarto di secolo dalla sua comparsa, FLCL continua a sfidare ogni facile categorizzazione. È un’opera che, con il suo mix di robot, simbologia psicanalitica e rock alternativo, ha anticipato le ossessioni dell’era digitale, riflettendo sulla perdita di identità e sulla fusione tra uomo e macchina. In un panorama animato dominato da lunghe saghe e storytelling prevedibile, FLCL resta un lampo di anarchia visiva che non rassicura né consola. Ti scaraventa in un mondo di metafore assordanti e poi scompare, lasciandoti la curiosa e meravigliosa sensazione che, nel breve spazio di sei episodi, qualcosa dentro la tua stessa prospettiva nerd sia cambiato per sempre.

Addio a Gainax: la caduta di una leggenda dell’Animazione Giapponese

In una giornata che segna la fine di un’era, il mondo dell’animazione giapponese ha perso uno dei suoi pilastri. Gainax, lo studio che ha dato vita a capolavori come Neon Genesis Evangelion, Nadia – Il mistero della pietra azzurra e Sfondamento dei cieli Gurren Lagann, ha ufficialmente dichiarato bancarotta. Fondata nel 1984 da un gruppo di studenti universitari, tra cui Hideaki Anno, Yoshiyuki Sadamoto, Hiroyuki Yamaga, Takami Akai, Toshio Okada, Yasuhiro Takeda e Shinji Higuchi, Gainax ha avuto un impatto indelebile sull’industria degli anime.

L’Inizio di un Sogno

Il primo progetto di Gainax fu un corto animato presentato al Daicon III nel 1981 a Osaka. Questo cortometraggio, che raccontava la storia di una ragazzina in lotta contro mostri e navicelle spaziali, pur con animazioni di scarsa qualità, mostrava già l’ambizione del gruppo. Il vero successo arrivò al Daicon IV del 1983 con un altro corto, che vedeva la stessa protagonista, cresciuta e vestita da coniglietta di Playboy, combattere un assortimento ancora più vasto di creature della fantascienza.

Innovazione e Sperimentazione

Gainax è sempre stata sinonimo di sperimentazione e innovazione, capace di stravolgere le convenzioni dei generi anime. Tuttavia, lo studio ha anche dovuto affrontare gravi problemi di produzione e budget in diverse serie di successo. Nonostante queste difficoltà, Gainax ha continuato a sviluppare il merchandising legato a molte delle proprie serie, in particolare di Neon Genesis Evangelion, che ha mantenuto viva la passione dei fan per anni dopo la sua conclusione.

Il Declino

Negli ultimi anni, Gainax ha accumulato debiti insostenibili, culminando nell’annuncio della sua bancarotta accolto dalla Corte Distrettuale di Tokyo. Il 29 maggio 2024, lo studio ha presentato ufficialmente l’istanza di fallimento, ponendo fine a una gloriosa storia iniziata nei primi anni ’80 come Daicon Film.

La crisi di Gainax ha radici profonde: dagli investimenti fallimentari in ristoranti e nuove società, al ricorso a prestiti con costi elevati. A peggiorare la situazione sono stati i problemi legali per il CEO nominato nel 2018, che hanno ulteriormente destabilizzato la gestione dello studio. Le difficoltà finanziarie hanno portato molti dipendenti a lasciare la compagnia, rendendo impossibile la ripresa delle attività a ritmo standard.

Un Epilogo Amaro

La perdita di Gainax è un colpo al cuore per gli appassionati di anime. Lo studio Khara, fondato da Hideaki Anno, ha tentato di sostenere Gainax, ma non è riuscito a risolvere la crisi economica. Alla fine, una causa intentata da una società di recupero crediti ha sigillato il destino di Gainax.

In una dichiarazione, Khara ha espresso il suo dispiacere: “Siamo profondamente dispiaciuti di vedere uno studio di animazione con una storia di quasi 40 anni finire in questo modo”.

Un Lascito Indelebile

Gainax ha segnato un’epoca, influenzando generazioni di animatori e fan con le sue opere iconiche. La chiusura dello studio rappresenta non solo la fine di una leggenda, ma anche un momento di riflessione sulla fragilità delle grandi imprese creative. Mentre ci addentriamo in un futuro incerto per l’industria degli anime, l’eredità di Gainax continuerà a vivere nei cuori e nelle menti di tutti coloro che sono stati toccati dalla sua magia.

Il Nautilus e il suo Equipaggio ne Il mistero della pietra azzurra

In un’epoca di scoperte scientifiche e meraviglie tecnologiche, si dipana una storia avventurosa che potrebbe essere uscita direttamente dalle pagine di un romanzo di Jules Verne. La serie televisiva anime “Nadia – Il mistero della pietra azzurra” ci trasporta in un mondo di mistero e meraviglia, prodotto dallo studio Gainax e diretto da Hideaki Anno, al suo esordio come regista di una serie televisiva.

L’Origine del Mistero

La genesi di questa epica avventura risale agli anni ’70, quando il giovane Hayao Miyazaki venne incaricato dalla casa di produzione Toho di sviluppare idee per nuove serie televisive. Uno dei concept creati fu “Il giro del mondo sotto ai mari,” ispirato ai romanzi “Due anni di vacanze” e “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne. In questa visione, due giovani protagonisti in fuga dai malvagi si imbattono nel sommergibile Nautilus, dando inizio a un viaggio straordinario sotto la guida del misterioso Capitano Nemo. Sebbene la serie non venne realizzata all’epoca, gli elementi di questo progetto vennero conservati e riutilizzati in opere successive, come “Conan il ragazzo del futuro” e “Laputa – Castello nel cielo.” Quando “Nadia – Il mistero della pietra azzurra” venne finalmente alla luce, portava con sé l’influenza di Miyazaki, pur non essendo direttamente ispirato ai suoi lavori.

