Quando si parla di Star Wars, si finisce sempre per viaggiare in galassie lontane, tra cavalieri Jedi, Sith oscuri e battaglie epiche che ci fanno battere il cuore come tamburi di guerra. Ma poi arriva una serie come The Bad Batch e ti sorprende, ti spiazza, ti stringe il cuore e te lo restituisce trasformato. Perché? Perché stavolta la Forza scorre potente non solo nei cavalieri leggendari, ma in un gruppo di cloni “difettosi”, che di difettoso hanno davvero ben poco. E io, che da sempre respiro Star Wars come fosse ossigeno puro, non potevo non raccontarvi cosa ha significato questa serie per me.Creata da Dave Filoni — sì, proprio lui, il custode moderno del mito di Lucas — The Bad Batch è tanto uno spin-off quanto un’eredità diretta di The Clone Wars. Riprende il filo della storia là dove avevamo lasciato, tra le macerie della Repubblica e i primi scricchiolii dell’Impero. La serie ci ha portati a esplorare il destino della Clone Force 99, un’unità d’élite formata da cloni geneticamente mutati, ognuno con abilità uniche, eppure tutti straordinariamente umani nel loro modo di affrontare il mondo che cambia attorno a loro.
Quello che The Bad Batch ci ha dato non è stato solo azione, sparatorie e viaggi spaziali mozzafiato. È stata una parabola sull’identità, sul libero arbitrio, sul significato di famiglia. Seguendo Hunter, Wrecker, Tech, Echo e Crosshair, ci siamo immersi nel dolore e nella gloria della guerra, nei dubbi morali e nelle piccole gioie quotidiane. E poi c’è lei: Omega. Una presenza inaspettata, una piccola luce in un universo in ombra. La sua crescita è diventata anche la nostra.
Il primo episodio, uscito simbolicamente il 4 maggio 2021 — lo Star Wars Day — ci aveva già fatto capire che non sarebbe stata una serie “per bambini”. L’impatto emotivo della sequenza iniziale con l’Ordine 66, la fuga, il tradimento e il crollo di tutto ciò che i cloni conoscevano, ci ha subito messo in chiaro che stavamo entrando in un territorio narrativo adulto, cupo, eppure pieno di speranza.
Eppure, per quanto brillante e coinvolgente, The Bad Batch è stata anche una serie di misteri. Uno su tutti: chi si nasconde dietro le maschere dei misteriosi cloni assassini CX? Le teorie dei fan si sono sprecate. C’era chi sognava il ritorno di Tech in versione zombie (macabro, ma affascinante!), chi scommetteva su Cody, chi pensava a una versione alternativa di Crosshair. Alla fine, la verità si è rivelata molto più semplice — come spesso accade in Star Wars — ma non per questo meno interessante. Quel brivido, però, nel cercare indizi, nel rivedere frame su frame… è qualcosa che noi fan amiamo alla follia.
E a proposito di ritorni inaspettati: Ventress. Ma sì, lei! La Sith (o ex tale?) dalla lama gialla, che credevamo morta nei meandri di un romanzo e che invece riappare nella serie con uno scopo ben preciso: proteggere Omega e lanciare un avvertimento. È stato un ritorno che ha lasciato molti perplessi, me compresa, ma anche con un pizzico di euforia. Perché dove torna Ventress, c’è sempre qualcosa di oscuro (e affascinante) in agguato.
L’ombra lunga della clonazione e delle “scienze oscure” si è estesa sul monte Tantiss, un luogo dove Sith, segreti imperiali e tecnologia si intrecciano in un inquietante anticipo di ciò che sarà. Quelle capsule, quelle rune rosse… ammettetelo, anche voi avete sperato in uno scorcio di Snoke o in una copia sperimentale di Palpatine. Ma no, niente spoiler clamorosi: solo silenzi pesanti e misteri che urlano di essere risolti altrove. Una scelta coraggiosa, a mio parere. A volte, il non detto racconta più di mille dialoghi.
E poi ci sono le morti. Quelle mancate. Quelle che ci aspettavamo e che, in fondo, avrebbero avuto senso. Crosshair, ad esempio, il “cattivo” redento per eccellenza. O Wrecker, il gigante buono dal cuore fragile. O addirittura Omega, in un finale che avrebbe fatto crollare ogni certezza. Ma no, The Bad Batch ci ha regalato un finale diverso: più dolce, più intimo, più Star Wars. Perché anche quando tutto sembra perduto, l’universo di Lucas ci ricorda che la speranza è l’ultima a morire.
Con l’ultima stagione, quella del 2024, la Clone Force 99 si congeda da noi. Lo fa nel modo più eroico e struggente possibile, cercando di salvare Omega, ormai cresciuta e sempre più consapevole del suo ruolo in questa galassia tanto lontana quanto familiare. Le missioni sono più disperate, i nemici più implacabili, ma anche gli alleati più sinceri. Alla fine, il senso di famiglia prevale. E quando Omega sceglie di unirsi alla ribellione, lasciando i suoi fratelli al sicuro, ci strappa una lacrima… e un sorriso.
Star Wars: The Bad Batch è stata più di una serie animata. È stata una lettera d’amore ai fan, un tributo ai soldati dimenticati, un invito a non smettere mai di scegliere chi vogliamo essere. Per me, è stata una sorpresa dolcissima. E un addio difficile.
Ma se c’è una cosa che ho imparato seguendo questi “cloni difettosi”, è che i legami veri non si spezzano mai. E che ogni fine può essere l’inizio di qualcosa di nuovo.











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