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Django Undisputed: in streaming il ritorno del western all’italiana

Diretto e interpretato da Claudio Del Falco, Django Undisputed è in streaming su Django Western e Full Action, i canali dedicati al cinema adrenalinico disponibili su Prime Video Channels, thefilmclub.it e TIMVISION.Dopo gli action movie Iron fighter e The martial avenger, il “Van Damme italiano” omaggia E.B. Clucher (Enzo Barboni) e i suoi due film con protagonista Trinità/Terence Hill dirigendo e interpretando un lungometraggio il cui obiettivo è riportare al cinema l’atmosfera inconfondibile degli spaghetti western, in modo da unire la tipica tradizione italiana ad una narrazione moderna e coinvolgente. Django Undisputed racconta la storia di Django, uomo determinato a riportare l’ordine in un villaggio del selvaggio West oppresso dalla violenza e dal crimine. Insieme al fratello, Django si trova ad affrontare il crudele Thomas in un duello all’ultimo sangue per salvare la loro comunità e proteggere dalla tirannia dei fuorilegge la madre Serena, proprietaria di una casa di tolleranza.

Del Falco stesso interpreta Django, mentre il fratello di quest’ultimo, Thomas e Serena possiedono i volti di Fabio Romagnolo, campione italiano di body Building IFBB PRO qui al suo debutto cinematografico, della star internazionale Tomas Arana e di Anna Rita Del Piano, all’interno di un ricco cast comprendente Michael Segal, Mauro Aversano, Francesca Giuliano, Ciro Buono e Clara Guggiari, con la partecipazione di Massimiliano Buzzanca e della ex Miss Italia Nadia Bengala. Inoltre, nei panni del padre di Django troviamo Ottaviano Dell’Acqua, storica presenza delle mitiche pellicole che videro protagonisti Bud Spencer e Terence Hill.

Primo Dango Western Original, dunque, Django Undisputed segna un ulteriore ambizioso passo nella filmografia di Del Falco, il quale, da sempre interessato a riportare il genere nell’ambito della produzione cinematografica tricolore, mira questa volta a rispolverare lo spaghetti western, ormai da troppo tempo dimenticato sui nostri set.

Il Mito del Far West: La Verità Dietro la Leggenda della pop culture

Il Far West, così come lo conosciamo grazie ai film e ai fumetti, è un mito costruito dalla cultura popolare che ha radici profonde nella storia americana. La figura del cowboy solitario, che attraversa territori selvaggi a cavallo, tra sparatorie nei saloon e duelli al tramonto, è un’immagine potentemente evocativa, ma che non corrisponde alla realtà storica. In effetti, l’idea del Far West come una terra di anarchia e violenza è una creazione della letteratura e del cinema, che hanno trasformato eventi storici complessi in una leggenda. Per comprendere il vero significato di questa parte della storia degli Stati Uniti, è necessario separare il mito dalla realtà, esplorando la nascita e l’evoluzione di questa affascinante epopea.

Cos’è davvero il Far West?

Il termine “Far West” si riferisce alla vasta area occidentale degli Stati Uniti, che nell’Ottocento fu progressivamente colonizzata da immigrati europei, spingendosi verso territori sconosciuti e selvaggi. Questo processo di espansione, spesso raccontato con toni epici, nasconde in realtà una storia complessa fatta di lotte, trasformazioni sociali e sforzi enormi. La corsa all’oro, la costruzione di ferrovie, e il conflitto con le popolazioni native sono solo alcune delle tappe cruciali che segnarono il cammino verso l’annessione del West.

Il Far West, infatti, è un concetto che abbraccia diverse fasi storiche, ed è importante riconoscere come la narrativa cinematografica e letteraria abbia forgiato un’immagine romantica di quella che fu una vera e propria battaglia di conquista. Il termine stesso, che in inglese significa “lontano Ovest”, nacque proprio per indicare quella terra remota, lontana dai centri di potere come Washington D.C., un luogo che sembrava lontano dalla legge e dal controllo.

Il Vero West: tra Conquista e Modernizzazione

L’espansione verso Ovest non fu una corsa romantica verso terre vergini, ma piuttosto un processo brutale e complesso. Iniziò con la febbre dell’oro in California (1848-1855), quando migliaia di cercatori d’oro si lanciarono in un’avventura che, purtroppo, portò a devastazioni ambientali e conflitti tra coloni e popolazioni indigene. Il mito della ricchezza istantanea dell’oro contribuì a dipingere l’immagine di una terra di opportunità, ma la realtà era ben diversa: il lavoro era duro, la vita spesso crudele e il paesaggio ostile.

Poi ci fu la costruzione delle ferrovie, che a partire dagli anni ’60 accelerò l’insediamento e lo sviluppo del West, collegando la costa Est con quella Ovest, e segnando l’inizio della fine della “frontiera”. Tuttavia, la storia del Far West non può essere raccontata senza menzionare le guerre contro i nativi americani, che furono progressivamente sterminati o confinati in riserve, perdendo le loro terre e tradizioni secolari.

Nel corso del Novecento, il West venne “domato”, e all’inizio del nuovo secolo il territorio fu completamente annesso agli Stati Uniti, segnando la fine dell’epoca del Far West come un’entità selvaggia e incontrollabile. Ma cosa rimase di quella terra che un tempo aveva ispirato leggende?

