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Il periodo Edo giapponese

Il periodo Edo giapponese, noto anche come periodo Tokugawa, indica quella fase della storia del Giappone in cui la famiglia Tokugawa detenne attraverso il bakufu il massimo potere politico e militare nel Paese. Tale fase storica prende il nome dalla capitale Edo, sede dello shōgun, ribattezzata Tokyo nel 1869.

Il periodo edo iniziò con il trionfo di Tokugawa Ieyasu nella battaglia di Sekigahara nel 1600, che gli consentì di eliminare ogni opposizione e di assumere il titolo di shōgun nel 1603. Il bakufu (governo militare retto dallo shōgun) si insediò nella città di Edo, mentre l’imperatore rimase nella città di Kyoto: si venne così a creare una sorta di diarchia caratterizzata, con il passare del tempo, dal sopravvento del potere dello shogunato a discapito di quello imperiale.

Una caratteristica preponderante del periodo edo fu la politica di isolamento del Giappone, nota come sakoku: si assistette a vere e proprie carneficine di cristiani soprattutto nell’area di Nagasaki, la città a più stretto contatto con gli europei; nella medesima città infatti era sito l’unico porto in cui fosse concesso solamente agli olandesi di importare ed esportare mercanzie. Fu vietato ai Giapponesi di espatriare sotto pena di morte e il tonnellaggio delle navi mercantili fu limitato così da rendere impossibile la navigazione oceanica. Nel 1637 scoppiò nella penisola di Shimabara una rivolta tra la popolazione giapponese convertita al cristianesimo che terminò con lo sterminio di 37.000 insorti. Da questo momento il cristianesimo cessò di esistere in Giappone come religione organizzata.

L’epoca Tokugawa, culminata nel periodo Genroku (1687-1709), fu caratterizzata dalla rapida ascesa della borghesia cittadina, mentre diminuiva in proporzione l’influenza della vecchia casta dirigente dei daimyō, legata a un’economia agricola. La situazione dei contadini, che costituivano la principale classe produttiva, restò per tutto questo periodo critica e lo stesso shōgun dovette ripetutamente intervenire per domare talune rivolte nelle campagne, assai violente.

Nel corso del XIX secolo si svilupparono le contraddizioni interne che resero possibile la trasformazione del Giappone in uno Stato moderno e l’abolizione del dualismo di imperatore e shōgun. A partire dal XVII secolo si era formato intorno ai potenti capi dei clan meridionali e occidentali un movimento di opinione favorevole alla restaurazione dell’autorità imperiale, e questi capi, d’altra parte, manifestavano un costante interesse per le arti e la tecnologia occidentali. Nel luglio del 1853 apparvero fregate americane (le cosiddette “navi nere”, guidate dal commodoro Matthew Perry) nel porto di Tokyo che costrinsero il capo militare a firmare accordi commerciali che suggellarono la riapertura di tutti i porti giapponesi al commercio con gli occidentali, ponendo fine al sakoku e inaugurando così il bakumatsu, l’epoca del declino dello shogunato.

Il periodo edo fu anche un’epoca che vide una grandissima diffusione della cultura popolare, soprattutto nelle città.

Si svilupparono le arti, come l’architettura, la scultura, la pittura, la ceramica, il teatro e la letteratura. Tra le forme artistiche più note di questo periodo vi sono le stampe ukiyo-e, che raffiguravano il “mondo fluttuante” della vita urbana, con scene di paesaggi, di vita quotidiana, di attori, di cortigiane e di guerrieri. Alcuni dei più famosi artisti di questo genere furono Hokusai, Hiroshige e Utamaro. Anche la letteratura conobbe un grande sviluppo, con opere come il Genji monogatari, il Chushingura e il Kokinshu. Il teatro, sia quello tradizionale noh e kabuki, sia quello più popolare bunraku, era molto apprezzato dal pubblico, che si identificava con le storie di amore, di vendetta e di eroismo.

Il periodo edo giapponese fu quindi una fase storica complessa e contraddittoria, in cui il Giappone visse un lungo isolamento dal resto del mondo, ma anche una grande fioritura culturale e sociale, che pose le basi per la sua successiva modernizzazione e apertura.

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