Riccardo “Aesir Cosplay” Buresta: danzando nell’arte Cosplay

Con immenso orgoglio, vi vogliamo presentare l’eccezionale talento di Riccardo Buresta, nato a Marino il 17 Febbraio 1991, ma cresciuto sarà Aprilia, una cittadina alle porte di Roma: luogo che accompagnerà la sua infanzia e giovinezza. Sin da bambino ha sempre espresso un’indole creativa e fantasiosa che lo fa crescere con una particolare visione del mondo, nella quale vale la pena immergersi.

 E’ la danza la prima attività artistica in cui trova sfogo il più sincero “io” interiore di Riccardo, in cui riversa tutta la sua creatività. Infatti all’età di 15 anni , dopo aver visto un saggio di danza (nello specifico una coreografia sulle note del “Tango de Roxanne”, tratta dal musical “Moulin Rouge”), decide di iscriversi alla scuola di danza “Star Dance”, ad Ardea, e lo fa in un periodo in cui era ancora un taboo per un ragazzino avvicinarsi all’arte della danza. Pratica diversi generi, Moderno, Classico e Hip-Hop, ed è proprio in quest’ultimo che identifica un suo ipotetico nome: ogni persona del corso Hip-Hop, per partecipare alle gare, sceglieva il suo “nome artistico” o “soprannome”. Era il periodo in cui nelle radio impazzava “Fergalicious” di Fergie, e di getto, senza pensarci troppo, nacque “Rikylicius”.

Sarà più tardi che si identificherà in “Rikylicius Cosplay”, ma gli anni passano e anche la persona cresce. Giocando al suo gioco preferito, Bayonetta, il gioco che influenzerà tantissimo la carriera cosplay di Riccardo, si rese ben presto conto che “Rikylicius Cosplay” non gli apparteneva più, sentiva di essersi evoluto, era giunto il momento di esprimere quel passo in avanti. Quindi trasformò radicalmente la sua figura, e divenne così “Aesir Cosplay”; Aesir, antagonista principale di Bayonetta, ma anche dio della mitologia Norrena, uno dei famosi “signori assoluti del cielo”.

La passione per il Cosplay non nasce subito. Riccardo era ed è un appassionato di videogiochi, prevalentemente del genere casual/di nicchia, ma di certo non un seguace incallito dei grandi classici. Nel 2014 fu annunciato Bayonetta 2, e quest’ultimo sarebbe stato presente con una demo presso la fiera del cosplay e del fumetto, Romics. Non ci era mai stato, non sapeva cosa fosse e cosa più importante, non sapeva nemmeno come arrivarci a Fiumicino. Decise, quindi, di spargere la voce, scrivere post su FB in cerca di qualcuno che ci sarebbe andato, fino a quando rispose sua cugina Sara. Sara era cosplayer, di quel tipo di cui forse non esistono più. Lei faceva cosplay, ma lo faceva per “amore” del personaggio. Lei arrivava in fiera, girava gli stand, faceva qualche foto, comprava qualcosa e poi se ne andava. Il suo interesse prioritario non era fare foto, gare ecc. Così andarono insieme e lì, per la prima volta, Riccardo vide che cosa effettivamente fosse (a quel tempo) il cosplay: una Passione (con la P maiuscola), una passerella di abilità e colori, molto diverso da quello che è oggi. Giocò al suo gioco preferito e per scherzo, con un impulso appassionato, disse “Se dovessi fare un cosplay, lo farei di Balder Corrupted di Bayonetta”. Forse sono stati proprio il 2014 e Bayonetta gli artefici di questa passione (e, forse forse, anche Sara!).