Il Leggendario Nautilus

Il Nautilus, cuore pulsante della serie, è un immaginario sottomarino nucleare, concepito e comandato dal Capitano Nemo. Questo straordinario vascello, lungo 132 metri e costruito con una speciale lega al Titanium, può navigare nelle profondità marine e viaggiare nello spazio, dotato di una velocità di circa 108 nodi e armato di missili e siluri. Il Nautilus è una meraviglia della tecnologia, un baluardo contro le forze oscure di Neo Atlantide.

Il Nuovo Nautilus

L’Iridium, noto anche come il Nuovo Nautilus, è un incrociatore da battaglia pesante il cui scopo principale è proteggere le rotte della flotta di astronavi proveniente da M33. Dotato di un motore a fusione nucleare, l’Iridium sviluppa un’energia immensa, superiore persino al suo leggendario predecessore, con torrette laser e scudi energetici.

Gli Intrepidi del Nautilus

A bordo del Nautilus troviamo una colorata schiera di personaggi, ciascuno con il proprio ruolo nell’epica avventura:

  • Elusys Ra Arwol, il Capitano Nemo: Antico re della città di Tartesso, Nemo è un uomo tormentato dal suo tragico passato, opposto al malvagio Gargoyle. La sua fiducia nell’umanità e nella natura lo rende l’antitesi perfetta del suo nemico. La sua malinconia si riflette nei momenti in cui suona l’organo, mentre guida con determinazione il Nautilus contro Neo Atlantide.
  • Electra, la Fiera Guerriera: Medina Ra Lugensius, conosciuta come Electra, è una donna forte e determinata, sopravvissuta alla distruzione di Tartesso. Cresciuta da Nemo, sviluppa un amore profondo per lui e una gelosia verso chiunque cerchi di avvicinarsi troppo. Alla fine, il suo amore e il suo sacrificio la rendono un personaggio complesso e affascinante.
  • Echo Villan e Icolina: Echo, giovane addetto al sonar, trova l’amore nell’infermiera di bordo Icolina, con la quale si sposa alla fine della serie. La loro storia d’amore aggiunge un tocco di tenerezza all’epica avventura.
  • Il Saggio Macchinista: L’anziano capo macchinista, amico fidato di Nemo, è la spina dorsale tecnica del Nautilus, garantendo il funzionamento impeccabile del sommergibile.
  • Il Timoniere e il Medico di Bordo: Il timoniere, un uomo forte e atletico, insieme al suo collaboratore pallido e scherzoso, manovra il Nautilus con destrezza. Il medico di bordo, Dengil Echino, è estremamente protettivo nei confronti della nipote Icolina e si assicura che tutti a bordo ricevano le cure necessarie.

L’Impronta di Jules Verne

Nadia – Il mistero della pietra azzurra” è più di una semplice serie animata; è un omaggio alla visione avventurosa e alla fantasia di Jules Verne. Il Capitano Nemo, il Nautilus, e le avventure sottomarine e interplanetarie riecheggiano le opere di Verne, portando il pubblico in un viaggio straordinario attraverso mari inesplorati e terre misteriose. La serie cattura l’essenza dell’esplorazione, del mistero e dell’ingegno umano, rendendola un’epica avventura degna di essere raccontata.

Nadia e il mistero di Fuzzy

Vi siete mai chiesti cosa sia stato di Nadia e Jean tra la fine della serie “Il mistero della Pietra Azzurra” e il pacifico epilogo in cui mettono su una bella famiglia? La risposta giace nell’avventura cinematografica del 1991, Nadia e il Mistero di Fuzzy, diretto da Sho Aono.

La storia si dipana nel 1892, due anni dopo la sconfitta di Gargoyle (Argo). Jean è tornato a vivere nella sua amata Francia, mentre Nadia, desiderosa di indipendenza e realizzazione personale, si trasferisce a Londra per lavorare come apprendista giornalista. La quiete è presto interrotta da eventi straordinari: importanti figure politiche e militari scompaiono senza lasciare traccia, trasformandosi in polvere. Nadia scopre che dietro queste sparizioni si celano i Neo-Atlantidi, ancora determinati a conquistare il mondo. Il loro piano diabolico prevede la sostituzione dei leader mondiali con esseri umani artificiali, creati dal geniale ma tormentato Professor Whola. Questi cloni, tuttavia, sono instabili e tendono ad autodistruggersi, riducendosi in polvere.

Il Professor Whola, emarginato dalla comunità scientifica per le sue ricerche sulla clonazione, ha perso la moglie e la figlia Fuzzy in circostanze tragiche. Nel tentativo di riportare in vita Fuzzy, crea una copia artificiale, solo per rendersi conto che la nuova Fuzzy è una creatura imperfetta. Disilluso e amareggiato, Whola si allea con i Neo-Atlantidi, acconsentendo a utilizzare le sue conoscenze per i loro oscuri scopi. Nadia, Jean, Fuzzy e il trio composto da Grandis Granva, Sanson e Hanson si trovano così a dover affrontare una nuova minaccia globale. Dopo numerose avventure, riescono a distruggere la base Neo-Atlantide sull’isola Tango-Tango, fermando il piano di sostituire i potenti della Terra con esseri artificiali. Tuttavia, anche Fuzzy, essendo un clone instabile, si dissolve in polvere, ma non prima di aver esortato Nadia a mantenere sempre fiducia in Jean.

Con la missione compiuta, Nadia torna a Londra per terminare il suo tirocinio e scrivere la storia di Gargoyle e Fuzzy, affinché non venga mai dimenticata. Promette a Jean di tornare da lui appena avrà concluso la sua opera. Il film si chiude con un toccante primo piano della lapide di Fuzzy, ai piedi della quale sono posate le copie dei due libri che Nadia ha finalmente completato.

Questo film non è solo un’avventura mozzafiato, ma anche un viaggio emotivo attraverso le sfide della scienza, l’amore e la memoria. Nadia e il Mistero di Fuzzy ci ricorda che, anche nelle avversità più oscure, la speranza e la fiducia possono condurci alla luce.

