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Il sacro Graal

Sul leggendario calice in cui si dice Cristo abbia bevuto durante l’Ultima Cena e che abbia raccolto il suo sangue sulla Croce si è scritto di tutto: è stato oggetto di infinite sceneggiature cinematografiche e libri; lo hanno cercato i Nazisti, i Cristiani, archeologi, ciarlatani, i Cavalieri della Tavola Rotonda. Iniziamo con ordine, cioè dal suo nome: Santo Graal nella sua forma più antica è attestato come SANGREAL, che deriva da due parole diverse SANG e REAL e significa Sangue Reale, e attesta la discendenza da Re Salomone di Gesù e la sua unione con Maria Maddalena (della casa di Beniamino); la leggenda in realtà indica come SANGREAL il ventre di Maria Maddalena che avrebbe portato in grembo il figlio di Gesù. Secondo altri, fra cui Helimand de Froidmont, il termine deriva dal latino Gradalis e significa tazza o calice ed è assimilabile ad altri oggetti della mitologia celtica, come il Calderone di Dagda o greco-romana, come la Cornucopia. Effettivamente nella Bibbia non si accenna al matrimonio fra i due e anzi si dà a Maria Maddalena della prostituta, ma le versioni di alcuni Vangeli Gnostici discordano (ci sarebbe persino un Vangelo scritto da Maria Maddalena…); a tal proposito c’è da dire che la Legge Ebraica (cui Cristo era sottoposto in quanto Ebreo) prevede come compito dell’uomo quello di avere moglie e generare figli. Per secoli è stato considerato una reliquia minore, se confrontata alla sindone o alla vera croce, finché non diviene una reliquia importante e dotata di magici poteri nelle leggende della Normandia e della Bretagna. Il Graal appare infatti nel ciclo bretone, come allegoria mistica della ricerca del misticismo; precisamente nel Perceval, poema incompiuto di Cretyens de Troyes, i cavalieri della tavola rotonda cercano il Graal su richiesta di dio. Nel poema si utilizza la parola Graal per indicare il calice di Cristo.

“Colui che beve l’acqua che io gli darò, dice il Signore, avrà dentro di sé una sorgente inesauribile dalla quale sgorgherà la vita eterna. Lasciate che mi conducano alla tua montagna sacra nel luogo dove dimori, attraverso il deserto e oltre la montagna, nella gola della luna crescente, al Tempio dove la coppa che contiene il sangue di Gesù Cristo risiede per sempre”.

Il corpo di Cristo, deposto dalla croce doveva perdere molto sangue dalla ferita al costato, ed è piuttosto logico che per drenare il corpo dal sangue si fosse usato un recipiente. Per questo motivo Il Graal, infatti quasi sicuramente non è una coppa; una coppa non sarebbe servita a nulla dovendo drenare 5 litri di sanue da un corpo, nonostante già molto provato.

Inoltre il termine potrebbe derivare dal galeico Grael, contrazione del Latino Gradalis, cioè un recipiente a metà strada tra un cratere ( un grande vaso molto largo e basso in cui mescere il vino) e una ciotola.. Difatti tutta l’iconografia sul Graal è medievale, e nei Vangeli non viene specificato che tipo di recipiente sia. In questo articolo si analizzano le circostanze del Graal storico e le fonti a riguardo del graal. e si scopre che non solo il Graal è stato il recipiente del vino di cristo e del suo sangue, ma è anche legata al famoso gesto di Ponzio Pilato di lavarsi le mani per non colpevolizzarsi dell’omicidio di Gesù. Il gradale era un oggetto molto usato durante i pranzi per attingere il vino dai crateri. Ora però sembra improbabile che lo stesso gradale usato durante una cena, venga adoperato un giorno dopo per una cerimonia funebre. Bisogna delle considerazioni anche riguardo all’ultima cena descritta dai vangeli. Il rito canonico parla di pane e di un calice per 13 commensali; si trattava di una cena e non di un rituale predisposto. Cristo beve dal calice e lo porge ai dicepoli; una coppa singola avrebbe costretto i discepoli a bagnarsi le labbra o a dover attingere nuovamente perchè ognuno potesse berne. Invece pensando ad un grande gradale, della capacità di alcuni litri da all’ultima cena un altro carattere: una cena di festa tra amici, durante il quale il Cristo effettua una strana preghiera, non da tutti compresa. Ed infatti gli apostoli non comprendono a fondo i gesti del maestro; Appurato la possibilità che un gradale abbia fatto da coppa durante l’ultima cena e che sia stato usato un simile oggetto per i rituali funebri del cadavere crocifisso, esiste un indizio che possa far pensare che si tratti dello stesso recipiente?

