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A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare

A Scanner Darkly: un acclamato regista indipendente incontra un mito della controcultura americana. E sono scintille.

Alcuni sprazzi si erano visti già nel fantafilosofico Waking Life quando Richard Linklater spiega al suo protagonista le eccezionali esperienze avute da Philip K. Dick mentre gioca a flipper in un bar ai confini di quel mondo onirico dai confini instabili. C’era da scommetterci che con una tecnica formidabile come il Rotoshop a disposizione, il regista texano non ci avrebbe pensato due volte a trasporre i mondi traballanti dello scrittore californiano sul grande schermo. E così è stato. Il risultato è A Scanner Darkly, un concentrato di droghe ad alto tasso paranoico.

Per l’occasione una cricca di attori composta dal cibernetico Keanu Reeves, dalla divina Winona Ryder, dal mai troppo lodato Woody Harrelson ed altri ancora (Rory Cochrane e Robert Downey Jr) hanno accettato di lavorare al minimo sindacale.

Per la sua ultima fatica (presentata a Cannes insieme a Fast Food Nation) Richard Linklater si rivolge nuovamente all’Interpolating Rotoscope Animation Software perché “era l’unica maniera in cui si figurava una storia che mettesse in dubbio la realtà”: dopo aver girato le scene dal vivo con una Panasonic AG-DVX100 ci sono voluti 18 mesi di postproduzione con oltre 50 artisti impegnati giorno e notte per rendere visibile il romanzo più pazzo (insieme a Follia per Sette Clan) di Dick. Non si può comprendere il film senza conoscere l’autore di Un Oscuro Scrutare, uno degli scrittori (e delle menti) più influenti che il ventesimo secolo ci abbia regalato. La sua fantascienza è diretta inesorabilmente verso l’interno (con buona pace della space opera) e una parte consistente del cinema postmoderno che conta (Matrix in primis) si ispira più o meno apertamente alla sua opera vasta e complessa. La trasposizione di Linklater è quanto di più fedele (confermano anche le due figlie di Dick) al romanzo dickiano sia mai stato proposto dal cinema hollywoodiano. Linklater non ha puntato a mantenere il “nocciolo” dickiano (che un agente della narcotici in preda a crisi allucinatorie possa arrivare a spiare se stesso) e gettare via il resto, bensì a far rivivere il libro attraverso i suoi dialoghi, che sono il vero surplus espressivo del testo: sconnessi, malati, giocosi eppure tremendamente seri. Il Rotoshop di Bob Sabiston inoltre ammanta i protagonisti del film con un rivestimento pop e ci porta nei labirinti mentali di Fred (Keanu Reeves). Intorno a lui, c’è una società che si sta sfaldando in preda al consumo generalizzato della sostanza M (come Morte) sotto un organismo di controllo più invasivo che mai. La colonna sonora poi, schiera un gruppo del calibro dei Radiohead oltre all’eccellente singolo Black Swan tratto dall’album solista del leader Thom Yorke.

A dirla tutta ci piaceva di più l’imperfezione stilistica di Waking Life, rispetto al grado di precisione raggiunto dalla tecnica di Sabiston, ma va ribadito che il senso dell’operazione è stato completamente diverso. Ciò che ha spinto Linklater a lavorare su questo progetto è non solo il grande amore che nutre verso l’autore del libro, ma soprattutto la sua capacità profetica di prevedere almeno di trent’anni i possibili usi negativi della tecnologia, e l’atmosfera di paranoia che regna tutt’oggi in America, soprattutto dopo i fatti terroristici dell’11 settembre. Nel romanzo Dick ha messo tutte le tensioni del suo periodo, un’epoca in cui si poteva essere messi in prigione o sulle black list soltanto per aver espresso le proprie opinioni o per aver partecipato a una riunione con altre persone. A Scanner Darkly insieme a I Tre Giorni del Condor e Nemico Pubblico appartiene a tutto quel filone di film cosiddetti paranoici, che tanto affascinano i teorici della cospirazione. L’unico elemento veramente fantascientifico infatti è lo scrumble suit, una tuta disindividuante che può dissimulare l’identità della persona che la indossa combinando un milione e mezzo di caratteristiche fisionomiche di donne, uomini e bambini.

Ma il futuro di Dick è dietro l’angolo. E mentre i tabulati delle telefonate confermano magagne calcistiche sempre sospettate, il sistema Echelon “ascolta” tutto e telecamere piazzate ovunque riprendono chiunque senza chiedere il permesso, garantendoci che della nostra privacy non ne è rimasta traccia. Forse la soluzione è indossare tutti una tuta disindividuante. Magari passeremo inosservati.

di Leonardo Vietri

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