La trama de “Il Mistero della pietra Azzurra”: tra amore, scienza e il mito perduto di Atlantide

C’è un anime che, ancora oggi, riesce a fondere meravigliosamente l’avventura ottocentesca alla Jules Verne con una narrazione moderna, tenera, a tratti spietatamente umana. Sto parlando de “Il Mistero della pietra Azzurra” (Fushigi no Umi no Nadia), un capolavoro dell’animazione giapponese che ha segnato un’intera generazione di appassionati di fantascienza, anime e leggende perdute. Dietro la sua trama avvincente si nasconde molto più di un semplice cartone animato: c’è la visione geniale di Hideaki Anno (sì, proprio il creatore di Neon Genesis Evangelion), c’è la magia dello studio Gainax e c’è un mondo costruito su mito, tecnologia, emozioni e misteri che ci riportano indietro nel tempo. Precisamente al 1889, l’anno in cui tutto ha inizio.

Jean è un giovane ragazzo francese di appena tredici anni, ma ha già un sogno grande come il cielo: diventare un inventore. In un mondo in fermento, tra fiere scientifiche e rivoluzioni tecnologiche, Jean riesce a costruire un rudimentale aereo con l’aiuto dello zio e partecipa con entusiasmo alla fiera delle scienze di Parigi. È qui che il suo destino cambia per sempre: incontra Nadia, un’acrobata misteriosa dallo sguardo fiero e dalla voce tagliente, inseguita da due loschi figuri e da una donna enigmatica, la contessa Grandis (che scopriremo chiamarsi Rebecca), interessata a un oggetto apparentemente magico: la pietra azzurra che Nadia porta sempre al collo.

Da quel momento, la storia si trasforma in un’avventura senza sosta. Jean e Nadia vengono catturati, riescono a fuggire con l’aereo… solo per precipitare in mare. Fortunatamente, vengono salvati da una nave da guerra inglese impegnata in una missione che sa tanto di romanzo gotico: è sulle tracce di un leggendario mostro marino. Ma il “mostro” in realtà è il Nautilus, il sottomarino più famoso della letteratura, qui trasformato in un concentrato di mistero e tecnologia, comandato dal mitico Capitano Nemo, che ben presto rivelerà legami ben più profondi con la nostra Nadia.

A bordo del Nautilus i ragazzi scoprono un mondo nascosto e pericoloso, fatto di sottomarini nemici, cospirazioni, scienziati folli e un’organizzazione segreta guidata da Argo, un villain megalomane con l’ambizione di restaurare l’antico impero perduto di Atlantide. Ed è proprio qui che l’anime vira verso il mitico: Nadia non è una semplice acrobata, ma l’ultima principessa di un regno dimenticato, custode di una tecnologia avanzatissima e di un potere che molti vorrebbero dominare.

In questa odissea in bilico tra lo steampunk e la fantascienza, entra in scena anche Marie, una ragazzina orfana che si unisce a Jean e Nadia. I tre, tra fughe, battaglie e incontri straordinari, formano un piccolo nucleo familiare improvvisato, dolce e sincero. I rapporti si fanno più intensi, le emozioni più complesse. Jean, instancabile sognatore, continua a costruire invenzioni rudimentali – un elicottero di fortuna, un jet giocattolo – e si avvicina sempre più a Nadia, anche se non mancano incomprensioni, soprattutto quando entra in scena Elettra, affascinante membro dell’equipaggio del Nautilus, esperta in tecnologia e forse qualcosa di più…

Non mancano i momenti di leggerezza e romanticismo: su un’isola deserta, tra scenette degne della commedia classica e tensioni adolescenziali, Jean e Nadia iniziano a comprendersi davvero. È qui che scocca il primo bacio, ma anche la prima vera crisi, con Nadia che fugge nella foresta dichiarandosi vegetariana e Jean che, nonostante tutto, si prende cura di lei e di Marie con ingegno e dedizione.

Il viaggio prosegue e conduce i protagonisti su un’isola dove la gravità sembra impazzita. È il Noè Rosso, una gigantesca nave spaziale concepita per ricostruire il regno di Atlantide. Nadia è chiamata a scegliere il suo destino come erede di un potere immenso, ma sorprendentemente lo rifiuta. Non vuole regnare, non vuole vendetta, non vuole potere: sceglie l’amore, sceglie Jean. E torna tra i suoi amici, proprio mentre si prepara l’ultima battaglia.

La lotta contro Argo raggiunge l’apice quando Nadia viene catturata e soggiogata. Elettra, Nemo e Jean tentano il tutto per tutto per salvarla, e scopriamo un’altra verità scioccante: Nadia ha un fratello, Neo, dotato di poteri telepatici, ridotto a uno strumento senz’anima dal nemico. Argo tenta di sedurre Nemo con la promessa del potere assoluto, ma fallisce. In uno scontro tragico, Jean viene ucciso, ma proprio il sacrificio di Nemo – che nel frattempo scopriamo essere anche il padre di Nadia – permette la fuga del gruppo. Prima di morire, Nemo rivela un’ultima, tenera verità: lui ed Elettra aspettano un figlio. Nadia si ritrova così davanti alla scelta più difficile della sua vita. Usare il potere della pietra azzurra per dominare o per salvare la persona che ama? La risposta è tanto semplice quanto rivoluzionaria: sceglie l’amore. Jean ritorna miracolosamente in vita, e con lui rinasce la speranza. Il regno di Atlantide, così come quello di Tartesos, svanisce per sempre tra le onde del tempo, lasciando spazio a un futuro fatto di sogni umani, non di conquiste divine.

L’epilogo è narrato da Marie, ormai diciottenne (e sposata con Sansone!). Jean e Nadia si sono sposati, Hanson è diventato un industriale di successo, Rebecca è ancora una donna ammirata , e quel mondo che sembrava sull’orlo della distruzione è tornato alla vita, arricchito da un’eredità fatta non solo di tecnologia e mistero, ma di amicizia, amore e coraggio.

