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Lindy è una donna bellissima, sprezzante e ironica con un doloroso segreto: a causa di un raro disturbo neurologico che la affligge da tutta la vita, le accade a volte di essere presa da impulsi omicidi rabbiosi che può controllare solo dandosi una scossa elettrica tramite uno speciale dispositivo a elettrodi. Incapace di trovare amore e intimità in un mondo che teme la sua bizzarra patologia, si fida finalmente di un uomo abbastanza a lungo da innamorarsene, per poi trovarlo assassinato il giorno successivo. Con il cuore spezzato e piena di rabbia, Lindy parte in una missione di vendetta per trovare l’assassino, mentre la polizia è sulle sue tracce come principale sospettata del crimine.
L’isteria, malattia misteriosa e affascinante, è stata una delle patologie più discusse e mal comprese dell’epoca vittoriana, eppure la sua origine risale a tempi ben più antichi. In quella che può sembrare una curiosità storica bizzarra, l’isteria veniva, nell’Inghilterra del XIX secolo, considerata una condizione patologica tipicamente femminile, tanto da essere associata esclusivamente al genere e alla sfera sessuale. Lo studio di questa afflizione psicologica solleva interrogativi non solo medici, ma anche culturali, legati al modo in cui la scienza dell’epoca affrontava, e talvolta strumentalizzava, le condizioni di salute delle donne. Ma come nasceva questa visione della malattia? E cosa si nascondeva dietro il trattamento di tale disturbo? In questo articolo, esplorerò la storia dell’isteria, dalle sue radici antiche ai metodi di trattamento più inusuali, passando attraverso la nascita di un oggetto iconico dei giorni nostri: il vibratore.
Isteria: La malattia delle donne
La correlazione tra l’isteria e la sessualità non è certo una novità del XIX secolo. Il termine “isteria” deriva dal greco “ὑστέρα” (hystera), che significa “utero”, a sottolineare la connessione tra il disturbo e la sfera genitale femminile. Già nell’antico Egitto, come suggeriscono alcune iscrizioni, si trovano tracce di una visione che considerava i disordini dell’apparato genitale come cause di squilibri psicologici. Gli egiziani temevano che tali disfunzioni potessero compromettere la capacità di procreare e mettere in pericolo la sopravvivenza della specie. In questo contesto, la donna veniva vista come la custode della fertilità e la sua salute sessuale era legata direttamente alla continuità della vita.
Nel XIX secolo, l’isteria acquisisce connotazioni più “scientifiche”, ma altrettanto incomprensibili. La diagnosi era quasi una certezza per molte donne della borghesia, che manifestavano sintomi come epilessia, paralisi, cecità momentanea, perdita di coscienza, e talvolta la totale incapacità di parlare. Questi attacchi, che giungevano senza preavviso, venivano seguiti da uno stato di grande eccitazione emotiva, che portava spesso a comportamenti imprevedibili e a espressioni profonde di emozioni, come se le donne, uscendo da una sorta di trance, stessero cercando una via di fuga dal loro contesto sociale e culturale opprimente. In effetti, il fenomeno sembrava essere una rappresentazione simbolica di un malessere profondo, difficile da esprimere in un’epoca di severa repressione dei sentimenti.
Freud, la psicoanalisi e il trauma infantile
L’inizio del XX secolo porta una svolta significativa nella comprensione dell’isteria, grazie alle teorie di Sigmund Freud, che propone una lettura psicoanalitica del disturbo. Secondo Freud, l’isteria era il risultato di traumi infantili rimossi, che venivano riaffiorati tramite il trattamento psicoanalitico. L’idea che il malessere psichico potesse essere il risultato di un trauma inconscio apriva una nuova strada alla terapia e alla comprensione dei disturbi psichici.
Freud ottenne grande notorietà dopo aver pubblicato il lavoro “Studi sull’isteria” (1895), in cui analizzava il caso di una donna isterica, che grazie alla sua tecnica della seduta psicoanalitica, riusciva a sbloccare il trauma e a portare alla guarigione. Questi studi sono considerati l’alba della psicoanalisi moderna, anche se, come è ormai chiaro, la sua visione era ancora profondamente influenzata dalle concezioni dell’epoca, in cui la sessualità femminile era considerata un potenziale pericolo da domare o “curare”.