Il Western: Dalla Realtà alla Finzione

Il vero Far West non aveva nulla a che vedere con le storie di cowboy solitari e sceriffi inflessibili raccontate da Hollywood. Tuttavia, la fascinazione per il West selvaggio non svanì, anzi, divenne il cuore pulsante di un intero genere, quello del western, che trasformò la realtà in leggenda. Fin dalla fine dell’Ottocento, spettacoli come il Buffalo Bill’s Wild West iniziarono a raccontare storie idealizzate, un’epica di duelli, eroi e fuorilegge. Queste storie catturarono l’immaginazione del pubblico, contribuendo a dare forma a una narrazione che sarebbe diventata centrale nella cultura americana.

Nel Novecento, il cinema portò il western al suo apice, con film come Ombre Rosse (1939), Mezzogiorno di Fuoco (1952), Il Mucchio Selvaggio (1969) e gli spaghetti western di Sergio Leone, tra cui Il Buono, il Brutto, il Cattivo (1966). Queste opere hanno creato e perpetuato l’immagine del cowboy solitario e del bandito fuorilegge, ma la realtà era ben diversa.

Il Mito del Cowboy e la Realtà Storica

Il cowboy del cinema è spesso ritratto come un solitario, un pistola in mano e un bicchiere di whisky nel saloon. Nella realtà, però, i cowboy erano principalmente mandriani che lavoravano sodo per portare il bestiame attraverso le praterie. Passavano poco tempo nei saloon e molto di più all’aria aperta, affrontando pericoli come animali selvatici e condizioni climatiche difficili. Il loro abbigliamento, lungi dall’essere un look iconico da film, era funzionale: cappelli a tesa larga per proteggersi dal sole, stivali robusti per cavalcare e jeans resistenti.

Inoltre, contrariamente alla visione stereotipata del cowboy bianco, molte delle persone che lavoravano come cowboy erano afroamericani, messicani e nativi americani, un aspetto spesso ignorato nei film western. Questi uomini e donne contribuirono in modo significativo alla crescita dell’industria del bestiame e al progresso del West, ma la loro storia è stata spesso marginalizzata o dimenticata.

Le Popolazioni Indigene: Una Storia Dimenticata

Il destino delle popolazioni indigene del West è un altro aspetto che il cinema ha spesso tralasciato o distorto. In molti film, i nativi americani vengono rappresentati come “nemici” da sconfiggere, ma la verità è che furono decimati principalmente dalle malattie portate dagli europei, più che dai conflitti diretti. Quando la colonizzazione avanzò, i sopravvissuti furono confinati in riserve, perdendo non solo le loro terre, ma anche gran parte della loro cultura e tradizioni.

Anche se la realtà del Far West era ben lontana dall’immagine romantica dipinta dal cinema, il suo fascino non è mai svanito. Il mito del cowboy, del bandito, e del fuorilegge è stato alimentato dal cinema, dalla letteratura, e più recentemente dai fumetti e dai videogiochi, che hanno perpetuato un’immagine di avventura e libertà. La cultura popolare ha trasformato una storia di conquiste e sacrifici in una leggenda affascinante, che continua a influenzare il nostro immaginario collettivo.

Il vero Far West era un luogo di lotta, di speranza e di perdita, ma il suo mito, arricchito dalla finzione, ha creato un’icona che non tramonta mai. Se la realtà del West era complessa e a volte tragica, il suo mito, fatto di eroi, duelli e paesaggi sconfinati, continua a ispirare e a essere celebrato in tutto il mondo. In fondo, è proprio nella finzione che la leggenda trova la sua forza, perché, come spesso accade, la realtà può sembrare meno affascinante di quanto la leggenda possa suggerire.

Tabernas: il deserto spagnolo che ha creato il mito degli Spaghetti Western

Se sei un amante del cinema western, preparati a scoprire un luogo che sembra uscito direttamente dal grande schermo: il deserto di Tabernas, nel cuore dell’Andalusia. Questo paesaggio polveroso e affascinante non è solo uno dei pochi deserti veri d’Europa, ma anche il set naturale di alcune delle pellicole più iconiche della storia del cinema. Soprannominato “la Hollywood europea”, Tabernas ha ospitato leggende del cinema come la “Trilogia del Dollaro” di Sergio Leone, trasportandoci nel Far West senza bisogno di attraversare l’oceano.

Negli anni ’60 e ’70, registi come Leone rimasero incantati da questo angolo remoto di Spagna, utilizzandolo per girare capolavori come Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo. Non solo western, però: oltre 300 film hanno trovato casa tra queste rocce e canyon, da Lawrence d’Arabia a Cleopatra, passando per produzioni moderne come Game of Thrones, Terminator: Destino Oscuro e persino Assassin’s Creed. Non è un caso se Quentin Tarantino ha espresso il desiderio di girare qui il suo prossimo western: l’atmosfera di Tabernas è unica, autentica, capace di evocare emozioni che vanno oltre il tempo.