Il Mistero della Pietra Azzurra non è soltanto un anime d’avventura. È un vero e proprio racconto di formazione, un omaggio alla fantascienza classica, un viaggio dentro le emozioni e i conflitti di personaggi indimenticabili. Un’opera capace di mescolare il fascino rétro dell’800 con le domande più attuali su scienza, etica, potere e libertà. Se anche voi siete rimasti affascinati da questa storia incredibile, o se la scoprite solo ora, raccontateci la vostra opinione! Avete amato Jean e Nadia quanto noi? Vi siete appassionati ai misteri di Atlantide e ai segreti del Nautilus? Condividete questo articolo sui vostri social, commentate qui sotto e facciamo rivivere insieme la magia de Il Mistero della Pietra Azzurra.

Nadia: Il Mistero della Pietra Azzurra – Un Capolavoro Senza Tempo dell’Animazione Giapponese

Nel vasto oceano degli anime, pochi titoli riescono a mantenere la propria rilevanza anche a decenni di distanza dalla loro prima messa in onda. Nadia: Il Mistero della Pietra Azzurra, noto in Giappone come Fushigi no Umi no Nadia, è uno di questi gioielli, una serie che ha conquistato il cuore di milioni di spettatori e si è guadagnata un posto d’onore tra i capolavori dell’animazione.

Un Lancio Memorabile e il Successo di Gainax

La serie debuttò il 13 aprile 1990 sull’emittente giapponese NHK e proseguì fino al 12 aprile 1991, trasmessa ogni venerdì sera. In quegli anni, la Gainax, lo studio dietro la produzione, era ancora giovane e in difficoltà economiche. Grazie al successo di Nadia, però, riuscì a risollevarsi, preparando il terreno per future opere rivoluzionarie come Neon Genesis Evangelion. La serie vinse anche il prestigioso premio di “Personaggio Favorito” sulla rivista Animage, spodestando nientemeno che Nausicaä di Hayao Miyazaki, un’impresa epocale.

Origini e Influenze Verniane

La storia di Nadia trae ispirazione dal romanzo di Jules Verne Ventimila leghe sotto i mari. Ambientata nel 1889, durante l’Esposizione Universale di Parigi, la trama segue le avventure di Jean, un giovane inventore, e Nadia, un’acrobata orfana dalla pelle scura che custodisce un misterioso amuleto blu. In fuga da un gruppo di malintenzionati e dal temibile Gargoyle, leader dei Neo-Atlantidei, i protagonisti si imbarcano a bordo del sottomarino Nautilus, comandato dal leggendario Capitano Nemo.
La serie combina abilmente elementi di avventura, fantascienza steampunk e temi ecologici, offrendo una narrazione stratificata che può essere apprezzata sia da un pubblico giovane che da spettatori adulti. Il mix di riferimenti letterari e temi universali ha reso Nadia una pietra miliare dell’animazione.

Un Progetto Che Sfiora la perfezione

Non tutti sanno che l’idea originale di Nadia nacque negli anni ’70 da una proposta di Hayao Miyazaki per un lungometraggio. Sebbene la Toho non portò avanti il progetto, la NHK lo riprese alla fine degli anni ’80, affidandolo alla Gainax e a Hideaki Anno, il regista che avrebbe poi rivoluzionato l’industria con Evangelion. Il risultato fu una serie che racchiude lo spirito delle opere ghibliane senza esserne una copia, mostrando già allora l’abilità di Anno nel creare mondi complessi e narrativamente potenti.
Lo stile visivo, curato da Yoshiyuki Sadamoto, offre un’estetica ricca di dettagli steampunk, resa ancora più affascinante dall’ambientazione ottocentesca e dal design unico dei personaggi. Il Nautilus, il leggendario sottomarino del Capitano Nemo, è un’icona dell’animazione, simbolo della dualità tra progresso e pericolo.

Un Viaggio Tra Mistero, Tecnologia e Natura

La trama intreccia riferimenti a Verne con tematiche profonde: il rapporto tra tecnologia e natura, l’ecologismo, e la critica all’ambizione umana. Nadia non è solo una storia di avventura, ma un racconto poliedrico che esplora il significato della perdita, il desiderio di appartenenza e la lotta contro l’oppressione.
Il legame tra Nadia e Jean, un giovane inventore, dà vita a una dinamica avvincente che fonde avventura, crescita personale e scoperta. I due si trovano coinvolti in un intricato gioco di potere, minacce globali e scoperte straordinarie, incontrando lungo il cammino nemesi memorabili come  malvagio Gargoyle, leader dei Neo-Atlantidei.
Accanto ai due protagonisti troviamo personaggi secondari iconici come Marie e il leoncino King,  il trio comico Grandis, Hanson e Sanson, che, da antagonisti maldestri, si trasformano in alleati preziosi, e il Capitano Nemo, figura enigmatica e carismatica che incarna il cuore morale della serie.

Un Successo Senza Confini

Nadia ha lasciato un’impronta indelebile non solo in Giappone, ma anche a livello internazionale. In Italia, Nadia arrivò con un doppiaggio fedele all’originale giapponese e una colonna sonora memorabile. Nonostante l’accoglienza positiva, la serie non ebbe una grande diffusione televisiva, probabilmente a causa di una programmazione errata che sottovalutò il suo target ideale. Tuttavia, il pubblico italiano affezionato continua a ricordarla con grande affetto.
L’opera non si è limitata alla serie TV: un lungometraggio successivo tentò di capitalizzare sul successo, ma fu ampiamente criticato dai fan per la scarsa qualità narrativa e tecnica. Nonostante ciò, la serie rimane un punto di riferimento nell’animazione, influenzando generazioni di spettatori e creatori.

Perché Riscoprire Nadia Oggi?

