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La leggenda del lago maledetto

Siamo nel 869 d.c., la vita della regina Shilla è ormai alla fine e il suo regno, Chinsong (l’attuale Corea), perde man mano energia e forza e viene attanagliato da moti ribelli via via più violenti. Il fedele guerriero Biharang combatte indomito per lunghi anni battaglie per la difesa di Chinsong, ma il suo unico desiderio e vivere una vita pacifica in compagnia della sua amata Jaunbie. Un triste giorno, mentre il guerriero è impegnato a sedare una nuova rivolta, due guardie imperiali tendogno un agguato alla dolce Jaunbie che per sfuggire ai suoi inseguitori si tuffa in un lago apparentemente tranquillo. In realtà in quello specchio d’acqua è stato intrappolato lo spirito malvagio di Auta, il capo della Tribù della Luna che ha visto sterminata la sua gente da un avo della regina Shilla. Il diabolico spettro si impadronisce del corpo della giovane per tornare in vita e distruggere definitivamente il regno Chinsong e la sua regina. Biharang dovrà non solo ostacolare la vendetta di Auta ma dovrà salvare la sua amata dall’influenza dello spettro anche a costo della propria vita.

La leggenda del lago maledetto (Cheonnyeon hoè considerato un “wuziapian” (che si potrebbe tradurre tranquillamente con l’occidentalissimo termine “cappa e spada”) nella tradizione di Bichunmoo: amore, morte, duelli e la classica antitesi tra l’amore verso la patrie e quello verso la propria donna, sono i punti cruciali di questo genere e si ritrovano in maniera fin troppo originale anche nel protagonista di questo lungometraggio, intento a liberare il suo regno dallo spettro che ha posseduto la sua amata.

La vita e la morte si intrecciano con la fisicità delle scene d’azione e quelle altamente poetiche della tragedia dell’amore tra un uomo e il suo nemico separati dalla stessa morte come da una muraglia invalicabile. Il vero nemico in questo genere di film non è un esercito bellicoso ne un drago cattivo, è il destino che si fa scherno del cuore umano. Un fantasy con la regia di Lee Kwang-hoon da non perdere che rivaleggia senza alcun timore con i classici “La Tigre e il Dragone” e “La foresta dei pugnali volanti” mantenendo quella grafica tra realtà e fantasia tipico di questo genere cinematografico

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