Di Colin C Wheeler – Opera propria, CC BY-SA 3.0 es

Ma non è solo il cinema a rendere speciale questo luogo. Tabernas è diventato una vera e propria mecca per gli appassionati, grazie ai parchi tematici che permettono di immergersi nella magia del Far West. Il più famoso è Mini Hollywood – Oasys, una cittadina western perfettamente conservata dove puoi vivere da protagonista duelli, rapine in banca e spettacoli a tema. Tra saloon, chiese diroccate e uffici dello sceriffo, puoi quasi sentire le note delle colonne sonore di Ennio Morricone accompagnarti durante la visita. E se hai voglia di un po’ di relax, il parco offre anche un’area zoologica con oltre 800 animali e un parco acquatico immerso tra cactus e panorami desertici.

Non da meno è Fort Bravo – Texas Hollywood, celebre per le sue spettacolari rievocazioni quotidiane. Qui, attori in costume riportano in vita l’epoca d’oro dei western, con sparatorie e inseguimenti a cavallo che sembrano usciti da un film. E poi c’è il Western Leone, dove puoi visitare i set originali di Sergio Leone, ancora oggi carichi di un fascino nostalgico che fa battere il cuore a ogni cinefilo.

Il deserto di Tabernas, però, non è solo un luogo per appassionati di cinema: è una destinazione che offre anche un’esperienza naturalistica straordinaria. Con il suo clima secco e paesaggi brulli, ricorda le lande del sud-ovest americano, ma è comodamente raggiungibile dall’Europa. Puoi esplorare i suoi percorsi a piedi o a cavallo, magari sfidando il caldo torrido dell’estate per vivere sulla tua pelle le stesse condizioni affrontate dalle troupe cinematografiche.

E per i più avventurosi? Non c’è niente di meglio che indossare un costume da cowboy, impugnare una pistola giocattolo e posare per una foto ricordo sul set di un western. Tra canyon, villaggi abbandonati e il silenzio del deserto, Tabernas ti regala l’emozione unica di essere il protagonista della tua storia.

Che tu sia cresciuto con i film di Clint Eastwood o ti sia lasciato conquistare dai draghi di Game of Thrones, Tabernas è un viaggio nel tempo, un mix perfetto di cinema, avventura e paesaggi mozzafiato. Qui il passato e il presente si fondono in un’esperienza indimenticabile, dove ogni angolo racconta una storia e ogni passo ti avvicina alla magia del grande schermo.

foto di copertina di Gordito1869 – Opera propria, CC BY 3.0

Sessant’anni di Per un pugno di dollari, il film che ha cambiato il volto del western

Nel 1964, il cinema italiano e il cinema mondiale assistono alla nascita di un fenomeno che avrà un impatto duraturo e profondo: lo spaghetti western. Il film che inaugura questa corrente è Per un pugno di dollari, il primo capitolo della trilogia del dollaro diretta da Sergio Leone e interpretata da Clint Eastwood, allora un attore sconosciuto al grande pubblico. Il film, che festeggia proprio oggi i suoi sessant’anni, è un capolavoro di innovazione, originalità e stile, che ha rivoluzionato il modo di concepire e realizzare il western, rompendo con i canoni del western classico americano e dando vita a una nuova visione del genere, ironica, dissacrante e violenta.

Per un pugno di dollari è liberamente ispirato al celebre La sfida dei samurai di Akira Kurosawa, un film del 1961 che racconta la storia di un ronin, un samurai senza padrone, che arriva in un villaggio conteso da due clan rivali e che si offre di lavorare per entrambi, con l’intento di trarne profitto e di liberare una donna rapita. Sergio Leone, appassionato di cinema orientale, decide di trasporre la trama in un contesto western, ambientando il film in una cittadina al confine tra Stati Uniti e Messico, dove due famiglie, i Rojo e i Baxter, si contendono il controllo del traffico di armi e alcolici. Il protagonista è un pistolero senza nome, chiamato semplicemente lo straniero, che arriva in città con il suo poncho, il suo cappello e il suo sigaro, e che si mette al servizio di entrambe le fazioni, con l’obiettivo di arricchirsi e di salvare una donna prigioniera dei Rojo.

Il film di Leone si distingue per la sua regia innovativa, che fa largo uso di primi piani, inquadrature insolite, montaggio ritmato e scene di violenza cruda e spettacolare. Il film è anche impreziosito dalla memorabile colonna sonora del maestro Ennio Morricone, che con le sue musiche enfatizza le emozioni e le atmosfere del racconto, creando un connubio perfetto tra immagini e suoni. La musica di Morricone, che si avvale di strumenti insoliti come il fischio, il frustino, il clacson e il campanaccio, è diventata una delle colonne sonore più famose e riconoscibili della storia del cinema, e ha vinto il Nastro d’Argento per la miglior colonna sonora nel 1965.

Per un pugno di dollari è un film che ha avuto un enorme successo di pubblico e di critica, sia in Italia che all’estero, e che ha influenzato generazioni di cineasti e di appassionati. Il film ha lanciato la carriera di Clint Eastwood, che diventerà una delle icone del cinema mondiale, e ha dato vita a una nuova corrente, quella dello spaghetti western, così chiamata per la sua origine italiana e per il suo stile ironico e dissacrante. Lo spaghetti western, di cui Leone sarà il maestro indiscusso, avrà un grande seguito e produrrà numerosi capolavori, tra cui i due seguiti di Per un pugno di dollari: Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966), che completano la trilogia del dollaro.