Se siete amanti dell’animazione giapponese e non avete ancora visto questo gioiello, ora è il momento perfetto per colmare questa lacuna. Nadia: Il Mistero della Pietra Azzurra non è solo un anime, ma un viaggio emotivo, un’avventura epica e una riflessione profonda sul nostro mondo e sulle nostre scelte. Tra i punti di forza di Nadia c’è la sua capacità di affrontare temi complessi, come la tecnologia contro la natura, l’ambizione umana e la perdita dell’innocenza, mantenendo un equilibrio perfetto tra intrattenimento e profondità. Tuttavia, il successo non fu privo di difficoltà. Il fatto che Nadia fosse una protagonista di colore inizialmente lasciò perplessi molti spettatori giapponesi, ma il suo carisma e la qualità della serie conquistarono rapidamente il pubblico. A oltre trent’anni dalla sua uscita, rimane un classico intramontabile che continua a ispirare creatori e spettatori. Se non l’hai mai visto, è il momento perfetto per immergerti nel misterioso mare blu di Nadia.
Cosa aspettate? Il mare misterioso vi chiama!
Ecco alcune cosplayer italiane e internazionali che hanno dedicato la loro creatività a questa serie

Il manga di Neon Genesis Evangelion

Il fumetto di Neon Genesis Evangelion, un’opera cult nel panorama dell’animazione e del manga, è stata scritta e disegnata da Yoshiyuki Sadamoto, noto per il suo ruolo di character designer nella celebre serie animata. Il manga ha debuttato nel 1994 sulla rivista giapponese Shōnen Ace, edita da Kadokawa Shoten. La pubblicazione, caratterizzata da una periodicità irregolare, ha visto il trasferimento del manga sulla rivista seinen Young Ace a partire dal 78º capitolo. L’opera si è conclusa dopo novantasei capitoli, con l’uscita del capitolo finale nel giugno del 2013. I capitoli sono stati poi raccolti in quattordici volumi, con l’uscita dell’ultimo tankōbon avvenuta il 20 novembre 2014.

La trama di Neon Genesis Evangelion è ambientata in un futuro distopico, precisamente nell’anno 2015 d.C., in cui l’umanità è stata semi-distrutta da un cataclisma noto come Second Impact. In questo scenario apocalittico, la Terra è minacciata da creature misteriose chiamate Angeli, e il destino del genere umano è affidato a tre giovani piloti, i cui compiti sono quelli di pilotare le armi umanoidi multifunzione conosciute come Evangelion. La narrazione si sviluppa tra le epiche battaglie contro gli Angeli e i profondi conflitti interiori dei giovani protagonisti, che si ritrovano a essere pedine in un grande e ambizioso progetto, di cui non hanno alcun controllo.

Il manga è stato creato in un contesto di grande fermento e fretta, con l’anime realizzato in tempi rapidi per sfruttare il successo della serie. Tuttavia, l’approccio di Sadamoto al manga è stato più ponderato, con una cura particolare dedicata alla trama. Questa scelta ha portato a tempi d’attesa per l’uscita dei fascicoli che sono stati, per molti fan, estremamente stressanti. Si pensi che, per esempio, tra il penultimo e l’ultimo volume, è trascorso un lungo periodo di due anni. Molti lettori si sono trovati a perdere le speranze in una conclusione che sembrava non arrivare mai, ma alla fine la pazienza è stata ripagata da un finale strepitoso, in linea con l’universo di Evangelion.

Il finale del manga riprende quello di End of Evangelion, ma offre differenze e dettagli che lo rendono unico. Questo approccio ha reso il manga un’esperienza imprescindibile per chi già apprezzava l’anime, presentando eventi completamente nuovi e modifiche a molte scene senza che queste stonassero nella lettura o nel confronto con l’adattamento animato.

Per molti, come per chi scrive, l’approccio al manga è avvenuto prima di quello all’anime, rivelandosi un viaggio affascinante. I personaggi, come Shinji Ikari e il misterioso Rei Ayanami, catturano immediatamente l’attenzione. Raramente si trova un manga che riesca a coinvolgere così profondamente in un’ampia gamma di personaggi, da Shinji a Asuka, da Toji al comandante Ikari e alla madre di Shinji, Yui. Ognuno di loro è dotato di dettagli e caratteristiche ben definite, contribuendo a un racconto ricco e complesso.

Neon Genesis Evangelion si distingue non solo per il suo stile di disegno e per le battaglie tra gli Eva e gli Angeli, ma anche per la sua capacità di affrontare temi profondi e filosofici. La narrazione esplora questioni esistenziali, riflettendo sulle esperienze umane, la solitudine e la ricerca di identità, elementi che rendono il manga un’opera di rara introspezione. Anche chi non è particolarmente attratto dal genere fantasy non può fare a meno di affezionarsi ai protagonisti, grazie alla loro vulnerabilità e complessità emotiva.

In conclusione, il manga di Neon Genesis Evangelion rappresenta un capolavoro che va oltre il semplice intrattenimento, proponendo un viaggio psicologico e filosofico che ha colpito generazioni di lettori. Le differenze rispetto all’anime, ben misurate e sempre coerenti, hanno arricchito l’esperienza narrativa, offrendo un’opera che merita di essere letta e amata. Neon Genesis Evangelion è molto più di un manga: è un’esperienza che invita a riflettere e a confrontarsi con le sfide dell’esistenza, rendendolo un classico senza tempo.

Il Mecha Design di Hideaki Anno: La Fusione di Biologico e Meccanico in Evangelion

Il 1995 segna una svolta nella storia dell’animazione giapponese con la trasmissione del primo episodio di “Neon Genesis Evangelion”. Questa serie, ideata da Hideaki Anno, non solo ha ridefinito il genere mecha, ma ha anche avuto un impatto duraturo sulla narrazione nei media visivi. Ambientata quindici anni dopo un cataclisma noto come “Second Impact”, la trama segue il giovane Shinji Ikari, chiamato a pilotare l’Eva-01 per combattere misteriose entità chiamate Angeli. Tuttavia, Evangelion è molto più di un semplice anime sui robot: è un’opera che esplora l’esistenza, l’isolamento e la psicologia umana, ed è in questo contesto che il mecha design di Hideaki Anno assume un valore unico e significativo.

