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Exogini: storia e magia dei piccoli alieni di gomma che hanno conquistato gli anni ’80

Se sei cresciuto negli anni ’80 in Italia, è molto probabile che tu abbia avuto almeno un Exogino infilato in tasca, pronto a essere lanciato in una battaglia epica all’intervallo o mostrato con orgoglio agli amici nel cortile di scuola. Io ne avevo una manciata, custoditi come piccoli tesori alieni: colorati, gommosi, misteriosi. Ogni tanto ne trovo ancora uno in fondo a un cassetto e mi scappa un sorriso nostalgico. Ma cosa erano davvero questi piccoli pupazzetti che hanno segnato un’epoca? Oggi voglio portarti con me in un viaggio a ritroso, per scoprire (o riscoprire) la storia, le curiosità e il fascino senza tempo degli Exogini.

Gli Exogini non sono una creazione italiana, anche se qui da noi hanno conosciuto una popolarità esplosiva. La loro vera origine affonda le radici in Giappone, dove erano conosciuti come Kinkeshi, abbreviazione di Kinnikuman Keshi-gomu. Kinnikuman era un manga e un anime dedicato a un improbabile lottatore di wrestling extraterrestre, una specie di parodia muscolosa e grottesca dei supereroi americani, che combatteva avversari ancora più strampalati di lui. Bandai, la leggendaria casa di giocattoli nipponica, decise di trasformare quei personaggi in miniature di gomma, vendute in bustine sorpresa o in confezioni multiple. Chi ha mai avuto un Kinkeshi sa che erano vere opere d’arte in miniatura: dettagliatissimi, con pose dinamiche e un catalogo di creature bizzarre che spaziava da mostri mutaforma ad animali antropomorfi, fino a improbabili uomini-oggetto come una vite o una testa di ferro.

L’invasione aliena in Italia cominciò ufficialmente nel 1987, quando la GIG, gloriosa azienda toscana famosa per importare giocattoli giapponesi, intuì il potenziale dei Kinkeshi e li portò sul mercato italiano, ribattezzandoli Exogini. Il nome giocava sull’idea di “fuori dal genere”, ma la GIG fece di più: rimaneggiò completamente la lore di questi personaggi, trasformandoli da wrestler spaziali in alieni che si nascondevano sulla Terra camuffati da oggetti comuni. La strategia fu vincente. La scelta cadde su appena 40 modelli dei 418 disponibili in Giappone, selezionati per adattarsi meglio al gusto nostrano. Le confezioni erano irresistibili: bustine singole a 500 lire (sì, CINQUECENTO lire), barattoli da dieci pezzi e perfino piramidi da venti o quaranta, un richiamo irresistibile per chi sognava di collezionarli tutti.

La prima serie, uscita proprio nel 1987, è quella che oggi i collezionisti ricordano con più affetto e che continua a spopolare su eBay o nei mercatini dell’usato. C’erano personaggi iconici come Testa di Ferro, Samurai, Faraone, Ciclope, Unicorno, ma anche i rari e ambiti Testa di Roccia, Testa di Stella, Testa Piatta, specie nelle versioni glitterate o traslucide. I colori erano un arcobaleno nerd: rosa gomma da masticare, verde acido, arancione, color carne, ma anche versioni metallizzate e trasparenti che brillavano come gemme al sole.

La seconda serie arrivò nel 1988 cavalcando la moda dei ninja, grazie a una collaborazione con la Panosh, azienda americana produttrice dei N.I.N.J.A. MITES. Stavolta erano 48 personaggi, guerrieri silenziosi armati di katane, shuriken e fasce da combattimento, declinati in bianco, nero, blu, rosso, grigio e viola, in finiture opache e metallizzate. Il Ninja Bianco metallizzato, ricordo ancora, era il sacro Graal del cortile: averlo significava entrare direttamente nell’Olimpo degli scambi tra bambini.

La terza serie, invece, è un piccolo mistero nerd. Uscita dieci anni dopo, nel 1998, con appena 12 personaggi completamente inediti, disegnati da un artista italiano, tentava di reinventare il brand con creature ispirate ad animali fantastici come draghi, scorpioni e dinosauri. Peccato che la moda fosse già passata e la qualità della gomma, a detta di molti, fosse inferiore. Il risultato? Un flop commerciale, ma oggi quei pezzi sono piccole reliquie per i completisti più accaniti.

Infine, nel 2018, la Giochi Preziosi provò un nostalgico revival con una quarta serie che molti fan però considerano “apocrifa”. I nuovi Exogini, con luci LED incorporate e colori sgargianti, volevano cavalcare l’onda della retromania, ma non riuscirono mai a conquistare i cuori degli appassionati storici, troppo legati al fascino vintage dei modelli originali.

 

Ma cosa rendeva (e rende ancora) gli Exogini così irresistibili? Io credo che fosse la loro capacità di stimolare la fantasia. Erano piccoli, sì, ma in quelle dimensioni minute racchiudevano interi universi narrativi. Bastavano poche figure per inventarsi battaglie stellari sul banco di scuola, duelli all’ultimo sangue sulle piastrelle del bagno, invasioni aliene nel salotto di casa. Erano oggetti di gioco, ma anche di collezione, di scambio, di competizione tra bambini che misuravano il proprio “valore nerd” in base ai pezzi rari posseduti.

Oggi, gli Exogini vivono una seconda vita grazie ai collezionisti. Online si trovano community appassionate, aste, siti di catalogazione, foto nostalgiche. C’è chi li conserva in vetrine, chi li cerca nei mercatini, chi ne parla nei gruppi Facebook dedicati. E ogni tanto, quando li stringiamo in mano, è come se ci ritrovassimo catapultati a quegli anni spensierati, a quell’infanzia fatta di cose semplici ma preziose.

Se anche tu sei stato un bambino degli anni ’80 o un nerd di quelli duri e puri, raccontami: qual era il tuo Exogino preferito? Ne hai ancora qualcuno in casa? Condividi questo articolo sui social e facciamo rivivere insieme quei giorni magici. Gli Exogini ci hanno insegnato che anche le cose piccole possono avere un potere enorme. E in fondo, non è questa la vera essenza della cultura nerd?

Satyrnet

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C'è un mondo intero, c'è cultura, c'è Sapere, ci sono decine di migliaia di appassionati che come noi vogliono crescere senza però abbandonare il sorriso e la capacità di sognare.

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