La storia cui si riferiscono i più e avallata dalla Chiesa è narrata da Robert de Boron attorno al 1202, e tratta del facoltoso mercante e lontano parente di Gesù Giuseppe di Arimatea, che ne raccolse il sangue ai piedi della Croce; egli portò con sé il calice fino in Bretagna ove lo avrebbe consegnato al Re Pescatore. La “storia di Pietro d’ Arimatea”, scritto apocrifo, ci fa pervenire una versione piuttosto realistica dei fatti. Secondo questa versione, Pilato avrebbe fatto sequestrare gli oggetti personali di Gesù, per trovare delle prove da usare nel processo, ed il graal era con essi. Durante il processo Pilato teneva questi oggetti vicino a se. Quando Pilato si cimentò nel famoso gesto di lavarsi le mani, prese il primo oggetto che aveva sottomano, cioè il gradale dell’ ultima cena. E’ importante notare che in questo modo il Graal acquisice una valenza simbolica ulteriore, perché Pilato, nell’ atto di lavarsi le mani nel recipiente, di fatto le sporca maggiormente. Finito il processo, Pietro ottiene il permesso di seppellire il cadavere, e Pilato gli fa consegnare anche gli oggetti personali che aveva fatto requisire. Daltronde durante l’ultima cena il Cristo dice che il vino diventa il suo sangue, ed il gradale verrà riempito del suo vero sangue. Il gesto di Pilato di pulire le mani del sangue del Cristo non impedisce alla coppa di sporcarsi nuovamente.

La coppa acquisisce anche notevoli poteri magici, tra cui guarire le ferite e dare l’immortalità. Curiosamente sembrano poteri di derivazione pagana, molto diversi dai poteri miracolosi attribuiti ad altre reliquie cristiane. In realtà il motivo di questa ascesa del Graal in quelle zone, è dovuto al sincretismo religioso, tipico degli albori del cristianesimo.Nel concetto leggendario di “Graal” erano confluite molte componenti pagane, a cominciare dal concetto di “gran calderone druidico”.

Il Graal è davvero esistito? Probabilmente si, anzi è molto probabile che un recipiente abbia accolto il sangue di Cristo, ma quasi sicuramente non era una coppa. Molteplici sono però le differenti versioni della leggenda: secondo alcuni il Graal sarebbe stato portato in Bretagna da Gesù stesso e il Re Pescatore sarebbe un altro discendente della stirpe di Gesù; altri vorrebbero il Graal come dono di un Druido convertito al Cristianesimo a Gesù durante la sua permanenza in Cornovaglia, tale Druido viene poi identificato come Merlino. Alcune versioni sostengono che ci sia una stretta parentela fra Giuseppe di Arimatea, il Re Pescatore (chiamato così perché avrebbe effettuato lo stesso miracolo di Gesù della moltiplicazione dei pesci) e Parsifal.

La seconda parte di leggende viene tramandata in Europa dai racconti dei Crociati: si narra di una terra fertilissima (SARRAZ) e irraggiungibile da cui sarebbero nati i Saraceni, di un calice o di una pietra (lapis ex coelis) che donano l’immortalità; quest’ultima ipotesi sarebbe straordinariamente simile alla pietra conservata nella Ka’ba e adorata dai Musulmani o alla presunta tomba di Romolo nel Foro Romano (il Lapis Niger); altre teorie affermano che gli stessi Crociati abbiano riportato il Graal in Occidente e lo abbiano nascosto da qualche parte in Europa.

Il Graal si trova nel castello di Gisors. I Cavalieri Templari avevano stretto rapporti con la Setta degli Assassini, un gruppo iniziatico ismailita che adorava una misteriosa divinità chiamata Bafometto . Per alcuni il Bafometto  altro non era che il Graal; prima di essere sgominati, gli Assassini lo avevano affidato ai Templari, che lo avevano portato in Francia verso la metà del XII secolo. Se le cose fossero davvero andate così, ora il Graal si troverebbe tra i leggendari tesori dei templari (mai rinvenuti) in qualche sotterraneo del castello di GISORS.

Il Graal si trova a Castel del Monte. I Cavalieri Teutonici – fondati nel 1190 – erano in contatto sia con i mistici Sufi – una setta islamica che adorava il Dio delle tre religioni, Ebraica, Islamica e Cristiana – sia con l’illuminato Imperatore Federico II Hohenstaufen, a sua volta seguace di quella dottrina. Tramite i Cavalieri Teutonici, i Sufi avrebbero affidato il Graal all’Imperatore, affinché lo preservasse dalle distruzioni scatenate dalle Crociate. In tal caso, il Graal si troverebbe a Castel del Monte, un palazzo a forma di coppa ottagonale edificato apposta per custodirlo.