Il design dei robot, in particolare gli Eva, ha generato numerosi dibattiti tra i fan. Sebbene abbiano una struttura biologica, Anno ha sempre affermato che la loro funzione è assimilabile a quella dei classici mecha. Secondo il regista, la presenza di elementi organici non esclude la classificazione di Evangelion come “anime di robot”. Questa dichiarazione ha diviso il pubblico: alcuni hanno contestato questa definizione, mentre altri hanno evidenziato come la vera innovazione risieda proprio nella fusione tra elementi organici e meccanici.

Il mecha design di Anno si distingue per una continua evoluzione stilistica, in cui la forma dei robot non è statica ma muta e si adatta. Il regista ha sempre cercato di integrare la tecnologia con l’umanità, creando macchine che non si limitano a essere fredde strutture metalliche, ma che sembrano quasi respirare, contrarsi e espandersi come muscoli viventi. Questo approccio organico e fluido rappresenta uno dei tratti distintivi del suo stile. Gli Eva, infatti, non sono solo strumenti di guerra, ma entità che comunicano visivamente un senso di vita propria, diventando una proiezione dell’essere umano.

In questo contesto, “Neon Genesis Evangelion” rappresenta l’apice della visione artistica di Anno. Il design degli Eva è concepito come un ibrido di carne e metallo, simbolo visivo della dualità tra tecnologia e natura, tra corpo umano e macchina. Il contrasto tra elementi meccanici e biologici genera un senso di inquietudine, riflettendo la tematica centrale della serie: il sottile confine tra umano e tecnologico. Questo concetto è anche una riflessione sulla società contemporanea, in cui il rapporto tra uomo e macchina diventa sempre più simbiotico e complesso.

La carriera di Anno nell’industria dell’animazione inizia nel 1984 con la fondazione dello studio Gainax, insieme a un gruppo di giovani appassionati. Nonostante le difficoltà economiche iniziali, Gainax si fa notare con opere come “Gunbuster” e “Nadia – Il mistero della pietra azzurra”. Tuttavia, è con “Neon Genesis Evangelion” che Anno raggiunge la consacrazione. La serie ridefinisce il concetto di anime mecha, introducendo elementi psicologici profondi e tematiche esistenziali. Durante la produzione, il regista affronta numerose difficoltà, tra cui problemi economici e cambiamenti nel soggetto. Il contesto storico, segnato dall’attentato della setta Aum Shinrikyo, contribuisce a dare alla serie un tono più cupo e introspettivo.

Il mecha design di Anno non si limita all’aspetto estetico, ma è parte integrante della narrazione, riflettendo l’evoluzione psicologica dei personaggi, in particolare quella di Shinji Ikari. L’importanza di Evangelion nell’animazione giapponese risiede anche nella capacità di Anno di fondere estetica e contenuto profondo, trasformando i suoi disegni in metafore visive di temi universali come l’autoconsapevolezza, il fallimento e la ricerca di sé.

Con il suo stile inconfondibile, Anno ha saputo coniugare la tradizione del mecha con un’innovazione che ha influenzato generazioni di artisti e appassionati. Sebbene la sua estetica si sia evoluta nel tempo, la sua impronta rimane riconoscibile, segnata da una costante sperimentazione e dall’uso di nuove tecnologie. In “Neon Genesis Evangelion”, il mecha design diventa un linguaggio visivo che non solo supporta la narrazione, ma la arricchisce, trasformando i robot in simboli di questioni più profonde: la lotta interiore, la ricerca dell’identità e il confronto con il proprio destino.

Il mecha design di Hideaki Anno rappresenta una delle innovazioni più significative della sua carriera. La sua capacità di fondere elementi organici e tecnologici in un’estetica mutevole e simbolica ha reso “Neon Genesis Evangelion” un’opera che continua a ispirare e a stimolare discussioni ancora oggi. Attraverso la sua continua sperimentazione visiva, Anno ha rivoluzionato l’animazione giapponese, lasciando un segno indelebile nel genere mecha e nella storia dell’animazione mondiale.

Punta al top 2! – DieBuster

Punta al top 2! – DieBuster (ufficiosamente noto anche col nome di Gunbuster 2) è un OAV in 6 episodi prodotto dallo Studio Gainax – lo stesso che nel 1988 affidò Punta al Top! Gunbuster al regista Hideaki Anno, divenuto celebre qualche anno dopo come regista dell’amatissimo Neon Genesis Evangelion. Realizzato per festeggiare i 20 anni dello studio d’animazione, Diebuster è diretta interamente da Kazuya Tsurumaki, già presente nello staff di Gunbuster e nelle più note produzioni Gainax, come Evangelion (sia la serie che i film), Le Situazioni Di Lui e Lei e FLCL. La sceneggiatura di Yōji Enokido mentre il character design è affidato a Yoshiyuki Sadamoto.

L’OAV racconta la storia di Nono, una giovane e volenterosa ragazza proveniente da un piccolo villaggio marziano, che abbandona la sua terra per trasferirsi in una città vicino allo spazioporto per realizzare il suo grande sogno: pilotare una Buster Machine e difendere il genere umano dalle incursioni dei Mostri Spaziali.