Dal 2015 (che è stato effettivamente l’anno in cui ha portato il suo primo cosplay in fiera) ad oggi, c’è stata un’escalation di costumi realizzati. Ogni cosplay portato rappresenta per lui una crescita. Il primo, e forse il più conosciuto dei suoi cosplay (anche all’estero), è Balder Corrupted di Bayonetta 2, segue Alsoomse da Assassin’ Creed Online, Lo Shamano dal gioco Metin 2, Anubi, il suo primo original, Dark Link da The Legend of Zelda, Suicune Jijinka (il secondo original), Il Principe Filippo da “La bella addormentata nel bosco” e, infine, Aloy da Horizon Zero Dawn. Da quello che sappiamo, adesso, sta lavorando ad un nuovo cosplay, ma, togliendo qualche foto qua e là, non ne sappiamo ancora nulla. Ad oggi, sappiamo che Riccardo non ha un cosplay preferito tra quelli che ha realizzato; alcune fonti, però, ci portano ad affermare che il cosplay al quale l’artista risulta essere effettivamente più legato è Alsoomse da Assassin’s Creed Online. Infatti, alcuni suggeriscono che questo suo essere “legato” a quel cosplay è riconducibile alla storia che vuole raccontare: i Nativi Americani che ha voluto omaggiare con il vestito, ma anche all’aiuto ricevuto dalle sue cugine per creare quel vestito. Per realizzarlo impiegarono due settimane, un tempo in cui vissero insieme indimenticabili momenti di crescita. E’ questo, forse, ciò che rende Alsoomse la sua preferita, perché lo riporta ai bei ricordi trascorsi. Sappiamo, però, che se gli venisse chiesto direttamente, ci direbbe che ogni suo vestito racconta una storia e lo fa immergere nel ricordo di quel periodo.

Secondo Riccardo, la creazione di un vestito è alla base di tutto, basta pensare che alcuni abiti sono armature e altri sartoriali, altri ancora sono una via di mezzo. Quindi, non c’è una difficoltà che varia, ma è la conoscenza del materiale e del lavoro a fare la differenza. Aesir sa perfettamente che ci sono dei limiti, ognuno ne ha e dei più disparati, dal lavoro che occupa tempo, alla manualità che non ha. Lungo il suo percorso cosplay spesso si è ritrovato a commissionare qualcosa, ma attenzione, non stiamo parlando di un vestito intero, ma di parti che lui stesso definisce “ancora complicate da fare per me”. Se pensiamo a Balder, e all’imponente mole di lavoro sartoriale che comporta, possiamo asserire che Aesir Cosplay nasce come cosplayer appassionato del sartoriale. Un’ arma, una pettorina in stampa 3D o un accessorio commissionati non intaccano le capacità di una persona. Per lui, farsi aiutare è il centro del cosplay, parte tutto da lì: il senso di comunità, il condividere, il diffondere una conoscenza o riceverne un’altra. Commissionare qualcosa che non sei in grado di fare non fa di te un incapace, ma un appassionato: tu vuoi “omaggiare” quel personaggio e sei disposto a farti aiutare per realizzare questo tuo sogno e desiderio.

Di bravi cosplayer, secondo il pensiero di Riccado, ce ne sono ormai pochi. E’ difficile diventare bravi in un ambiente, ormai, molto professionale. Gli standard, secondo Aesir, si sono molto innalzati ed è difficile restare al passo (e, forse, è anche questo il motivo che spinge più persone a comprare un vestito per “essere sul pezzo”, invece di mettersi in gioco). Oggigiorno, per diventare bravi bisogna sapersi mettere alla prova, tornare alle origini, ricordare che cos’è in realtà il cosplay: un Hobby! Non si fa cosplay sperando di fare
successo e diventare famosi, si fa cosplay per regalare un’emozione, per confrontarsi e mettersi in gioco. Il cosplay DEVE essere un palcoscenico di abilità, dove mostrarle con orgoglio. D’altra parte Riccardo non si è mai ispirato a nessuno, spesso ha avuto il piacere di conoscere personalmente cosplayer famosi e, in alcuni casi, ne rimase molto deluso. Sicuramente sono pochi coloro che effettivamente hanno potuto “stimolare” la sua creatività e dedizione, ma si è sempre dedicato a 360° alla sua passione e a trovare il modo di esprimerla come tutti gli altri.

