C’è un momento preciso, tra il tramonto e la notte, in cui l’Ovest sembra trattenere il respiro. È l’istante in cui le ombre si allungano sul deserto e la polvere si colora di rosso, come se la terra stessa ricordasse il sangue versato dai suoi uomini. È lì che vive Tex Willer, il leggendario ranger che da oltre settant’anni incarna il mito più autentico del West. E oggi, con “Tex. Mezzosangue!”, quella leggenda si rinnova, in un racconto che profuma di frontiera, solitudine e redenzione.
Dal 21 ottobre, nelle librerie e fumetterie italiane, arriva questa nuova avventura, un gioiello firmato da Pasquale Ruju ai testi e Alfonso Font ai disegni: una coppia d’assi capace di far vibrare la tradizione bonelliana con la forza delle grandi storie classiche, ma anche con la profondità del romanzo moderno.
La frontiera come specchio dell’anima
Quando Edward Santos incrocia la pistola e il destino di Tex, la giustizia arriva come un fulmine. La sua banda viene annientata, la sua vita da fuorilegge spezzata. Eppure, in un mondo dove la frontiera non concede seconde possibilità, la salvezza arriva nella forma più inattesa: un giovane meticcio, Makua, figlio di due mondi e di nessuno, che decide di salvare l’uomo che tutti vorrebbero morto.
Makua non chiede oro né gratitudine, ma una cosa sola: imparare a maneggiare la Colt, il simbolo stesso del potere e della sopravvivenza nel West. È un patto che segna l’inizio di un legame fragile, quasi spirituale, tra maestro e allievo, tra il disincanto dell’uomo al tramonto e la rabbia del giovane in cerca di un posto nel mondo.
Ma, come spesso accade nelle epopee texiane, le piste del destino sono circolari. Le loro strade, separate dal vento e dal tempo, si incroceranno di nuovo – questa volta con Tex Willer e Kit Carson nel mezzo, pronti a riportare la giustizia dove la polvere ha coperto la memoria.
Un racconto di confini, sangue e libertà
“Mezzosangue” non è solo una storia di pistole e cavalcate. È una riflessione sul senso di appartenenza, sulla solitudine di chi vive sospeso tra due identità, né bianco né nativo, né giusto né malvagio. Ruju, maestro nel fondere l’azione alla psicologia dei personaggi, costruisce un racconto in cui la frontiera diventa uno specchio crudele: chi sei, quando non appartieni a nessuno?
Il titolo stesso, “Mezzosangue”, è una ferita che parla. È il marchio di chi non ha patria, ma anche la forza di chi può scegliere il proprio destino. E proprio lì, in quella crepa tra mondi, si inserisce la grandezza di Tex: uomo di legge, sì, ma anche di empatia, capace di vedere oltre i pregiudizi, di riconoscere l’umanità in chiunque sappia affrontare la vita con coraggio.
Ruju e Font: due fuoriclasse in perfetta sintonia
La penna di Pasquale Ruju è precisa come un colpo di Winchester. Le sue storie respirano di polvere e silenzi, di uomini che si raccontano più con uno sguardo che con mille parole. In “Mezzosangue” costruisce un equilibrio raro tra ritmo narrativo e introspezione, restituendo al mito di Tex quella malinconia epica che lo ha sempre distinto.
Dall’altra parte, il tratto di Alfonso Font è puro cinema. Ogni vignetta sembra un fotogramma di un western classico, ma con la vitalità moderna di un graphic novel contemporaneo. I suoi volti scavati, i cieli aperti, i contrasti di luce e ombra restituiscono la durezza di un mondo che non perdona, ma che non smette mai di affascinare.
La loro intesa è perfetta: Ruju scrive pensando al ritmo del vento, Font disegna seguendo il battito del cuore. Insieme firmano una storia che non si limita a celebrare il mito, ma lo rinnova con eleganza e potenza visiva.
Un volume da collezione per veri appassionati
Questa uscita fa parte della prestigiosa collana di strenne di Tex dal dorso rosso, veri e propri oggetti da collezione che ogni anno portano nelle mani dei lettori storie speciali, curate con amore artigianale. L’edizione di “Mezzosangue” non fa eccezione: rilegatura elegante, carta pregiata e una sezione editoriale che arricchisce ulteriormente l’esperienza di lettura.
Il volume include infatti due approfondimenti di grande spessore:
- “Libero come il suo sguardo” di Graziano Frediani, un’introduzione che esplora la poetica della libertà nel mondo di Tex, dove la giustizia non è mai solo bianco o nero ma un vasto paesaggio di sfumature.
- “Sospesi tra due mondi (e da entrambi respinti)” di Luca Barbieri, un saggio che analizza la figura del mezzosangue come simbolo di conflitto interiore e riflesso della società di frontiera.
Due testi che fanno di questo albo non solo una lettura avvincente, ma anche una finestra critica sul mito e sulla sua evoluzione nel tempo.
Tex, ieri e oggi: il mito che non muore mai
In un’epoca in cui gli eroi si moltiplicano ma pochi restano, Tex continua a rappresentare l’archetipo dell’uomo giusto, non perché perfetto, ma perché libero. È l’eroe che non appartiene a un’epoca ma a un’idea: quella di un West dove il valore di un uomo si misura dalle sue azioni, non dal colore della pelle o dal sangue nelle vene.
Ruju e Font, con “Mezzosangue”, ci ricordano che anche nel mito più solido c’è spazio per la fragilità, che anche i giusti possono perdersi e che a volte, nella sabbia del deserto, l’unica direzione possibile è quella del cuore.
Chi ama Tex, chi ha sfogliato almeno una volta quelle pagine intrise di polvere e moralità, non potrà restare indifferente. Ma anche chi si avvicina ora al ranger più celebre della Bonelli troverà in “Mezzosangue” un perfetto punto d’ingresso: una storia intensa, umana, universale. Raccontateci nei commenti il vostro Tex del cuore: qual è stata la prima avventura che vi ha fatto innamorare del ranger di Bonelli? Condividete il vostro ricordo e fate vivere ancora una volta la leggenda. Perché, come direbbe Carson, certi uomini non muoiono mai. Cavalcano solo verso un altro tramonto.











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