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Kaijin – L’ombra di cenere di Linda Lercari: il Giappone dei samurai tra poesia, segreti e onore perduto

Nel grande universo della narrativa a sfondo storico giapponese, dove spesso si confondono ricostruzione e romanticismo, c’è un titolo che emerge come un’antica spada lucidata con pazienza: Kaijin – L’ombra di cenere, romanzo firmato da Linda Lercari e pubblicato da Idrovolante Edizioni. Questo libro non è solo un tuffo nell’epoca Kamakura, ma una vera e propria immersione emotiva in una cultura in cui il silenzio pesa quanto le parole, e l’onore vale più della vita stessa. Ambientato nel 1330, il romanzo ci trascina con delicatezza e impeto tra guerre dimenticate, segreti sepolti e legami talmente profondi da superare persino la morte.

Linda Lercari, appassionata e studiosa della cultura giapponese, è anche praticante di Kendo, l’arte della spada. E questo si sente. Non tanto nei duelli o nella terminologia, quanto nel ritmo stesso della narrazione: preciso, controllato, ritmato come i passi sul tatami. Il cuore pulsante della storia è Momokushi Yohisada, un gokenin — ovvero un vassallo samurai — giunto alla vecchiaia dopo una vita di fedeltà, silenzi e onore. Ma è la morte del suo più fidato servitore e compagno d’armi, Hakashinjitsu, a scuotere le fondamenta della sua esistenza. Haka, soprannominato “il demone”, non è solo un guerriero formidabile: è un enigma vivente, una figura tormentata che ha combattuto al fianco del suo signore in innumerevoli battaglie e che, sul letto di morte, lascia dietro di sé un’ultima, misteriosa confessione.

Non aspettatevi l’ennesimo romanzo pieno di azione e duelli: Kaijin è molto di più. È una meditazione sull’identità, sull’amicizia maschile in una società dove i sentimenti erano nascosti dietro maschere di ferro e rituali, sulla possibilità di conoscere veramente chi ci è stato accanto per una vita intera. Le ultime parole di Haka, pronunciate con la delicatezza di un haiku morente, aprono una ferita mai sanata nel cuore di Momokushi. Da lì parte un viaggio che è sì fisico — tra lettere, cimeli e testimonianze — ma soprattutto interiore, quasi una forma di zazen, la meditazione silenziosa dei monaci zen. E proprio nel silenzio si annida la forza del romanzo. Il titolo stesso, Kaijin, è un nodo semantico affascinante. Può voler dire “persona misteriosa” o anche “cenere e polvere”. È la perfetta incarnazione di Hakashinjitsu, un uomo consumato dalla sua stessa fiamma interiore, ricostruito nel mistero e nel dolore. Ogni oggetto lasciato da lui, ogni parola sussurrata, è una scheggia di verità che Momokushi deve raccogliere per comporre un mosaico complesso, in cui il passato emerge come un fantasma ostinato, pronto a reclamare ascolto.

La scrittura di Linda Lercari è un’arma affilata. Il suo stile è poetico ma preciso, ricco di dettagli evocativi ma mai ridondanti. C’è una teatralità misurata nei dialoghi, che si spiega anche con l’esperienza dell’autrice come attrice di teatro — in particolare shakespeariano. Le atmosfere che evoca non si limitano a descrivere paesaggi, ma ci trasportano in un mondo interiore fatto di sguardi trattenuti, gesti simbolici e silenzi carichi di significato. Il romanzo procede come un kata di Kendo: ogni capitolo è un colpo controllato, ogni scena è parte di una coreografia emotiva complessa.

Hakashinjitsu è uno di quei personaggi che non si dimenticano facilmente. Nato da umili origini, escluso dalla propria famiglia, è cresciuto in solitudine, aggrappandosi al codice del bushidō come unica bussola morale. Quando Momokushi gli dice “Farò di te un uomo”, non è solo un’accettazione sociale, ma il sigillo di un legame che diventa più forte di qualunque giuramento formale. Un legame che il lettore è chiamato a decifrare tra le righe, con pazienza e sensibilità. Perché Lercari non ci dà risposte facili: dissemina indizi, suggerisce più che dichiarare, lasciando che il lettore attento colga l’invisibile. È una scrittura che invita alla rilettura, a tornare sui passi già compiuti, proprio come fa Momokushi nella sua indagine del cuore. E quando la verità si manifesta, lo fa con la potenza di una rivelazione religiosa. Non è solo un colpo di scena, è un trauma emotivo che mette in discussione tutto ciò che si credeva di sapere. È come la pioggia leggera che cade dopo una lunga siccità dell’anima: liberatoria, sì, ma anche devastante. Il lettore arriva all’ultima pagina con un nodo in gola, con il desiderio di restare ancora un po’ in quel mondo fatto di luci soffuse, di tatami scricchiolanti, di parole taciute e sguardi lunghi come stagioni.

Non è una lettura per tutti, e non vuole esserlo. Chi cerca l’azione pura, o una storia d’amore convenzionale, rischia di rimanere spiazzato. Kaijin – L’ombra di cenere è un’opera che va assaporata con calma, con la stessa concentrazione che serve per impugnare una katana o meditare davanti a un giardino zen. È un ponte narrativo tra Oriente e Occidente, tra tradizione e introspezione, tra cronaca e leggenda. E proprio per questo, chi ama la cultura giapponese, i manga storici come Vagabond, gli anime contemplativi o il cinema di Kurosawa, troverà in questo romanzo un gioiello da custodire.

Linda Lercari, nata a Santa Margherita Ligure negli anni Settanta, è una figura eclettica del panorama letterario italiano. Ha vinto premi prestigiosi come il San Domenichino di Massa e ha pubblicato raccolte poetiche tradotte anche in giapponese, come Il Vecchio e il Nuovo. Ma è nella fusione tra le sue passioni — la scrittura, il teatro, le arti marziali — che trova una voce unica, capace di parlare tanto al cuore quanto alla mente.  Chi desidera scoprire di più su di lei e sul suo lavoro può visitare il sito ufficiale lindalercari.it, dove l’autrice condivide le sue opere e il suo mondo.

Kaijin – L’ombra di cenere è un’opera che gli appassionati di cultura giapponese, manga storici come Vagabond, anime intimisti e racconti di samurai come quelli di Kurosawa non possono lasciarsi sfuggire. È un ponte tra oriente e occidente, tra storia e leggenda, tra parola scritta e silenzio interiore. Un romanzo che, come la cenere del titolo, può sembrare evanescente ma lascia traccia profonda nel cuore di chi legge.

Maria Merola

Maria Merola

Laureata in Beni Culturali, lavora nel campo del marketing e degli eventi. Ama Star Wars, il cosplay e tutto ciò che riguarda il mondo del fantastico, come rifugio dalla realtà quotidiana. In particolare è l'autrice del blog "La Terra in Mezzo" dedicato ai miti e alle leggende del suo Molise.

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