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Wildwood: il ritorno epico di Laika Studios e la rivoluzione della stop-motion

Dopo un silenzio durato fin troppo a lungo per noi appassionati di cinema d’animazione e, in particolare, per chi ha nel cuore la magia artigianale della stop-motion, Laika Studios sta finalmente per tornare sotto i riflettori. E non con un progetto qualunque, ma con quello che promette di essere uno dei film più ambiziosi della sua storia: “Wildwood”, una fiaba oscura, emozionante e tecnicamente rivoluzionaria, attesa nelle sale nel 2026.

Per chi conosce Laika, basta il nome per evocare mondi incantati e visioni straordinarie. Questo studio, nato ufficialmente nel 2005 grazie all’iniziativa di Travis Knight, regista e attuale CEO, ha ridefinito i canoni della stop-motion con film come Coraline e la porta magica (2009), ParaNorman (2012), The Boxtrolls, Kubo e la spada magica e Missing Link. Cinque opere che, ognuna a suo modo, hanno lasciato il segno, unendo l’estetica del cinema artigianale a una narrazione sempre profonda e innovativa.

Ma dopo il pur bellissimo Missing Link, premiato ai Golden Globe ma accolto tiepidamente al botteghino, Laika ha dovuto affrontare un periodo di riflessione. Come ha raccontato il Chief Marketing Officer David Burke in una recente intervista a IndieWire, lo studio ha affrontato momenti difficili, accentuati dalla pandemia che ha bloccato numerosi progetti in fase di sviluppo. Un periodo di stallo, certo, ma anche di riorganizzazione e rilancio. Perché Laika non è mai stata solo un semplice studio d’animazione: è un laboratorio di sogni in movimento.

E adesso, quel sogno si chiama Wildwood.

Un viaggio tra foreste incantate e creature indimenticabili

Diretto da Travis Knight e tratto dal romanzo omonimo di Colin Meloy, illustrato da Carson Ellis, Wildwood ci trasporterà in un mondo al confine tra realtà e incanto, dove natura e magia si fondono in un equilibrio tanto delicato quanto pericoloso. Il libro, pubblicato nel 2011, è stato un piccolo cult tra gli amanti del fantasy per ragazzi, e Laika ha deciso di trasformarlo in un’opera visiva che, stando alle anticipazioni, promette di superare tutto ciò che lo studio ha realizzato finora.

La storia segue le avventure di Prue McKeel e Curtis Mehlberg, due giovani amici che si addentrano in una foresta misteriosa per salvare Mac, il fratellino di Prue, rapito da un esercito di corvi al servizio di una donna enigmatica di nome Alexandra. Il viaggio che i due intraprenderanno non sarà solo fisico, ma profondamente simbolico: un percorso di crescita, di confronto con le proprie paure e di scoperta di sé stessi. Una trama che richiama i temi cari a Laika, da Coraline a Kubo, dove l’infanzia si confronta con un mondo sconosciuto, oscuro e affascinante.

Una produzione monumentale

Come ha raccontato Travis Knight, Wildwood è il progetto più complesso mai affrontato dallo studio. E se già la stop-motion è di per sé un’impresa che richiede pazienza certosina e soluzioni tecniche d’avanguardia, qui si è dovuto andare ancora oltre. Battaglie epiche, voli mozzafiato, animali parlanti come l’imponente aquila mentore di Prue: ogni dettaglio ha richiesto anni di progettazione, animazione e perfezionamento. Alcuni personaggi, ha rivelato Knight, sono vere e proprie sfide ingegneristiche, costruiti per simulare movimenti naturali con una fluidità mai vista prima nel genere.

Anche il comparto vocale è da kolossal animato. A prestare le voci ai protagonisti ci saranno Peyton Elizabeth Lee (Prue), Jacob Tremblay (Curtis), Carey Mulligan, Mahershala Ali, Angela Bassett, Awkwafina, Jake Johnson, Charlie Day, Amandla Stenberg, Jemaine Clement, Tom Waits e Richard E. Grant. Un cast stellare che testimonia l’ambizione dietro Wildwood, ulteriormente impreziosita dalla colonna sonora firmata da Dario Marianelli, già collaboratore di Knight in Kubo e la spada magica.

Una Laika rinnovata, ma sempre fedele a se stessa

Nonostante le difficoltà recenti, Laika non si è mai fermata del tutto. Durante il periodo di pausa, lo studio ha investito tempo ed energie per ripensarsi, esplorando nuovi formati e strategie. Ha rilanciato Coraline in versione 3D, ottenendo un grande successo al botteghino, e ha annunciato la riedizione di ParaNorman nel 2025, accompagnata da un nuovo cortometraggio intitolato ParaNorman: The Thrifting. Ma non solo: sono in fase di sviluppo anche nuovi progetti, tra cui adattamenti live-action e l’adattamento del romanzo Atmosphere di Taylor Jenkins Reid, che sarà diretto da Anna Boden e Ryan Fleck, i registi di Captain Marvel.

Laika guarda anche al futuro dell’animazione con occhi diversi: consapevole che l’attenzione del pubblico è oggi più frammentata che mai, ha iniziato a esplorare strategie digitali, social media e contenuti interattivi per raggiungere nuove generazioni. Iniziative come la mostra “Hidden Worlds”, già allestita a Seattle e in arrivo all’Academy Museum nel 2026, e contenuti TikTok con i dietro le quinte di Coraline e The Boxtrolls, sono solo un esempio di come lo studio stia ampliando il proprio universo narrativo.

Wildwood: una fiaba dark per un nuovo capitolo dell’animazione

L’uscita di Wildwood, fissata per il 2026, non sarà solo il ritorno di Laika. Sarà un nuovo capitolo nella storia del cinema d’animazione. Un’opera che, se riuscirà a mantenere le promesse, ridefinirà cosa significa fare animazione oggi, mescolando poesia visiva, innovazione tecnica e una narrazione profonda, quasi letteraria.

Laika non vuole semplicemente adattarsi ai tempi: vuole essere pioniera, vuole riaffermare la sua unicità, il suo essere diversa in un panorama sempre più omologato. E in un mondo dove i blockbuster animati si affidano spesso alla computer grafica e a formule narrative già viste, Laika continua a parlare con la voce dell’artigianato, del rischio creativo, della meraviglia autentica.

Ci resta solo da attendere e sperare che Wildwood sia davvero all’altezza di un’attesa lunga più di dieci anni. Ma conoscendo lo studio, c’è da scommettere che ci ritroveremo ancora una volta a bocca aperta, immersi in un mondo che non vorremo più lasciare.

“Elio”: L’ultima speranza della Pixar arriva dallo spazio (e dal cuore)

C’è qualcosa di profondamente poetico in un titolo come Elio. Un nome semplice, diretto, quasi anonimo, come potrebbe essere quello del tuo compagno di banco alle medie o del vicino di casa. Eppure, dietro quelle quattro lettere si nasconde l’eroe più inaspettato dell’universo Pixar, l’ultimo baluardo di un’animazione capace di guardare alle stelle per parlare di noi, della nostra umanità e di come, a volte, sentirsi soli sia la più aliena delle emozioni.

Nel mondo del cinema dove ogni pellicola sembra dover appartenere a un universo condiviso, essere un sequel, un remake, un reboot o — peggio ancora — uno spin-off, Elio è un miracolo statistico. Non è tratto da nessun libro, fumetto, serie TV o franchise multimiliardario. È una storia originale, nata in casa Pixar, e come tale brilla di una luce che sembra ormai scomparsa nel panorama dell’animazione contemporanea. In un momento storico in cui il pubblico sembra preferire il comfort nostalgico di ciò che già conosce, Elio ha il coraggio di presentarsi come un’avventura nuova, unica e profondamente personale.

La premessa è da sogno nerd: un ragazzino introverso, con una fervida immaginazione e una passione smisurata per gli alieni, viene rapito — volontariamente! — e trasportato nel Comuniverso, una sorta di ONU galattica dove, per errore, viene scambiato per il rappresentante ufficiale della Terra. Ed è qui che comincia la vera avventura, tra incontri interstellari, creature bizzarre, scenari sci-fi degni dei migliori romanzi di Asimov e un percorso di crescita che parla direttamente al cuore.

Il regista Adrian Molina, che già ci aveva fatto piangere tutte le nostre riserve emotive con Coco, affiancato dalla sensibilissima Madeline Sharafian (La Tana), mette in scena un racconto che riesce a coniugare il fascino della fantascienza più pura con le emozioni tangibili del quotidiano. La produzione è firmata da Mary Alice Drumm, altra veterana della scuderia Pixar, e si vede: ogni fotogramma di Elio trasuda amore per il genere e cura per il dettaglio.

Ma parliamo del cuore pulsante del film: Elio stesso. Un ragazzino che, rimasto orfano, vive con la zia Olga (una splendida Alessandra Mastronardi nel doppiaggio italiano), ex astronauta che rinuncia al sogno delle stelle per crescere il nipote. Elio però non vuole rassegnarsi alla solitudine, si sente inadatto, fuori posto… quasi su un pianeta sbagliato. Così, con radio e mantello, cerca ogni giorno di mettersi in contatto con gli alieni. Fino a quando qualcuno, dall’altra parte del cosmo, risponde davvero.

Ed è così che inizia il suo viaggio nel Comuniverso, tra razze aliene che sembrano uscite da un sogno di Moebius e un’estetica che richiama il meglio della sci-fi anni ’80, rielaborata con la tavolozza cromatica e il tratto distintivo della Pixar. Alcuni hanno criticato i character design, definendoli datati — quasi da film del 2010 — ma forse, proprio in questa scelta visiva volutamente retro, c’è l’intento di evocare quella fantascienza “innocente” che parlava di pace, comprensione e diversità molto prima che diventasse un hashtag.

