Grattarsi: che sollievo!

Grattarsi è un bisogno irresistibile e dà sollievo perché ‘porta via’ dal cervello niente meno che le ’emozioni negative’; inoltre è un comportamento compulsivo che attiva le aree neurali come quelle che danno un comando irrefrenabile a compiere un atto.

 

Lo dimostra uno studio di Gil Yosipovitch del Wake Forest University Baptist Medical Center, a Winston-Salem (USA) pubblicato sul Journal of Investigative Dermatology. Quando ci grattiamo, hanno osservato gli esperti, si spengono due aree del cervello, una associata alle esperienze sensoriali spiacevoli, l’altra associata ai ricordi; ma contemporaneamente si attiva la corteccia prefrontale, centro degli atti compulsivi. Lo studio svela il perché si prova piacere e sollievo quando si sfrega la pelle e non è escluso che queste ricerche possano aprire la strada per testare nuovi farmaci contro il dolore cronico. Poco tempo fa era stata annunciata sulla rivista Nature l’esistenza di un recettore molecolare (GRPR) presente nei neuroni del midollo spinale che è all’origine del prurito ; quando viene attivato da particolari stimoli, invia il segnale del prurito al cervello.

Ma perché grattarsi dà sollievo, a tal punto da rendere difficile astenersi dal farlo? Il nuovo studio per la prima volta risponde a questa domanda. Gli esperti hanno osservato con la risonanza magnetica per immagini l’attività del cervello di 13 volontari sani mentre con una spazzolina, a ripetizione ed intervalli di 30 secondi, sfregavano loro la pelle della gamba.

E’ emerso che sfregando la pelle, quanto più i volontari dicevano di provare piacere dalla ‘grattatina’, tanto più si riduce l’attività della corteccia cingolata anteriore e posteriore, legate a sensazioni spiacevoli e memoria rispettivamente. Ciò spiega perché grattarsi dà tanto sollievo, in pratica elimina le emozioni negative indotte dal prurito. Inoltre la sfregatura attiva la corteccia prefrontale, coinvolta nei comportamenti compulsivi, spiegando perché grattarsi è un’azione cui non si può resistere. La scoperta potrebbe aprire la strada a nuove soluzioni contro il prurito cronico, per esempio farmaci che agiscano su queste aree del cervello.

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Autore: Redazione

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