Sarà che col passare degli anni si cambiano gusti, sarà che le vecchie serie, in quanto tali, non possono reggere il confronto con quelle moderne, sarà quello che volete, ma proprio non riesco a guardarle. Eppure con Goldrake non è stato così, e sì che motivi per cambiare canale ce ne sarebbero a bizzeffe: primo fra tutti, sicuramente, la mancanza di varietà e originalità della storia. Se ricordate bene infatti, le varie puntate seguivano uno schema comune: 1. Parte iniziale, nella quale venivano narrate le vicissitudini di uno dei protagonisti; 2. Cambio di scena con i cattivi intenti a conquistare il Giappone (ovviamente solo il Giappone) per l’ennesima volta, cum presentazione del nuovo robot; 3. Pestaggio tra Goldrake e robot nemico con conseguente disfatta di quest’ultimo; 4. Seguito e conclusione degli avvenimenti citati nel punto uno con finale a lieto fine. Il fumetto non sfugge a questo classico schema: Duke Fleed (Actarus in Italia), sfuggito alla distruzione del proprio pianeta da parte di quel fetentone del Re Vega, approda sul pianeta Terra con Goldrake, un gigantesco Ufo, capace, all’occorrenza, di trasformarsi in un robot armato fino ai denti. Sulla Terra, il nostro tarrissimo amico (porta infatti un gilet frangiato pericolosamente simile al giubbotto del Muflone) fa la conoscenza di Koji Kabuto (pilota di Mazinga Z, Alcor in Italia) e del professor Umon (Procton in Italia), nonché di tutti gli abitanti del ranch di Danbei Makiba (Rigel in Italia).
Considerato ormai il nostro pianeta la sua seconda patria, Duke decide di proteggerla dall’attacco di Re Vega, che, nel frattempo, non pago del casino che aveva combinato, aveva buttato l’occhio anche sulla Terra. Il seguito ve lo risparmio, visto che, nel bene o nel male, la storia dovreste conoscerla tutti. Veniamo ora al fumetto: a firmare le tavole è Go Nagai in persona, e, lasciatemelo dire, si vede. Go Nagai si è sempre fatto apprezzare più per le sue storie che per il suo tratto (anche se, in Devilman, non stonava affatto con le atmosfere del fumetto): non era raro, infatti, che le riduzioni televisive dei suoi fumetti avessero un’atmosfera più “infantile”, visto che era improponibile dare in pasto ad un pubblico di bambini storie dal così elevato spessore psicologico e dalla così elevata violenza (e mi riferisco soprattutto ai fumetti di Devilman e Mazinga). Questo Goldrake, invece, è stranamente uguale alla sua controparte animata, con storielle destinate ad un target di utenza eccessivamente basso, tanto da farmi prendere in considerazione la possibilità che sia una bieca operazione commerciale, un dorato complemento ad una serie televisiva di successo, un “divertissement” dell’autore.
Ma diciamo la verità: a noi ultraventenni che urliamo ancora “Alabarda spaziale”, ci frega veramente qualcosa se Goldrake è commerciale o no? Un tuffo nel nostro passato di bambini pacioccosi val bene il prezzo del tomo, quindi se la vostra età ufficiale supera un paio di decadi, fatelo vostro, altrimenti avrete perso un pezzo di voi stessi e di storia. La versione curata da Dynamic Italia è fatta veramente bene: gli adattatori hanno creato un giusto mix tra i nomi italiani e quelli jappo, ripristinando quelli originali dei personaggi ma lasciando inalterati quelli di robot, armi e alieni. Molto buono anche l’adattamento grafico ad opera dell’ormai collaudato M.A.C.E., e ottima l’idea dell’enciclopedia, con tavole a colori e tabelle di confronto con i mitici Mazinga Z e Grande Mazinga. In definitiva, un acquisto che non dovrebbe assolutamente mancare ad ogni manga-dipendente che si rispetti. E ora, fletto i muscoli e sono nel vuoto…
Ryo Saeba
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