Avalon è un gioco di guerra, un universo virtuale alternativo che attira stanche masse di uomini in un futuro indeterminato, costretti nelle vita reale da un severa dittatura. Ash è la migliore giocatrice, temeraria autrice di decine di missioni è la persona che ha vinto la maggior parte dei premi a disposizione. Ma un giorno, la nostra fredda eroina, scopre che un suo ex collaboratore, Murphy non è più tornato indietro dalla realtà virtuale. “Non Tornato” questa è l’epiteto che questi sfortunati esseri hanno per la società, intrappolati per sempre nella CLASSE A, il livello supremo di Avalon dove dovrebbe resiedere per sempre il loro cuore.
Oshii è stato l’ispiratore dei fratelli Wachowski per il loro Matrix, ma mentre nella pellicola hollywoodiana il soggetto è in diverse occasioni solo una cornice per effetti speciali, il regista nipponico usa la pellicola per sviluppare le sue ossessioni recondite e porsi le sue domande metafisiche, il conflitto dialogico tra reale e virtuale è anche quello tra corpo e spirito, può questo ultimo vivere bene anche senza la sua controparte fisica?
Il regista usa tecniche all’avanguardia per regalarci questo onirico viaggio, il digitale è sfruttato alla perfezione e da alla scena un senso plastico ottimamente riuscito: Oshii usa sapientemente le inquadrature con tagli veloci e rapidi, ricalcando in maniera significativa il percorso di ricerca della nostra eroina. Si rimane catturati dalla schermo cercando di seguire le gesta della bellissima Ash, compiendo con lei un viaggio di ricerca sopratutto interiore, tra la sua iniziale freddezza e la commozione finale, verso un modo di vivere dimenticato dagli uomini del suo tempo. Il destino di Ash, fredda ma contemporaneamente estremamente fragile, è la metafora della nostra stessa umanità nelle ricerca di noi stessi.
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