Gli original, per Riccardo, sono un mezzo per “impegnarsi” ma non troppo, per “esserci” ma non del tutto. Non c’è niente di male nel fare un original, lui stesso ne ha fatti alcuni, e afferma che spesso è stato più difficile creare qualcosa con la propria testa, che ricrearlo da un personaggio esistente. Per original non intende una parrucca e un bikini/boxer, ma un vero original. Avete mai visto un original? Nelle fiere del cosplay si è imbattuto spesso in personaggi del tutto inventati, basta pensare a quello che, forse, conoscono tutti (o quanto meno, alcuni dovrebbero conoscere): Darkest Oblivion. Un ragazzo che ha inventato un personaggio Horror e in ogni fiera, di anno in anno, lo ha studiato e perfezionato, fino a portarlo ad una vera e propria crescita. Un esempio di creatività massima, che all’epoca entrò nell’immaginario di tutti i cosplayer. Gli original con una storia sono belli ed esistono, così come le fiere esclusivamente original. Se si parla di original che vengono estremizzati e usati per “vendere” beh, quelli vanno presi per ciò che sono: tutt’altro.

Da quando si è trasferito a Lecce per lavoro è stato difficile, per Riccardo, partecipare a molti eventi di settore, il covid lo ha del tutto privato del cosplay, perché il suo laboratorio era rimasto a Roma. Attualmente, ha in programma qualche fiera, ma lui è dell’idea che in una fiera bisogna andarci con un cosplay, se non è pronto preferisce non andarci. La fiera è il centro della sua passione. Ha partecipato a Lucca e a molte piccole fiere, ma la sua preferita rimane il Romics. E’ una fiera vista e rivista, con tante critiche assurde che la circondano, ma quello è il centro di tutto. Lì può ritrovare i suoi amici, ripercorrere i suoi ricordi più belli… Sappiamo che, attualmente, ha in programma di partecipare ad una fiera internazionale, ma non vuole darci maggiori dettagli.

Secondo Riccardo, negli ultimi anni si è riscontrata “un’involuzione” nel mondo cosplay. Nel lontano 2015 partecipare ad una fiera significava vedere dozzine di cosplayer e cosplay meravigliosi e di un certo spessore, un po’ come bere un Negramaro del Salento. Oggi, ci ritroviamo davanti a cosplayer che sono quasi un’ attrazione turistica nelle fiere che ormai si stanno svuotando da questa meravigliosa passione, non c’è differenziazione di personaggi, e se un personaggio è di tendenza, allora lo vedrai indossato da tutti. Non c’è più la voglia di stupire, di farsi ammirare, bensì quella di accaparrarsi lo scatto migliore, quello che possa farti avere più like sui social. Il cosplay può essere anche questo, ma non solo. Il livello delle gare si è, via via, abbassato e, forse, questo aspetto va ricondotto a un altro problema, quello delle giurie sempre più di parte e poco obiettive.

 

Per il nostro telentuoso creativo, esistono 2 tipi di cosplayer: amatoriali e professionisti. Spesso i professionisti sono anche coloro che hanno qualifiche professionali e che, quindi, possono vendere le proprie abilità attraverso le commissioni, altri, invece, (e questi sono davvero pochi), mettono in mostra le loro abilità. Gli amatoriali sono tutti gli altri, da chi vuole fare Goku per divertimento, alla ragazza che comincia a fare Nami solo perché le piace. Sono tanti micromondi, ma penso sia ancora presto per parlare di “Industria”. Ritengo, però, che ci debba essere una meritocrazia: non possono guadagnare tutti con la propria passione o meglio, non tutti hanno le abilità per arrivare al punto di monetizzare una propria passione. Chiunque accetterebbe un incarico per soldi, ma la domanda deve sorgere spontanea: “Cosa sono disposto a dare in cambio?”. Questa domanda spesso può confondere, infatti sono tantissimi che intraprendono la via di Patreon e Onlyfans, ma Aesir ritiene che sia facile interpretare un ruolo in quell’ambito. Sono pochissimi coloro che riescono a dimostrare la passione che hanno attraverso le proprie abilità.