IL Graal Si trova nel Castello Di MontSegur. Dopo che il culto di Zoroastro venne disperso, alcune delle sue dottrine furono ereditate dai Manichei, e, di seguito, dai Catari o Albigesi; questi ultimi erano giunti in Europa dal Medio Oriente, passando per la Turchia e i Balcani, e si erano stabiliti in Francia nel XII secolo. Nel 1244, dopo una lunga persecuzione da parte del Papato e dei francesi, furono sterminati nella loro fortezza di Montsegur; se avessero portato con sé il Graal durante le loro peregrinazioni, ora esso potrebbe trovarsi insieme al resto del loro tesoro in qualche impenetrabile nascondiglio del castello. Negli anni ’30 il tedesco Otto Rahn, colonnello delle SS intraprese alcuni scavi a Montsègur e in altre fortezze catare con l’appoggio del filosofo nazista Alfred Rosenberg, portavoce del Partito e amico personale di Hitler: l’episodio fornì al romanziere Pierre Benoit, già autore del celebre L’Atlantide, lo spunto per il romanzo Monsalvat.

Il Graal si trova a Torino. Importato forse dai pellegrini che si spostavano per l’Europa durante il medioevo o forse dai Savoia insieme alla Sacra Sindone, il Graal sarebbe giunto nel capoluogo piemontese; le statue del sagrato del tempio della Gran Madre di Dio, sulle rive del Po, indicano, a chi è in grado di comprenderne la complessa simbologia, il nascondiglio della Coppa.

Il Graal si trova a Bari. Nel 1087, un gruppo di mercanti portò a Bari dalla Turchia le spoglie di San Nicola, e in loro onore venne edificata una basilica. In realtà la translazione del Santo era solo la copertura di un ritrovamento ben più importante, quello del Graal. I mercanti erano in realtà cavalieri in missione segreta per conto di Papa Gregorio VII. Il Pontefice era al corrente del potere del Calice, ma non intendeva pubblicizzare la sua ricerca, né l’eventuale ritrovamento, in quanto esso era un oggetto pagano, o comunque il simbolo di una religione ancor più universale di quella cattolica. Gli premeva di recuperarlo da Sarraz in quanto temeva che la sua presenza sul suolo turco avrebbe aiutato i Saraceni (in questo caso i Turchi Selgiuchidi) nella loro espansione ai danni dell’Impero Bizantino, e avrebbe nociuto al programmato intervento di forze cristiane in Terra Santa a difesa dei pellegrini. Non è dato di sapere dove si trovava la coppa (che, forse, era passata per le mani di San Nicola nel VI secolo, e che gli avrebbe conferito la fama di dispensatore d’abbondanza ) e chi comandò la spedizione; sta di fatto che, in una chiesa sconsacrata di Myra, i cavalieri prelevarono anche alcune ossa, poi ufficialmente identificate come quelle del Santo. Il recupero delle spoglie giustificò la spedizione in Turchia e l’edificazione di una basilica a Bari; la scelta di custodire il Graal in quella città anzichè a Roma fu determinata da due motivi: da lì si sarebbero imbarcati i cavalieri per la Terra Santa (la prima crociata fu bandita sei anni dopo il ritrovamento) e il Graal avrebbe riversato su di loro i suoi benefici effetti; in più la sua presenza avrebbe protetto Roberto il Guiscardo, Re normanno di Puglie, principale alleato del Papa nella lotta contro Enrico IV.

Il Graal si trova in Molise. Alcuni studiosi dell’associazione culturale Acors “Sigillum Comite di Molise” sostengono che il Sacro Graal si troverebbe in Molise e che Dan Brown, nel suo Codice abbia copiato vicende avvenute in realtà nelle terre molisane. Gli studiosi sostengono che la probabilità che il Graal si trovi proprio in Molise è molto alta, poiché da qui è passato il Viaggio partito dalla Terra Santa. Testimonianza autentica si incarnerebbe in Ruggero de Moulins, che come tutti i cavalieri, potrebbe aver portato con sé, nella sua cripta una antica reliquia, per non lasciarla in balia dei musulmani. Si dice che questo personaggio sia frutto di fantasia, che gli scienziati avrebbero barato, inventando fatti che in realtà così storici non sono.

 

Redazione

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