Non capita spesso di trovarsi testimoni di un gesto tanto disperato quanto sublime. Ma quando al centro di tutto c’è Francis Ford Coppola, uno dei titani del cinema mondiale, ogni follia diventa un atto di fede, ogni rischio un’ode alla libertà artistica. E con Megalopolis, il regista italoamericano non ha solo firmato un film, ma ha inciso a fuoco la sua ultima grande dichiarazione d’amore per la settima arte. Nonostante l’accoglienza tiepida e un disastroso esordio al botteghino, Coppola non si arrende. Anzi, rilancia con fierezza leonina: Megalopolis tornerà in una nuova versione, più audace, più surreale, più personale. E lo farà dal vivo, nei teatri, tra cinema e musica, portando con sé l’eco di una visione che rifiuta di morire.
Un sogno che ha resistito a tutto, anche al tempo
Megalopolis non è solo un film. È un’ossessione, un’utopia inseguita per oltre quarant’anni, fin dagli anni ’80. Una chimera che Coppola ha nutrito e custodito come si fa con le grandi idee, quelle che ci definiscono. Quando finalmente ha deciso di realizzarlo, ha fatto quello che solo i pazzi e i veri artisti osano fare: ha venduto parte della sua azienda vinicola per finanziarlo personalmente. Centoventi milioni di dollari, senza un grande studio alle spalle, senza alcun compromesso. Chi altro avrebbe osato tanto, in un’epoca in cui il cinema d’autore è spesso relegato ai margini del sistema? Eppure, la prima mondiale a Cannes – tra applausi e fischi, standing ovation e facce confuse – è stato il battesimo di un’opera che ha spaccato pubblico e critica. Un film mastodontico, sognante, barocco, costruito su simboli e metafore, che osa accostare Roma antica e America contemporanea, utopia e distopia, amore e politica. Un’opera che molti hanno definito inclassificabile. E che ora, nella sua seconda vita, promette di esserlo ancora di più.
Catilina contro Cicerone: il futuro è un’eco del passato
Il cuore narrativo di Megalopolis pulsa attorno a un conflitto titanico tra visione e conservatorismo. Adam Driver interpreta Cesar Catilina, architetto visionario che sogna di ricostruire una città distrutta da un disastro naturale trasformandola in una Nuova Roma. Di fronte a lui, Giancarlo Esposito è Franklin Cicerone, sindaco corrotto che incarna l’ostinata resistenza al cambiamento.
Questa dialettica – potente, politica, filosofica – non è solo il motore della storia, ma la lente con cui Coppola ci invita a guardare il nostro mondo. Il richiamo al Catilina storico, che nel 63 a.C. tentò di sovvertire l’ordine romano, non è un vezzo colto, ma una chiave narrativa per riflettere sul collasso delle civiltà, sulla tensione eterna tra progresso e conservazione, tra sogno e paura.
E in mezzo, divisa tra amore e lealtà, c’è Julia Cicero (una luminosa Nathalie Emmanuel), figlia del sindaco e amante di Catilina. La sua posizione è la nostra: sospesi tra due mondi, tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.
Megalopolis come specchio deformante del presente
È quasi impossibile parlare di Megalopolis senza sentirsi parte di un esperimento cinematografico inusuale, quasi alchemico. Coppola, da maestro qual è, plasma il linguaggio filmico con una libertà assoluta. Il risultato? Un film che sfugge alle etichette. Fantascienza? Dramma politico? Satira sociale? Affresco filosofico? Tutto questo e altro ancora.
La pellicola è disseminata di momenti visivamente ipnotici, tableaux vivants che sembrano usciti da un incubo felliniano o da un sogno kubrickiano. La Roma antica si fonde con i grattacieli della metropoli, i dialoghi oscillano tra Shakespeare e Pasolini, e la colonna sonora – tra musica elettronica, orchestrale e jazz – amplifica l’effetto straniante. È un viaggio. Un trip. Un delirio mistico e architettonico.
Ma attenzione: Megalopolis non è un esercizio di stile fine a sé stesso. È un grido disperato ma lucido, un film che ci chiede: dove stiamo andando? Quale civiltà stiamo costruendo? Stiamo veramente imparando dagli errori del passato, o siamo destinati a ripeterli in loop, come una tragedia greca senza catarsi?
Il ritorno (clamoroso) con il montaggio del regista
E ora, dopo il clamore, il silenzio e lo scherno dei social, Coppola sorprende ancora. A 85 anni, mentre molti si accontenterebbero del meritato riposo, lui torna in scena come un giovane rivoluzionario con un’idea incendiaria: rimontare Megalopolis, reinserire le scene tagliate, esplorarne i lati più onirici, e portarlo in tour nei teatri americani, accompagnato da performance musicali dal vivo e dialoghi con il pubblico.
“Il film è mio e posso farci quello che voglio,” ha dichiarato con un sorriso disarmante durante la prima serata del tour in New Jersey. Ed è difficile dargli torto. In un’industria dove tutto è marketing e algoritmi, questa affermazione suona come una bomba. Coppola si riprende il controllo totale della sua creatura. La trasforma. La libera. La espande. La rende ancora più sua.
I primi eventi hanno già registrato il tutto esaurito, e l’interesse è altissimo. È ancora presto per sapere se il nuovo montaggio – più “strano”, più “visionario”, come lui stesso ha promesso – sarà quello definitivo, ma l’entusiasmo crescente attorno al film lascia intuire che qualcosa sta cambiando.
Da fallimento commerciale a culto in divenire
Sì, Megalopolis ha incassato solo 7 milioni di dollari. Sì, è stato ritirato dalle sale e oggi non è reperibile in alcun formato, né digitale né fisico. Ma quante opere incomprese sono diventate leggendarie proprio partendo dal fallimento? Il cinema è pieno di questi esempi. E qualcosa ci dice che Megalopolis potrebbe aggiungersi presto alla lista dei capolavori maledetti, rivalutati con il tempo, amati visceralmente da chi cerca nel cinema non solo una storia, ma una visione.
La verità è che Coppola ha fatto quello che pochissimi oggi hanno il coraggio di fare: ha osato. Ha fallito? Forse. Ma ha fallito in grande. E nel farlo, ha ricordato a tutti che il cinema può ancora essere una forma d’arte totale, provocatoria, inclassificabile. Un linguaggio capace di farci sognare, riflettere, mettere in discussione tutto.
Megalopolis è, in fondo, il testamento artistico di un uomo che ha già fatto la storia del cinema più volte. È l’opera che chiude il cerchio, che racchiude le sue ossessioni, i suoi sogni, le sue paure. È la domanda finale che Coppola rivolge a noi, spettatori del futuro: “Volete davvero restare immobili o siete pronti a immaginare un mondo nuovo?”
E voi, cari lettori nerd e cinefili, cosa ne pensate di questa rinascita inaspettata? Avete avuto la fortuna di vedere Megalopolis in sala o state aspettando il ritorno in versione director’s cut? Vi ha colpito, confuso, fatto arrabbiare o vi ha lasciato semplicemente a bocca aperta?
Parliamone insieme nei commenti e… condividete questo articolo se anche voi credete che il cinema debba essere libero di sognare, sempre.











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