Tra i personaggi più riusciti c’è senza dubbio Glordon, il giovane alieno figlio di un conquistatore galattico che non vuole combattere. Anche lui si sente fuori posto nella sua società e la sua amicizia con Elio diventa il vero centro emotivo del film. Un viaggio parallelo fatto di scoperte, paure e scelte difficili. Entrambi i ragazzi sono “alieni” nei propri mondi, entrambi cercano un senso, entrambi vogliono essere visti per quello che sono davvero.

Il cast vocale italiano è di altissimo livello e arricchisce ulteriormente la visione. Andrea Fratoni dà voce a Elio con una delicatezza sorprendente, mentre Neri Marcorè è perfetto nei panni del Manuale Universale dell’Utente — sì, avete letto bene, c’è un manuale parlante! — aggiungendo un tocco di umorismo sornione. Adriano Giannini interpreta Lord Grigon, il villain affascinante e stratificato, e Lucio Corsi dà vita all’ambasciatore Tegmen con verve cosmica. Il doppiaggio è curato nei minimi dettagli, con la supervisione artistica di Lavinia Fenu e l’adattamento di Roberto Morville, due garanzie del settore.

Se Elio è visivamente un tripudio di creatività, narrativamente è un film che osa: parla di isolamento, di paura, di perdita… ma lo fa con leggerezza, senza mai diventare pesante. Riesce a essere commovente, mai melenso. A farci riflettere senza predicare. E anche se alcune trovate comiche non colpiscono nel segno quanto ci si aspetterebbe da una produzione Pixar, il film riesce comunque a toccare corde profonde, soprattutto grazie a una scena madre che — possiamo garantirvelo — farà fingere a molti adulti di avere qualcosa negli occhi.

Certo, non è un film perfetto. Alcuni momenti sembrano accelerati, come se mancasse qualche scena chiave che avrebbe potuto dare più profondità al racconto. E l’età anagrafica di Elio — tecnicamente pre-adolescente ma con comportamenti più infantili — può lasciare perplessi. Ma sono difetti che svaniscono davanti alla sincerità e al cuore che questo film riesce a mettere in scena.

E in un mondo in cui gli studi puntano sempre più sul sicuro, Elio è un atto di coraggio. È la dimostrazione che si può ancora raccontare qualcosa di nuovo, che si può parlare ai bambini e agli adulti senza paura di sembrare “troppo” o “non abbastanza”. È un film che non ha bisogno di nostalgia per emozionare, ma solo di uno sguardo sincero verso le stelle — e verso l’animo umano.

In un’epoca di remake, sequel e reboot, Elio è una stella solitaria ma luminosa nel firmamento cinematografico. Una fiaba intergalattica che ci ricorda quanto possiamo essere speciali anche quando ci sentiamo persi. Un messaggio potente, oggi più che mai.

E voi, siete pronti a farvi rapire da Elio? Lo andrete a vedere al cinema o aspetterete il suo arrivo in streaming? Quale messaggio vi ha colpito di più? Ma soprattutto: qual è il vostro film Pixar del cuore? Raccontatecelo nei commenti e condividete questo articolo con i vostri amici nerd sui social!

Pixar annuncia Gatto: il misterioso film ambientato a Venezia con protagonista un micio nero firmato Enrico Casarosa

All’Annecy Animation Festival del 2025, Pixar ha sorpreso tutti annunciando ufficialmente Gatto, il suo prossimo film d’animazione previsto per il 2027. Dietro questo titolo semplice e intrigante, si cela una storia dal sapore tutto italiano ambientata tra i vicoli e i canali della Serenissima. A dirigere il progetto sarà nuovamente Enrico Casarosa, regista genovese che già nel 2021 aveva fatto centro nel cuore del pubblico con Luca, ambientato nella Liguria degli anni ’50.

E ora, dopo le Cinque Terre, Pixar torna nella nostra penisola e punta i riflettori su una Venezia stilizzata, fiabesca, ma anche profondamente reale, con protagonista un personaggio destinato a entrare nella galleria dei grandi della casa d’animazione: Nero, un gatto nero dallo spirito irrequieto e il passato ingombrante.

Un gatto nero, un debito, una città sospesa tra mito e realtà

Secondo quanto rivelato da Pete Docter, direttore creativo Pixar, Gatto racconta la storia di Nero, un micio nero indebitato fino ai baffi con un boss mafioso felino. Costretto a trovare una via d’uscita, si imbarca in un viaggio che lo porterà a stringere un’amicizia inaspettata e forse anche a scoprire il vero scopo della sua vita.

Il film esplorerà temi profondi come la redenzione, il senso di appartenenza e il superamento dei pregiudizi — basti pensare alla superstizione legata ai gatti neri — inserendoli in una cornice visiva mozzafiato. Venezia non sarà soltanto sfondo: diventerà un personaggio a sé, vibrante e misterioso, tra nebbie notturne, riflessi d’acqua e maschere enigmatiche. Una città sospesa tra realtà e incanto, perfetta per una storia che promette di mischiare avventura, emozione e magia.

Il ritorno di Enrico Casarosa e l’impronta italiana

Con Gatto, Casarosa continua il suo personale viaggio nel raccontare l’Italia al mondo, trasformandola in teatro di storie universali. Dopo aver tratto ispirazione dalla propria infanzia per Luca, ora il regista ligure sembra voler esplorare un tono più maturo, più noir, ma senza abbandonare il cuore e la tenerezza che contraddistinguono il suo stile.

Casarosa, che ha iniziato la sua carriera nel mondo dell’animazione come storyboard artist (con contributi in Ratatouille, Up, Cars 2, Coco), aveva già fatto parlare di sé con il cortometraggio La Luna, un piccolo gioiello candidato all’Oscar nel 2012. Ora, con Gatto, consolida il suo rapporto con Pixar, diventando una delle voci più riconoscibili e affascinanti all’interno dello studio californiano.

Una lunga tradizione di gatti animati

Con Nero, Pixar aggiunge un altro felino alla sua galleria di personaggi memorabili. Dopo il tenerissimo Sox in Lightyear, il misterioso Machiavelli in Luca e il prossimo Dragon nel futuro Toy Story 5, ora arriva un gatto protagonista assoluto. La scelta di centrare l’intera narrazione su un micio nero — animale spesso frainteso nella cultura popolare — è potente e simbolica.

E inevitabilmente, in molti hanno subito pensato a La gabbianella e il gatto, film di Enzo D’Alò ispirato all’omonima opera di Luis Sepúlveda, capace di segnare un’intera generazione. Anche lì, come probabilmente in Gatto, si parlava di protezione, crescita, diversità. Ma Casarosa sembra voler portare tutto questo in una direzione più cinematografica, più pittorica, quasi da romanzo di formazione mascherato da avventura animata.

Stile visivo e primi dettagli da Annecy

Durante la presentazione ad Annecy, il pubblico ha potuto ammirare alcune prime immagini del progetto. Nero è stato descritto come “scarruffato e adorabile”, con un design che mescola realismo e stilizzazione, tipico dell’estetica Pixar. Venezia, invece, appare quasi come uscita da un quadro, tra colori desaturati, luci cangianti e atmosfere che ricordano le tele di Canaletto o le visioni oniriche di Fellini.

Non è ancora stato rivelato il cast vocale, ma sappiamo che tra i personaggi ci saranno Rocco, Maya e Lauren, nomi che promettono un mix di culture e accenti, forse a sottolineare l’anima cosmopolita della città lagunare.

In arrivo nel 2027

Gatto sarà il 32° lungometraggio Pixar e debutterà il 18 giugno 2027, data già segnata in rosso dai fan dell’animazione di tutto il mondo. In un momento in cui lo studio sembra voler riscoprire la forza delle storie originali, dopo anni di sequel e spin-off, Gatto rappresenta una scommessa coraggiosa e affascinante.

La fusione tra animazione di alta qualità, regia d’autore e ambientazione italiana sembra avere tutte le carte in regola per conquistare il pubblico, come già accaduto con Luca. E se è vero che ogni gatto ha sette vite, chissà che questa non sia la più avventurosa e commovente di tutte.


E voi cosa ne pensate di questo nuovo progetto Pixar? Vi piacciono le storie ambientate in Italia? Anche voi avete subito pensato a La gabbianella e il gatto? Fatecelo sapere nei commenti o condividete questo articolo sui vostri social usando l’hashtag #GattoPixar

Lilo & Stitch – L’‘ohana non è mai stata così reale

Chi avrebbe mai pensato che un esperimento genetico alieno e una bambina solitaria delle Hawaii potessero nuovamente farci ridere, piangere e riflettere nel 2025, esattamente ventitré anni dopo il loro debutto animato? Eppure eccoci qui, a commuoverci ancora una volta davanti alla magia di Lilo & Stitch, questa volta in una versione live-action che, anziché limitarsi a “copiare” il passato, osa reinterpretarlo con cuore, tecnica e rispetto. E credetemi: è un piccolo miracolo. Il nuovo Lilo & Stitch, diretto da Dean Fleischer Camp – già apprezzato per il poetico Marcel the Shell with Shoes On – è ora nelle sale italiane dal 21 maggio, e ha già conquistato il botteghino con numeri da record. Ma il vero trionfo è tutto emotivo. Questo film non è solo un remake, è un omaggio affettuoso, una carezza nostalgica e contemporaneamente un tuffo in avanti, dove la CGI e l’intelligenza emotiva si incontrano senza frizioni.

 

La storia di sempre, ma con un’anima nuova

Il cuore della trama è fedele all’originale del 2002: Lilo, una bambina unica nel suo genere, sensibile e incompresa, cerca un amico in un mondo che la isola. Trova Stitch, una creatura blu, strampalata e iperattiva creata in laboratorio, e lo adotta come “cane”. Inizia così un viaggio fatto di disastri, risate, litigi e, soprattutto, crescita. Crescita individuale, familiare e reciproca. Ma questa nuova versione riesce nell’impresa, non semplice, di rendere il tutto ancora più profondo, più vivido, più “vivo”.

