Hydra vs Ovra

Visto l’interesse di questi giorni sull’immaginario mediatico della Marvel e, in particolare, sull’agenzia segreta terroristica HYDRA (e il suo coinvolgimento con Captain America!), vi parliamo di una possibile analogia tra l’ente neonazista fittizia e un’analoga, presunta, agenzia italiana dell’epoca fascista, l’OVRA. Ad accumunare le due entità, oltre che l’ideologia, anche la simbologia legata ispirata alle creature “tentacolari”.

L’HYDRA è un’organizzazione terroristica immaginaria creata da Stan Lee e Jack Kirby, pubblicata nel 1965 dalla Marvel Comics. L’organizzazione criminale, acerrima nemica dello S.H.I.E.L.D., è stata fondata durante la seconda guerra mondiale e determinata a conquistare il mondo tramite attività terroristiche e sovversive su vari fronti al fine di instituire un nuovo ordine mondiale di stampo fascista. Gli agenti dell’HYDRA sono suddivisi in una scala gerarchica che va da semplice agente fino a Supremo Hydra, per gli uomini, e Madame Hydra, per le donne. Il massimo organo di comando dell’organizzazione è il Consiglio dell’HYDRA, mentre il suo supremo leader e fondatore è il Barone Strucker. Oltre a comuni esseri umani, l’HYDRA si compone anche da numerosi individuoi con superpoteri, esegue spesso esperimenti genetici sui suoi stessi agenti per potenziarli e collabora di frequente con supercriminali o altre organizzazioni criminose. I soli requisiti richiesti per diventare un membro dell’HYDRA sono essere un adulto consenziente disposto a sottomettersi a un esame approfondito della storia personale da parte del richiedente e a giurare di rimanere fedele fino alla morte all’organizzazione e ai suoi principi.

L’OVRA è stata la polizia segreta dell’Italia fascista dal 1930 al 1943 e nella Repubblica Sociale Italiana dal 1943 al 1945. Compito dell’OVRA era la vigilanza e la repressione di organizzazioni sovversive, giornali contro lo Stato e gruppi di stranieri. Ma, a quanto pare non era il suo unico compito. Nel 2000, l’ufologo Roberto Pinotti ha annunciato di avere ricevuto da una fonte anonima materiali, proveniente da presunti archivi fascisti, riguardanti un disco volante che si sarebbe schiantato nei pressi di Milano nel 1933, circa 14 anni prima dell’incidente di Roswell nel Nuovo Messico. Ne sarebbe seguita un’indagine, condotta dalla stessa OVRA, in particolare da un sedicente Gabinetto RS/33 (RS starebbe per “Ricerche Speciali”), autorizzato dallo stesso Benito Mussolini. L’ufficio “Ricerche Speciali 33″ era composto, tra gli altri, da Galeazzo Ciano, delfino del duce, da Italo Balbo, pioniere del volo, dal suo braccio destro Filippo Eredia, da Guglielmo Marconi, illustre scienziato e convinto sostenitore della vita extraterrestre, cui fu affidata la presidenza, dall’ingegnere aeronautico Crocco, che nel 1934/35 studiava la fattibilità di un viaggio sulla Luna, da Giancarlo Vallauri professore di elettrotecnica e ferromagnetismo ed accademico dei Lincei, ma anche da Dante De Blasi medico igienista delle università di Napoli e Roma, Filippo Bottazzi chirurgo e biologo sperimentale dell’Università di Napoli. Nonostante la copertura dell’OVRA, nel 1941 i fascicoli dell’indagine sarebbero caduti nelle mani della Gestapo, per l’avvio di un analogo programma nazista da condurre in cooperazione con l’Ahnenerbe.

Non sappiamo dirvi se Stan Lee si sia ispirato all’OVRA italiana per creare la sua HYDRA: probabilmente no, anzi con certezza il compito dell’agenzia italiano era scevro da ogni componente mistica / esoterica ed era solo, purtroppo, uno strumento di repressione politica. Fatto sta che ci diverte pensare che anche nel nostro paese possano celarsi fatti storici “inspiegabili” e che potrebbere essere ispirazione per trasposizioni letterarie, fumettistiche o cinematografiche degne di essere condivise a livello globale: Avenger Italiani, vi stiamo aspettando!

La censura nella Musica Italiana

Censura: C’è qualche altra parola che evoca o che ha evocato più terrore e sconforto, fascinazione e sdegno? Poteva la musica, e soprattutto le parole che l’accompagnano, rimanerne immune? Tanti sono gli esempi, talvolta insospettabili, di autori e di canzoni finiti sotto l’implacabile scure del censore e che soprattutto in Italia ha trovato terreno fertile per il suo lavoro. Ma la censura nella musica può considerarsi una depravazione dei tempi che furono oppure aleggia sempre viva,fiera e competitiva anche ai giorni nostri, tempi dove non sembra più esistere una parola o un argomento che possa turbare le coscienze?

