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Willy Eisner: il Complotto

L’antisemitismo ha origini antiche e radicate, che si dimostrano difficili da estirpare. Nonostante sembri a volte che l’odio razziale sia stato debellato, le calunnie, le minacce e le accuse contro gli ebrei ritornano invariabilmente, spesso propagandate con una dialettica che non regge al confronto razionale delle idee e talvolta portate anche con atti di violenza come bombe e attentati, che purtroppo sono una frequente cronaca quotidiana non solo nel Medio Oriente ma anche in altre parti del mondo, nei confronti di popolazioni indifese.

Parlando delle radici di questo odio, non è necessario risalire troppo indietro nel tempo, ma possiamo fermarci alla fine del XIX secolo, quando venne orchestrata una macchinazione meschina che poi avrebbe travolto l’intero XX secolo, lasciando dietro di sé una triste credibilità fasulla. Il nemico più grande degli ebrei non è stato Hitler, che indubbiamente ha colpe imperdonabili contando milioni di vittime innocenti, ma sono stati gli ultimi zar della Russia prima della sua dissoluzione. Fondendo idee tratte da libelli francesi con i suoi stessi pregiudizi antisemiti, un anonimo scrittore russo (identificato come “certo Mathieu Golovinskij” da Will Eisner) pubblicò nel 1898 i famigerati “Protocolli dei Savi di Sion”, una raccolta di stereotipi comuni, se non peggio, sugli ebrei che proprio in quel periodo, spinti quasi profeticamente da Theodor Herzl, avevano individuato il ritorno alla loro patria come mezzo per la loro redenzione.

I Protocolli sono una somma di bugie che nel corso di un secolo sono state infinite volte smentite e dimostrate. Tuttavia, hanno arrecato un danno significativo poiché quell’opuscolo (totalmente falso, persino nelle citazioni di brani e testimonianze) venne pubblicato e diffuso, prima in Russia, poi in Francia, Germania, Inghilterra, America e in molte altre parti del mondo, inclusa l’Italia, diventando una sorta di vero e proprio Vangelo blasfemo a cui attingere per giustificare i pogrom antisemiti. Dopo la rivoluzione, Golovinskij si unì al partito bolscevico, occupando posizioni di rilievo e influenzando l’antisemitismo radicato nella società russa e in un partito che, per affinità ideologica (gli ebrei del primo Novecento si ispiravano agli ideali socialisti), avrebbe dovuto essere un alleato. Va da sé che Hitler avrebbe poi utilizzato nel modo più orribile possibile quanto era stato scritto nei Protocolli, una pratica ancora imitata in questi decenni dai fondamentalisti islamici che continuano a pubblicare e considerare del tutto attendibili questi infami Protocolli.

Dopo un secolo, il fantastico piano degli ebrei per dominare il mondo, come suggerisce quel libro, non si è materializzato: non c’è stato il “complotto” descritto nei Protocolli, ma solo una spudorata falsificazione immersa in menzogne ripugnanti. Will Eisner, un autore che non ha mai nascosto le sue origini ebraiche, ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a questo argomento. Quando morì all’inizio del 2005, all’età di 87 anni, aveva appena finito di disegnare le ultime tavole di questa “graphic novel”, un romanzo per immagini che Umberto Eco definisce non un “fumetto”, ma un “libro tragico” che documenta, forse in modo un po’ didascalico rispetto alle altre opere di Eisner, la sconvolgente storia dei Protocolli e gli sforzi degli ebrei e dei giusti di tutto il mondo per smascherare questo complotto antisemita. Il talento artistico inconfondibile del grande maestro, la potenza espressiva, resa ancora più rilevante dalla tematica trattata, rendono il libro (“Il complotto”, Einaudi ed.) un’opera che va oltre l’importanza e il peso di una semplice storia disegnata, per assumere la dimensione di un preciso saggio storico, un atto di accusa e una condanna totale di ogni forma di odio e razzismo.

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