Il merito è di una regia attenta che non dimentica mai cosa rendeva speciale l’originale: l’umanità dei suoi personaggi. Fleischer Camp fa centro grazie alla sua capacità di lavorare sulle emozioni sottili, sulle tensioni familiari mai del tutto risolte, sulle fragilità che ci rendono umani. E Stitch? È semplicemente perfetto. La CGI gli restituisce forma e movimento mantenendo quell’aspetto tra il tenero e il caotico che ci aveva fatto innamorare vent’anni fa. Una combo tra alieno e peluche che – ammettiamolo – avremmo voluto abbracciare anche noi.

Una Lilo che ruba il cuore e una Nani più intensa che mai

Ma parliamo di loro, le vere protagoniste: Maia Kealoha e Sydney Agudong. La prima, appena otto anni, è una rivelazione. Riesce a incarnare la Lilo che tutti ricordavamo, con la stessa energia un po’ ribelle e lo sguardo carico di malinconia. Non interpreta Lilo: è Lilo. La seconda, nei panni di Nani, regala una performance intensa, sfaccettata, vera. È una sorella maggiore che lotta per tenere insieme i pezzi di una famiglia sfilacciata, in un contesto difficile e sempre sull’orlo del collasso. La loro alchimia è l’anima pulsante del film: ti commuove, ti fa ridere, ti fa venire voglia di chiamare tua sorella e dirle che le vuoi bene.

Un cast corale ben calibrato e un nuovo amore che sorprende

A fare da cornice, un cast di supporto variegato e ben sfruttato. Zach Galifianakis nei panni di Pleakley è spassoso e surreale quanto basta. Courtney B. Vance e Billy Magnussen portano spessore ai ruoli più adulti, mentre Tia Carrere – che aveva dato la voce a Nani nell’originale animato – torna in un cameo affettuoso che strizza l’occhio ai fan di lunga data. Ma la sorpresa più interessante è il nuovo personaggio interpretato da Kaipo Dudoit, interesse romantico di Nani: un’aggiunta che non snatura, ma arricchisce, offrendo una dimensione più adulta e coerente con il tono maturo del film.

Hawaiano DOC

Uno degli aspetti che più mi ha colpita è l’omaggio visivo e culturale alle Hawaii. Non solo nei paesaggi mozzafiato – che, tra riprese aeree e tramonti sull’oceano, sono da cartolina – ma anche nella lingua, nella musica, nelle piccole abitudini quotidiane che danno autenticità alla storia. C’è un rispetto tangibile per la cultura locale, cosa non sempre scontata nei prodotti hollywoodiani.

La colonna sonora, che alterna i classici Elvisiani a nuovi brani in hawaiano, accompagna il film senza mai sovrastarlo, sottolineando emozioni e momenti cruciali. Anche qui, come per tutto il film, si percepisce un grande amore per la materia originale, ma anche il coraggio di esplorare nuove sfumature.

Più cuore, meno spettacolo? Meglio così

A differenza di altri remake live-action Disney, Lilo & Stitch non cerca di stupire con l’eccesso o di reinventare il materiale originale con svolte narrative azzardate. Preferisce restare vicino al cuore della storia, lavorando sull’emotività, sulla verità delle relazioni umane e sulle fragilità che ci rendono unici. È meno “grande” di Il Re Leone o La Bella e la Bestia, ma infinitamente più sincero. E, per quanto mi riguarda, è proprio questo a renderlo speciale.

È una storia sulla famiglia, certo. Ma anche sull’appartenenza, sull’accettazione, sulla diversità. Su quanto possa essere difficile amare ed essere amati quando ci si sente “fuori posto”, ma quanto sia importante continuare a provarci.

Lilo & Stitch (2025) non è solo un film da guardare: è un film da vivere. È come rientrare in casa dopo tanto tempo, sentire l’odore del mare, la voce di chi ami, e ricordarti che, nonostante tutto, l’‘ohana è ciò che ti salva. Stitch, con i suoi versi buffi e la sua irresistibile goffaggine, ci ricorda che anche chi è stato creato per distruggere può imparare ad amare. E noi, spettatori incantati, non possiamo fare altro che lasciarci travolgere, ancora una volta, da questa tenera e scatenata avventura.

Quindi sì, prendete i fazzoletti, portate con voi i bambini (ma anche i genitori nostalgici) e correte al cinema. Perché certe storie meritano di essere raccontate di nuovo. E questa, fidatevi, lo fa nel modo giusto.

E voi? Siete già andati a vedere Lilo & Stitch al cinema? Avete amato il nuovo Stitch quanto l’originale? Raccontatemi le vostre impressioni qui sotto o condividetele sui vostri social usando l’hashtag #OhanaAlCinema!

Sonic 3 – Il Film: il ritorno del riccio blu corre su Paramount+ dal 1° luglio (e Shadow lo segue da vicino)

Quando si parla di Sonic the Hedgehog, non si parla solo di un personaggio dei videogiochi. Si parla di un’icona culturale. Di un simbolo generazionale. Di un riccio blu velocissimo che, fin dagli anni ’90, ha lasciato la sua impronta nel cuore dei gamer di tutto il mondo. E ora, nel 2025, quel cuore pulsa più forte che mai grazie all’arrivo in streaming, dal 1° luglio su Paramount+, di Sonic 3 – Il Film, il capitolo che promette di rivoluzionare l’intero universo cinematografico ispirato alla leggendaria saga SEGA.

Un’attesa che si è fatta sentire forte, alimentata dalla visione adrenalinica di Sonic 2 – Il Film e dall’amatissima serie originale Knuckles, entrambe disponibili sulla piattaforma e perfette per un rewatch (o un recupero) prima del nuovo episodio. Ma se pensate di sapere già cosa aspettarvi… beh, tenetevi forte. Perché stavolta Sonic non è solo. Al suo fianco tornano Tails e Knuckles, ma è l’ombra che arriva da lontano a catalizzare ogni sguardo. Un’ombra dal nome evocativo e minaccioso: Shadow.

Il ritorno di Sonic: una corsa tra nostalgia e adrenalina

La storia riprende esattamente dove ci aveva lasciati la serie su Knuckles, in un intreccio che dimostra quanto la Paramount stia costruendo un vero e proprio universo narrativo coeso e in continua evoluzione. Sonic, Tails e Knuckles affrontano una nuova minaccia, potente e misteriosa, che arriva come un’eco oscura dal passato: Shadow the Hedgehog. E no, non è un villain qualunque. È un personaggio amato, tormentato, complesso, già cult tra i fan dei videogiochi – soprattutto quelli cresciuti a pane e Sonic Adventure 2.

La sorpresa più esplosiva? La voce originale di Shadow è quella di Keanu Reeves. Sì, Neo. John Wick. Il simbolo stesso del carisma postmoderno. In italiano, invece, torna la voce storica di Claudio Moneta, che non ha bisogno di presentazioni per chi ha amato il personaggio nei giochi. Il risultato è un doppiaggio potente, evocativo, magnetico. Shadow è la nemesi perfetta per Sonic: freddo, calcolatore, ma profondamente segnato da un passato che non può (o non vuole) dimenticare.

Shadow, Robotnik e la nuova minaccia globale

Ma Shadow non è solo. A tirare le fila c’è ancora una volta il Dr. Robotnik, l’immancabile e sempre geniale Jim Carrey, che continua a regalare una performance tra il cartoonesco e il disturbante. Accanto a lui compare il misterioso nonno Gerald, una figura chiave che contribuisce ad alzare la posta in gioco. Il piano? Una vendetta globale, alimentata da dolore, ingegno e potere. Non mancano colpi di scena, cambi di alleanze e momenti da lasciare il fiato sospeso, che rendono questo film un vero e proprio rollercoaster emotivo.

Un trionfo al botteghino e il futuro della saga

Al suo debutto nelle sale, Sonic 3 – Il Film ha bruciato ogni record, conquistando il primo posto al box office nordamericano e diventando il film della saga con il maggior incasso di sempre. È il secondo miglior adattamento videoludico della storia in termini di guadagni, e la cosa non sorprende: subito dopo la sua uscita, le visualizzazioni dei due film precedenti sono cresciute del 185%. Un dato che parla chiaro: il pubblico è affamato di Sonic. E Paramount lo sa bene. Non a caso, ha già annunciato che Sonic 4 arriverà al cinema nel 2027. Una notizia che ha già fatto saltare il fandom dalla sedia.

Un’estetica da urlo: tra Tokyo, Londra e CGI da next-gen

Se l’occhio vuole la sua parte, qui viene saziato abbondantemente. La CGI è semplicemente spettacolare. I personaggi digitali non sono solo credibili: sono vivi. Palpitanti. Ogni movimento, ogni sguardo, ogni dettaglio ha un’anima. Le scene d’azione sono frenetiche, ma mai caotiche. C’è una mano registica che sa come dosare il ritmo e la meraviglia. Particolarmente indimenticabile la sequenza ambientata a Tokyo: un’esplosione di neon, omaggi visivi ad Akira, cultura giapponese distillata in pura adrenalina. Londra, invece, pur essendo suggestiva, rimane un po’ in sordina rispetto al resto – ma hey, forse è solo una questione di gusti.

Il tono giusto per tutti: tra ironia, emozione e consapevolezza

Uno degli elementi che fanno brillare Sonic 3 è il tono: divertente, intelligente, accessibile. Il film riesce a strizzare l’occhio ai bambini quanto agli adulti, ai gamer storici quanto ai nuovi arrivati. C’è una crescita, una maturazione del franchise, che si percepisce scena dopo scena. Non è solo un film per famiglie: è un film pensato per i fan. Quelli veri. Quelli che conoscono ogni livello, ogni glitch, ogni boss fight della saga.