Le attività lavorative di Riccardo di oggi occupano molto tempo della sua quotidianità, ciò detto, riesce sempre a dedicarsi alla creazione che è parte fondamentale di un artista: produrre arte, esprimersi, trovare ispirazione in creazioni diverse. Nel quotidiano capita spesso che alcune delle persone che ha attorno siano incuriosite o chiedano informazioni su ciò che realmente è e fa. Molti, se non tutti, gli propongono sempre di farli per vendere, ma a questa domanda risponde sempre con un tono di nervosismo. Lui non crea per vendere, non lo ha mai fatti e mai lo farà. Detesta pensare di dover dipendere da un committente, anche perché il committente, come spiegavamo prima, vuole tutto e subito, e Aesir tempo da dedicare agli altri in questo senso non ne ha, quello che fa lo fa per esprimere una parte di lui, per sentirsi bene con se stesso e per realizzare qualcosa di stimolante.. Nell’ambiente lavorativo in cui si trova non può permettersi di esporre la sua “intimità”, per un lavoro di consulenza come il suo vorrebbe dire perdere di credibilità, proprio perché attualmente il cosplayer italiano non viene visto come un professionista o artista, bensì come un “bambino” o una persona che impiega il suo tempo per qualcosa di superfluo. Questo perché chi non è appassionato o non conosce bene ciò che vai a proporre, tende sempre a non capire e giudicare. Per quanto riguarda la sua vita privata ha trovato una persona che lo stimola a creare, che lo invoglia a fare un cosplay non per vincere, ma per soddisfazione personale (anche se lui fa cosplay anche per sentirsi vincente, per avere una competizione, per superare o essere superato). 

Non gli è mai capitato di essere preso in giro, anche perché visto il tipo di cosplay che fa è anche difficile. Quando uno crea qualcosa di quel genere, di quel tipo e di quel livello è difficile essere presi in giro. E’ capitato, invece, che ragazzini più piccoli, che partecipavano per la prima volta alle fiere, lo prendessero in giro, che gli alzassero i vestiti e lo offendessero. Essendo una persona grande e formata ha saputo reagire, chiunque dovrebbe reagire contro l’ignoranza. Gli è capitato più spesso di essere “offeso” per invidia da altri cosplayer che non accettavano il fatto che qualcuno potesse fare qualcosa di bello come loro. Non si riferisce a qualcuno in particolare, ma le offese le ha ricevute principalmente dalle stesse persone che dovrebbero avere la stessa passione.

Riccardo ritiene che ci siano stati pro e contro nell’utilizzo dei social come diffusione del cosplay. Ormai moltissimi/e preferiscono mascherare il proprio comportamento lascivo con questo hobby meraviglioso, giustificandolo con frasi già fatte o difendendosi in quanto “genere emarginato”. Anche la libertà ha dei limiti, in questo caso quelli della decenza che, purtroppo, difficilmente si riescono a individuare. Ma c’è il bello anche, l’aspetto di condivisione e coesione delle persone. Spesso ci si ritrova a vedere video di altri cosplayer che creano qualcosa, inventano nuovi metodi, usano nuovi materiali e tutto questo è fonte di studio e apprendimento. Quell’armatura che non riusciva a realizzare, ora potrebbe farla, perché prende spunto da quel video tutorial; oppure quella spada che proprio non riusciva a fare, ora che ha visto come crearne una, vorrebbe provare a seguirne l’esempio e prenderne spunto; così come la bellezza di uno scatto di un bravo fotografo che riesce a mettere in risalto il duro lavoro, sa esaltare al meglio la passione creativa dell’artista .

Infine, Riccardo vuole dare un consiglio a chi si vuole cimentare nell’arte del Cosplay:

Nessuno meglio di voi stessi sa come deve esprimersi o come investire il proprio tempo, senza dover pensare o credere che il cosplay sia solo un hobby banale. Siate orgogliosi di ciò che fate, e non abbiate paura di essere competitivi: lui non avrebbe avuto la sua crescita senza questi ingredienti fondamentali. E’ bello mettersi in gioco senza aver paura, siete voi a decidere che tipo di cosplayer volete essere. Lui ha scelto di non essere dimenticato, ci sarà riuscito? Noi ci auguriamo di si!

Per approfondire lo straordinario talento di Riccardo, vi invitiamo a visitare i suoi profili Facebook e Instagram.

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