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Profondo Rosso di Dario Argento

Profondo Rosso, il capolavoro del maestro dell’horror Dario Argento del 1975 segna il passaggio fondamentale tra la fase thriller e quella horror cominciata con Suspiria. Fin dalla sua uscita nelle sale, la pellicola ebbe un ottimo successo di pubblico: si segnalano i terrificanti effetti speciali e la musica del gruppo rock progressive dei Goblin. Alcune composizioni sono firmate anche dal pianista jazz Giorgio Gaslini.

Profondo rosso nasce durante le battute finali della realizzazione della sua opera precedente, l’atipico Le cinque giornate. L’idea di base risale addirittura ad una prima stesura di Quattro mosche di velluto grigio. Argento lavora febbrilmente sulla sceneggiatura ma, insoddisfatto del risultato, si fa aiutare da Bernardino Zapponi.

La scelta di Clara Calamai per interpretare l’assassina non è casuale: Argento voleva infatti un’attrice anziana, un tempo famosa ma adesso dimenticata. Nella scena in cui Marc Daly si reca per la prima volta in casa della madre di Carlo, le foto che questa gli mostra sono le vere fotografie di Clara Calamai. Profondo rosso fu l’ultima pellicola interpretata dall’attrice.

Marc Daly, un giovane pianista, è testimone dell’omicidio di una parapsicologa, ma non sa individuare l’assassino. Si mette a indagare per conto proprio, aiutato dall’amica Gianna, ma ben presto la situazione si fa intricatissima: tutte le persone che potrebbero aiutarlo nella soluzione del mistero rimangono vittime dell’efferato killer.

Profondo rosso è il primo vero ‘classico’ della carriera di Dario Argento. Baciato dal successo già al primo film, L’uccello dalle piume di cristallo (1970), il regista romano aveva proseguito nel segno di una definizione paternalistica e riduttiva con altri due thriller piuttosto simili al primo. L’esigenza di un cambiamento e di un riconoscimento autoriale lo porta quindi a uscire dai generi a lui più congeniali. Ma Le cinque giornate (1973) è un fallimento sotto tutti gli aspetti e Argento sente il bisogno di dimostrare il proprio valore.

Profondo Rosso, scritto da Dario Argento con lo sceneggiatore Bernardino Zapponi, caro a Federico Fellini, risulterà essere una sorta di catalogo stilistico e tematico delle ossessioni del suo autore, nonché una brillantissima maniera per chiudere i conti con il passato e gettare un ponte verso la successiva evoluzione in chiave horror. Si comincia proprio dall’omaggio hitchcockiano, con la coppia assassina composta da madre e figlio, legati da morbosissimo affetto, e le reminiscenze di traumi infantili che perseguiteranno le generazioni a venire.

L’ispirazione omicida rivela un fondo soprannaturale di stampo diabolico. Prima ancora delle streghe di Suspiria e delle sataniche apparizioni di Inferno, l’assassino di Profondo rosso possiede doti di ubiquità, onniscienza e implacabilità del tutto sovrumane.

Il teatro delle sue imprese è quello di una Roma spettrale, resa ancor più perturbante da contaminazioni torinesi. Vecchie ville diroccate e interni postmoderni si mescolano a frequenti riferimenti pittorici all’iperrealismo di Edward Hopper, al tardo espressionismo di Edvard Munch o alla forzata naïveté della pittura da strada contemporanea. Dentro a questo scenario, ritmato dalla musica di Giorgio Gaslini e dei fedeli Goblin che riprendono nenie infantili e le sviluppano elettronicamente in direzioni orrorifiche, c’è una messa in scena sontuosa e barocca.

L’omicidio diventa occasione di performance fantasmagoriche che finiscono per sublimare il materiale grandguignolesco in virtuosismo registico, grazie anche alle interpretazioni di attori di altissimo livello. Fra essi spicca David Hemmings, citazione vivente da Blow-up di Michelangelo Antonioni che costituisce il principale punto di riferimento di questo film.

Prima di tutto, infatti, Profondo rosso è la storia di un uomo che assiste casualmente a un avvenimento, sa di avere visto qualcosa di essenziale ma non riesce a far affiorare il dettaglio decisivo. Una riflessione sulla natura dell’immagine cinematografica e sul rapporto complesso che la lega alla psiche dello spettatore. Per questo il film ha dato vita a una serie impressionante di tentativi di imitazione e ha indotto il suo autore a realizzarne una sorta di sequel mascherato a distanza di circa venticinque anni.

maio

maio

Massimiliano Oliosi, nato a Roma nel 1981, laureato in giurisprudenza, ma amante degli eventi e dell'organizzazione di essi, dal 1999 tramite varie realtà associative locali e nazionali partecipa ad eventi su tutto il territorio nazionale con un occhio particolare al dietro le quinte, alla macchina che fa girare tutto.

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