I “rimedi” per l’isteria: dal massaggio vaginale alla lobotomia
Ma mentre Freud cercava di mettere ordine nell’intricato labirinto psicologico della donna isterica, in Inghilterra, altre soluzioni decisamente meno ortodosse venivano proposte dai medici. Un esempio eclatante era la figura del “massaggiatore privato”, un professionista il cui compito era di somministrare massaggi vaginali come trattamento per l’isteria. Il principio alla base di questa pratica era la convinzione che il disturbo fosse una manifestazione della repressione sessuale femminile, e che un orgasmo potesse essere la cura.
Questi “massaggiatori” non erano affatto figure discrete o segrete. Al contrario, molti pubblicavano annunci sui giornali dell’epoca, in cui esplicitamente offrivano i loro servizi. Un esempio di tale pubblicità, tradotta dal portale Vanilla Magazine di Matteo Rubboli, recitava:
Il suo trattamento domiciliare, che cura il paziente nella privacy di casa propria senza farlo sapere a nessuno, sta creando un grande clamore perché cura coloro che erano senza speranza e diagnosticati incurabili.
La pubblicità era audace, ma in un’epoca in cui il sesso era un tabù, queste pratiche suscitavano un misto di curiosità e scandalo.
Purtroppo, non tutte le soluzioni erano così “innocenti”. La lobotomia, una procedura chirurgica devastante, veniva talvolta utilizzata per trattare le donne con diagnosi di isteria. Sebbene questo metodo sia ormai obsoleto e ampiamente disapprovato, durante la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, rappresentava una delle soluzioni più estreme proposte dalla medicina.
La nascita del vibratore: una soluzione meccanica all’isteria
Ma tra le soluzioni proposte, una in particolare ha avuto un impatto duraturo sulla cultura popolare: la nascita del vibratore. Questo strumento, che oggi è sinonimo di piacere e sessualità, nacque proprio come dispositivo medico per trattare l’isteria. Il film Hysteria (2011), diretto da Tanya Wexler, racconta in modo ironico e divertente l’invenzione del vibratore. Ambientato nella Londra vittoriana, la pellicola segue le disavventure di un giovane medico, Mortimer Granville, che, dopo aver sperimentato il trattamento dell’isteria tramite massaggi, inventa una macchina vibrante per alleviare i sintomi delle sue pazienti.
Nel film, il vibratore viene descritto come una soluzione innovativa che “accelera” il trattamento, provocando un risultato rapido e soddisfacente. Tuttavia, ciò che rende la storia affascinante è anche il contesto sociale e culturale in cui si sviluppa: un periodo in cui la sessualità femminile veniva ignorata o repressa, e dove l’idea di “curare” una donna tramite il piacere fisico sembrava una forma di ribellione silenziosa contro un ordine patriarcale che non riconosceva le reali necessità delle donne.
L’isteria oggi: un capitolo chiuso nella psichiatria
Con il tempo, la concezione di isteria è cambiata radicalmente. Oggi, disturbi un tempo classificati come “isterici” vengono riconsiderati alla luce di nuove categorie psichiatriche, come i disturbi somatoformi, di personalità o di conversione. Le moderne diagnosi suggeriscono che le manifestazioni isteriche fossero, in realtà, una rappresentazione di uno stato emotivo negativo, una sorta di grido di aiuto simbolico per donne che vivevano in una società che non riconosceva il loro dolore. Il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) ha eliminato il termine “isteria” dal suo elenco nel 1987, declassando questa “grande simulatrice” a una mera ombra del passato.
Tuttavia, nonostante la disapprovazione scientifica, l’immagine dell’isteria continua a evocare fascinazione. La teatralità e i drammi psicologici legati a questa condizione, così come la sua sessualizzazione, rimangono una parte affascinante della storia medica e culturale, che ancora oggi suscita curiosità e dibattiti.
In conclusione, l’isteria femminile, sebbene ormai superata dalla scienza moderna, resta un capitolo affascinante e complesso, che ci ricorda quanto la medicina e la cultura dell’epoca vittoriana fossero segnate da pregiudizi, incomprensioni e una visione distorta del corpo e della psiche femminile. Una storia che, attraverso le sue contraddizioni e le sue curiosità, ci invita a riflettere su come, in fondo, la medicina e la società spesso si trovano a confrontarsi con le difficoltà di riconoscere e affrontare le vere problematiche degli individui.