Un’ode a Sonic e al fandom che non si ferma mai

Sonic 3 – Il Film non è solo un sequel. È una dichiarazione d’amore. Un omaggio rispettoso, ma anche una spinta in avanti. È il miglior capitolo della trilogia finora. E lo è sotto ogni aspetto: dalla regia alla scrittura, dal doppiaggio all’estetica. Non ha paura di abbracciare la nostalgia, ma lo fa senza diventare autoreferenziale. Ha lo sguardo rivolto al futuro, con la sicurezza di chi sa da dove viene e dove vuole arrivare.

La pellicola è prodotta da Paramount Pictures, SEGA SAMMY Group, Original Film, MARZA ANIMATION PLANET e Blur Studio, con una sceneggiatura firmata da Pat Casey, Josh Miller e John Whittington. È classificata PG, quindi vietata ai minori di 10 anni non accompagnati, per alcune scene d’azione intense e humor pungente.

Se non l’avete ancora visto al cinema, o se volete rivederlo sotto una nuova luce, segnate in agenda: dal 1° luglio, Sonic 3 vi aspetta in streaming su Paramount+. E sì, corre veloce. Quindi non restate indietro.


E ora tocca a voi, cari lettori nerd e geek! Che ne pensate di Sonic 3 – Il Film? Vi ha conquistato come ha fatto con noi? Shadow è all’altezza della sua fama? E cosa vi aspettate dal quarto capitolo? Ditecelo nei commenti qui sotto, oppure correte (letteralmente) a condividere l’articolo sui vostri social con l’hashtag #Sonic3eoltre. Perché, come ci insegna il nostro riccio blu, l’unico modo per non restare indietro… è correre insieme!

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Zootropolis 2: Il ritorno di Judy e Nick in una nuova avventura tra misteri, serpenti e techno-party

Dopo quasi un decennio di attesa, è finalmente arrivato il momento che tutti stavamo aspettando: i Walt Disney Animation Studios hanno svelato il primo teaser trailer ufficiale di Zootropolis 2, sequel del film d’animazione vincitore dell’Oscar nel 2016. La notizia ha fatto esplodere l’entusiasmo tra i fan di tutto il mondo, e per una buona ragione: stiamo per tornare nella meravigliosa e caotica metropoli dove ogni animale, grande o piccolo, ha il proprio posto — almeno in teoria.

Ebbene sì, Judy Hopps, la coniglietta più tosta del Zootropolis Police Department, e Nick Wilde, l’ex truffatore trasformato in agente di legge, stanno per tornare in azione con un nuovo caso da risolvere, e questa volta il pericolo ha le squame. Letteralmente. A mettere sottosopra la città è un nuovo personaggio: il misterioso serpente Gary De’Snake, doppiato da Ke Huy Quan, già amato per la sua interpretazione in Everything Everywhere All at Once. Gary non è solo il classico “nuovo arrivato”: è una vera e propria mina vagante che trascinerà i nostri protagonisti in un’indagine senza precedenti.

Una nuova minaccia serpeggia tra i quartieri di Zootropolis

Il trailer, che potete già gustarvi online, è un mix esplosivo di suspense, comicità e… techno. Sì, perché a rendere ancora più esilarante questa prima anticipazione c’è anche la nuova canzone originale “ZUTU” firmata dai LEMEEENS, il gruppo di lemming techno più famoso di Zootropolis, recentemente in tour con la superstar Gazelle (sì, quella Gazelle, doppiata ancora una volta da Shakira). La loro musica fa da colonna sonora a scene che ci catapultano direttamente in nuove zone della città: deserti infuocati, paludi brulicanti di vita semi-acquatica, e quartieri che non avevamo mai esplorato prima.

Ma al di là della festa danzante, Zootropolis 2 promette di essere un viaggio molto più profondo. Non solo per il mistero che Judy e Nick dovranno risolvere, ma per i dilemmi personali che li attendono lungo il cammino. Il film esplorerà la fiducia reciproca, la collaborazione sotto pressione e i vecchi fantasmi del passato di Nick, la cui esperienza da ex truffatore tornerà improvvisamente molto utile.

Un cast vocale stellare e nuove affascinanti aggiunte

Nel cast originale ritroviamo le amatissime voci di Ginnifer Goodwin nei panni di Judy e Jason Bateman in quelli dell’inimitabile Nick. Accanto a loro, nuove entrate promettono di arricchire l’universo narrativo della saga: oltre a Ke Huy Quan, ci saranno Fortune Feimster nel ruolo del castoro Nibbles e Quinta Brunson, che darà voce alla dottoressa Fuzzby, un’adorabile quokka pronta ad aiutare i nostri eroi a risolvere qualche… disguido relazionale. Un’aggiunta adorabile quanto potenzialmente salvifica, soprattutto considerando che Gary De’Snake potrebbe non essere l’unico problema in città.

Alla regia troviamo di nuovo Jared Bush e Byron Howard, il duo creativo che ci ha già regalato Zootropolis e Encanto, garanzia assoluta di una narrazione brillante, inclusiva e visivamente mozzafiato. Bush ha anche firmato la sceneggiatura di questo sequel, promettendo un’esplorazione ancora più vasta e affascinante del mondo animale che abbiamo imparato ad amare nel primo capitolo.

Un sequel che ha tutte le carte in regola per essere memorabile

Ma cosa rende davvero Zootropolis 2 un film da non perdere per tutti noi nerd, appassionati di animazione e storie avvincenti? Innanzitutto, la trama promette una vera e propria evoluzione della dinamica tra Judy e Nick, che ora sono ufficialmente partner di pattuglia — sì, Nick ha finalmente il suo distintivo! Poi, c’è l’elemento mistery: una nuova indagine, un nemico ambiguo, ambientazioni inedite… tutto suggerisce un’avventura ancora più dinamica e stratificata rispetto alla prima. E, come se non bastasse, il film continuerà a esplorare temi sociali profondi come il pregiudizio, la diversità, l’amicizia e la fiducia, tutti filtrati attraverso l’obiettivo di un mondo animale straordinariamente simile al nostro.

Dal punto di vista tecnico, ci si aspetta un’animazione ai massimi livelli: Disney non ha mai deluso da questo punto di vista e ogni dettaglio del trailer — dalle texture del pelo agli effetti di luce nelle nuove ambientazioni — è un piccolo capolavoro. Il mix tra azione, comicità e riflessione è la chiave del successo di Zootropolis, e tutto lascia pensare che il sequel saprà replicare (e forse superare) la magia del primo film.

Quando esce Zootropolis 2?

Segnatevelo bene: Zootropolis 2 arriverà nelle sale italiane il 26 novembre 2025. Ancora qualche mese di attesa, ma l’hype è già alle stelle. Noi del CorriereNerd.it seguiremo ogni passo di questo ritorno nella città degli animali più umani del grande schermo, pronti a raccontarvi ogni nuova rivelazione, aggiornamento e curiosità.

Junk World: Il sequel che spinge i confini dell’animazione stop-motion

Quando ho scoperto che Takahide Hori stava tornando con un nuovo film, il mio cuore ha fatto un balzo. Non solo perché stiamo parlando del visionario dietro Junk Head – uno dei capolavori più unici, disturbanti e affascinanti che l’animazione in stop-motion ci abbia regalato negli ultimi anni – ma perché Junk World promette qualcosa di ancora più ambizioso: un viaggio mille anni prima, nelle profondità oscure e dimenticate del suo universo narrativo.E finalmente è arrivato il trailer. Un assaggio breve, ma incredibilmente denso, di quello che ci aspetta. Le mani tremano solo a scriverne.

Sì, Junk World è un prequel, ambientato ben 1.042 anni prima degli eventi di Junk Head. E questa distanza temporale non è solo un dettaglio: è una scelta poetica, narrativa, filosofica. Hori ci riporta alle origini di quel mondo decadente e affascinante, quando le cicatrici della civiltà erano ancora fresche e le fondamenta della follia futura si stavano appena gettando.Il protagonista, Robin – o Parton, come i fan lo conosceranno dal primo film – è un robot che ci guiderà in questa nuova avventura. Al suo fianco c’è Triss, un comandante umano inviato a indagare su una misteriosa setta di esseri artificiali. E già qui il respiro si fa corto: una setta? In un mondo che si sgretola? Con un robot che forse non è solo una macchina?Il loro viaggio li porterà a scoprire un varco multidimensionale che minaccia la realtà stessa. Sì, avete letto bene: multidimensionale. Hori non ha paura di spingere il pedale dell’ambizione narrativa, e questo è esattamente ciò che rende le sue opere irresistibili.

Stop-Motion: Una Rivoluzione Artigianale

C’è qualcosa di profondamente toccante nel sapere che Junk World, proprio come il suo predecessore, è stato realizzato quasi interamente da una sola persona. Takahide Hori non è semplicemente un regista: è un artigiano, uno scultore di mondi, un cantastorie che preferisce la colla, la plastilina e il silicone alle scorciatoie digitali.In un’epoca dominata dalla CGI e dagli effetti iperrealistici, la stop-motion ha un valore quasi mistico. È lenta. È imperfetta. Ma è vera. Ogni movimento di ogni personaggio è frutto di ore, giorni, settimane di lavoro manuale. Ogni scena è un piccolo miracolo. E Junk World ne è pieno. Le texture, le luci, i volti dei personaggi… tutto ha una fisicità che quasi si può toccare. Guardando il trailer, mi sembrava di annusare la polvere di quella città sotterranea, di percepire il freddo metallico dei corridoi, di ascoltare il respiro rotto dei protagonisti.

E poi c’è una cosa che mi ha commossa profondamente: Junk World esiste anche grazie a noi, i fan. Due campagne di crowdfunding hanno permesso a Hori di dare forma al suo sogno. Oltre 22 milioni di yen raccolti complessivamente – più di 140.000 euro – da persone che, come me, si sono innamorate di quell’universo cupo e stratificato.Questo non è solo un film. È un progetto collettivo, un esempio vivente di come l’arte indipendente possa ancora fiorire, resistere, brillare. In mezzo a un’industria che spesso schiaccia la creatività con logiche commerciali, Hori ci ricorda che la passione può ancora vincere.

