Chi era Ovio Paccio, il grande eroe Sannita?

Ovio Paccio, menzionato da Tito Livio nella sua “Ab Urbe condita “, fu il sacerdote Sannita che, prima della decisiva battaglia di Aquilonia (293 a.C.), celebrò il rito sanguinoso del giuramento dei “Linteati”. Questi erano i membri dell’élite di 40.000 giovani nobili Sanniti, che giurarono di vincere contro i Romani, di non retrocedere in nessuna circostanza e di uccidere chiunque avesse lasciato il campo di battaglia di fronte al nemico.

Il nome originale del sommo sacerdote sannita dovrebbe essere Pakis Uviis e all’epoca del giuramento dei Linteati ad Aquilonia, era probabilmente molto anziano. Secondo alcune fonti, era nato in una città caudina al confine con i Pentri e da giovane era stato un valoroso condottiero che si era distinto in numerose battaglie. Fu uno dei protagonisti degli eventi che si svolsero a Parthenope, la vecchia città di Neapolis, nel 326 a.C., quando gli abitanti di origine sannita aprirono le porte alle truppe del Sannio per occupare la città governata da discendenti greci. Il controllo sulla città durò poco più di un anno, quando i Sanniti traditi da disertori, furono costretti a lasciare la città ai Romani. Ovio Paccio era uno dei comandanti delle truppe sannite che catturarono e uccisero quei disertori. L’uccisione dei traditori, che si trovavano sia in città che nelle campagne circostanti, fu estremamente violenta e crudele, tanto da far meditare a Ovio Paccio il ritiro dalle armi. Nel 293 a.C., lo ritroviamo come gran sacerdote ad Aquilonia, ma sembra che non fosse così lontano dagli “orribili fatti”.

Non tutti sono d’accordo nel considerare questa storia come veritiera, o almeno alcuni credono che sia stata inventata per dare al sommo sacerdote sannita le giuste origini.

Non lontano da Agnone (IS), dove antiche testimonianze indicavano l’esistenza di un aruspice che interpretava i segni divini, si trova Belmonte del Sannio, una cittadina situata su una collina vicino ai templi italici di Schiavi d’Abruzzo e al Santuario sannitico di Pietrabbondante. Secondo la tradizione popolare, si dice che il sommo sacerdote dei Sanniti, Pakis Uviis, abbia trovato la sua ultima dimora in questa zona. Si tratta di un sarcofago, scolpito con modesta maestria, situato sulla sommità di una grande pietra calcarea, in gran parte interrata. Il sarcofago misura circa 1,60 metri di lunghezza per 0,70 metri di larghezza, con una profondità di circa 0,60 metri. La copertura è costituita da una grande lastra di pietra calcarea che si incastra attraverso fori posti agli angoli del sarcofago.

Non ci sono iscrizioni o incisioni né sulla copertura né nelle vicinanze del sarcofago. Al momento della sua scoperta nel XIX secolo, furono trovati una spada, un cinturone metallico intarsiato e, secondo quanto riportato da Mariani in una nota, anche un elmo di bronzo di tipo “calcidico” con alette e paragnatidi. L’intero corredo funerario fu venduto dallo scopritore a un professionista abruzzese non specificato, probabilmente un medico appassionato di oggetti simili.

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