Le differenze tra GunBuster e DieBuster sono enormi: prima di tutto le buster machines di GunBuster sono normali robot, semplici armi da battaglia, mentre ai robot di DieBuster manca solo la parola, sono totalmente autonomi e con un’intelligenza artificiale che permette loro di provare persino sentimenti umani come paura e tristezza. I robot di DieBuster possono anche fare cose fisicamente impossibili come raffreddare un oggetto a milioni di gradi sotto lo zero assoluto, possiedono il teletrasporto e, tramite fluttuazioni quantistiche, possono distorcere la realtà stessa. Questo è spiegabile dato che DieBuster è ambientato all’incirca 10000 anni nel futuro rispetto a GunBuster e in questo tempo si presume che la tecnologia sia molto cambiata. Alcune tecnologie, nuove e indistinguibili dalla magia sono state inventate, ma altre, come ad esempio i motori degenerativi ed il balzo iperspaziale, sono state quasi dimenticate. In GunBuster la razza umana non ha colonizzato altri pianeti che la terra, ma è in grado di fare viaggi in altri sistemi solari e di arrivare persino all’altro capo della galassia. In DieBuster le navi spaziali non escono mai dal nostro sistema solare, ma tutto quanto il sistema è fortemente colonizzato, Marte è un pianeta ricco, fiorente e terraformato, con un ecosistema molto simile alla Terra. La Luna è un’unica grande metropoli iperurbanizzata. Vi sono basi spaziali attorno ai giganti gassosi e anche i loro satelliti sono abitati. Un’altra differenza tra GunBuster e DieBuster riguarda la natura stessa degli esseri umani. GunBuster non è cronologicamente molto lontano dal presente e gli esseri umani sono simili a noi. In DieBuster vi sono invece molte razze umane differenti, con differenze somatiche probabilmente dovute ai differenti pianeti su cui la razza umana abita. Ma anche gli umani più simili a noi, in DieBuster, possono essere definiti mutanti. Molti adolescenti hanno infatti una malattia nota come forza Topless; si tratta di una anomala attività del cervello che permette di fare cose incredibili come sviluppare tanta energia quanta un motore degeneratore, teletrasportare oggetti, far parlare gli animali ecc. In uno degli ultimi episodi viene spiegato che questo è il risultato dell’evoluzione umana e che in un prossimo futuro gli esseri umani avranno capacità paragonabili alle “sorgenti di gravità variabile”. L’ultima grande differenza è che mentre in GunBuster vi è una battaglia tra due specie per il dominio della galassia, in DieBuster la partita è a 3. Ai due nemici storici si aggiunge una terza fazione: i cosiddetti “mostri spaziali”. I mostri spaziali di DieBuster sono macchine, robot autoreplicanti, creati dalla razza umana per difenderla dalle sorgenti di gravità variabile. Queste creature, evolvendosi, hanno assunto la stessa forma delle sorgenti di gravità variabile ed hanno cominciato ad attaccare anche l’umanità. Essi considerano i topless come una minaccia alla stregua delle sorgenti di gravità variabile. Alla fine, però, uniranno le loro forze agli esseri umani per sconfiggere l’ultima sorgente di gravità variabile.

Dall’anime sono stati tratti un fumetto (in un unico volume) ed un lungometraggio proiettato unicamente nelle sale giapponesi ricavato dal montaggio congiunto dei finali di Punta al top! – GunBuster e Punta al top 2! – DieBuster.

Il Gratan e il suo strampalato equipaggio!

In un’epoca di incredibili scoperte e avventurose imprese, emerge una storia che affascina il cuore e l’anima: Nadia – Il Mistero della Pietra Azzurra. Questa serie televisiva anime, prodotta dallo studio Gainax e diretta da Hideaki Anno al suo debutto come regista di una serie televisiva, narra le incredibili avventure di una giovane e ignara acrobata del circo, Nadia, e di Jean, un ingegnoso ragazzo francese. Nel loro viaggio, Nadia e Jean si trovano a bordo del leggendario sottomarino Nautilus, coinvolti nello scontro epico tra il misterioso capitano Nemo e la malvagia organizzazione Neo Atlantide, guidata dal sinistro Gargoyle, il cui unico obiettivo è dominare il mondo.

La trama si evolve quando il leggendario Gratan (o Grandis Tank), con il suo equipaggio strampalato, si trasforma da nemesi a iconici eroi protagonisti della saga.

Usato dalla banda di Grandis e affettuosamente chiamato “Catherine” dal suo capo, il Gratan è un mezzo straordinario capace di adattarsi a qualsiasi ambiente. Originariamente concepito come un carro armato volante, dotato di un pallone aerostatico e motore ad elica, può navigare sull’acqua e immergersi come un sommergibile. Armato di un piccolo cannone e dotato di due bracci meccanici estensibili con mani prensili, è un esempio perfetto dell’ingegnosità e della versatilità di questa serie.

Grandis Granva: da Antagonista a madre affettuosa

Grandis Granva, inizialmente presentata come antagonista, è una figura affascinante e complessa. Proveniente dall’alta società italiana di metà Ottocento, Grandis ha vissuto una vita agiata fino a quando il suo amore per il giovane arrivista Gonzales la portò a perdere tutti i suoi beni. Solo due servitori, l’autista Sanson e il meccanico Hanson, le rimasero fedeli. Grazie ai gioielli ereditati dalla madre, Grandis continua la sua vita alla ricerca dei gioielli più belli del mondo, inclusa la misteriosa pietra azzurra. Tuttavia, dopo l’avventura sull’isola di Gargoyle e l’incontro con Nemo, del quale si innamora perdutamente, Grandis abbandona il suo interesse per la pietra, diventando una preziosa amica e consigliera per Nadia.

Sanson: Il Coraggioso e leale

Sanson, uno dei due sgherri di Grandis, è un personaggio di grande forza fisica e abilità nel tiro, ma anche di grande cuore. Orfano e cresciuto insieme al suo migliore amico Hanson, Sanson è un vero e proprio latin lover, sempre pronto a difendere i suoi amici e la sua amata Grandis. La sua sensibilità emerge nel suo affetto per la piccola Marie, per la quale è disposto a tutto, persino a mettersi in ridicolo.

Hanson: Il Geniale Meccanico

Hanson, l’altro fedele seguace di Grandis, è un genio della meccanica. Cresciuto insieme a Sanson, Hanson ha costruito il Gratan e lo conosce in ogni dettaglio. Nonostante la sua timidezza, Hanson dimostra una grande determinazione e capacità di difendere le sue idee. A bordo del Nautilus, stringe una grande amicizia con Jean, condividendo la stessa passione per la scienza e la tecnologia.