 Per un pugno di dollari è un film da non perdere, da riscoprire o da vedere per la prima volta, per apprezzare la genialità e la maestria di Sergio Leone e di Clint Eastwood, e per godersi uno dei capolavori assoluti del cinema italiano.

Buon Compleanno Clint Eastwood!

Se siete appassionati di cinema come me, sicuramente non potrete fare a meno di apprezzare la straordinaria carriera di Clint Eastwood. Nato il 31 maggio 1930 a San Francisco, Eastwood è una figura iconica del grande schermo, un vero e proprio simbolo della settima arte. La sua carriera, che si estende per oltre sei decenni, lo ha visto eccellere come attore, regista, produttore e compositore.

Gli Inizi: Un Lungo Viaggio verso il Successo

Negli anni ’50, Eastwood ha mosso i primi passi nel mondo del cinema con piccoli ruoli in film come “Revenge of the Creature” e “Tarantula”. La vera svolta è arrivata nel 1959, quando ha ottenuto il suo primo ruolo di rilievo nella serie televisiva “Rawhide”. Questa serie ha fatto conoscere il suo volto al pubblico americano, aprendo la strada a ciò che sarebbe diventata una carriera straordinaria.

L’Icona dello Spaghetti Western

Il successo internazionale di Clint Eastwood è decollato grazie alla collaborazione con il regista italiano Sergio Leone nella celebre trilogia del dollaro: “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più” e “Il buono, il brutto, il cattivo”. Questi film non solo hanno ridefinito il genere spaghetti-western, ma hanno anche reso Eastwood un’icona di mascolinità, trasformandolo in un eroe del cinema mondiale.

L’Ascesa di un Grande Regista

Il 1971 è stato un anno cruciale per Eastwood, segnando il suo debutto alla regia con “Brivido nella notte”. Da quel momento, ha diretto una serie di film acclamati dalla critica, tra cui capolavori come “Gli spietati”, “Million Dollar Baby”, “Mystic River” e “Gran Torino”. La sua maestria dietro la macchina da presa gli ha fruttato due Premi Oscar per la miglior regia e due per il miglior film, insieme a numerosi altri riconoscimenti.

Il Mito del Cinema Americano

Eastwood non ha mai smesso di sorprenderci. Tornato negli Stati Uniti, ha continuato a interpretare ruoli indimenticabili in western come “Impiccalo più in alto”, “Il texano dagli occhi di ghiaccio” e “Il cavaliere pallido”. Il personaggio dell’Ispettore Callaghan, introdotto nel 1971 con “Dirty Harry”, ha consolidato la sua immagine di antieroe duro e implacabile, un ruolo che ha amato e che il pubblico non ha mai dimenticato.

Una Versatilità Sconcertante

Clint Eastwood è molto più di un duro del cinema. Con film come “Fuga da Alcatraz” ha dimostrato una profondità recitativa che ha zittito anche i critici più severi. Negli anni ’90, la sua carriera ha raggiunto nuove vette con opere come “Bird”, “J. Edgar” e “Gran Torino”, che hanno mostrato un lato più sfumato e complesso del suo talento.

Un Esempio di Longevità e Reinvenzione

A 94 anni, Eastwood continua a essere una forza creativa inarrestabile, un artista che ha saputo reinventarsi e rimanere rilevante nel panorama cinematografico mondiale. Ha ricevuto cinque Premi Oscar, un César, sei Golden Globe e quattro David di Donatello, tra molti altri riconoscimenti, a testimonianza di una carriera che è un vero e proprio monumento al cinema. Clint Eastwood è un esempio luminoso di come passione, talento e dedizione possano portare a una carriera straordinaria. Il suo contributo al cinema è inestimabile e la sua capacità di affascinare il pubblico, sia davanti che dietro la macchina da presa, è una fonte di ispirazione per tutti noi appassionati di cinema.

I Fagioli di Bud Spencer: da Mito Cinematografico a prodotto Leggendario sulle nostre tavole

Nel panorama cinematografico italiano, poche figure hanno lasciato un’impronta così indelebile come quella di Bud Spencer. Noto per la sua stazza imponente e la sua bonarietà, Bud Spencer – al secolo Carlo Pedersoli – è diventato un’icona grazie ai suoi ruoli in coppia con Terence Hill. Tra le molte scene indimenticabili dei loro film, quelle che vedono i due protagonisti impegnati a mangiare abbondanti padellate di fagioli sono diventate un vero e proprio cult. Ora, grazie all’ingegno dei nipoti di Bud, Carlo Jr. e Alessandro Pedersoli, i “fagioli alla Bud Spencer” sono passati dallo schermo alla realtà, trasformandosi in un prodotto di successo che sta conquistando le tavole di tutto il mondo.

