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Master Mosquiton

Ah, l’amore! Che cosa strana! Mi ritornano alla mente le mie storie passate, storie piene di passione, di cose non dette, ma soprattutto non fatte (perché le mie ex mi lasciavano regolarmente in bianco). Solo una mi chiese di farla sentire finalmente donna, ma quando lo feci non mi sembrò poi così contenta: evidentemente 8 camicie da stirare erano effettivamente troppe (Leo, grazie di esistere). Per non parlare della mia ultima fiamma: volevo saper tutto di lei. Lei mi diceva che due persone non potranno mai conoscersi fino in fondo. Tuttavia almeno il suo nome avrei voluto saperlo. E’ assolutamente fuor di dubbio che il latin lover redazionale (modo elegante per dare del porco a una persona) sia io (anche se, attualmente, le mie azioni sono in ribasso).

Posso quindi ostentare la mia esperienza in fatto di succhiotti, dal momento che, soprattutto di recente, è aumentata in modo esponenziale (a questo punto attendetevi pure una nota sarcastica di WDIM nelle immediate vicinanze). Innanzitutto, secondo il dizionario, il succhiotto è: “Ematoma. Causato dall’intensa e traumatica suzione e successiva congestione dei vasi capillari sottocutanei del collo, o altra parte molle”. Capito? Ematoma. E come tale, fa male. Almeno all’inizio. Poi dopo lo si porta con disinvoltura, orgogliosi dell’avvenuta marchiatura. Tranne, ovviamente, se il suddetto succhiotto non è stato fatto dal partner, nel qual caso, esso (o essa) provvederà a causarvi degli altri ematomi. Con un grosso randello. Se nel momento di fare il succhiotto il/la partner affonda troppo i denti, i casi sono tre:

a) troppa passione;

b) lui/lei non sa fare i succhiotti;

c) lui/lei è un vampiro/a.

 

In quest’ultimo caso sarebbe opportuno avere in casa tutto un campionario di paletti di frassino e collane d’aglio, non fosse altro perché, al contrario dei succhiotti, due buchi sul collo sono esteticamente orribili. Stupiti da questa mia disanima? Lo sareste di meno se sapeste che cosa ho bevuto prima di cominciare a scrivere: tuttavia un minimo di senso logico questa storia ce l’ha, dal momento che vi vado a parlare di tre OAV dedicati a Mosquiton. L’ometto in questione è un vampiro, che però si discosta decisamente dai canoni del genere: innanzitutto possiede 1/4 di sangue umano, cosa che gli permette di evitare di andare in giro come un assatanato a bere il sangue altrui, poi, oltre ad indossare il canonico mantello nero, porta un bel crocefisso (?) al collo e un paio di occhialini da sole trendy sulla testa (roba da far impallidire il nostro Goku per la vergogna).

 

Orbene, tutto ha inizio nel 192X, quando una sedicente diciassettenne di nome Inaho, dopo aver letto sul diario della propria nonna defunta che la sua famiglia aveva stretto un patto secolare con un vampiro, si reca in Transilvania per risvegliare Mosquiton (e i suoi due servitori Honoo e Yuki). Questo perché spera, grazie all’aiuto del simpatico vampiro, di recuperare l’O-part, un artefatto in grado di donare l’immortalità e l’eterna giovinezza al proprio possessore. Due anni dopo il risveglio del nostro eroe, nel centro di Londra spunta una gigantesca piramide, la quale ha evidentemente dei legami con l’O-part. Inaho, manco a dirlo convince il suo amico sanguisuga ad accompagnarla nel Regno Unito.

Contemporaneamente, una spedizione di militari britannici, sotto la guida del conte di Saint Germaine, viene allegramente spappolata mentre erano intenti ad esplorare la piramide alla ricerca dell’O-part. Inaho e la sua allegra compagnia, eludendo la sorveglianza, entrano nella piramide seguiti da un imbesuito Saint Germaine che si scopre essere in realtà un centauro (non un motociclista, ma un centauro vero e proprio con tanto di corpo da cavallo! Chissà le dimensioni del suo mem… ops, scusate sto degenerando…). La scoperta dell’amato O-part porterà, come nella migliore tradizione di Indiana Jones, alla scoperta di numerose trappole e allo scontro col conte galoppante. In questa occasione, Mosquiton, per risvegliare al pieno i suoi poteri, fa un bel succhiotto a Inaho (ecco spiegato il mio precedente delirio) e grazie al dolce sapore dell’emoglobina, va in modalità berserker, distruggendo tutto quello che gli capita a tiro (conte e Inaho compresi). Solo un bel paletto di frassino infilato su per il c…uore (cosa credevate, eh?) mette fine all’isterismo galoppante di Mosquy (o Mo-chan, come lo chiama Inaho) facendolo diventare una lettiera per gatti. Fine degli OAV? Manco per idea! Mo-chan viene subito riportato in vita da una goccia di sangue di Inaho, quindi il nostro simpatico gruppetto riparte alla volta dell’uscita: impresa che, purtroppo si rivela più difficile del previsto poiché arrivano addirittura sulla Luna!

A complicare il tutto è poi la presenza di una Faraona (non la gallina) maggiorata a bordo di una sfinge a motore, il cui carburante è costituito da una speciale sostanza che le viene infilata da uno speciale clistere su per c… (ora potete pure pensare male). Inutile dire che Inaho e combriccola hanno ragione anche di questi nemici e di un redivivo Saint Germaine, accompagnato per l’occasione dal proprio datore di lavoro: il vecchio Rasputin. Quando tutto faceva presagire ad un happy end, un raggio di luce rapisce l’O-part, lasciando Inaho con un palmo di naso e, soprattutto, in preda ad una crisi epilettica, manco avesse visto una puntata di “Pocket Monster”. Così termina il secondo OAV. Del terzo vi accenno solamente che sarà presente una vecchia fiamma di Mosquiton, la quale darà molto da fare alla “piccola” Inaho…

 

Bello, bello bello.Dal punto di vista tecnico, gli OAV sono molto ben fatti, con delle ottime caratterizzazioni dei personaggi (specie i due servitori di Mosquiton, che diventano adulti durante i combattimenti: la provocante Yuki è una gioia per gli occhi…), delle animazioni “gommose” come vanno di moda adesso e delle colorazioni veramente fatte bene. Su un buon livello anche regia e fotografia, mentre quello che più mi è piaciuto dell’OAV, assieme all’umorismo imperante, è stato la sigla iniziale: un misto di jazz e blues più che orecchiabile, accompagnato da delle stampe d’epoca che ritraggono Mosquiton nei posti più impensati, un po’ come il video di Elio e le storie tese “Born to be Abramo”. Speriamo lo importino anche in Italia.

 

Ryo Saeba

Satyrnet

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