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Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera”

Paragonata dalla stampa francese a Fred Vargas, Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera“, il primo volume della serie noir che ha fatto impazzire la stampa e i librai francesi. “Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione profonda e satirica sul mondo che ci circonda, capace di mescolare suspense e critica sociale con un’ironia pungente.

Protagonista indiscussa della storia è Ghjulia Boccanera, soprannominata “Diou”, una donna di cinquant’anni con un passato travagliato. Divorziata da Jo, un poliziotto, senza figli e con un coinquilino, Diou incarna l’immagine di un’antieroina atipica, un personaggio dalla vita disordinata ma dalla determinazione ferrea. È una detective privata senza paura, ma anche priva di illusioni, che si muove nei vicoli e nelle periferie di Nizza con un paio di Dr. Martens ai piedi, simbolo di una personalità ribelle e decisa. La sua esistenza è segnata dall’insonnia, alimentata da un consumo compulsivo di caffè, ma anche da una forza interiore che la spinge ad affrontare i casi più pericolosi, senza remore.

La storia prende il via quando un giovane dal volto angelico la ingaggia per investigare sull’omicidio del suo compagno, un uomo ricco e sofisticato, noto nel mondo dell’arte. Questo omicidio, però, è solo l’inizio di un’indagine che porterà Diou a scoprire ben più di quanto avrebbe voluto. La sua ricerca la catapulta nel cuore di Nizza, tra i suoi quartieri più cupi e complicati, costringendola a confrontarsi con una realtà fatta di potere, denaro e intrighi.

La creatività di Michèle Pedinielli si distingue per la sua capacità di trattare temi complessi con leggerezza e ironia. La sua prosa è brillante e mai banale, riuscendo a far emergere un umorismo sottile che non sfocia mai nell’ovvio, ma che riesce a regalare momenti di vera freschezza. La Pedinielli scrive come vive, senza freni, con una voce autentica che ci porta nelle pieghe più oscure della società francese, facendo luce sugli aspetti più problematici del nostro tempo.

La trama di “Boccanera” è costruita su una serie di colpi di scena che incatenano il lettore fino all’ultima pagina. L’autrice non si limita a raccontare una storia di omicidi e indagini, ma intreccia il tutto con una critica sociale pungente, trattando temi delicati come la situazione dei rifugiati, gli imbrogli politici e la condizione del mondo del lavoro. Nizza, infatti, non è solo una città da cartolina con il suo mare e il suo

Il finale è una vera e propria sorpresa, capace di lasciare il lettore senza fiato. Pedinielli gioca con le aspettative del pubblico e porta la sua protagonista in un viaggio che non è solo fisico, ma soprattutto esistenziale. Il caso che Diou deve risolvere si intreccia con la sua stessa visione del mondo e della vita, mettendo in discussione valori, scelte e l’essenza stessa della giustizia.

La stampa francese non ha mancato di lodare il lavoro della Pedinielli. Per Patrick Raynal, l’autrice ha creato un personaggio che potrebbe essere la figlia ideale di Montale e Corbucci. Secondo Libération, Michèle Pedinielli scrive senza filtri, con uno stile diretto e irriverente che la rende unica nel panorama noir. Come sottolineato da Le Monde, la sua capacità di muoversi tra scenari complessi e reali, arricchendo la storia con una narrazione vivace e ironica, la rende una delle voci più interessanti del genere.

“Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione sulle contraddizioni della società moderna, una lettura che riesce a combinare intrigo e critica sociale con una scrittura che non perde mai in intensità. Con il suo stile unico e il personaggio indimenticabile di Ghjulia Boccanera, Michèle Pedinielli si conferma una scrittrice capace di raccontare le storie più buie con un sorriso beffardo e senza paura di toccare temi scomodi. Il suo esordio in Italia non poteva essere più promettente, e il pubblico italiano è pronto a immergersi in un altro mondo: quello di Nizza, quello di Diou, e quello di una narrativa che sa farsi amare anche nei suoi lati più crudi.

I Disconosciuti: Un Viaggio Nell’Oscurità del Sistema di Accoglienza

Dopo il successo di La linea dell’orizzonte, BeccoGiallo Editore torna con un nuovo progetto di grande impatto: I disconosciuti, un etno graphic novel che esplora tematiche attualissime e dolorose, con uno sguardo profondo e senza filtri sulla vita dei rifugiati e dei richiedenti asilo. La nuova opera, che vanta testi di Francesco Della Puppa, Francesco Matteuzzi, Alessandro Lise e Giulia Storato, accompagnati dai disegni intensi di Francesco Saresin, ci invita a riflettere su un aspetto spesso nascosto della nostra società: le vite di chi è costretto a vivere nell’ombra, tra marginalità e solitudine.

Il cuore della narrazione ruota attorno a Anna, una giovane ricercatrice con un contratto precario, che raccoglie le testimonianze di rifugiati e richiedenti asilo per comprenderne i percorsi di vita. Il suo obiettivo non è solo quello di ascoltare, ma anche di analizzare i limiti e le criticità del sistema di accoglienza. Anna intervista chi non ha mai avuto accesso al sistema ufficiale di accoglienza e chi, pur avendone fatto parte, ha scelto di abbandonarlo, per motivi spesso legati a disillusioni o mancanza di speranza.

Nel contesto di un sistema che, seppur disegnato per offrire protezione, spesso produce l’effetto opposto, I disconosciuti non si limita a raccontare delle storie di sofferenza, ma ci pone una domanda essenziale: dove vivono veramente i rifugiati? E come riescono a inserirsi nel mondo del lavoro, quando il loro status di migrante sembra essere un ostacolo insormontabile?