L’Idea che Nasce dalla Quarantena

La genesi dei “fagioli alla Bud Spencer” è legata a un periodo storico particolare: la pandemia di COVID-19. Durante la quarantena, Carlo Pedersoli Jr. e suo fratello Alessandro hanno avuto l’intuizione di trasformare uno degli elementi più iconici dei film del nonno in un prodotto reale. “L’idea dei fagioli alla Bud ci è venuta durante la quarantena,” racconta Carlo Jr. “Ci siamo lasciati ispirare dai film di nonno, quelle scene in cui mangiava insieme a Terence Hill. E abbiamo trovato subito un ottimo riscontro.”

Il momento era propizio, dato che i fagioli stavano guadagnando popolarità come opzione proteica salutare con un ottimo apporto nutrizionale. Carlo Jr., che è anche un artista marziale misto professionista, sottolinea l’importanza di offrire un prodotto buono e sano: “Non potevo fare una brutta figura con la faccia di nonno.”

La Ricetta Originale di Bud Spencer

Per assicurare l’autenticità dei “fagioli alla Bud Spencer”, Carlo Jr. e Alessandro hanno seguito fedelmente la ricetta riportata negli appunti autobiografici di Bud Spencer. La preparazione prevede l’uso di fagioli borlotti del Piemonte, cipolla, polpa di pomodoro, pancetta affumicata, spezie, sale e aglio. I fagioli vengono venduti in lattine da 400 grammi e sono pronti in soli tre minuti.

“Consiglio a tutti di mangiarli in padella: usate il classico mestolo di legno e strappate il pane con le mani. Vi trasporteranno direttamente nei film,” sorride Carlo Jr. La produzione avviene a Rovereto, presso lo stabilimento della Dega Food, acquisito dal gruppo campano D’Amico, che garantisce la qualità e l’aderenza alla ricetta originale.

Un Successo Immediato e Internazionale

Lanciati durante la pandemia, i “fagioli alla Bud Spencer” hanno riscontrato un immediato successo, tanto da essere presenti sugli scaffali di supermercati come Carrefour e Conad. La risposta del mercato è stata sorprendente: nel 2023 il fatturato ha visto un incremento del 300% rispetto all’anno precedente, e nei primi quattro mesi del 2024 le vendite hanno già superato quelle dell’intero 2023.

I fagioli sono esportati con successo in Germania e Svizzera, e la Bud Power sta esplorando nuovi mercati. Questo successo testimonia non solo la popolarità del marchio Bud Spencer, ma anche la qualità del prodotto offerto.

Oltre i Fagioli: Una Linea di Prodotti Proteici

Bud Power non si limita ai soli fagioli. La linea “Eat like a hero” include una varietà di prodotti pensati per chi ama lo sport e la vita sana, o semplicemente per chi vuole concedersi uno spuntino gustoso senza sensi di colpa. Tra questi troviamo pasta proteica, barrette proteiche, biscotti proteici e creme proteiche. La parola d’ordine del marchio è “proteico”, rispondendo alle moderne tendenze di mercato che vedono una crescente domanda di alimenti ad alto contenuto proteico e salutari. “Proteico” è diventato il nuovo mantra, superando parole come “probiotico”, “bio” e “green”.

Un Omaggio al Nonno Carlo

Per Carlo Jr. e Alessandro Pedersoli, la creazione dei “fagioli alla Bud Spencer” non è solo un’operazione commerciale, ma un tributo affettuoso al loro nonno. “Mio nonno è sempre stato il mio eroe, lo ammiravo come atleta, come attore ma soprattutto come uomo,” racconta Carlo Jr. “Vogliamo trasmettere un messaggio positivo, del bene che vince sul male,” aggiunge Alessandro.

Questa filosofia si riflette nella cura e nell’attenzione dedicate alla qualità e all’autenticità dei prodotti Bud Power. Ogni lattina di fagioli, ogni barretta proteica e ogni confezione di pasta rappresentano un pezzo dell’eredità di Bud Spencer, offerta con l’amore e il rispetto che i nipoti nutrono per lui.

I “fagioli alla Bud Spencer” rappresentano un perfetto connubio tra cultura pop e alimentazione salutare. Dalla geniale intuizione di Carlo Jr. e Alessandro Pedersoli, questi fagioli sono passati dal grande schermo alle nostre tavole, conquistando il palato di milioni di persone. Il successo della Bud Power testimonia l’abilità di questi giovani imprenditori di unire tradizione e innovazione, creando un prodotto che non solo celebra l’eredità di Bud Spencer, ma risponde anche alle moderne esigenze alimentari. In un mondo sempre più attento alla salute e al benessere, i “fagioli alla Bud Spencer” e gli altri prodotti della linea Bud Power sono destinati a diventare un classico moderno, offrendo a tutti noi la possibilità di “mangiare come un eroe”.

