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Kyashan – Il ragazzo androide

Ognuno di noi ricorda, con emozione e un pizzico di nostalgia, i cartoni animati visti da piccoli. Con i cartoni animati stabilimmo un vero e proprio appuntamento quotidiano nel pomeriggio, dopo aver finito i compiti o la sera sul divano, in compagnia dei propri genitori. Personalmente ne guardavo diversi, da quelli trasmessi alla tv nazionale a quelli in videocassetta. Anche se bambina, non mi limitavo a guardare i cartoni animati classificati per genere e mai ho avuto preferenze. All’età di 11 anni mi trasferii, insieme ai miei genitori, in una nuova casa e, in una sera qualsiasi d’inverno, mio padre mi disse: «Da questa sera inizierai a guardare con me un cartone animato che ho adorato da ragazzo». All’inizio pensai che mi sarei annoiata, d’altronde mio padre era classe 1961. Quella sera dopo cena, nel lettone, vidi Kyashan – Il ragazzo androide. Nell’appassionarmi a quel cartone animato, mio padre ebbe un ruolo fondamentale perché, al termine di ogni puntata, mi chiedeva che impressioni avessi avuto e se mi fosse piaciuta. Insomma, commentavamo la puntata appena vista e ne discutevamo a modo nostro. E così è stato per gli anni successivi, visto che ciclicamente veniva ritrasmesso.

Altro che noia! Già dalla sigla (Tatakae! Casshern – Isao Sasaki), rigorosamente in giapponese, me ne innamorai. Questo anime (termine che indica l’animazione e i film di animazione giapponesi e non) racconta la storia del Dottor Azuma, un grande scienziato esperto in robotica, che per decontaminare la Terra e renderla più vivibile per l’uomo, progetta e costruisce degli umanoidi. Tuttavia, durante un temporale, un fulmine provoca una disfunzione nei circuiti del laboratorio e anima gli umanoidi sconvolgendo il programma secondo il quale li voleva al servizio dell’uomo. Gli umanoidi acquisiscono così una volontà propria e assumono il comando di un esercito di robot con l’obiettivo di sottomettere il genere umano ritenuto (non senza una punta di ragione) il principale responsabile del degrado ambientale del pianeta. È l’inizio di un vero e proprio incubo per il Dottor Azuma e per la sua famiglia. Tetsuya, il suo unico figlio, si offre per farsi tramutare in un androide col corpo di un robot, ma col cuore umano. Al fianco del figlio, ribattezzato Kyashan, il Dottor Azuma pone Lucky, il cane morto nel tentativo di salvare la giovane Luna (amica d’infanzia di Tetsuya e figlia di un collega scienziato morto per mano degli androidi nemici) dalle aggressioni dei robot, trasformandolo nel cane robot Flender che, nonostante i poteri eccezionali, mantenne quella fedeltà tipica del cane nei confronti dell’uomo. Prima di essere catturato dagli androidi, il Dottor Azuma riesce a salvare la vita della moglie Midori, riversando la sua coscienza e i suoi ricordi nel corpo di un cigno robot Swanee che, nelle notti di luna piena, è in grado di proiettarne l’immagine e permetterle così di comunicare con il figlio. Le battaglie contro l’esercito degli androidi si susseguono senza sosta fino all’ultimo episodio nel quale l’esercito robot viene distrutto e la pace torna finalmente sulla Terra. Ogni puntata mi emozionava e ogni sera non vedevo l’ora di sostenere Kyashan nella sua lotta contro BK2 – Briking, il perfido e tiranno capo dell’esercito degli androidi che aveva un solo obiettivo, ovvero quello di portare distruzione e sterminio ovunque, in modo da assoggettare la Terra e rendere schiavi tutti gli esseri umani.

https://youtu.be/nq4RrnswtR4

Che cosa facciamo quando ci appassioniamo a un cartone animato (oppure a diversi cartoni animati)? La risposta è semplice, quasi scontata. Ogni volta che ne abbiamo l’occasione, lo rivediamo ancora, ancora e poi ancora, fino a quando siamo quasi in grado di ripetere a memoria i dialoghi dei personaggi. Ma questo non ci basta e allora, una volta adulti, ci documentiamo sulle caratteristiche di ogni personaggio, sui luoghi e sul periodo in cui si colloca il cartone animato stesso.

Nel caso di Kyashan – Il ragazzo androide, sappiamo che è stato creato nel 1973 da Tatsuo Yoshida e prodotto dalla Tatsunoko, storica casa di produzione giapponese da lui fondata, che vanta diverse serie animate di successo mondiale. Il nome originale è Casshern e questo spiega anche il motivo della lettera “C” sulla tuta. Arrivato tardi in Italia, divenne in poco tempo un cartone animato di culto, principalmente per i ragazzi degli anni ’80. Il laboratorio del Dottor Azuma ha sicuramente sede in Giappone, ma le battaglie e gli scontri tra Kyashan e l’esercito robot si svolgono in diverse zone, tanto da non riuscire a riconoscere un Paese in particolare oppure una Nazione specifica. Per quanto riguarda l’ambientazione temporale, considerando anche gli abiti dei vari personaggi, si può collocare questa serie agli inizi degli anni ’70. Rispetto ad altre serie giapponesi, robotiche e non, dello stesso periodo, gli spunti comici assenti lasciano spazio a personaggi e storie dal carattere cupo e malinconico.

Ancora oggi Kyashan – Il ragazzo androide è molto più di un cartone animato nel senso comune del termine. BK2 o Briking è un robot decisamente anomalo. È sufficiente soffermarsi su di lui per comprendere che l’intento degli autori è quello di alludere alle tirannie moderne. In generale la caratterizzazione dei cattivi rimanda alla dittatura nazista. BK2 o Briking è “graficamente” simile a Benito Mussolini, con tratti caratteriali simili a quelli di Adolf Hitler, come l’amore per gli animali (Swanee è il suo robot prediletto) e la passione per la pittura e i robot al suo servizio si rivolgono a lui salutandolo con il saluto nazista. In questo senso Kyashan regala la libertà all’uomo schiacciato dalla tirannia, rappresentando il trionfo dell’umanità sull’ingiustizia e sul sopruso. Lui, androide nel corpo ma non nei sentimenti, si accosta all’uomo molto più di quanto il suo corpo non lo avvicini alle macchine.

Questa serie, un vero e proprio gioiello d’animazione, può avere anche un’altra chiave di lettura: gli androidi, nemici dell’umanità, sono una creazione dell’uomo, così come l’uomo è una creazione di una divinità (spesso invocata attraverso lunghe preghiere); se l’uomo ha cercato di rendersi creatore di altri esseri e il risultato è quello che si vede nella serie, è evidente che per vivere in armonia e in pace è necessario tornare a riconoscere un solo creatore e rinunciare a volersi sostituire alla divinità.

Pur ritenendo valide entrambe le chiavi di lettura, oggi come allora non do loro importanza perché, quando guardo per l’ennesima volta Kyashan – Il ragazzo androide torno a essere la bambina di 11 anni che, nel lettone con suo padre, se ne innamorò.

di Serena Di Marcantonio

tratto da

Raiders of the lost 80s

Raiders of the lost 80s

Raiders of the lost 80’sè un punto di riferimento per gli appassionati dei “favolosi anni’80” e per la cultura nerd in generale: Indiana Jones, Star Wars, Ritorno al Futuro, Star Trek, Ghostbusters. Raiders of the lost 80’s è un’associazione attiva sul territorio laziale e nel digitale.

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