Il film, scritto e diretto da M. Night Shyamalan, è prodotto dallo stesso regista insieme a Ashwin Rajan e Marc Bienstock, con Steven Schneider nel ruolo di produttore esecutivo. Dietro la macchina da presa, Shyamalan ha scelto di collaborare con il direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom, noto per il suo lavoro in “Chiamami col tuo nome”, e con la scenografa Debbie de Villa, che ha contribuito a creare l’ambiente visivo del film. Le musiche, composte da Herdís Stefánsdóttir, aggiungono un ulteriore strato di tensione, mentre il montaggio di Noëmi Preiswerk mantiene il ritmo serrato e avvincente.
Il sedicesimo lungometraggio di M. Night Shyamalan si distingue per la sua capacità di mescolare un registro narrativo mainstream con una prospettiva personale e profonda. Come nei suoi precedenti lavori, Shyamalan esplora le crepe nascoste dell’ordinaria vita borghese, concentrandosi in particolare sulle dinamiche familiari. In “TRAP”, queste tematiche vengono trattate attraverso un registro quasi fumettistico, che amplifica la finzione nascosta nella realtà e mette in luce la fragilità della normalità.
La struttura del film richiama fortemente il lavoro di Alfred Hitchcock, maestro della suspense con cui Shyamalan viene spesso paragonato. Come Hitchcock, Shyamalan è stato inizialmente considerato un regista di film popolari e poco nobili, ma con il tempo ha dimostrato una profonda comprensione del linguaggio cinematografico, utilizzandolo per esplorare l’umanità e le sue molteplici sfaccettature. In “TRAP”, il regista gioca abilmente con le aspettative del pubblico, costruendo un meccanismo di identificazione e alterità che mette in discussione i pregiudizi e le certezze dello spettatore.
Una delle caratteristiche più affascinanti di “TRAP” è l’uso sapiente del punto di vista. Mentre in film come “Omicidio in diretta” di Brian De Palma lo spettatore segue il “gatto” nella sua ricerca, in “TRAP” ci si identifica con il “topo”, costretto a fuggire e a nascondersi. Questo cambio di prospettiva crea un forte senso di empatia nei confronti del protagonista, interpretato magistralmente da Josh Hartnett, che incarna il dualismo del personaggio con grande intensità.
Il film affronta anche il tema della sorveglianza e della privacy nell’era digitale, attraverso il personaggio di una profilatrice dell’FBI che utilizza il “tracking” degli acquisti per restringere la cerchia dei sospettati. In questo contesto, l’autenticità diventa un rischio, e la vera natura dei personaggi viene rivelata solo attraverso la lente deformante della tecnologia.
“TRAP” è, in ultima analisi, un’opera che riflette sull’identità, sulla famiglia e sulla complessità dell’essere umano. Shyamalan dimostra ancora una volta la sua capacità di coniugare incubo e realtà, sogno e veglia, creando un film che non solo intrattiene, ma invita anche alla riflessione. Nonostante alcune critiche possano sottolineare la presenza di passaggi inverosimili, tipici di un B-movie, “TRAP” si distingue per la sua coerenza concettuale e per la profondità dei temi trattati, confermando M. Night Shyamalan come uno dei registi più interessanti e originali del panorama cinematografico contemporaneo. “Trap” rappresenta dunque un altro tassello importante nella carriera di M. Night Shyamalan, un regista che ha saputo evolversi e reinventarsi, mantenendo sempre viva la sua capacità di sorprendere e affascinare il pubblico. Con una messa in scena audace e una narrazione stratificata, “Trap” è destinato a lasciare il segno, confermando il talento di Shyamalan nel creare storie che vanno oltre il semplice intrattenimento, esplorando le profondità dell’animo umano e le contraddizioni della nostra società.