Partiamo con qualche nozione di base: la parola “etnografia” – come descritta nell’enciclopedia Treccani – identifica una rappresentazione scritta delle forme di vita sociale e culturale di gruppi umani. In passato l’e. era essenzialmente intesa come studio delle pratiche e delle credenze di gruppi umani non occidentali, e come ‘enumerazione’ delle diverse società ‘primitive’. Caduta ogni definizione essenzialista di concetti come etnia, tribù, gruppo sociale o culturale, l’e. può intendersi come lo studio antropologico, realizzato attraverso la pratica della ricerca sul terreno e rappresentato attraverso precise modalità di scrittura, dei comportamenti sociali e culturali di un qualsiasi aggregato umano preventivamente definito in base agli interessi dell’osservatore.
Dagli anni ’80 in poi l’etnografia è stata investita ed attaccata da più fronti, dalle critiche delle correnti decostruttiviste post-moderne e da polemiche in cui gli etnografi erano visti come complici degli stati colonizzatori e delle loro politiche. Riflessioni, queste, più adatte all’accademia che a ciò che ci interessa in questo sito. Basti sapere che da quel momento in poi i “popoli altri” studiati dagli etnografi, hanno iniziato sempre più spesso a parlare con la loro stessa voce, sgomitando e rendendo spesso obsoleti lavori come quello di Paul Radin ed il suo Crashing Thunder.
Quello che ci chiediamo in questo articolo è: fin dove si sono spinte le conseguenze di questa crisi dell’ antropologia e dell’etnografia e quali sono le innovazioni che vi sono succedute? Quello su cui mi voglio soffermare è come l’etnografia ( o auto-etnografia, se così si può definire) sia entrata in punta di piedi anche nel mondo dei video-giochi. Quello dei video- giochi è un fenomeno abbastanza diffuso, specialmente tra i più giovani, ma spesso è un qualcosa che non richiede abbastanza attenzione, visto come una pratica che spesso spegne il cervello, che rilassa, che non fa pensare. Ma allora perchè questi “popoli altri”, decidono di parlare di loro stessi, di trasmettere le loro culture e tradizioni proprio utilizzando questo mezzo?
La risposta sembrerebbe semplice: ottimizzando il connubio tra ludicità ed istruzione, questo potrebbe spingere le nuove generazioni ad un rinnovato interesse ed una voglia di conoscere meglio tematiche che, potrebbero correre il rischio di scomparire. Quesito, il mio, che meriterebbe un maggiore approfondimento.
Passando oltre le riflessioni teoriche, vi porto alcuni esempi concreti rispetto l’argomento trattato. Ho avuto il piacere e la sorpresa di imbattermi in video-giochi contenenti un’ etnografia, un lato didattico sostenuto da una ricerca e da una voglia di preservare e diffondere tradizioni e culture.
Nishan Shaman, è un gioco per dispositivi mobili completamente gratuito sviluppato dalla Tencent Mobile International Limited. Gioco ideato e creato in cinque mesi da un team di sei laureandi. Questo rythm game ci porta nella Manciuria nel nord della cina, alla scoperta di tradizioni e di credenze religiose che vanno via via scomparendo, in particolare ci porta a conoscenza dello Sciamanesimo, termine questo molte volte abusato e decontestualizzato, tanto da aver perduto il suo reale significato e la sua appartenenza. Quello che viviamo nei pochi minuti di gioco – circa un’oretta- è quello che potremmo definire un “viaggio sciamanico” con lo scopo di trovare e salvare l’anima di un bambino, in tutte le sue fasi. All’inizio ed al termine di ogni livello – oltre che nelle varie interfacce- oltre alla storia narrata della figura mitica di Nishan, si potrà godere di piccole informazioni riguardanti il ruolo dello sciamano presso le popolazioni cui appartengono le culture della cina nordorientale. Il gioco, inoltre, permette di sbloccare un compendio in cui maggiori informazioni e nozioni ( non troppo lunghe o noiose) vengono fornite riguardo le popolazioni cui il prodotto è dedicato. (https://philpapers.org/rec/RADCTT)
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