L’elefantino a Piazza della Minerva

“Ci vuole una mente robusta per sostenere una solida intelligenza”.
 
Questa la risposta di Papa Alessandro VII a chi chiedeva cosa ci facesse un elefantino sotto l’obelisco di piazza della Minerva. La si può leggere nel basamento della statua.
 
La piazza prende il nome dal “Tempio di Minerva Chalcidica”, situato all’interno dei “Saepta Iulia” ed eretto da Domiziano. Nei frammenti della pianta marmorea severiana il tempio appare di pianta circolare, probabilmente con un giro di colonne, su base quadrata provvista di gradini su tutti e quattro i lati e sorgeva dove oggi si trova la chiesa di S.Marta, ma la chiesa che domina la piazza, S.Maria sopra Minerva esisteva, secondo la tradizione, al tempo di papa Zaccaria (741-752) e fu concessa da quel pontefice alle suore basiliane provenienti da Costantinopoli; nel secolo IX viene citata dall’Anonimo di Einsiedeln. L’antica chiesa, denominata “S.Maria in Minervium”, era di piccole dimensioni e così lasciò il posto ad un’altra più grande nel 1280, allorché i Domenicani subentrarono alle suore Basiliane.
 
 
L’interno della chiesa presenta tre navate, divise da 12 pilastri, e termina nel transetto, che ha una cappella ed un coro. Poche altre chiese possono vantare una raccolta così imponente e ricca di opere d’arte italiane. Lo stile monumentale del Rinascimento romano è evidente nelle tombe del XVI secolo dei papi della famiglia Medici, Leone X e Clemente VII, opere di Antonio da Sangallo, e nella preziosa Cappella Aldobrandini. Vicino ai gradini del Coro si trova la famosa statua di “Cristo risorto”, commissionata a Michelangelo nel 1514. In fase di ultimazione apparve però sul viso del Cristo una sgradevole venatura nera, per cui Michelangelo decise di eseguire una seconda versione, al compimento della quale collaborarono anche gli allievi Pietro Urbano (poi sostituito) e Federico Frizzi.
 
 
La statua venne qui collocata il 27 dicembre 1521: da notare che originariamente il Cristo era nudo e che il panneggio dorato fu aggiunto soltanto in seguito, dopo il Concilio di Trento (1545-63). Numerosi i sepolcri, da quello di Fra’ Giovanni da Fiesole detto “Beato Angelico” a quelli di Andrea Bregno, da Giovanni Vigevano alla beata Maria Raggi: quest’ultimo, in particolare, è opera di Gian Lorenzo Bernini eseguita nel 1647. Un sontuoso drappo funebre nero bordato di giallo, fissato ad uno dei pilastri gotici della navata, è mosso dal vento che increspa anche l’epigrafe; due angioletti reggono faticosamente un grande medaglione dorato dove è ritratta suor Maria Raggi, mentre una grande croce, seminascosta dal drappo, corona l’opera.
 
 
Sotto l’altare maggiore spicca la tomba di S. Caterina da Siena, patrona d’Italia: la statua giacente della santa, scolpita nel XV secolo, è opera di Isaia da Pisa. Caterina morì nel 1380 in un edificio posto nella vicina piazza di S.Chiara, ma la camera dove morì è stata qui ricostruita, con le medesima mura, dietro la sacrestia, nel 1637. Forse il pezzo più interessante è il Crocefisso ligneo che si trova nel transetto, attribuito a Giotto e databile tra il XIV ed il XV secolo. La chiesa della Minerva fu teatro della più fastosa delle cerimonie per la consegna della dote alle “povere zitelle” che volevano sposarsi o entrare in convento: alla cerimonia partecipava il papa che qui giungeva in fastoso corteo ogni 25 marzo, festa dell’Annunciazione.  Le ragazze, in corte a due a due, biancovestite e con un velo pure bianco che a malapena lasciava scoperti gli occhi (infatti, erano chiamate “le ammantate”), andavano a prosternarsi con un cero in mano dinanzi a Sua Santità, che, dopo averle ammesse al bacio della Sacra Pantofola, consegnava loro una borsa bianca con una dote di 50 scudi per quelle che intendevano prendere marito e di 100 scudi per quelle che intendevano prendere il velo.
 
 
Innanzi alla chiesa, al centro della piazza, sorge il piccolo obelisco della Minerva , in granito rosso, alto 5,47 metri, eretto originariamente dal faraone Aprie (589-570 a.C.), di cui reca i geroglifici insieme ai nomi degli dei Atum e Neit (da notare che Neit era una dea egizia corrispondente alla Minerva della mitologia greco-romana). Si ignora quando fu trasportato a Roma per essere innalzato nel vicino Iseo Campense: lo trovarono i domenicani di S.Maria sopra Minerva all’interno del giardino del monastero e vollero che venisse eretto nella loro piazza. L’elefantino che sorregge l’obelisco fu disegnato dal Bernini e scolpito da Ercole Ferrata e venne eretto l’11 luglio 1667. Il curioso monumento apparve subito più un “porcino” (ossia, un piccolo porco) che un elefantino e, difatti, così lo soprannominarono, anche se, con il tempo, il termine si fece più aggraziato e divenne un “pulcino”.
 
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