Bud Spencer & Terence Hill – Slaps And Beans 2

Trinity Team e Buddy Productions hanno annunciato l’imminente lancio di “Bud Spencer & Terence Hill – Slaps And Beans 2”, il secondo capitolo di Slaps and Beans, il videogioco che ha portato Bud Spencer & Terence Hill sugli schermi dei videogiocatori. Dopo una fortunata campagna kickstarter, i fan hanno la possibilità di provare la demo durante lo Steam Next Fest. Il gioco sarà disponibile a partire dal 22 settembre su diverse piattaforme, tra cui PC Windows, Nintendo Switch, PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X e S.

https://youtu.be/f-sYOtZGQTA

La storia del secondo capitolo del gioco si svolgerà in Africa e trarrà ispirazione dalle varie pellicole che hanno visto i due attori italiani come protagonisti nel corso degli anni. Il giocatore dovrà salvare un villaggio, sconfiggendo malviventi, e successivamente allestire una chiatta per il trasporto di banane, prima di poter fare ritorno a casa. Il gioco sarà un picchiaduro a scorrimento e includerà nuove meccaniche di combattimento, nonché una varietà di mini-giochi per sfidarsi fino a quattro giocatori nella modalità party.

Bud Spencer & Terence Hill – Slaps And Beans 2 offrirà anche una colonna sonora originale con brani degli Oliver Onions, nonché nuove modalità di esplorazione e un curato design in pixel-art. Dopo aver raccolto con successo oltre 250.000 euro su Kickstarter, il progetto del secondo capitolo della serie è ora disponibile in forma di demo gratuita su Steam per PC Windows. Gli appassionati dei film del duo italiano non potranno lasciarsi sfuggire questa imperdibile occasione.

The Salvation – Il western danese che conquista il selvaggio West

Ci sono storie che attraversano oceani e generi, e The Salvation è una di quelle. Immaginatevi un western classico, con polvere, sangue e vendetta, ma filtrato attraverso lo sguardo gelido e preciso di un regista danese, Kristian Levring, e interpretato da un Mads Mikkelsen che sembra nato con il cappello a tesa larga in testa. Presentato fuori concorso alla 67ª edizione del Festival di Cannes e girato interamente in Sudafrica (tra Johannesburg e Cullinan), questo film del 2014 è una dichiarazione d’amore e allo stesso tempo una rilettura del genere.

La trama è tanto semplice quanto implacabile: nel 1870, Jon – un immigrato danese – attende da anni di portare negli Stati Uniti la moglie e il figlio di dieci anni. Ma quando finalmente la sua famiglia lo raggiunge, il sogno si trasforma in incubo: moglie e figlio cadono vittime di un crimine brutale. Accecato dal dolore, Jon uccide il responsabile. Peccato che quell’uomo fosse il fratello del colonnello Delarue, un fuorilegge spietato che tiene in pugno il villaggio di Black Creek. Da quel momento, per Jon inizia una guerra solitaria, in un West che non perdona e che lo costringerà a trasformarsi da pacifico colono a implacabile giustiziere.

Un western “multiculturale”

L’elemento più sorprendente di The Salvation non è solo la storia – un revenge movie teso come la corda di un arco – ma il suo DNA “multiculturale”. Un regista danese, attori internazionali (Mikkelsen, Eva Green, Jeffrey Dean Morgan, Jonathan Pryce, persino l’ex calciatore Eric Cantona) e scenari sudafricani che riescono a sembrare la Monument Valley dei film di John Ford. Questa contaminazione dona al film una freschezza inaspettata, pur restando ancorato a codici e atmosfere da classico spaghetti western.

Kristian Levring costruisce un mondo sporco, polveroso, spietato, dove ogni inquadratura è studiata come un dagherrotipo dai colori saturi, e dove il freddo nordico si fonde con il calore del deserto. Le citazioni a Sergio Leone sono evidenti: campi lunghi, volti segnati, attese cariche di tensione, e musiche che richiamano inevitabilmente Ennio Morricone. Ma c’è anche qualcosa di personale, di moderno, soprattutto nella fotografia e nell’uso simbolico degli spazi.

Personaggi che restano impressi

Jon è il classico eroe “senza macchia e senza paura”, ma con una vulnerabilità che lo rende umano. Mikkelsen lo interpreta con il minimalismo glaciale che lo contraddistingue, trasformandolo in una sorta di Clint Eastwood scandinavo. Di fronte a lui, Jeffrey Dean Morgan dà vita a un Delarue carismatico e crudele, un Henry Fonda giovane e barbuto, mentre Eva Green – muta per tutta la durata del film – è una presenza magnetica, una Claudia Cardinale del XXI secolo, carica di mistero e dolore.

Non mancano figure secondarie memorabili: uno sceriffo che è anche il prete della comunità, vigliacco e opportunista; un sindaco-impresario funebre pronto a vendersi al miglior offerente; possidenti terrieri che fiutano il business del “sangue nero” (il petrolio) e avvelenano le acque pur di arricchirsi. Tutti tasselli di un West crepuscolare, già contaminato dalla corruzione delle grandi corporazioni.

Un duello tra passato e futuro

Se la prima parte del film sembra un omaggio quasi filologico al western classico, il finale porta in scena un confronto più amaro: da una parte il mito dei pionieri e dei giustizieri solitari, dall’altra la modernità industriale che avanza, impersonata dalle trivelle che estraggono il petrolio sopra il sangue versato. Lo showdown conclusivo – con benedizione postuma dello sceriffo e cavalieri che si allontanano verso il tramonto – chiude il cerchio, lasciando nello spettatore un senso di bellezza malinconica.

