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Tex, un eroe che non invecchia

Nell’ambito dell’edizione 2008 di Romics – Festival del fumetto e dell’animazione, che ha avuto luogo come ogni anno alla Nuova Fiera di Roma – Domenica 5 Ottobre sono stati assegnati i premi più ambiti: tra questi, uno dei “Romics d’oro” è andato a Tex, storico fumetto italiano nato dalla penna e dal genio di Sergio Bonelli nel 1948.

La premiazione, organizzata dall’Università del fumetto, è avvenuta a ideale coronamento della conferenza svoltasi il giorno precedente: una sorta di tavola rotonda che ha visto come protagonisti alcuni degli attuali autori e disegnatori di Tex, i quali hanno colto l’occasione per raccontare ad una sala gremita di appassionati e curiosi il loro rapporto con un fumetto che in Italia ha segnato (e ancora segna) la storia della cultura popolare. C’è da dire, innanzitutto, che il “Romics d’oro” è un prestigioso premio che viene assegnato solo ai grandi maestri del fumetto internazionale (basti pensare che l’altro “Romics d’oro” 2008 è andato a Quino, il creatore della mitica Mafalda). Il fatto che proprio quest’anno Tex compia sessant’anni rappresenta perciò un ulteriore elemento che chiarisce – soprattutto ai profani del genere – la caratura del personaggio che stiamo trattando.

Parimenti, di grande spessore si sono rivelati gli autori e i disegnatori che negli ultimi anni hanno creato storie e disegnato la vita di Tex Willer, perpetuando – ciascuno a suo modo, eppure sempre rispettando i caratteri fondamentali del “mito” – quella che è diventata una sorta di leggenda del west, un’icona ormai entrata di diritto nell’immaginario collettivo riguardante la cultura popolare italiana, alla pari dei film di Sergio Leone e delle colone sonore di Ennio Morricone. A dirla tutta, quella che era stata presentata come una conferenza dai toni ufficiali, si è presto trasformata in una specie di chiacchierata tra amici dai toni poco formali che, tra aneddoti curiosi e semiseri sui proprio lavori, hanno rivelato le sfaccettature del mestiere di disegnare il personaggio Bonelliano.

Com’è nato il mito di Tex? Quali sono i motivi della sua longevità? Ma soprattutto, cosa lo rende ancora così attraente dopo 60 anni, tanto da attirare sempre una rande schiera di appassionati, molti dei quali giovani? Dalle parole degli autori – alla “chiacchierata” erano presenti: Giovanni Ticci, Fabio Civitelli, Corrado Mastantuono, Ugolino Cossu e Tito Faraci – si evincono due concetti fondamentali, quasi due segreti essenziali che sembrano silenziosamente rispondere alle precedenti domande: il rispetto degli autori per il “personaggio Tex”; e la completa mancanza di nostalgia per il passato di questa creatura che è ormai qualcosa di ben definito, segno questo di una vitalità di un lavoro che guarda sempre e comunque al futuro.

Cerco di spiegarmi meglio: tutti gli autori presenti hanno parlato di Tex non come un qualcosa di astratto, di virtuale, una finzione come pure è, poiché sono loro stessi a crearla: Egli sembrava a tutti gli effetti una persona, un essere vivente con il quale si sono vissute avventure spettacolari degne di essere raccontate ad avvenimenti come questo. Un autore dalla consumata esperienza come Giovanni Ticci, ad esempio, che ha disegnato Tex per la prima volta nel 1968 (“Vendetta indiana”, n.91), ancora oggi fatica a trovare le parole giuste per rispondere alla domanda: cosa si prova a disegnare Tex? Il dolce imbarazzo della sua volontà, quasi a voler inventare delle parole nuove per riuscire a spiegare chiaramente il suo stato d’animo, è sintomatico della consapevolezza di essere uno tra i fortunati protagonisti di una storia bellissima.

E come lui, così tutti gli altri si sono sciolti in un sorriso dopo aver cercato invano, con le sole parole, di farci provare profondamente le emozioni del lavoro di far vivere Tex: una figura che ormai va al di là dell’essere meramente un disegno, e che anche per questo esercita un’attrazione e un rispetto senza pari. Un rispetto che si è costruito nel corso di 60 anni: sarebbe quindi facile lasciasi andare ad ovvie nostalgie e a comode malinconie, nel ricordare ogni passo di questa storia, nel fermarsi per farsi cullare dai ricordi e crogiolarsi in tutto ciò che già è stato fatto. Invece, piuttosto sorprendentemente, gli autori presenti non sembravano affatto toccati da simili umori; hanno invece preferito dar spazio all’entusiasmo che li ha sempre spinti e che ancora spinge, intatto, per creare nuove storie e per far avvicinare sempre più Tex Willer all’immortalità (non è forse a questo che si allude quando si parla di mito, di leggenda?).

Nel corso di queste due ore si è parlato anche delle tecniche di lavorazione dei disegnatori: ognuno ha messo in evidenza il proprio stile, grazie alla proiezione di diverse tavole sullo schermo, e i proprio metodi di lavorazione, i propri luoghi di lavoro, i propri tempi di consegna. Due ore alla fine risultate troppo brevi: nonostante la disponibilità dei protagonisti nel raccontare dettagli e segreti del mestiere di disegnare Tex, troppe erano le domande e le richieste di rivelare sempre più curiosità da parte del pubblico. E questo, probabilmente, alla pari del “Romics d’oro”, è stato il premio più bello che gli autori potessero augurarsi.

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