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E’ il secondo anno che partecipo alla fiera del fumetto di Roma, il Romics, e resto sempre più meravigliato dalla grandezza dell’evento e dalla spettacolarità dello stesso.Fino ad un anno fa conoscevo poco della vastissima cultura che ruota attorno al mondo dei fumetti o meglio immaginavo potesse esserci ma non credevo con una portata così vasta.A farla da padrone nel mondo dei fumetti c’è la cultura giapponese.

Sono stato al Romics con un occhio diverso da quello che avevo la passata edizione, più critico e meno influenzato, comunque affascinato da quella moltitudine di gente, dai mille stand e dalle innumerevoli attività, che si possono fare e seguire all’interno dei due padiglioni. La parte della fiera che più mi ha colpito e quella di cui voglio trattare si riferisce al mondo del Cosplay, termine che nasce dalla fusione delle parole inglesi costume e play e il suo significato è quello dell’immedesimazione nel proprio personaggio preferito, che sia un eroe dei disegni animati, dei fumetti o dei videogiochi, cercando di imitarne gesti e comportamenti, e soprattutto indossando un costume, normalmente auto-prodotto in casa, identico a quello portato da colui che si vuole impersonare, possibilmente corredato dagli stessi accessori, quali armi, anelli, scettri e così via.Il mio interesse è nato grazie alla facilità con la quale mi sono imbattuto nei centinaia di cosplayers all’interno dei padiglioni e dall’ispirazione colta dopo per aver  ascoltato la conferenza “Cosplay: fan fiction da indossare” aperta dalla professoressa Valeriani alla quale hanno partecipato inoltre il professor Di Fratta, il professor Speroni e la professoressa Vaccari dell’Università di Bologna.

Il mondo Cosplay nasce in Giappone verso la fine degli anni 70 e cattura l’interesse dei media a partire dagli inizi degli anni 80. L’episodio che da vita al fenomeno cosplay  nasce dopo le prime proiezioni di “Gundam”. I fan di Gundam si diedero appuntamento davanti la stazione di Shinjuku, vestiti con i costumi dei personaggi dell’anime. L’evento fu importante perché fu la prima volta che una piccola tribù silenziosa di appassionati, grazie alla presenza dei media, ebbe una visibilità sociale. La dichiarazione che uno di loro rilasciò ai giornalisti recita: «io, Shia Aznable, in qualità di rappresentante di tutti i fan di Gundam dell’intero Giappone, dichiaro che oggi inizia la nuova era dell’animazione». In questa affermazione c’è già uno dei criteri di base della filosofia cosplayer. Il soggetto si presenta come Shia Aznable, ossia come uno dei protagonisti dell’anime. Il cambiamento temporaneo di identità è l’essenza stessa della filosofia cosplayer. Nei primi anni 80 un fenomeno simile nasce anche negli USA con i fan di Guerre Stellari mentre in Italia la passione sboccia sul finire degli anni 90 grazie alla diffusione di internet e ad alcune produzioni giapponesi come Sailor Moon , Dragonball o Evangelion.

Agli inizi la figura del cosplayer (il cui appellativo non è ancora questo ma deriva dall’espressione gergale” Otaku”, per tradurlo nella nostra lingua potrebbe essere uno “ sfigato” anche se così la questione è un po’ riduttiva ) analizzandola da un punto di vista sociologico assume un connotato negativo in quanto si intendevano tutte quelle persone con scarse capacità relazionali, chiuse nelle mura domestiche a enfatizzare le loro passioni  in maniera quasi morbosa. Passioni che tra l’altro non rappresentavano lo standard della cultura di massa e che per questo inquadravano i proprio estimatori in uno status di emarginati

Però questa descrizione non è del tutto veritiera anzi. Qualche impaccio relazionale da parte dei cosplayers c’è, però anche grazie all’aiuto avuto dalla diffusione di internet questo problema va ad attenuarsi. Si formano in rete infatti chat, forum, dibattiti e siti specifici per questa sorta di sottocultura. A proposito di sottocultura i cosplayer non si incontrano solamente online.Il maggiore punto di ritrovo sono proprio le fiere del fumetto sempre più diffuse anche nel nostro occidente. Nelle fiere i cosplayer si incontrano discutono si conoscono, in poche parole si sentono a casa loro, a proprio agio. Indossare il costume è “il piatto principale” del cosplayer.All’interno delle fiere del fumetto assume una importanza elevata il momento della sfilata.

La sfilata o concorso è un momento strutturato e assolve alle stesse funzioni di un rito antropologico. Questo sicuramente è molto interessante perché è uno degli elementi che permette ai cosplayers il “salto di qualità” trasformandoli da semplici appassionati alla vera e propria sottocultura già citata. La sfilata aggrega, fa discutere, esalta e delude, aiuta, insomma, a creare quello spessore emotivo che dà una sostanza corposa a quelli che altrimenti sarebbero “solo” persone con una passione in comune.Questi contest non si fermano alla premiazione dei vestiti a fine gara. Diventano degli step da superare per poter arrivare al concorso mondiale di Cosplay.Solitamente le premiazioni sono di questo tipo: miglior costume uomo, miglior costume donna, miglior gruppo, migliore interpretazione, premio fantasia, costume più originale.Visto che da qualche anno ormai esiste il concorso mondiale per il miglior cosplayer si intuisce facilmente la portata e il numero di appassionati che è presente in questa sottocultura.

Partecipare al Romics è stato per me interessante e costruttivo. E’ vero che il numero di appassionati di fumetti è vasto ed è vero che il fenomeno Cosplay sta assumendo importanza sempre più rilevante ma se non avessi partecipato al Romics non avrei fatto conoscenza con questa variopinta sottocultura.

di Riccardo Maggi

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