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Disney: origine, anni ’90, scenari futuri

Fermarsi a riflettere sul mondo Disney vuol dire entrare a far parte di un universo di suggestioni a cui è impossibile resistere. Non solo castelli e fate, principi e incantesimi: i personaggi che animano fantasia e realtà di generazioni e generazioni di bambini (e non solo…) esprimono la loro universalità nella semplicità, nel tratteggiare le emozioni più pure con immediatezza,

Eppure i sentimenti comunicati riescono a non oltrepassare mai i confini del mieloso buonismo, a guidare i pensieri attraverso una dolcezza mai banale e scontata ma, al contrario, ricca di valori essenziali nell’esistenza di chiunque.
È probabilmente questo il segreto dell’universalità assoluta dei lungometraggi cinematografici Disney: riuscire ad entrare in contatto con i bisogni più profondi dell’animo umano, di qualunque età e provenienza sociale o fisica sia.
Se volessimo ripercorrere la memoria storica dei film d’animazione Disney, ci accorgeremmo che la gran maggioranza di questi è composta in realtà da rielaborazioni di fiabe o opere letterarie già conosciute al grande pubblico: non è certamente casuale se il primo lungometraggio d’animazione prodotto da Walt Disney fu “Biancaneve e i sette nani”.

Correva l’anno 1937 e il grande Walt dovette combattere faticosamente in prima persona per riuscire a portare sui grandi schermi un prodotto in cui probabilmente era l’unico a credere. I costi stratosferici per la realizzazione di un film completamente creato con disegni a mano (il produttore giunse a dover ipotecare la propria casa per sostenere le spese) e il rischio della revisione di una trama famosa come quella dei fratelli Grimm, giustificarono i critici che bollarono preventivamente il film come “la pazzia di Disney”.  Ciò che invece gli stessi critici non avevano previsto fu lo straordinario entusiasmo che accolse il film e che permise a Disney di vincere uno speciale Oscar per la “significativa innovazione che ha affascinato milioni di persone ed è pionera in un nuovo grande campo dell’intrattenimento” (curiosità: contestualmente all’Oscar di dimensioni standard, a Disney ne furono consegnati altri sette in miniatura!). Ciò che sorprende di più dello straordinario successo di “Biancaneve” è la sua continuità nel tempo, paragonabile ad una tradizione, ad un gioiello di famiglia tramandato di generazione in generazione, quasi un topos educativo al quale nessun genitore rinuncia nel proporre ai propri bambini, straordinario esempio qual è della vittoria del bene sul male: come non riconoscere a Disney la grandezza nel riuscire a proporre una visione manichea e immediatamente identificabile nel sistema dei personaggi?

Bene conto Male, Bontà contro Cattiveria, Verità contro Bugia: è questo lo standard entro cui i film Disney percorreranno l’intero arco della loro esistenza, standard cui non hanno ancora rinunciato e che continua ad essere ragione del loro successo.
Non solo diffusione di bontà nelle intenzioni di Disney, però: i suoi sono, da sempre, straordinari successi commerciali, ed egli fu il primo ad intuire le grandi potenzialità economiche della costruzione di un vero e proprio Impero della Fantasia. Di nuovo, “Biancaneve” è l’esempio più lampante: durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, nel 1944, la riedizione del film fu distribuita per aumentare le entrate dello studio Disney. Quel momento inaugurò la consuetudine di ridistribuire i film Disney ogni sette anni, geniale intuizione di Walt che capì (ed invogliò di conseguenza) la propensione a considerare il lungometraggio, conosciuto in età infantile, un oggetto transgenerazionale.
Il dominio Disney, incontrastato fino agli anni ’90, raggiunge il culmine del successo con la tripletta “La Bella e la Bestia” (1991), “Aladdin” (1992) e “Il Re Leone” (1994).

Proprio quest’ultimo è il film esempio del rinnovamento che la Walt Disney ha saputo mettere in atto attraverso i tempi, pur rimanendo entro i canoni della propria tradizione.

