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Le navi di Caligola nel lago di Nemi

Quasi tutti i laghi hanno generato nel corso dei secoli delle leggende, dei racconti che si sono tramandati per generazioni. Non fa eccezione il lago di Nemi che si trova ad appena 33 km da Roma. Occupa il fondo di due antichissimi crateri vulcanici, e i suoi abitanti, per secoli, hanno raccontato che sul suo fondale c’erano i relitti di due navi. Due navi gigantesche, come nessuno le aveva mai viste.  In effetti le reti da pesca si impigliavano su alcuni punti e ne uscivano a volte oggetti strani, antichissimi.
 
 
Era evidente che si trattava di navi romane, e molti, sin dal 1400, tentarono di farle riemergere usando uncini, zattere, scafandri primitivi, fino ai primi palombari sul finire dell’800, ma inutilmente. Solo nel 1938 si riuscì a recuperare questi relitti. L’operazione fu ciclopica: si abbassò il livello del lago di una ventina di metri, in modo da far riaffiorare le navi, e per farlo si sfruttò un’antichissima condotta sotterranea, realizzata addirittura prima dell’ epoca dei romani. 
 
La condotta serviva per regolare anticamente il livello del lago, un po’ come quei fori che ci sono ai lati dei nostri lavandini che evitano all’acqua di tracimare: l’acqua passava in questa condotta e andava a finire in mare e nel percorso irrigava anche una serie di campi nelle valli sottostanti. Insomma, era un piccolo gioiello di ingegneria idraulica antica. Svuotare in parte il lago di Nemi non fu un’operazione facile, quattro grandi idrovore cominciarono ad aspirare lentamente le acque del lago riversandole nella galleria sotterranea.
 
La nave che per prima affiorò fu la Nave Tempio, chiamata così perchè era qui che avvenivano i riti sacri. Era davvero immensa: (73 metri per 25). messa in verticale avrebbe superato addirittura un edificio di venti piani. Il profilo era militare con un rostro a prua e esternamente, lungo a fiancata c’era un lungo corridoio per i rematori, addirittura 25 o 30 coppie su ogni lato. Il ponte era rivestito di mosaici, al centro c’era un lungo portico con colonne che lasciava libero un ampio piazzale sul quale si affacciava un tempio con colonne corinzie alte 4 metri e tegole di rame dorato. Occupava un’area di 1800 metri quadrati equivalenti a cinque campi da tennis.
 
La seconda nave, chiamata Nave Palazzo, non aveva posto per i rematori, e si suppone venisse trainata dalla prima. E’ qui che sorgeva il palazzo dell’imperatore. Si calcola che il palazzo pesasse intorno alle settecento tonnellate (!), cioè quasi quanto 15 vagoni ferroviari. Era una dimora sontuosa, aveva pavimenti con lastra in porfido e marmo serpentino che formavano dei dischi, delle semi-lune, e tra questi c’erano delle decorazioni in pasta vitrea. Anche qui il tetto era ricoperto da tegole di rame dorato, fregi, sculture, rilievi e ringhiere tutte di bronzo costellavano questo palazzo galleggiante e così anche ori e pietre preziose.
 

Ma perchè vennero costruite queste navi così grandi?

Non ci sono certezze, ma, probabilmente la Nave Tempio serviva per i riti in onore di Iside. Bisogna anche considerare che tutto il lago aveva per i romani una valenza quasi sacra: lo chiamavano “Lo Specchio di Diana” perchè qui Diana era venerata, aveva un suo bosco sacro, e anche un tempio tutto per lei. Fu l’imperatore Caligola tra il 37 e il 41 d.C. a volere queste navi. Egli era famoso per la sua crudeltà, la sua megalomania, per i suoi ordini assurdi: per esempio ordinò a tutti di amarlo come un dio, ordinò console il suo cavallo preferito, alle sue legioni fece raccogliere tantissime conchiglie lungo le spiagge, di giorno parlava con Giove e di notte invitava nel suo letto la luna.
 
Ma un dettaglio è interessante: Svetonio narra che Caligola amava navigare lungo le coste campane su navi costellate di pietre preziose con a bordo terme, enormi sale da pranzo, colonnati, alberi da frutta, vigneti. Ed è proprio qui che avvenivano festini con danze e orchestre e questo lascia intuire quanto fossero sfarzose anche le navi di Nemi.
 
Una volta riemerse, le navi romane vennero portate nel Museo delle navi di Nemi, progettato dall’architetto Vittorio Ballio Morpurgo e costruito dalla nostra Marina Militare. Purtroppo oggi è vuoto, ci sono solo dei modelli e alcuni reperti, e questo è uno dei drammi della II° Guerra Mondiale. Il 31 maggio del 1944 qui qualcuno appiccò un incendio e le navi andarono completamente distrutte. Secondo alcuni furono i tedeschi in ritirata, secondo altri, persone locali interessate a recuperare il piombo che rivestiva gli antichi scafi e che era molto ricercato. Non lo sapremo mai… ma quello che è certo è che qui è andato perduto un vero patrimonio, anche se qualcosa si è salvato: qualche mese prima dell’incendio infatti, i bronzi di maggior valore erano stati messi in sicurezza a Roma, dove si trovano ancora oggi.

 

di Annarita Sanna

Redazione

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