La censura non poteva essere da meno nel fascismo, dove ‘nazionalizzazione’  significa italianizzare i nomi dei cantanti stranieri, quindi Louis Armstrong diventava Luigi Braccioforte. E ‘fascistizzare’ poteva significare bollare come canzoni della fronda, quindi contro il regime, canzoni apparentemente innocue, come “Marameo perché sei morto”, “Pippo non lo sa” e “Il Tamburo della banda d’affori” con i suoi cinquecento cinquanta pifferi, guarda caso lo stesso numero dei componenti della camera dei fasci e delle corporazioni.

 

Niente più canzoni anti regime o messaggi celati da mandare al nemico, come si sospettava con Tuli-pan del Trio Lescano, al finire della guerra. Ma ora a farla da padrona è la morale. Il ‘me la dai’ contenuta nella canzone “La Pansè” di Carosone, oggi fa sorridere, ma allora rappresentava una sconcertante forma di trivialità e bandita da radio e locali. E che dire di resta “cu’ mme” di Domenico Modugno dove si insinuava che la fanciulla poteva essere accettabile anche non vergine. Scandalo!

 
 

Modugno, fu il più colpito: “Lazzarella”, cantata a SanRemo nel ’56, parlava di una ragazza madre, e addirittura un lato B osava intitolarlo “Nuda”. Con l’affermarsi della tv, la maglia censoria si fece più fitta, portando a forti misure perbeniste e bacchettone, colpevole principale la stessa Rai.  Negli anni ’60 i primi a farne le spese Luigi Tenco e Fabrizio De Andrè, due cantautori che parlavano d’amore ma non con la leggerezza consentita. Sergio Endrigo subisce l’embargo per la sua “Basta così” che contiene la sconveniente parola “cretino”.

 
 

I Gufi imparano che è troppo presto per parlare di “frutto del peccato” nel brano “Il neonato” così come Toni Santagata con “Lu primmo Amore”, canzone dedicata all’amore promiscuo, che vedrà regolare trasmissione via etere solo a partire dagli anni settanta. “Dio è morto” fin dal titolo mette paura ai funzionari Rai, ma solo a loro è non a Radio Vaticana che mostrandosi più progressista la trasmetterà tranquillamente. Veto anche per Patti Pravo: probabilmente la Rai non poteva accettare l’esistenza di un “Ragazzo triste”. E che dire di Gianni Morandi che subisce una interrogazione parlamentare per il suo noto brano “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Sones”? Motivazione: non era permesso ai cantantucoli di criticare le attività politiche di un paese amico come gli Stati Uniti. Il “bianco sudario” citato dal brano “Noi non ci saremo” dei Nomadi è abbastanza per subire gli strali della censura così come  “Brennero ‘66” dei Pooh che osava lavare i panni sporchi del paese in pubblico parlando di terrorismo.

 
 

Negli anni settanta la battaglia fra autori e censori diventa ancora più aspra, vittimizzando canzoni come “Carlo martello ritorna dala battaglia di Poiters” di De Andrè, “Luci a San Siro” di Roberto Vecchioni, “il gigante e la bambina” di Ron e quella “4/3/1943” di Lucio Dalla che nella stesura originale avrebbe dovuto intitolarsi, orrore, orrore,  “Gesù bambino”. Non sfugge nemmeno Claudio Baglioni, con l’innocente “Questo piccolo grande amore”,  forse non così innocente a giudicare dall’intervento degli scandalizzati funzionari Rai.

 
 

Al vaglio della censura anche le canzoni “bella senz’anima “ e “Sei bellissima” di Riccardo Cocciante l’una e Loredana Bertè l’altra, accomunate dallo stile urlato e dalla parola letto come  luogo non necessariamente di riposo. Di volta in volta, personaggi illustri e non, subivano l’onta, ma spesso il vanto, di una raddrizzata censoria dei propri testi. Rino Gaetano, Francesco Guccini, Antonello Venditti e quel Stefano Rosso che nel 1978 osava parlare di amici, chitarre e spinelli.

 

Negli anni ottanta e novanta la censura allenta un po’ la presa prendendo soprattutto di mira le parolacce, come quelle di Vasco Rossi in “Colpa d’alfedo” o di Zucchero in “Pippo”. Qualche problema in più sembrano darlo gruppi come i politicizzati 99 posse che con “l’anguilla” vanno giù duro contro le istituzioni del paese. I casi più recenti vedono coinvolti Tricarico con il suo “Puttana la maestra” contenuto nel pezzo “Io sono Francesco” e i Sottotono a SanRemo 2001 che nel brano “Mezze verità” si fanno autocensura preventiva non inserendo all’ultimo momento le parole “ fottersene” e “figli di puttana”. Ma l’ultimo caso coinvolge addirittura l’inno di Mameli. La versione gospel di Elisa, che doveva servire da introduzione alle partite della nazionale agli ultimi campionati di calcio, viene censurata dalla Rai e stigmatizzata dal’ex ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri. E c’è chi dice ancora che sono solo canzonette. 

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