È durante gli anni Novanta, infatti, che si assiste al principio dei cambiamenti che hanno condotto alla rivoluzione digitale nel cinema d’animazione: i “cartoni animati” vecchio stile, realizzati completamente a mano, lasciano spazio alla computer graphics che propone effetti speciali, sceneggiature più realistiche e suggestive, un complessivo avvicinamento alla realtà fotografica che stupisce lo spettatore, pur nella consapevolezza della finzione digitale. “Il Re Leone” segna un punto di svolta della Disney per più di un motivo: innanzitutto si tratta di un film la cui trama, originale, affronta temi molto “forti” (il leoncino Simba perderà suo padre Mufasa, re della foresta, e il perfido zio Scar inculcherà in lui un senso di colpa per la sua morte, spingendolo alla fuga da casa) ma attraverso le modalità proprie dei lungometraggi Disney, con la consueta delicatezza e chiarezza nel tratteggiare il sistema dei personaggi, tanto da far capire immediatamente che la morte del papà buono e forte è da attribuire esclusivamente al Male, rappresentato da Scar, e non all’innocente cucciolo Simba (che evidentemente rappresenta la Giustizia, tanto che ritornerà, adulto, e ristabilirà l’ordine nel suo regno). Per quanto riguarda le tecniche di animazione, nel film è usata la grafica digitale per le ambientazioni, tutte svolte in vari punti della foresta, che risultano essere spettacolari e molto più veritiere di quanto sia possibile realizzare “artigianalmente”.

Da questo momento in poi, la Disney non abbandonerà più la computer grafica, intuendo il potenziale di attrattività della nuova tecnica. Esempio lampante ne è la collaborazione attuata con la Pixar (seppur con rispettiva diffidenza da parte del CEO della Disney, Eisner, e di quello della Pixar, Jobs): prodotto della collaborazione risulta essere “Toy Story” (1995), primo film d’animazione realizzato completamente in computer grafica, sviluppato dalla Pixar attraverso il software “Render Man” e distribuito dalla Disney. È attraverso questa fruttuosa collaborazione che la Disney attraversa gli anni Novanta proponendosi ancora come protagonista di quel settore –l’animazione- che da sempre la vede leader e pioniera: seguiranno altri film, fino ai capolavori “Alla ricerca di Nemo” (2003) e “Gli incredibili” (2004) entrambi vincitori del premio Oscar come Miglior Film d’Animazione.

“Cars” (2006) rappresenta l’ultimo straordinario film realizzato attraverso la collaborazione Disney – Pixar, la cui trama ricalca la ricerca di buoni sentimenti Disney, l’amicizia vera in contrapposizione al  mero successo individualistico: in un momento in cui anche la vita reale scorre veloce come le gare a cui partecipa l’automobile protagonista, Saetta Mc Queen, l’attenzione viene richiamata sulla necessità di fermarsi a riflettere su ciò che è davvero importante… e può esserlo soltanto la scoperta di sentimenti autentici.
Siamo già nel futuro. Il cambiamento si è concretizzato e segna il percorso da seguire.
È del 2006 l’acquisizione della Pixar da parte della Disney attraverso un’operazione da 7 miliardi e mezzo di dollari: è ormai, a tutti gli effetti, il più grande studio d’animazione del mondo (di cui Jobs è il maggior azionista individuale).
Il giro d’affari Disney continua ad essere in rialzo e non conosce sosta, a dimostrazione e conferma di come il capostipite Walt abbia centrato per primo le opportunità e la necessità di combinare insieme i bisogni di evasione con quelli di rassicurazione sui valori giusti da seguire, consentendo a chiunque lo voglia di entrare in un sogno nel quale si avrà sempre voglia di tornare. Non si deve,infatti,  dimenticare che Disney non è “solo” fumetti ed animazione, ma anche parchi tematici, veri e propri non luoghi nei quali il sogno si può toccare con mano, provando un’esperienza  360 gradi a cui è difficile resistere.

È del 1955 l’apertura di “Diseyland” ad Anaheim, in California, a cui seguiranno il “Walt Disney World” ad Orlando (Florida) nel 1971, fino a sbarcare in Europa, a Parigi, con l’ “Euro Disney Resort” nel 1992 (rinominato “Disneyland Resort Paris” nel 2002, ad indicare l’intera area comprendente anche il nuovo parco “Walt Disney Studios”). Né sono da sottovalutare i prodotti di consumo a marchio Disney, ormai vero e proprio brand garanzia di successo, distribuiti anche in esclusiva nei  Disney Store europei, e le collaborazioni con altri importanti brand nella realizzazione di merchandising.
A distanza di quasi settant’anni dall’assegnazione dell’Oscar a “Biancaneve”, è chiaro come mai motivazione fu più azzeccata nonché estendibile all’intero impero sviluppato dalla Disney fino ai giorni nostri:  ricerca continua di innovazione,  che affascina (forse ancor più di prima) milioni di persone, pioniera nell’intrattenimento.

 

di Federica Verrelli

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