Perché vale la pena vederlo

In un’epoca in cui il western è diventato una rarità, The Salvation è una piccola gemma che unisce tradizione e innovazione. Non inventa nulla di rivoluzionario, ma rilegge il genere con rispetto e intelligenza, arricchendolo di sfumature europee e di un’estetica visiva impeccabile. È un film che parla agli amanti delle frontiere perdute, ma anche a chi cerca un cinema di genere capace di raccontare storie universali di perdita, vendetta e redenzione.

E voi? Qual è il vostro western “fuori dagli schemi” preferito? Fatecelo sapere nei commenti e… preparatevi a sellare il cavallo: il West, anche se filtrato da una lente danese, non ha mai smesso di affascinare.

Kill Bill: Volume 1 – Tarantino taglia, cuce e sanguina. Impressioni a caldo di una nerd appena uscita dalla sala

Ci sono pellicole che non si limitano ad arrivare sugli schermi: irrompono con la forza di una tempesta perfetta. Kill Bill: Volume 1 è uno di questi. Non ha bussato, non ha sussurrato un timido “permesso”; è entrato in scena come un uragano estetico armato del volto glaciale di Uma Thurman e di un’inarrestabile, coreografica violenza. Quentin Tarantino non si è limitato a girare un film, ha aperto il dojo del cinema mondiale con un sorriso sfrontato e, invece di inchinarsi alle convenzioni, ha sferrato un colpo maestro che ha lasciato tutti a bocca aperta. Ogni singola inquadratura è una parata d’onore, ogni scelta di montaggio una schivata perfetta, ogni scambio di battute un fendente affilato.

Quando si esce dalla visione, è impossibile scrollarsi di dosso la sensazione che il pavimento della Casa delle Foglie Blu scricchioli ancora sotto le suole della nostra mente. Questo primo atto non è una semplice opera cinematografica, ma un esercizio di stile esplosivo, una dichiarazione d’amore folle e sanguinosa indirizzata a tutto ciò che ha plasmato l’immaginario collettivo, facendone un linguaggio universale. Dal Kung Fu di Bruce Lee ai maestosi samurai di Kurosawa, dai B-movie grindhouse più sporchi agli spaghetti-western di Sergio Leone, Kill Bill è un catalogo vivo di ossessioni. È l’atto di fede di un autore che ha studiato ogni frame della sua passione e che ora la restituisce al mondo in un urlo visivo inconfondibile, che vibra della stessa energia di un appassionato che riconosce ogni singola citazione.

L’apertura è un diretto allo stomaco: una sposa, un abito nuziale macchiato, un respiro affannoso. Poi la voce ipnotica di Bill, che sembra condannare e consolare nello stesso, fatale sussurro. E lo sparo. Il passaggio al bianco e nero non è un vezzo: è una cicatrice cinematografica. In quel preciso istante, l’appassionato capisce che la vendetta non è un semplice tema, ma la linfa vitale che scorre attraverso l’intera opera.

Tarantino distrugge la linearità, strutturando la narrazione come un manga sfogliato al contrario, diviso in capitoli che si muovono nel tempo con la libertà di un maestro che conosce le regole solo per il gusto di riscriverle. Il primo scontro epico – quello tra La Sposa e Vernita Green – è una vera e propria lezione di grammatica tarantiniana: un salotto suburbano si trasforma in un ring domestico, dove coltelli e frullatori prendono il posto di armi convenzionali, in una coreografia che dosa alla perfezione comicità e brutalità, come se il rigore di Bruce Lee avesse incontrato l’anarchia di Tex Avery. L’interruzione dell’azione, con la comparsa della piccola Nikki sulla soglia, è la mossa più acuta: Tarantino ci dice che la vendetta non è mai un fatto privato. È ereditaria, un trauma che si trasmette di generazione in generazione, cambiando solo il volto dell’esecutore.


Dall’Ospedale al Dojo: Una Scalata Videoludica

La Sposa riemerge dal coma non come una vittima, ma come un avatar che ha appena recuperato una vita extra. La sequenza in ospedale è forse il respawn più iconico mai filmato: Uma Thurman riprende il controllo del suo corpo a suon di mantra per i nervi, ruba l’auto gialla – già un’icona prima ancora di mettersi in moto – e rinasce nel mondo come una fenice armata di pura rabbia.

Tarantino non edulcora il trauma subito, ma lo distilla, trasformandolo in carburante narrativo purissimo. Ogni passo della Sposa fuori da quella stanza è un centimetro strappato alla morte. Da quel momento in poi, il film si trasforma in una vera e propria scalata videoludica – un beat ’em up di carne e acciaio – dove ogni capitolo rappresenta un livello con il suo boss finale, le sue regole e il suo stile visivo distintivo. Uma Thurman, in questo contesto, è più di un’attrice; è un’icona reincarnata, il cui dolore brucia lento, scrivendo sulla sua pelle la calligrafia dell’ossessione che muove ogni sua azione.


Tokyo: L’Inchiostro che Diventa Sangue Poetico

L’arrivo a Tokyo è la definitiva trasformazione: il cinema di Tarantino si fa carta, inchiostro e vibrazione. La sequenza anime che svela l’infanzia di O-Ren Ishii è un capolavoro racchiuso nel capolavoro: un flashback disegnato che diventa ferita viva. In pochi, intensissimi minuti, la tragedia di una bambina si trasforma in un potere spietato, e il trauma diventa la corona regale. Lucy Liu dona al personaggio un’eleganza letale, la precisione di un haiku recitato con la lama sguainata.

