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I misteri di Castel Capuano

Castel Capuano è uno dei castelli più antichi di Napoli, subito dopo Castel dell’Ovo. Deve il suo nome alla vicina Porta Capuana, che una volta era l’accesso alla vecchia strada verso Capua. Fu costruito nel XII secolo su ordine di Guglielmo il Malo, figlio di Ruggero il Normanno, e inizialmente fu utilizzato come residenza reale, anche se aveva più l’aspetto di una fortezza militare. Nel 1231, Federico II lo trasformò in una reggia adatta ad accogliere la famiglia reale.

 

Con la costruzione del Maschio Angioino, che divenne la nuova residenza reale, Castel Capuano divenne il luogo di residenza dei membri della famiglia reale, dei funzionari del regno e di personaggi illustri come Francesco Petrarca. Nel corso dei secoli, subì varie ristrutturazioni fino a diventare, con l’arrivo di Don Pedro de Toledo a Napoli, la sede del palazzo di giustizia, che riunì tutti i tribunali del regno.

Ma a Napoli, storia e leggenda si intrecciano sempre, e proprio a Castel Capuano è legata la leggenda del “Fantasma degli avvocati”, uno spirito spaventoso che ogni 19 aprile si aggira tra le stanze del tribunale. Secondo la tradizione popolare, il fantasma è quello di Giuditta Guastamacchia, una giovane e crudele donna che, nell’aprile del 1800, fu processata e giustiziata dalla Gran Corte della Vicaria per aver assassinato il suo giovane marito, maltrattato il suo cadavere e ottenuto la complicità di un amante prete e di suo padre.

La storia di Giuditta inizia quando, molto giovane e con un bambino da crescere, si ritrova sola e molto povera dopo la morte del marito, giustiziato per aver frodato il regno di Napoli. Il padre di Giuditta, impossibilitato a mantenerla insieme al nipote, decide di rinchiuderla nel Convento di Sant’Antonio alla Vicaria, dove rimane fino al 1794. È proprio in convento che Giuditta inizia una relazione amorosa con un sacerdote di nome don Stefano D’Aniello, che si fa passare per lo zio di Giuditta per sviare i sospetti.

Per mantenere le apparenze, lo “zio” prete decide di far venire dalla Puglia il suo giovane nipote di soli 16 anni e convincerlo a sposare Giuditta. Il matrimonio con il giovane marito non viene consumato e Giuditta rimane sempre disponibile per il sacerdote. La situazione precipita quando il giovane marito di Giuditta, scoprendo di essere stato ingannato con un matrimonio finto, decide di rendere pubblica la relazione adulterina di sua moglie con un religioso, scatenando uno scandalo. Per evitare che la verità emerga, Giuditta elabora un piano criminale: fa credere al padre di essere stata maltrattata e rapinata dal marito, coinvolge l’amante prete convincendolo a partecipare all’omicidio. Con uno stratagemma, il giovane marito di Giuditta viene attirato a casa sua e strangolato. Giuditta decide poi di sbarazzarsi del corpo facendolo a pezzi con l’aiuto di un barbiere e di un chirurgo complici. Il povero ragazzo viene così smembrato e i suoi resti gettati in un sacco, dispersi poi tra la foresta, in campagna e in mare. Ma il piano va in fumo: il barbiere, fermato in un controllo delle guardie reali mentre si sbarazza dei resti del giovane, viene interrogato e confessa tutto, rivelando il nome dei suoi complici. Giuditta cerca di scappare, ma viene arrestata a Capodichino. Il Tribunale della Vicaria condanna tutti a morte per impiccagione, tranne lo zio prete che riceve l’ergastolo per non aver partecipato direttamente all’omicidio del nipote. Ma Giuditta subisce una punizione doppia: considerata la mente criminale, dopo l’impiccagione a testa in giù, la sua testa e le mani vengono amputate e esposte ad una finestra della Vicaria come monito per la popolazione. Il suo cranio viene poi utilizzato per studi di fisiognomica criminale e conservato ed esposto presso il Museo di Anatomia di Napoli. Da allora, si dice che la sua anima inquieta non trovi pace e la maledetta sposa ricompaia ogni 19 aprile nelle buie stanze di Castel Capuano.

Redazione

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