Oltre la Narrazione: Un’Odissea Filosofica

Se Junk Head era già un’opera profondamente filosofica – una riflessione sull’umanità, la memoria, l’identità – Junk World sembra voler andare ancora oltre. Le atmosfere sono più dense, la trama più stratificata, i temi più ambiziosi.La lotta per la sopravvivenza non è solo fisica, ma esistenziale. Che cosa significa essere “umani” in un mondo dove l’umanità è un ricordo? Qual è il nostro ruolo quando non siamo più necessari? Dove finisce la macchina e comincia l’anima?Sono domande che il film promette di affrontare senza offrire risposte facili, ma accompagnandoci in un viaggio mentale tanto quanto visivo. Perché l’arte vera non consola: interroga.

L’uscita giapponese è fissata per il 13 giugno 2025. Quel giorno, lo segnerò con un cerchio rosso sul calendario. Perché Junk World non è solo un film che aspetto con ansia: è un evento, un rituale, una promessa di meraviglia. Takahide Hori sta creando qualcosa che va oltre la semplice animazione: sta costruendo un mito contemporaneo, mattoncino dopo mattoncino, scena dopo scena, con le sue mani. E noi siamo fortunati spettatori, invitati a perderci in questo universo in bilico tra la bellezza e l’orrore.

Fixed: L’irriverente commedia animata per adulti di Genndy Tartakovsky, tra umorismo e cuore

Ci sono film d’animazione per adulti che fanno ridere, altri che puntano tutto sull’irriverenza, e poi c’è Fixed, la nuova (e attesissima) creatura di Genndy Tartakovsky, che riesce a fare entrambe le cose — e anche molto di più.Quando ho letto che Netflix aveva finalmente annunciato l’uscita di questo lungometraggio animato, la mia mente ha fatto un salto indietro, tra i colori acidi e le inquadrature mozzafiato di Samurai Jack, le gag geniali de Il laboratorio di Dexter, fino alla brutalità primitiva e poetica di Primal. Genndy Tartakovsky è uno di quei nomi che per noi nerd dell’animazione suona come una garanzia assoluta: quando lui si muove, lo fa per raccontare storie che sfidano le regole. E Fixed non è da meno.

Il cuore di questa nuova avventura? Un cane. Ma non un cane qualsiasi: parliamo di Bull, un meticcio dal carattere spavaldo e dalla libido incontenibile, doppiato da Adam Devine. La sua vita scorre tra scorribande e tentativi impacciati (e piuttosto insistenti) di accoppiamento, finché una doccia fredda cambia tutto: i suoi padroni hanno deciso di farlo castrare. Il motivo? L’ennesimo, imbarazzante attacco alla gamba della nonna. Da qui parte una folle, surreale, eppure intensamente umana corsa contro il tempo: Bull ha solo una notte per dichiararsi a Honey, l’elegante cagnolina da concorso della casa accanto, e provare a vivere un momento di autentica passione prima del “grande taglio”.

L’ho detto? È una commedia animata per adulti. Ma con un cuore. E che cuore.

Ciò che mi ha colpito, fin da subito, è il modo in cui Tartakovsky riesce a prendere un tema che potrebbe sembrare solo un pretesto per battute volgari — e in parte lo è, e ben venga! — e trasformarlo in un viaggio dolceamaro sulla mascolinità, l’identità, il desiderio e, soprattutto, il bisogno di amare ed essere amati. Bull, con tutta la sua energia caotica, si trasforma davanti ai nostri occhi in un eroe tragicomico, un po’ Don Chisciotte e un po’ adolescente in piena crisi ormonale, che ci ricorda quanto sia teneramente disperato il bisogno di lasciare un segno, anche solo in una notte.

E a fargli compagnia in questo delirio notturno c’è un cast di comprimari che, credetemi, vale da solo il prezzo del biglietto (o meglio, dell’abbonamento a Netflix). C’è Rocco, un dogo argentino doppiato dal meraviglioso Idris Elba, ironico e burbero come solo certi amici di lunga data sanno essere. E naturalmente lei, Honey, la cagnetta ideale, doppiata da Kathryn Hahn, che riesce a essere affascinante, distante e irresistibilmente dolce, come ogni musa inafferrabile che si rispetti. Attorno a loro si muove un microcosmo animalesco ma profondamente umano, che Tartakovsky tratteggia con una precisione narrativa che pochi altri registi d’animazione sanno eguagliare.

Ma parliamo dell’animazione — perché, signore e signori, Fixed è una meraviglia per gli occhi. Tartakovsky rimane fedele al suo stile: c’è la fluidità plastica dei personaggi, i tratti netti che ricordano la golden age dei cartoon americani, e un uso magistrale del colore che accompagna la narrazione emotiva della storia. Il regista ha scelto di puntare sull’animazione tradizionale, rifiutando la CGI iper-lucidata a cui ormai siamo abituati, e il risultato è un film che respira, che vibra, che pulsa come fatto a mano. Si sente il lavoro artigianale in ogni fotogramma, e questa scelta non è solo estetica: è anche una dichiarazione d’intenti. Fixed non è un prodotto da catena di montaggio, è un’opera che vuole lasciare un segno, e lo fa con ogni linea tracciata.

C’è anche dell’altro. Come ogni buona commedia che si rispetti, sotto la superficie di risate e caos si nasconde una riflessione più profonda. Fixed parla di identità, di corpo, di desiderio. Parla del bisogno (spesso inascoltato) di essere visti e riconosciuti, persino in un mondo che sembra volerci addomesticare a tutti i costi. E lo fa con il tono lieve della satira, senza mai risultare pesante o predicatorio. C’è una critica sociale sottile, ma efficace: in un mondo che sterilizza tutto — cani compresi — Bull è l’ultimo bastione di una vitalità disordinata e sincera.

Personalmente, mi sono ritrovata a ridere di gusto per le situazioni assurde, ma anche a commuovermi per certe sfumature che non ti aspetteresti in un film su un cane che cerca di evitare la castrazione. È qui che Tartakovsky colpisce nel segno: prende un’idea folle e la carica di un’umanità disarmante. Perché in fondo, chi di noi non si è mai sentito come Bull almeno una volta? Sperduto, arrabbiato, innamorato, pronto a tutto pur di non perdere ciò che lo definisce?

Con l’uscita fissata per il 13 agosto 2025 su Netflix, Fixed promette di diventare uno di quei titoli che lasciano il segno. Non solo per il suo umorismo spinto e per l’animazione fuori dagli schemi, ma perché ci regala una storia che, sotto il pelo arruffato e le battute irriverenti, nasconde un cuore tenero e una voglia matta di vivere. È un film che fa ridere, ma che sa anche parlare dritto al cuore. E per me, che amo i cartoni animati per adulti non solo per lo scherno ma per la possibilità di raccontare la realtà attraverso metafore animali, questo è il massimo.

E voi? Siete pronti a lasciarvi conquistare da un cane spavaldo, un gruppo di amici improbabili e un’avventura che profuma di libertà, ribellione e amore disperato? Io vi consiglio di preparare i fazzoletti (sì, sul serio), ma anche di lasciarvi andare alla risata. Perché Fixed è quel tipo di film che ci ricorda che, anche nel caos più totale, la vita vale la pena di essere vissuta fino in fondo.

Toy Story 5: Il Ritorno della Magia con Buzz, Woody e Jessie in un Nuovo Capitolo Tecnologico

C’è una domanda che i fan di Pixar si pongono ormai da anni, e quella domanda è: ci sarà un Toy Story 5? La risposta, finalmente, è sì. Dopo tanti anni dall’uscita di quello che sembrava il capitolo conclusivo della saga, Toy Story 4, il franchise che ha fatto la storia dell’animazione digitale si prepara a tornare nelle sale cinematografiche con un nuovo, attesissimo capitolo. Toy Story 5 non è solo un altro sequel, ma una nuova promessa di avventura, emozioni e, probabilmente, quella magia che ha reso immortali i giocattoli di Woody, Buzz Lightyear, Jessie e compagnia bella.

La data di uscita di Toy Story 5 è già fissata: 19 giugno 2026. Un po’ lontano, lo so, ma le prime notizie ufficiali stanno finalmente iniziando a circolare, e io, come molti altri, non riesco a fare a meno di sentire un’irrimediabile trepidazione al pensiero di rivivere il mondo dei giocattoli che parlano. Lo so, sembra una frase banale, ma non dimentichiamo quanto questa saga ci abbia toccato nel profondo, fin dal primo, indimenticabile Toy Story, uscito nel 1995.

Un film che ha segnato una generazione, che ha saputo mescolare una narrazione straordinaria a temi universali come l’amicizia, la crescita e la paura dell’abbandono. Il tutto, condotto dai leggendari Woody e Buzz Lightyear, due dei personaggi più iconici della storia del cinema d’animazione. E ora, a oltre un quarto di secolo dal suo debutto, i nostri vecchi amici stanno per tornare, ma con qualche novità che promette di rendere questo capitolo ancora più affascinante.

La conferma ufficiale dello sviluppo di Toy Story 5 è arrivata nel febbraio del 2023, con Pixar che ha finalmente messo in moto la macchina della produzione. Con una notizia che ha fatto il giro del mondo, è stato annunciato che Tom Hanks (Woody) e Tim Allen (Buzz) sarebbero tornati a prestare le loro voci per i personaggi che hanno interpretato con tanto amore in tutti questi anni. Ma la vera sorpresa non è solo il ritorno di questi due leggendari attori, ma anche la presenza di Andrew Stanton, il regista di pellicole come Wall-E e Alla ricerca di Nemo, che si occuperà della regia e della sceneggiatura di questo nuovo capitolo. È curioso pensare che Toy Story 5 sarà il primo film della saga realizzato senza l’ombra di John Lasseter, che ha contribuito a dare forma a questo universo ma che è uscito di scena dopo Toy Story 4.