Quando La Sposa fa il suo ingresso nella Casa delle Foglie Blu, l’opera cambia pelle un’ultima volta. La musica si fa ritmo, la fotografia si trasforma in danza e il sangue diventa pigmento narrativo. Gli 88 Folli non sono semplici antagonisti, ma stelle cadenti che esplodono in un balletto pulp che mescola arti marziali, gore lirico e l’immancabile ironia pop. Il repentino e quasi mistico passaggio al bianco e nero, subito seguito dal duello nella neve tra La Sposa e O-Ren, è cinema allo stato puro: la neve che cade funge da metronomo per lo scontro, la katana canta, e quando lo scalpo si stacca nel silenzio irreale, si capisce che la violenza, in questo contesto, non è mera spettacolarizzazione. È rituale, è catarsi.


La Lama Sacra di Hanzō: Il Silenzio di Okinawa

Nel capitolo dedicato a Okinawa, Tarantino opera un netto cambio di tono: dalla furia più cieca si passa al silenzio, dal massacro alla meditazione. L’incontro con Hattori Hanzō, interpretato dal leggendario Sonny Chiba, è una vera e propria preghiera laica al cinema di genere giapponese. Hanzō non è solo un fabbro, è un artigiano dell’anima, un uomo che aveva giurato di non forgiare più la morte, ma che torna sui suoi passi per onorare un debito con la Storia del cinema e della vendetta.

Le scene nel suo locale profumano di legno, brodo dashi, acciaio e nostalgia. Quando consegna la sua spada alla Sposa, Tarantino sceglie il silenzio assoluto, riservato solo agli oggetti sacri. Quella lama non è una semplice arma: è il MacGuffin definitivo che squarcia le barriere tra generi, culture e linguaggi. È il cinema stesso, affilato e sacro, nelle mani di chi sa usarlo.


Archetipi, Musica e il Labirinto Emotivo

I personaggi di Kill Bill: Volume 1 sono tutti estratti da un multiverso pulp perfettamente condiviso: Vernita Green, killer e madre; Elle Driver, il serpente in attesa; O-Ren Ishii, l’imperatrice di ghiaccio; e Bill, la voce fantasma che incombe su tutto come un dio assente. Uma Thurman non recita: incide ogni gesto, rendendo ogni sguardo un colpo inferto senza muovere un muscolo. Tarantino, come un vero Dungeon Master su pellicola, lascia intravedere mille storie parallele: ogni comprimario sembra avere un suo spin-off nascosto nell’ombra. È worldbuilding puro, degno dei migliori universi narrativi del fumetto e del gioco di ruolo.

E il suono in questa sinfonia non accompagna: colpisce. Ogni brano è scelto con la precisione di una tecnica di combattimento, dalla malinconia ipnotica di “Bang Bang (My Baby Shot Me Down)” all’adrenalina pura di “Battle Without Honor or Humanity”. Tarantino compone la colonna sonora come un DJ samurai. La musica non spiega l’azione, la comanda. E quando attacca “The Lonely Shepherd” di Zamfir, si percepisce l’eco di un cinema che piange e sorride simultaneamente.

Dividere Kill Bill in due volumi non è stata una mossa commerciale, ma una scelta di ritmo narrativo essenziale. Il primo film si arresta come un respiro trattenuto: due nomi depennati, tre in attesa, e una domanda che deflagra nel cervello dell’appassionato: “La tua bambina è ancora viva.” Non è un semplice cliffhanger, è un colpo di scena che riscrive retroattivamente ogni evento visto fin lì. La vendetta non è una linea retta, ma un labirinto emotivo in cui ogni porta aperta rivela una nuova, inattesa ferita.


L’Eredità di un’Ossessione

Alla fine, nel silenzio della sala, rimane una sensazione chiara: Kill Bill: Volume 1 è un film che respira, suda, ride e sanguina con la stessa naturalezza dei nostri sogni più vividi. È Tarantino all’apice della sua libertà creativa, il regista che gioca con il cinema come un otaku con i suoi action figure più preziosi.

C’è il giallo iconico di Bruce Lee, il bianco solenne di Kurosawa, il rosso infuocato del western italiano, e il nero tagliente dell’ironia tarantiniana. È un mosaico esplosivo che parla a ogni spettatore in modo diverso: il fan sfegatato riconosce all’istante le citazioni, il neofita sente solo il battito furioso di una storia che non dà tregua.

E al centro di tutto, una donna che non chiede pietà. Chiede solo giustizia. O forse, dopo tutto, solo pace.


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E adesso tocca a voi, community di CorriereNerd.it 🔥 Avete rivisto Kill Bill: Volume 1 in occasione del suo anniversario? Qual è la scena che vi ha steso, il frame che vi è rimasto inciso nella retina, la traccia che vi risuona ancora in testa?

Scrivetelo nei commenti e preparate la lama affilata delle vostre opinioni: la vendetta sarà anche un piatto da gustare freddo, ma la discussione, qui, la vogliamo assolutamente bollente.