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Omar Palermo, una vittima del sistema “like”

E’ morto Omar Palermo, noto youtuber conosciuto con il nome di “Youtubo anche io”. Non lo seguivo, in passato mi era capitato di vederlo per la rete, e so che era diventato una celebrità grazie ai video nei quali si mostrava in grandi abbuffate che in poco tempo hanno raggiunto oltre 4 milioni di visualizzazioni. Riusciva a mangiare chili e chili di merendine, dolci e cibo di ogni genere.

Non riesco ad associare la parola eroe alla sua figura, come sto leggendo in giro, vittima invece di certo. Vittima di un sistema in cui si cerca il consenso ad ogni costo, soprattutto sui social, per una persona timida e schiva (così come viene raccontata). Ha trovato una chiave di lettura per ottenere visibilità della quale lui stesso si “nutriva”, in un circolo vizioso in cui i suoi follower imbeccavano il suo disturbo dell’alimentazione spingendolo a mangiare sempre di piu. Nei video i più leggevano ironia, io ho letto tragedia, e ho letto (e sono certa come me tanti altri) le sue fragilità.Certo, lui ribadiva sempre di non seguire il suo esempio, ma poi si sedeva e cominciava a mangiare enormi quantità di cibo, e per chi assisteva ai suoi video era un po’ come assistere alla sua auto distruzione.

In silenzio.

O forse a volte nemmeno in silenzio ma mettendo il carico da novanta, come solo i migliori haters sanno fare, nascosti dietro ad una tastiera. Sfottuto, denigrato, offeso.

Le persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione manifestano in questo modo un disagio interiore, un dramma, una storia costellata spesso da silenzi. Citando il buon Vasco: “siamo soli…ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi”… ed è proprio l’ascolto che spesso manca, soprattutto in questi casi, in cui talvolta la persona sembra quasi invisibile. E allora ci si “riempie di cibo”, perché è proprio in quel momento che si riacquista la percezione di esistere, sentendosi felici anche se per poco tempo. Ma poi si torna sempre indietro. Anche rapidamente in un vortice di sensi di colpa, dolore e insoddisfazione.

Ma certo, con il seguito virtuale dei social il piacere seppur momentaneo si amplifica e aumenta anche la durata, ma se possibile poi c’è un picco ancora più in basso, costituito dai commenti negativi e dalle male parole degli haters. Commenti che non sono terminati con la sua morte, perché ora si leggono ancora frasi come:

“Chi è causa del suo mal pianga se stesso”
“Se l’è cercata”
“Strano che non sia successo prima”
Si sente invisibile chi sta combattendo un Disturbo del Comportamento Alimentare.
Si sente incompreso.
Perché il malato sembra quasi che venga considerato colpevole della propria condizione.
“Basta mangiare un po’ di più”.
“Basta mettersi a dieta”.

Dobbiamo capire che i disturbi dell’alimentazione sono il sintomo di un disagio profondo, di un vuoto che non si riesce a colmare. E allora bisogna parlarne, affinché questo richiamo d’aiuto, questo “urlo silenzioso” prenda voce, e si faccia sentire. Non è facile chiedere aiuto, mai, e allora cerchiamo di diventare persone empatiche, buoni osservatori e attivi ascoltatori, e aiutiamo le persone che abbiamo accanto (fisicamente o virtualmente), con un sorriso, una parola di conforto, e con la nostra presenza.

E per chi vuole chiedere aiuto e non riesce a parlarne in famiglia o con un professionista può chiamare il Numero Verde nazionale SOS Disturbi Alimentari – 800 180969 attivo 24 ore ogni giorno da lunedì a venerdì: degli operatori esperti (psicologi, nutrizionisti, dietisti e filosofi) offriranno counseling, attività di ascolto, orientamento e informazioni.

Io sono qui.

 

Dott.ssa Serena CapursoBiologo Nutrizionista

Redazione

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