E che dire della trama? Ancora avvolta nel mistero, ma alcune dichiarazioni di Tim Allen hanno acceso la curiosità dei fan. Se da un lato i protagonisti Woody e Buzz saranno nuovamente al centro dell’azione, c’è una novità che promette di rivelarsi una delle svolte più interessanti di questa nuova avventura. Allen ha infatti svelato che Toy Story 5 avrà un focus particolare su Jessie, la cowgirl che abbiamo conosciuto in Toy Story 2. Un’idea che, da appassionato della saga, mi entusiasma particolarmente: Jessie è sempre stata una figura di grande spessore e vederla finalmente protagonista è un’ottima mossa. Ma in che modo verrà esplorato il suo personaggio? Questa è una delle domande che ancora non ha una risposta, ma le aspettative sono alte.

In aggiunta a ciò, Toy Story 5 sembra voler affrontare temi moderni, tra cui l’influenza della tecnologia nella vita dei più giovani. Un’idea perfetta per i tempi che viviamo, ma che non scalfirà lo spirito originale del franchise, fatto di emozioni autentiche e storie che parlano a tutti, giovani e adulti. A confermarlo, il regista Andrew Stanton, che ha rivelato che il film affronterà l’impatto della tecnologia su quella che era una volta l’innocenza del gioco. Le prime immagini trapelate durante la convention D23 del 2024 hanno mostrato alcuni dei personaggi in una nuova luce, ma poco si sa su come la trama si svilupperà.

Un’altra piccola anticipazione riguarda la presenza di un nuovo personaggio, doppiato da Anna Faris, il cui ruolo è ancora misterioso. L’entusiasmo cresce ancora di più quando Tim Allen afferma che la sceneggiatura è davvero brillante e che i fan non rimarranno delusi. Personalmente, credo che Pixar stia preparando qualcosa di davvero speciale, come solo loro sanno fare.

Toy Story 5 non è solo un altro sequel, ma un film che affonda le radici nell’amore che i fan di tutte le età nutrono per questa saga senza tempo. Pixar ha sempre saputo evolversi, mescolando innovazione e tradizione, e con Toy Story 5 sembra voler fare proprio questo: portare i personaggi che abbiamo imparato ad amare a un nuovo livello, confrontandosi con le sfide del presente senza perdere la magia che li ha resi immortali. In attesa di giugno 2026, non posso fare a meno di chiedermi come evolverà il nostro rapporto con questi giocattoli e, soprattutto, con il tempo che passa. Sì, è vero, l’attesa è lunga, ma chi non vorrebbe rivedere Woody e Buzz in azione, pronti a darci lezioni di vita in un mondo che cambia?

L’Amore che sfida l’Infinito in “Lost in Starlight”

Con l’imminente uscita di Lost in Starlight, Netflix segna un importante traguardo, presentando il suo primo lungometraggio d’animazione coreano.  Questo film, che uscirà il 30 maggio, mischia la vastità della fantascienza con le emozioni intime di un dramma romantico, si preannuncia come una delle opere più affascinanti di questa stagione. Un viaggio che non solo ci condurrà nello spazio, ma ci farà riflettere sullo spazio emotivo tra due amanti separati da milioni di chilometri.

Il concetto alla base di Lost in Starlight ha subito una potente presa sul cuore degli appassionati di anime e storie romantiche. La trama, che fonde sci-fi e romanticismo, parla di una relazione a distanza che non si svolge tra due città, ma tra la Terra e Marte. Nan-young, un’astronauta destinata a partire per una missione su Marte, deve affrontare la solitudine e la distanza, mentre Jay, un musicista che rimane sulla Terra, deve convivere con un amore che sfida ogni limite fisico e temporale. Non si tratta solo di una separazione fisica, ma di un amore che si sviluppa tra le costellazioni, nel silenzio siderale, sotto il vasto cielo di un universo infinito. Eppure, proprio come nelle storie d’amore più commoventi degli anime giapponesi, Lost in Starlight ci invita a credere che anche una distanza così inconcepibile non possa impedire a due cuori di continuare a battere insieme.

La regia di Jiwon Han, al suo debutto nel lungometraggio dopo aver diretto diversi cortometraggi, è perfetta per raccontare una storia che, pur ancorata alla realtà scientifica del viaggio spaziale, esplora le dinamiche emotive universali che caratterizzano l’esperienza umana. La sceneggiatura, scritta insieme a Kang Hyun-joo, si avvale di un approccio che non rinuncia alla delicatezza, ma anzi la esalta, combinando l’intensità della scienza con la bellezza dell’emozione. Il risultato è un’opera che non solo sa come parlare ai fan della fantascienza, ma riesce anche a toccare il cuore di chi è attratto da storie romantiche che non hanno paura di affrontare la solitudine, l’attesa e la speranza.

La produzione è affidata a Climax Studio, un nome che sta emergendo con forza nel panorama dell’animazione coreana, in collaborazione con Netflix Animation. Il loro impegno si riflette non solo nella qualità visiva del film, che promette di essere ricca di dettagli e profondità, ma anche nel modo in cui riescono a trattare temi profondi con un linguaggio visivo unico. Le prime immagini promozionali suggeriscono una narrazione visivamente raffinata, con uno stile che mescola elementi classici dell’animazione con un tocco innovativo e moderno.

Il cast vocale di Lost in Starlight è un altro punto di forza che non passa inosservato. Kim Tae-ri, vista in serie cult come Twenty-Five Twenty-One e Mr. Sunshine, presta la sua voce alla protagonista Nan-young, mentre Hong Kyung, noto per il suo ruolo in Life on Mars e Hotel del Luna, dà voce a Jay. Entrambi hanno un talento naturale nel trasmettere emozioni autentiche, e questa capacità diventa fondamentale per una storia che ha bisogno di un’interpretazione che tocchi le corde più intime dello spettatore. La chimica tra i due è palpabile, e sarà affascinante vedere come riusciranno a dar vita a questa relazione che, pur separata dallo spazio, non smette di evolversi e crescere.

La colonna sonora, che riveste un’importanza centrale in un film che ruota attorno a un musicista, è un altro elemento che si preannuncia fondamentale per il successo di questa opera. La musica, spesso in grado di esprimere ciò che le parole non possono, si fa portavoce dell’emozione che lega i due protagonisti, anche quando la distanza tra loro è inconcepibile. Speriamo che, come nelle migliori tradizioni degli anime, la colonna sonora sappia diventare il ponte che unisce questi due mondi separati, ma inesorabilmente legati da un filo invisibile.

Non si può non pensare, guardando il trailer e leggendo la trama, alla commovente bellezza di una storia che, pur trattando temi futuristici e scientifici, non perde mai di vista l’aspetto più umano e universale delle relazioni. L’amore, in Lost in Starlight, non è solo una questione di distanza fisica, ma un sentimento che attraversa le galassie, che resiste agli anni luce e che, nonostante le leggi inesorabili della fisica, trova un modo per superare ogni barriera. Questo è un tema che, come molti anime giapponesi ci hanno insegnato, parla al cuore degli spettatori, e Lost in Starlight sembra promettere lo stesso impatto emotivo, ma con una veste visiva e narrativa che risponde alle esigenze di un pubblico moderno e internazionale. Lost in Starlight si preannuncia come un’esperienza cinematografica unica, che mescola la meraviglia della scienza con la delicatezza dell’amore, portando il pubblico in un viaggio emozionale senza precedenti. Chi ama gli anime giapponesi, ma anche chi è alla ricerca di una storia che vada oltre la semplice narrazione romantica, troverà sicuramente in questo film qualcosa che saprà toccare il cuore e, forse, anche far guardare il cielo notturno con occhi diversi.

Meg LeFauve Racconta il Fenomeno “Inside Out” all’Università Cattolica di Milano: Un’Open Lecture Imperdibile

Martedì 29 aprile 2025, alle ore 16.30, Milano ospiterà un evento imperdibile per tutti gli appassionati di animazione e sceneggiatura. Meg LeFauve, una delle figure più influenti nel panorama dell’animazione e della scrittura cinematografica, sarà protagonista di una Open Lecture all’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’incontro, dal titolo “The Long Journey to Inside Out and Inside Out 2”, rappresenta un’occasione unica per scoprire i retroscena del fenomeno Inside Out, il capolavoro animato della Pixar che ha conquistato milioni di spettatori in tutto il mondo.

Meg LeFauve, sceneggiatrice e produttrice di entrambi i capitoli della saga, terrà questa lectio pubblica presso l’Aula Pio XI della sede milanese dell’Università Cattolica, a Largo Gemelli 1. Il suo intervento si inserisce all’interno del programma del Master in International Screenwriting and Production (MISP) e della Laurea Magistrale “The Art and Industry of Narration”, diretti dal prof. Armando Fumagalli. Entrambi i corsi sono da più di venti anni fucine di talenti che lavorano nel mercato globale della scrittura per il cinema, la televisione e l’editoria, nonché della produzione audiovisiva.

Meg LeFauve ha contribuito alla scrittura di Inside Out (2015) insieme al regista Pete Docter e a Josh Cooley, e ha curato la sceneggiatura di Inside Out 2 (2024), lavorando con il regista Kelsey Mann e lo sceneggiatore Dave Holstein. La saga racconta la crescita della giovane Riley Andersen, alle prese con le proprie emozioni, esplorando temi universali come il cambiamento, le relazioni familiari e la complessità della mente umana. Le emozioni principali, rappresentate nei primi due capitoli dal personaggio di Gioia, Rabbia, Paura, Tristezza e Disgusto, sono arricchite nel secondo film da nuovi protagonisti come Ansia, Invidia, Imbarazzo, Ennui e Nostalgia, portando a una riflessione ancora più profonda sul mondo interiore di ogni individuo.

