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Dal Solletico al Successo: Il Fenomeno del Tickling Fetish tra Storia, Erotismo e Cultura Pop

Nel vastissimo universo della cultura pop, dove convivono supereroi in calzamaglia, spade laser, idol virtuali e detective di carta e inchiostro, ci sono anche angoli nascosti, apparentemente lontani dai riflettori mainstream, ma capaci di raccontare storie sorprendenti e di svelare aspetti inaspettati della natura umana. Uno di questi è il tickling fetish, ovvero il feticismo del solletico. Sì, hai letto bene: il solletico, quello che da bambini ci faceva ridere fino alle lacrime, che ci faceva contorcere tra le braccia di un amico o sotto le mani di un fratello maggiore, in certi casi diventa una pratica erotica, un gioco di potere, un rituale di piacere e vulnerabilità.

A raccontarcelo in modo emblematico è la storia di Mia Bailey, una giovane australiana che ha trasformato il solletico in un vero e proprio business digitale. Su OnlyFans, piattaforma ormai celebre per ospitare contenuti adulti a pagamento, Mia ha iniziato a pubblicare video dove si lascia solleticare da altri. E nel giro di pochi giorni – non mesi, non anni, ma giorni – è riuscita a ripagare i suoi debiti universitari, comprarsi un’auto, aiutare la famiglia e persino pianificare l’acquisto di una casa. Non male per qualcosa che molti considerano solo una buffa tortura da cameretta.

Ma perché il tickling è così potente, da un punto di vista emotivo e, per alcuni, sessuale? Il termine inglese “tickling” è ormai entrato anche nel nostro vocabolario, e non parliamo solo dei meme con i gatti o dei video virali su TikTok. Nel mondo del BDSM e del fetish, il solletico diventa una forma di iperstimolazione del sistema nervoso periferico. Si lavora su zone sensibili del corpo – piedi, ascelle, collo, fianchi – e lo si fa con dita, piume, pennelli, strumenti appositi. A volte si accompagna a legature dolci, a volte si inserisce in giochi più estremi di dominio e sottomissione. Non è un semplice ridere: è abbandono, è perdita del controllo, è cedere alla vulnerabilità più pura. E proprio per questo, per molti, è profondamente erotico.

Esiste perfino un termine clinico per definirlo: knismolagnia (o titillagnia), il piacere sessuale legato al solletico. Alcuni provano eccitazione ricevendolo, altri osservandolo. In queste dinamiche si creano ruoli ben precisi: il “ler” (dal verbo to tickle, tickler), colui o colei che solletica, e il “lee” (ticklee), chi riceve. E ci sono anche i cosiddetti “switch”, che amano entrambi i ruoli. La particolarità? È tutto basato sul consenso, sulla fiducia, su una danza psicologica tra controllo e abbandono.

Ma il tickling ha anche un lato oscuro, ben radicato nella storia. Nell’antico Giappone, ad esempio, esisteva la pratica del “Kusuguri-Zeme”, che significa letteralmente “solletico spietato”. Era una forma di punizione privata inflitta al di fuori del codice penale. Nell’antica Roma e nel Medioevo, si praticava la “lingua di capra”: i piedi del condannato venivano cosparsi di miele o sale, e delle capre affamate li leccavano per ore, provocando una tortura fatta di risate disperate. Persino nei campi di concentramento nazisti, secondo la testimonianza di Heinz Heger, il solletico veniva usato come strumento di umiliazione psicologica, in un macabro “gabinetto delle risate” dove vittime appese venivano stimolate con penne d’oca finché le loro risate si trasformavano in urla.

Eppure, nonostante queste radici storiche oscure, oggi il tickling è stato ribaltato e risignificato. Nelle comunità fetish e BDSM contemporanee è diventato uno spazio sicuro, consensuale, dove esplorare limiti e desideri senza vergogna. Non si tratta solo di piacere fisico, ma anche di connessione emotiva. Per molti è una forma di meditazione attiva, un modo per staccare la mente, per affidarsi completamente a qualcun altro, per ritrovare un senso di autenticità che manca nelle interazioni digitali perfette e patinate.

La storia di Mia Bailey è emblematica anche sotto un altro aspetto: ci racconta come oggi le piattaforme digitali abbiano spalancato le porte a economie di nicchia, dove passioni e inclinazioni, anche le più particolari, possono diventare fonte di reddito. OnlyFans, con il suo modello diretto e senza intermediari, permette a creator come Mia di costruire comunità affiatate, dove il fulcro non è solo l’aspetto sessuale, ma anche il senso di appartenenza, la condivisione, la vulnerabilità reciproca. Quello che forse ci colpisce di più non è tanto il feticismo in sé, ma il bisogno umano di sentirsi visti per ciò che si è, senza filtri.

E qui viene la domanda che, da nerd curiosa di ogni angolo del web, mi faccio sempre: quanti altri mondi nascosti ci sono là fuori, pronti a trasformarsi in comunità fiorenti? Quanti altri microcosmi popolano la rete, dove ci si incontra per condividere passioni, ossessioni, desideri? Dal cosplay ai giochi di ruolo erotici, dalle fanfiction alle chat di roleplay, dal collezionismo di oggetti hitech ai forum sugli anime più oscuri, internet è una galassia di universi paralleli che aspettano solo di essere esplorati.

E voi, cari lettori del CorriereNerd.it, siete mai inciampati in sottoculture online che vi hanno affascinato, magari anche un po’ scioccato, ma da cui non siete più riusciti a distogliere lo sguardo? Raccontatemelo nei commenti qui sotto o, se preferite, condividete questo articolo sui vostri social con un vostro pensiero. Sono curiosissima di scoprire quali angoli bizzarri, sorprendenti e meravigliosi del web avete esplorato! Perché alla fine, diciamocelo, essere nerd significa proprio questo: avere una fame inesauribile di storie, misteri e mondi nuovi da scoprire.

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