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Black Mirror: la serie che esplora il lato oscuro della tecnologia

“Black Mirror”, la serie britannica ideata da Charlie Brooker, è un viaggio inquietante nelle potenzialità e nei pericoli delle nuove tecnologie. Quando ho deciso di guardarla, lo feci per semplice curiosità, attratta dalle recensioni e dalla fama che aveva acquisito. Tuttavia, dopo aver visto due stagioni, mi sono fermata. Non è riuscita a entusiasmarmi come mi aspettavo, anzi, l’ho trovata un po’ pesante. Sebbene rappresenti una riflessione profonda sulla realtà e sul futuro delle tecnologie, il suo approccio a volte troppo crudo e spietato non è riuscito a catturare il mio interesse. Tuttavia, come spesso accade con le serie che lasciano un’impronta, credo che alla fine darò una seconda possibilità a “Black Mirror”, perché non mi piace lasciare le cose incompiute.

La serie, trasmessa per la prima volta nel 2011 su Channel 4 e successivamente acquistata da Netflix, si caratterizza per la sua struttura antologica. Ogni episodio racconta una storia a sé, esplorando temi come la dipendenza dalla tecnologia, il voyeurismo digitale e le distopie create dall’avanzare incessante delle innovazioni. A mio avviso, la prima stagione rimane la più potente, specialmente per il suo episodio “The National Anthem”, che mette in scena una critica feroce alla società del consenso e della ricerca di approvazione pubblica. Questo primo assaggio di “Black Mirror” è riuscito a colpirmi per la sua crudezza e il suo realismo.

Il vero punto di forza della serie, però, risiede nell’intuizione di Charlie Brooker: ogni episodio non è solo una storia di fantascienza, ma una riflessione sociale sui pericoli insiti nell’uso delle nuove tecnologie. La serie si distingue per la sua capacità di estrapolare dal presente una visione distorta ma credibile del futuro. Anche se, come accennato, alcuni episodi mi hanno lasciato indifferente, è innegabile che “Black Mirror” sia riuscita a conquistare un vasto pubblico, vincendo premi prestigiosi come gli Emmy e suscitando dibattiti sul nostro rapporto con la tecnologia.

Una menzione particolare va al primo episodio della quarta stagione, “USS Callister”, che, ispirato a “Star Trek”, gioca con le aspettative sugli universi virtuali e i mondi simulati. Qui la tecnologia non è solo un mezzo, ma diventa un terreno di riflessione sulla morale, il potere e la libertà, mettendo in scena una realtà nascosta che ci porta a chiederci fino a che punto possiamo andare senza perdere la nostra umanità. La sua narrazione intelligente e il suo colpo di scena finale rendono questo episodio uno dei più memorabili della serie.

Nonostante la sua natura di antologia, “Black Mirror” ha saputo mantenere un filo conduttore che lega i vari episodi: l’esplorazione del lato oscuro della tecnologia e delle sue ripercussioni sulla società. Ogni episodio, pur trattando temi e storie differenti, è un invito alla riflessione sul nostro comportamento di fronte alle nuove tecnologie, che spesso tendiamo ad adottare senza considerare le conseguenze.

La serie, che ha avuto un impatto considerevole sulla cultura popolare, è anche riuscita a reinventarsi con gli episodi interattivi, come “Bandersnatch”, un film che permette allo spettatore di prendere delle decisioni per il protagonista, influenzando la trama. Un’idea brillante che ha portato “Black Mirror” a un nuovo livello di sperimentazione, esplorando non solo le potenzialità della tecnologia, ma anche il modo in cui interagiamo con i media in tempo reale.

Con la sesta stagione, uscita nel 2023, la serie ha consolidato la sua reputazione di show inquietante e provocatorio, con episodi come “Joan Is Awful” che affrontano temi di consumismo e voyeurismo digitale. L’episodio, che racconta di una donna che scopre di essere il soggetto di una serie televisiva, esplora l’assurdità della vita moderna e le implicazioni dell’essere costantemente esposti. È un episodio che mette in luce il paradosso del nostro desiderio di visibilità e il costo emotivo che questo comporta.

In un mondo sempre più interconnesso e dipendente dalla tecnologia, “Black Mirror” riesce a mostrare quanto siamo vulnerabili di fronte a quella stessa tecnologia che ci promette libertà e progresso. La serie non ha paura di spingerci oltre i nostri limiti, mettendo in discussione le nostre certezze e mostrando le sfide di una società sempre più tecnologica, ma anche sempre più distante dall’autenticità.

A questo punto, la domanda che mi pongo è: quanto di “Black Mirror” riflette realmente la nostra società? Anche se la serie è ambientata in un futuro distopico, le sue tematiche non sono affatto lontane dalla nostra realtà. La dipendenza dai social media, la costante ricerca di approvazione e il consumo frenetico di contenuti sono temi che, purtroppo, riguardano tutti noi. E sebbene non tutte le stagioni siano state all’altezza delle aspettative, il suo messaggio rimane forte e rilevante.

In definitiva, “Black Mirror” continua ad essere un’opera che fa riflettere. Non è una serie facile, e probabilmente non è nemmeno adatta a tutti. Ma la sua capacità di farci confrontare con i nostri più profondi timori e desideri riguardo la tecnologia è un motivo più che valido per darle una seconda possibilità. Se, come me, hai bisogno di tempo per apprezzarne pienamente il valore, non ti preoccupare: la tecnologia e le sue distopie saranno ancora lì, a ricordarti che “Black Mirror” è una serie che va guardata con occhi aperti, pronti a scoprire le sue inquietanti verità.

Maria Merola

Maria Merola

Laureata in Beni Culturali, lavora nel campo del marketing e degli eventi. Ama Star Wars, il cosplay e tutto ciò che riguarda il mondo del fantastico, come rifugio dalla realtà quotidiana. In particolare è l'autrice del blog "La Terra in Mezzo" dedicato ai miti e alle leggende del suo Molise.

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