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SILVIA MATTIOLI “women religion war” 

Venerdì 19 aprile Spazio Field apre le porte del piano nobile di Palazzo Brancaccio per presentare al pubblico il progetto artistico di Silvia Mattioli, women religion war. A cura di Marco Dionisi Carducci, la mostra è il prodotto di uno studio-laboratorio di performance e body art sull’immaginario femminile tra guerra e religione. Temi, questi, di assoluto predominio storico, ma che da sempre hanno relegato la donna su un piano secondario.

Attraverso tavole fotografiche, installazioni, performance audiovisive, Silvia Mattioli racconta la sua narrazione raffinata e consapevole. Un eclettismo artistico libero e maturo.

Artista visiva, videomaker, regista, autrice teatrale. Davanti agli scatti fotografici di Alberto Guerri, Silvia Mattioli rompe volutamente gli schemi, sovverte quelle regole che le logiche di potere hanno scelto per la donna. Nei suoi set, rievocazione del tableau vivant di cortigiana memoria, i corpi femminili riempiono la scena, ribadendo la propria esistenza (e resistenza), la propria storia, la propria identità, la propria spiritualità.

Travestimenti, rivisitazioni, alterazioni in cui il corpo femminile si mette in gioco (in francese jouer è recitare), porgendo allo spettatore una chiave di lettura differente rispetto all’universalismo maschile.

SILVIA MATTIOLI woman religion war vernissage a cura di Marco Dionisi Carducci

dal 19 aprile al 6 settembre 2024 ingresso libero su appuntamento info e visite: info@spaziofield.com

La mostra: Reinterpretare la storia attraverso la nobiltà dell’arte, mettendo al centro la donna.

Woman religion war è un progetto artistico nato dall’esperienza dello studio-laboratorio di performance e body art, incentrato sulla personale rappresentazione femminile tra guerra e religione. Due temi dominanti nella storia, ma che da sempre hanno relegato l’universo deputato alla dolcezza e alla grazie in una posizione marginale.

L’artista si riappropria di canoni espressivi culturali e sociali invalicabili, mediante una narrazione di matrice classica basata sull’immagine, in grado di fornire al pubblico una lettura alternativa e controtendenza, ma anche la netta denuncia della guerra e di ogni tipo di violenza, in primis nei confronti della donna.

Forte di una spiccata sensibilità e di una consapevolezza proveniente dal proprio bagaglio culturale, Silvia Mattioli utilizza l’immagine di un set di cui è attrice e autrice. Le sue storie sono dei tableaux vivant di cortigiana memoria. Quadri viventi senza voce e movimento che nell’Ottocento hanno segnato la nascita del teatro moderno.

Le donne ritratte non nascondono, nella narrazione cruda e d’impatto, una loro psicologia. Ne emerge tutto il carattere nella tavola L’eredità del gioco, allusione emblematica sul legame complesso che vincola l’universo femminile al gioco e alla libertà di espressione. Inseguire i propri sogni o restare vittime del giudizio comune?

La donna esiste, resiste e sprigiona la propria umanità in contesti storicamente avversi. Silvia ne evidenzia la psicologia nei ruoli in cui gli eventi non hanno riservato spazio. Ancora una volta è l’arte a riscrivere la storia: l’autrice si fa erede delle pennellate di Artemisia Gentileschi, pittrice di scuola Caravaggesca, così come dei ritratti femminili cinematografici di Antonio Pietrangeli, le cui sceneggiature per la prima volta hanno dato alle donne un’anima.

Anche la luce non risparmia il legame con la tradizione. Luce come mezzo espressivo, tonalità che accompagna e valorizza l’emotività della scena, guidandone la resa narrativa. Nella tavola Cuore viola luce e panneggi ci rimandano alla tradizione Caravaggesca, mentre l’aspetto cromatico quasi inconsapevolmente abbraccia la memoria Rinascimentale che affonda le radici nei lavori del Masaccio.

Nella scena immortalata, il colore eccelle grazie all’unione di luce e oscurità. Silvia ha nel sangue, come chi approccia degnamente all’arte dell’immagine, la scuola dei maestri, dei grandi direttori della fotografia che hanno illuminato i set di mezzo mondo. Perché la nostra è la patria degli Storaro, dei Tovoli, dei Delli Colli, dei Rotunno.

Nelle scene, immortalate dagli scatti di Alberto Guerri, emerge chiaro il contrasto tra i temi trattati e gli oggetti, spesso giocattoli. Sono le armi innocue delle donne, che si prendono il palcoscenico della storia senza avere la capacità di far male.

Il gioco, in contrasto con la sua origine etimologica, è portavoce della provocazione. Non ha la velleità di cambiare il corso delle vicende, ma di far riflettere. È la forza del cinema, del teatro, nello specifico dell’arte del recitare, che nella lingua francese è jouer (play in inglese). La nobilitazione del gioco ci fornisce gli strumenti per farci domande, come la grande Commedia all’italiana, la cui leggerezza nel trattare temi complessi ha fornito agli spettatori efficienti strumenti dubitativi.

I ninnoli di plastica reinterpretano la guerra e la religione, un po’ come fatto dal trio de La Smorfia oltre quarant’anni fa. Nello sketch teatrale prestato alla televisione La Natività (“Annunciazione! Annunciazione!”), Troisi, Decaro e Arena mettono in scena la loro reinterpretazione del sacro giocando con dei giocattoli. Un gioco serio, rivoluzionario, che porterà all’accusa di vilipendio della religione di Stato.

La reinterpretazione del mito, come Medusa e Atena; della religione, come la suggestiva e inquietante (si, inquietante) Pietà rossa di carattere Michelangiolesco.

L’autrice profana l’iconografia classica nel già definito “surrealfemminismo”, ricostruendo ponderatamente l’immagine della donna mediante fisicità e intelletto.

Marco Dionisi Carducci curatore d’arte

Spazio Field 

Palazzo Brancaccio è l’ultima dimora nobiliare costruita a Roma nel 1872, all’interno delle antiche mura Aureliane. La storia inizia con Mary Elizabeth Field, facoltosa dama dell’alta società di New York. Fu lei che ne finanziò la costruzione dopo il matrimonio della figlia, anche lei di nome Elizabeth, con il principe Salvatore Brancaccio.

Oggi, Palazzo Brancaccio mantiene la sua straordinarietà, diventando un luogo di incontro aperto al pubblico destinato a mostre, eventi e cultura. Rigenera la tradizione dei classici saloni d’incontri culturali, che hanno definito il raffinato stile di questa residenza storica.

Spazio Field è il polo espositivo di Palazzo Brancaccio per l’arte moderna e contemporanea. Un’opera di straordinario recupero architettonico in cui storia e cultura si ricongiungono nel centro di Roma.

maio

maio

Massimiliano Oliosi, nato a Roma nel 1981, laureato in giurisprudenza, ma amante degli eventi e dell'organizzazione di essi, dal 1999 tramite varie realtà associative locali e nazionali partecipa ad eventi su tutto il territorio nazionale con un occhio particolare al dietro le quinte, alla macchina che fa girare tutto.

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