Classe 1969 e originaria dell’Ohio, Meg LeFauve ha avuto una carriera ricca di successi e sfide creative. Prima di dedicarsi alla sceneggiatura per Pixar, è stata presidente della casa di produzione cinematografica Egg Pictures, fondata da Jodie Foster, e ha contribuito alla realizzazione del film The Dangerous Lives of Altar Boys. La sua carriera si è poi arricchita con collaborazioni in progetti come Il viaggio di Arlo (2015), Captain Marvel (2019) e Il drago di mio padre (2022), consolidandola come una delle sceneggiatrici più apprezzate di Hollywood.

Il successo di Inside Out è stato travolgente: il film ha vinto l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA come miglior film d’animazione, incassando globalmente quasi 860 milioni di dollari. Ma il sequel ha superato ogni aspettativa, arrivando a incassare quasi 1,7 miliardi di dollari, diventando il film d’animazione con il maggior incasso di sempre e il nono di tutti i tempi. In Italia, Inside Out 2 ha ottenuto un successo straordinario, risultando il film più visto della stagione 2023/2024 e il quinto di tutti i tempi al box office nazionale.

Durante la sua lectio, Meg LeFauve condividerà con il pubblico la genesi di questo capolavoro cinematografico, rivelando aneddoti e curiosità sulla sua creazione, dalla concezione iniziale del progetto alla realizzazione finale. Gli studenti del corso di Laurea Magistrale “The Art and Industry of Narration” e del MISP avranno l’opportunità di ascoltare da una delle voci più autorevoli del settore, che racconterà come la Pixar sia riuscita a coniugare emozioni universali con una narrazione innovativa e coinvolgente.

Oltre alla LeFauve, la laurea magistrale “The Art and Industry of Narration” e il MISP vedono la partecipazione di altri grandi nomi del panorama internazionale. Tra questi, John Truby, uno dei maggiori consulenti per la scrittura di storie a Hollywood, Bobette Buster, autrice e consulente che ha lavorato su alcuni dei film più iconici della storia del cinema, e Jeff Melvoin, noto showrunner di serie come Alias e Designated Survivor. A questi si aggiunge la sceneggiatrice italiana Gaia Violo, che ha scritto per la serie thriller Absentia e attualmente lavora alla nuova stagione di Star Trek.

La Laurea Magistrale in “The Art and Industry of Narration” si distingue per il suo focus sull’industria dell’animazione e sui prodotti destinati al pubblico più giovane. Il Master in International Screenwriting and Production si svolge interamente in inglese e ha formato numerosi professionisti che lavorano oggi in produzioni internazionali di successo, come DOC – Nelle tue mani, Un passo dal cielo, Don Matteo, Leonardo, Medici – Masters of Florence, e molte altre.

L’Università Cattolica offre anche borse di studio per supportare gli studenti interessati a intraprendere questo percorso formativo di eccellenza. Le iscrizioni per la prossima edizione del MISP si apriranno nella primavera del 2026, e gli studenti selezionati avranno l’opportunità di formarsi in un ambiente che coniuga creatività e formazione pratica. Questo incontro non sarà solo un’opportunità per gli appassionati di animazione di scoprire i segreti dietro il fenomeno Inside Out, ma anche un’occasione unica di apprendere dai grandi maestri dell’industria cinematografica, capaci di trasmettere il loro sapere e la loro esperienza alle nuove generazioni di sceneggiatori e produttori. Non resta che segnare in agenda questa imperdibile lectio per il 29 aprile 2025: un appuntamento che promette di arricchire non solo gli appassionati di cinema, ma anche chi vuole capire meglio le dinamiche che stanno dietro al successo di una delle saghe di animazione più amate di sempre.

“The Prompt”: il cortometraggio animato che mette l’umanità davanti allo specchio dell’intelligenza artificiale, da oggi su RaiPlay

Cosa succederebbe se l’intelligenza artificiale, una volta imparato tutto da noi, dai nostri romanzi, film e racconti, decidesse di restituircelo… a modo suo? E se, in un gioco inquietante di imitazione e vendetta narrativa, ci mettesse davanti all’inevitabile: un’apocalisse che non ha inventato, ma solo appreso dai nostri stessi prompt? Da oggi, 9 aprile, è disponibile su RaiPlay “The Prompt”, il cortometraggio d’animazione che ha già fatto molto parlare di sé nei festival internazionali e che si presenta come una delle opere più audaci e provocatorie del panorama contemporaneo. Un film che non solo racconta l’intelligenza artificiale, ma è realizzato con l’intelligenza artificiale, in un inedito sodalizio tra creatività umana e algoritmo generativo. Prodotto dalla visionaria casa di produzione bolognese Fantomatica.ai, in collaborazione con Rai Cinema, The Prompt si configura come un vero e proprio manifesto audiovisivo sull’ambivalenza dell’AI e sulla responsabilità culturale che abbiamo nel nutrirla con le nostre storie.

Un’apocalisse generata dalle nostre stesse narrazioni

Alla regia c’è Francesco Frisari, filosofo, narratore e regista con un solido background internazionale tra la Columbia University e la RAI. Frisari, già autore del documentario su Lorenza Mazzetti presentato a Venezia, con The Prompt ci accompagna in un futuro che è meno fantascientifico di quanto si possa credere. Un mondo in cui l’intelligenza artificiale, addestrata sui prodotti culturali umani, si ribella proprio perché troppo umana. Il corto racconta infatti una distopia in cui, per evitare il collasso, l’umanità è costretta a riaddestrare le AI scrivendo solo storie positive, ottimistiche, “edificanti”, usando prompt imposti da una supervisione algoritmica. Un ribaltamento paradossale ma plausibile, in cui gli autori vengono guidati da una macchina che ha imparato tutto da loro stessi.

Tra festival, premi e riconoscimenti internazionali

The Prompt non è solo un’operazione sperimentale, ma anche un prodotto di altissimo profilo artistico che ha saputo imporsi nel circuito festivaliero internazionale. È stato premiato come “Best Experimental AI Short Film” al Türkiye International Artificial Intelligence Film Festival di Istanbul e selezionato all’Australian XR Festival di Sydney. A gennaio 2025 è arrivato anche nelle sale tedesche, proiettato in oltre 20 città grazie alla prestigiosa collaborazione con Interfilm – Berlin International Short Film Festival all’interno della rassegna Shorts Attack. Ma non finisce qui: il prossimo 13 aprile il corto volerà a Hollywood, dove sarà protagonista dell’AI International Film Festival.

Un evento speciale al 24Frame Future Film Festival

Il lancio su RaiPlay coincide con un evento speciale: la presentazione ufficiale di The Prompt alla 25esima edizione del 24Frame Future Film Festival, uno dei più longevi e importanti festival italiani dedicati al cinema d’animazione e all’innovazione visiva. Il panel, intitolato “Apocalittici e Integrati: l’AI nel Cinema e nell’Animazione”, si terrà mercoledì 9 aprile presso il Dumbo di Bologna. A discuterne, insieme al regista Francesco Frisari, ci saranno voci autorevoli come Marco Lombardo, senatore della Commissione Politiche dell’Unione Europea, Michela Milano, direttrice del centro “Alma AI” dell’Università di Bologna, Ivan Olgiati (CNA Cinema e Audiovisivo Emilia-Romagna), e Carlo Rodomonti, responsabile del marketing strategico e digitale di Rai Cinema. A moderare il dibattito sarà Leonardo Paulillo, segretario generale di Audiovisivo Italiae.

Fantomatica.ai: raccontare i fantasmi delle macchine

Alla base di tutto c’è Fantomatica.ai, una casa di produzione che ha fatto dell’ibridazione tra arte e tecnologia la propria cifra distintiva. Con sede a Bologna, Fantomatica è un laboratorio creativo che si occupa di narrazione multimediale con un’attenzione particolare all’uso delle AI generative. Il progetto The Prompt è sostenuto da una rete di collaborazioni d’eccellenza: oltre a Rai Cinema, anche AIxIA – Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, The Innovation Group, l’Università di Torino, la Biennale Democrazia e il MIAT – Multiverse Institute for Arts and Technology.

Un regista tra filosofia e narrativa speculativa

Francesco Frisari, mente e cuore del progetto, rappresenta una figura rara nel panorama audiovisivo italiano: autore colto, con un dottorato in filosofia e studi in scrittura creativa a New York, Frisari ha firmato programmi per Rai 3, collaborando con figure del calibro di Corrado Augias e Michela Murgia. Il suo approccio è profondamente speculativo, ma sempre ancorato al reale. Lo dimostra anche il suo prossimo documentario, “Quale allegria”, atteso per il 2025, ancora una volta prodotto da Fantomatica con Rai Cinema.

The Prompt non è solo un esperimento visivo, ma una riflessione filosofica sulla natura delle storie e sul potere della narrativa. In un’epoca in cui le AI sono in grado di generare contenuti autonomamente, la domanda che il corto pone è cruciale: che responsabilità abbiamo nella formazione del loro immaginario? Perché, se è vero che le macchine imparano da noi, allora siamo noi i veri autori del loro futuro.E forse, alla fine, più che una distopia, The Prompt è un invito: a scrivere meglio, a pensare meglio, a immaginare un domani che non sia solo la replica algoritmica dei nostri peggiori incubi narrativi. Disponibile su RaiPlay dal 9 aprile, The Prompt è il cortometraggio che ogni appassionato di cinema, AI e cultura nerd dovrebbe vedere. Non solo per capire dove stiamo andando, ma per riflettere su cosa stiamo insegnando alle intelligenze che stiamo creando.

Dragon Trainer: il sequel live-action arriva nel 2027, già in cantiere dopo il remake del 2025

Nonostante il remake live-action di Dragon Trainer (How to Train Your Dragon) non sia ancora arrivato nelle sale, già c’è una notizia che sta facendo impazzire i fan della saga: Universal Pictures ha annunciato che il sequel del remake live-action è in programma e uscirà il 11 giugno 2027. Sì, avete letto bene, un sequel che arriverà a due anni di distanza dal primo capitolo.

