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Excubitorium: l’antica sede dei Pompiere a Trastevere

L’excubitorium era la sede della “VII Coorte dei Vigili”, (oggi li chiameremmo pompieri) della zona di Trastevere. La parola “excubitorium” viene dal latino e significa “dormire fuori” (ex cubare): i vigiles infatti erano costretti a restare sempre “vigili” e sempre pronti ad entrare in azione quando necessario. E visto che, in particolare i piani alti delle abitazioni degli romani erano realizzate in legno, i vigiles erano costretti ad intervenire spesso.

Il corpo dei Vigili, che si occupavano non solo di incendi ma anche di vigilanza notturna, fu istituito nel 6 d.C. da Augusto, con a capo un prefetto e composto da circa 7000 uomini, per assicurare la vigilanza notturna delle strade, sia in funzione di antincendio che di pubblica sicurezza: il loro motto era “Ubi dolor ibi vigiles” (“Dove c’è il dolore lì ci sono i vigili“). L’edificio dell’excubitorium fu riportato alla luce nel 1865. Gli archeologi ritengono che esso risale all’età imperiale e fu adattato, visto che in origine era una domus privata, a corpo di guardia verso la fine del II secolo d.C.: la caserma principale della VII coorte, destinata alla sorveglianza delle regiones XIV Trans Tiberim e IX Circus Flaminius, doveva essere nel Campo Marzio. Sul portale di ingresso si nota un fregio raffigurante gli attrezzi da lavoro dei vigiles e dallo stemma del papa regnante al momento della scoperta, ovvero Pio IX.

L’edificio, il cui pavimento si trova a ben 8 metri di profondità rispetto al livello stradale attuale, si compone di una grande aula che in origine era pavimentata con un grande mosaico in bianco e nero riproducente mostri marini e due tritoni, uno che teneva nella mano destra un tridente e nella sinistra una face spenta, simbolo del fuoco domato, l’altro una face accesa ed indicava il mare, ovvero l’acqua necessaria per spegnere il fuoco: il mosaico, proprio a causa dello stato di abbandono di cui parlavamo prima, è scomparso nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Al centro dell’aula si trova un bacino di fontana esagonale, a lati concavi, in asse col quale si apre un’esedra rettangolare, con ingresso ad arco inquadrato da due paraste corinzie sormontate da un timpano, costruiti interamente in mattoni: l’interno conserva ancora parte degli affreschi originari.

Un graffito ci aiuta anche a comprenderne la funzione: si tratta del “larario”, una sorta di cappella del Genio tutelare dei vigili, il “Genio excubitori” ricordato dai graffiti ormai scomparsi.Tutto intorno si aprivano altri ambienti, alcuni di incerta destinazione, forse soltanto le stanze dei vigili, mentre altri sono stati ben catalogati: quello situato ad ovest, con il pavimento in cocciopesto ed un chiusino al centro, è stato identificato come un bagno, mentre quello posto a nord come un magazzino, per la presenza di un “dolio” interrato, ossia di un recipiente che veniva utilizzato per conservare grano, legumi, olio ed altri aliment

di Annarita Sanna

Redazione

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