Un’Epopea di Amore e Avventura

Nadia – Il Mistero della Pietra Azzurra è più di una semplice serie animata; è un’epopea di amore, avventura e crescita personale. Con personaggi indimenticabili e una trama avvincente, questa serie rimane un capolavoro che affascina e ispira, esattamente come le grandi opere di Jules Verne. Una storia che invita a esplorare l’ignoto e a credere nel potere della determinazione e dell’amicizia.

I personaggi de Il Mistero della Pietra Azzurra

Nel panorama incantato della Parigi del 1889, due destini si incrociano, dando il via a un’epica avventura che travalica i confini della terra e del mare. Nadia – Il Mistero della Pietra Azzurra, serie televisiva anime prodotta dallo studio Gainax e diretta da Hideaki Anno, narra le incredibili peripezie di una giovane acrobata circense ignara delle sue origini, e di un ingegnoso ragazzo francese, Jean. Il loro incontro fortuito li porterà a bordo del leggendario sottomarino Nautilus, dove si uniranno alla lotta del misterioso Capitano Nemo contro la nefasta organizzazione Neo Atlantide, guidata dal sinistro Gargoyle, determinato a dominare il mondo.

Nadia

Nadia Ra Arwol, protagonista della serie, è una ragazza di indomabile spirito, vegetariana convinta e difensora degli animali. Orfana fin da piccola, si esibisce come acrobata nel circo con il suo inseparabile leoncino King. Nato il 31 maggio 1875 a Tartesso, nell’Africa centrale, Nadia sogna di ritrovare la terra dei suoi avi, che crede essere in Africa. Ma la verità nascosta è ben più straordinaria: discende infatti dagli Atlantidi, una stirpe extraterrestre.

L’avventura inizia nel 1889, quando Nadia incontra a Parigi Jean, un giovane appassionato di ingegneria che promette di aiutarla a tornare in Africa. Inseguiti da avventurieri che vogliono impossessarsi della misteriosa pietra azzurra che Nadia porta al collo, i due si ritrovano a bordo del Nautilus, scoprendo che il Capitano Nemo, enigmatico e carismatico, è in realtà il padre di Nadia. Il loro nemico, Gargoyle, mira a usare la pietra per piegare il mondo al volere di Neo Atlantide. Nel corso della serie, Nadia dovrà affrontare la sconvolgente verità sulle sue origini e il destino che la lega alla possibile distruzione dell’umanità, arrivando persino a contemplare il suicidio.

Dopo essere stata catturata da Gargoyle, Nadia, con l’aiuto dei suoi amici, riesce a sconfiggerlo. Tornata sulla terraferma, si stabilisce a Le Havre, la città natale di Jean, con il quale si sposerà nel 1897. La coppia avrà un figlio e, nel 1902, Nadia sarà in attesa di un secondo bambino.

Nel film del 1991, Nadia e il mistero di Fuzzy, ambientato nel 1892, vediamo una Nadia diciassettenne trasferirsi a Londra per lavorare come apprendista giornalista. Determinata a diventare una donna indipendente, Nadia si separa temporaneamente da Jean, ma la sua gelosia riaffiora quando scopre il profondo legame tra Jean e Fuzzy, una ragazza-clone. Tuttavia, insieme, sventano una nuova minaccia dei Neo Atlantidi. Alla fine, Nadia decide di completare il suo tirocinio a Londra e documentare le storie di Gargoyle e Fuzzy, prima di tornare definitivamente da Jean.

Jean: Un Cuore Ingegnoso

Jean Luc Lartigue, coprotagonista della serie, è un giovane ingegnere autodidatta che sogna di utilizzare la scienza per il bene dell’umanità. Dopo aver perso la madre da piccolo e con un padre marinaio spesso assente, Jean è cresciuto con gli zii a Le Havre. Nel 1889, all’Esposizione Universale di Parigi, incontra Nadia e se ne innamora all’istante.

Il giovane Jean si rivela essere un compagno fedele e ingegnoso, pronto a tutto per proteggere Nadia. Durante l’avventura, scopre che la scienza può essere utilizzata tanto per scopi nobili quanto per fini malvagi, una lezione che lo accompagna nella sua crescita personale. Coraggioso e ottimista, Jean troverà infine la felicità accanto a Nadia, con la quale si sposerà e avrà dei figli.

King: Il Leone Bianco di Nadia

King, il leoncino bianco, è il fedele compagno di Nadia. Nonostante la sua natura animalesca, King dimostra un’intelligenza straordinaria e spesso si comporta come un essere umano. Indossa abiti, comprende i calcoli matematici e partecipa attivamente alle avventure di Nadia e Jean. La sua amicizia con Marie, una bambina incontrata durante le avventure, aggiunge un tocco di tenerezza alla serie.

Gargoyle: L’Ombra di Neo Atlantide

Gargoyle, noto anche come Nemesis Ra Algol, è l’antagonista principale della serie. Un tempo primo ministro di Tartesso, Gargoyle si autoproclama capo dell’Impero di Neo Atlantide dopo aver rovesciato il governo e causato la morte della regina. Determinato a dominare il mondo, utilizza il potere della pietra azzurra per i suoi scopi, ma alla fine soccombe al suo stesso potere, trasformandosi in un cumulo di sale.

Altri Personaggi

Il cast di supporto include personaggi memorabili come il Conte Ayrton Glenarvan,brillante scienziato che e stato inviato a bordo della corazzata americana Abraham inviato dal governo americano nel tentativo di eliminare il famigerato mostro marino. Racconta molte storie fantastiche alle quali tutti stentano a credere! La serie è arricchita anche dalla presenza di Ilion, l’ultima balena degli Atlantidi, e dell’Imperatore Neo, che ha poteri soprannaturali come il teletrasporto ed è fratello segreto di Nadia!

Nadia – Il Mistero della Pietra Azzurra è un’avventura affascinante che mescola elementi di fantascienza, dramma e romanticismo. La serie non solo intrattiene, ma invita anche a riflettere sul valore della scienza, della famiglia e del coraggio. Attraverso i mari profondi e i cieli stellati, Nadia e Jean ci conducono in un viaggio indimenticabile, degno dei migliori racconti di Jules Verne.