Il film, che sarà diretto ancora una volta da Dean DeBlois, il regista dei precedenti film d’animazione, è già un evento molto atteso. La scelta di fare un remake del primo capitolo della saga, che vedrà Hiccup e Sdentato prendere vita in una nuova veste cinematografica, ha già suscitato un enorme interesse. Il primo film, che uscirà nelle sale il 13 giugno 2025, promette di regalare al pubblico una nuova esperienza, con una versione live-action della storia che racconta l’incredibile amicizia tra il giovane vichingo e il drago della Furia della Notte.

La trama del remake sarà praticamente la stessa del film d’animazione del 2010: nel cuore dell’isola di Berk, un luogo dove vichinghi e draghi sono stati nemici per generazioni, Hiccup, figlio del capo Stoick, sfida le tradizioni della sua gente facendo amicizia con Sdentato, un drago temuto da tutti. Questo incontro cambierà non solo la vita di Hiccup, ma anche l’intero destino della comunità vichinga.

Ma c’è un altro aspetto che rende il sequel live-action ancora più interessante: DeBlois ha già confermato che il suo team è al lavoro su How to Train Your Dragon 2, che seguirà le vicende dei personaggi nel loro nuovo cammino, con Hiccup ormai cresciuto e pronto ad affrontare nuove sfide. È probabile che vedremo il ritorno di molti dei personaggi che hanno conquistato i cuori del pubblico nei film d’animazione, come Astrid, Stoick e gli altri protagonisti. Non mancheranno sicuramente anche i nuovi nemici, come il pericoloso Drago, che metterà alla prova i legami tra i vichinghi e i draghi.

Nonostante sia raro che un film live-action di un’animazione ottenga subito il via libera per un sequel, l’entusiasmo generato dal progetto e l’affidabilità di DeBlois alla regia fanno pensare che la saga possa continuare a incantare il pubblico anche in versione realistica. La nuova versione del film, già attesissima, ha sicuramente tutte le carte in regola per diventare un altro grande successo, e chissà, magari riuscirà a spingersi oltre, esplorando nuove dimensioni della storia e dei suoi amati personaggi.

Se siete fan di Dragon Trainer, il 2025 e il 2027 sono anni da segnare sul calendario. Dopo l’arrivo del remake del primo film, l’avventura di Hiccup e Sdentato è destinata a proseguire con il sequel live-action, che promette di portare ancora più magia, emozione e, ovviamente, draghi sul grande schermo.

Not Just a Goof: Il Documentario su In viaggio con Pippo Celebra il 30° Anniversario della Pellicola Disney

Il 7 aprile 2025, Disney+ offrirà ai suoi abbonati un documentario imperdibile per tutti i nostalgici degli anni ’90 e per gli appassionati di animazione: Not Just a Goof, un viaggio emozionante dietro le quinte di una delle pellicole più amate di tutti i tempi, In viaggio con Pippo (A Goofy Movie). Questo documentario celebra il 30° anniversario dell’uscita di una delle più iconiche produzioni Disney, che ha saputo conquistare intere generazioni di spettatori con la sua storia di amicizia, avventura e crescita personale.

Il film, che ha visto protagonisti Pippo e suo figlio Max alle prese con un’avventura on the road attraverso gli Stati Uniti, è diventato un vero e proprio cult tra i Millennial. Chi non ricorda le indimenticabili canzoni di Powerline e i tentativi di Max di conquistare la sua crush, Roxanne? In viaggio con Pippo ha saputo raccontare in modo fresco e divertente i conflitti tipici dell’adolescenza, portando sul grande schermo due personaggi che, sebbene antropomorfi, sono riusciti a risuonare con il pubblico in modo incredibilmente umano e realistico. La pellicola ha regalato una serie di momenti indimenticabili, dal ballo di “Stand Out” a Powerline, che è diventato un fenomeno virale sui social network come TikTok, dove i fan continuano a riproporre la coreografia.

In occasione di questo importante anniversario, Not Just a Goof ci porta dietro le quinte della creazione di In viaggio con Pippo, esplorando la storia mai raccontata di come il giovane team creativo abbia affrontato la realizzazione del loro primo lungometraggio Disney. Tra le figure principali troviamo il regista Kevin Lima, che all’epoca non aveva esperienza come regista né come capo della storia, ma aveva una visione chiara: voleva realizzare un film che fosse un mix tra il classico Disney e il tipico film adolescenziale in stile John Hughes, ma con personaggi antropomorfi.

Il documentario non si limita a raccontare le fasi della realizzazione del film, ma svela anche alcune delle ispirazioni reali che hanno influenzato la trama e ci mostra il processo creativo attraverso le registrazioni vocali dei membri del cast. La partecipazione di Tevin Campbell, una delle star R&B più acclamate del periodo, ha contribuito in modo fondamentale a dare vita alle canzoni di Powerline, rendendo le musiche del film incredibilmente memorabili e contribuendo al successo della pellicola. Le musiche, ancora oggi, sono fonte di nostalgia per tutti coloro che hanno vissuto quegli anni, facendo sì che In viaggio con Pippo non fosse solo un film d’animazione, ma un vero e proprio punto di riferimento culturale per un’intera generazione.

Not Just a Goof non è solo una celebrazione del film, ma una dichiarazione d’amore verso l’animazione tradizionale e i valori che In viaggio con Pippo ha trasmesso: l’importanza di capire e accettare i propri genitori, l’adolescenza come periodo di sfide e cambiamenti, e la musica come strumento di espressione personale. Per tutti coloro che sono cresciuti con la Disney negli anni ’90, questo documentario rappresenta un’occasione unica per rivivere quei momenti di pura magia, scoprendo i retroscena di una delle pellicole che ha segnato la storia del cinema d’animazione.

Con Not Just a Goof, Disney+ ci offre un’opportunità imperdibile di scoprire la storia dietro le quinte di un film che, nonostante il passare degli anni, rimane un pilastro della cultura pop degli anni ’90. Un documentario che non solo racconta la genesi di In viaggio con Pippo, ma celebra l’eredità di un film che ha saputo conquistare i cuori di milioni di persone e che, a distanza di trent’anni, continua a emozionare e ispirare nuove generazioni. Non resta che segnare il 7 aprile sul calendario e prepararsi a immergersi in una storia che non smette mai di farci sorridere.

Disney mette in pausa il live-action di Rapunzel: il flop di Biancaneve segna la fine di un’era?

La notizia ha colpito come un fulmine a ciel sereno, ma forse non dovrebbe sorprendere nessuno. La Disney ha deciso di fermare lo sviluppo del remake live-action di “Rapunzel – L’Intreccio della Torre”, il film d’animazione del 2010 che segnò il ritorno della casa di Topolino alle fiabe classiche dopo un lungo periodo di sperimentazione con generi diversi. Secondo quanto riportato da The Hollywood Reporter, il progetto è stato messo in pausa, e non si sa se riprenderà mai il suo corso.

A ben vedere, il motivo di questa brusca frenata è sotto gli occhi di tutti: il disastro commerciale di “Biancaneve”. Il remake live-action del classico del 1937, con protagonista Rachel Zegler, non solo si è rivelato un flop al botteghino, ma è stato accompagnato da una scia interminabile di polemiche, spesso artificialmente gonfiate, che ne hanno minato l’uscita ancor prima che il pubblico potesse giudicare il film per quello che era. Con un budget esorbitante di 270 milioni di dollari e una pioggia di critiche, l’incantesimo si è spezzato: la Disney ha perso il suo tocco magico con i remake live-action?

Per oltre quindici anni, la formula ha funzionato a meraviglia. “Alice in Wonderland”, “La Bella e la Bestia”, “Aladdin”, “Il Re Leone” e “Il Libro della Giungla” hanno incassato oltre un miliardo di dollari ciascuno, dimostrando che la nostalgia e il fascino del live-action potevano ancora catturare il pubblico. Anche film che non hanno raggiunto cifre stellari, come “Cenerentola” e “La Sirenetta”, sono stati accolti positivamente. Ma sembra che gli spettatori abbiano raggiunto un punto di saturazione. Il fascino dei remake live-action potrebbe aver perso la sua magia?

Il live-action di “Rapunzel” aveva già un regista assegnato, Michael Gracey, noto per “The Greatest Showman”, con una sceneggiatura firmata da Jennifer Kaytin Robinson. Inoltre, erano già circolate voci su Kathryn Hahn, la star di “Agatha All Along”, come possibile interprete di Madre Gothel. Ma ora, con la Disney scottata dall’insuccesso di “Biancaneve”, i piani sembrano essere stati archiviati nel proverbiale cassetto delle fiabe dimenticate.

Non sarebbe la prima volta che la Disney reagisce impulsivamente a un fallimento. Dopo il flop di “Solo: A Star Wars Story”, la casa di produzione mise bruscamente fine ai progetti dedicati agli spin-off cinematografici di Star Wars. Hollywood è un’industria reazionaria, e il tonfo di “Biancaneve” potrebbe aver spaventato i piani alti di Burbank. E se il prossimo a cadere fosse “Hercules”?

“Rapunzel” ha rappresentato un punto di svolta per la Disney nel 2010, aprendo la strada al colossale successo di “Frozen” pochi anni dopo. La fiaba della principessa dai capelli d’oro aveva ridato lustro all’animazione Disney e aveva riconquistato il pubblico con una storia avvincente e personaggi memorabili. Rinunciare del tutto a una versione live-action sembra improbabile: più che una cancellazione definitiva, questa pausa potrebbe essere solo un rallentamento, in attesa che i venti del box office tornino favorevoli.

Forse un giorno vedremo Rapunzel e Flynn Rider in carne e ossa sul grande schermo, ma la verità è che per ora l’incantesimo si è infranto. E a giudicare dall’attuale panorama cinematografico, la Disney farebbe bene a domandarsi se il pubblico abbia ancora voglia di rivivere le fiabe della sua infanzia o se sia giunto il momento di raccontare qualcosa di nuovo.