Questa graphic novel è molto più di una semplice cronaca: è una riflessione sulla nostra società, sul sistema di accoglienza e sulle sue imperfezioni. Come scrive Agostino Petrillo nella prefazione, l’opera riesce a ricostruire “efficacemente quanto abbiamo spesso dovuto toccare con mano nella nostra esperienza di ricercatori militanti: la deriva delle vite di scarto e la marginalità estrema che sperimenta chi finisce nel tritacarne dei campi dalle mille sigle.”

Con uno stile visivo che cattura l’intensità emotiva e un testo che stimola riflessioni importanti, I disconosciuti si inserisce perfettamente nel panorama degli etno graphic novel, un genere che non solo racconta storie, ma ci spinge a guardare la realtà da una prospettiva diversa, spesso scomoda, ma fondamentale per capire le dinamiche sociali che ci circondano.

Black Knight su Netflix: una distopia che lascia troppe domande senza risposta

Il 12 maggio 2023, Netflix ha distribuito Black Knight, una serie televisiva sudcoreana che prende ispirazione dal webtoon Taekbaegisa (Delivery Knight) di Lee Yun-kyun. Ambientata in un futuro post-apocalittico, la serie esplora un mondo devastato da un inquinamento atmosferico estremo, causato dall’impatto di una cometa, che ha ridotto la Terra a un deserto inospitale. L’aria è diventata irrespirabile e solo l’1% dell’umanità è sopravvissuto. In questo scenario, i cosiddetti “cavalieri delle consegne” sono gli unici in grado di garantire la sopravvivenza, consegnando ossigeno e altre risorse vitali a chi è rimasto.

Nel 2071, la Corea del Sud si è trasformata in una landa desolata. La maggior parte degli esseri umani è perita a causa dell’inquinamento, mentre pochi fortunati hanno trovato rifugio in una città-cupola, dove possono respirare grazie a un generatore d’aria creato dal Cheonmyeong Group. La società è frammentata in classi sociali ben definite, con una netta divisione tra i privilegiati e i rifugiati, coloro che vivono nelle rovine delle città. I rifugiati, senza alcun tipo di supporto, sono costretti a sopravvivere grazie all’aiuto dei “cavalieri”, i quali svolgono un ruolo cruciale nel mantenere in vita le persone, ma anche nel determinare chi merita di sopravvivere e chi no.

La trama di Black Knight è un affascinante mix di elementi distopici e lotte di classe. La serie, composta da sei episodi di circa un’ora ciascuno, dipinge un mondo dove il diritto alla vita è ristretto a chi può permettersi il privilegio di respirare aria pulita. L’idea dei “cavalieri delle consegne”, una sorta di elite incaricata di distribuire l’ossigeno, è tanto intrigante quanto inquietante. Diventare un corriere significa avere accesso a un potere straordinario: il potere di salvare o condannare la vita di altri.

Nel cuore della serie troviamo la lotta per la sopravvivenza. L’inquinamento atmosferico ha ridotto la vita sulla Terra a un gioco crudele e mortale, dove chi ha il potere di distribuire ossigeno è visto come una figura di grande importanza. Il protagonista, il leggendario cavaliere 5-8, diventa simbolo di speranza per i rifugiati, ma anche oggetto di disprezzo per coloro che usano il suo ruolo per i propri scopi. La domanda fondamentale che Black Knight solleva riguarda proprio il valore di quel ruolo: essere un eroe significa salvare la vita degli altri, o avere il controllo su chi vive e chi muore?

La serie si immerge in una riflessione sulle disuguaglianze sociali, ma non riesce completamente a sviluppare le sue intuizioni iniziali. Mentre il mondo è ben delineato e il contesto del conflitto sociale tra le diverse classi è affascinante, Black Knight spesso perde di vista la componente psicologica dei suoi personaggi. Le dinamiche tra i protagonisti rimangono superficiali, e sebbene ci siano momenti di grande azione e spettacolarità, la serie non riesce ad approfondire veramente le motivazioni dei suoi personaggi. I rifugiati, ad esempio, sono disegnati in modo piuttosto generico, e il loro conflitto non viene mai esplorato in modo significativo.

Il regista Cho Ui-Seok, conosciuto per la sua capacità di giocare con il ritmo e la tensione, sembra manovrare abilmente le dinamiche di assuefazione tipiche delle serie distopiche, ma in questo caso si limita troppo alle scene d’azione e al conflitto fisico, a scapito di una riflessione più profonda sulle implicazioni morali della sopravvivenza. La domanda “Chi sono gli eroi?” rimane aperta e mai completamente risolta.

Black Knight tenta di seguire le orme di Squid Game, cercando di creare una narrazione coinvolgente che porti gli spettatori a riflettere sulla società, ma non riesce a raggiungere lo stesso livello di introspezione. Sebbene l’idea di un futuro distopico dominato dall’inquinamento e dalla lotta per l’ossigeno sia interessante, la serie si perde in un susseguirsi di azioni spettacolari che non aggiungono molto alla trama complessiva.

Un altro aspetto che non viene mai realmente esplorato è il paradosso dei “cavalieri delle consegne”. Se da un lato questi personaggi sono visti come salvatori, dall’altro sembrano essere dei despoti, essendo gli unici a decidere chi merita di sopravvivere. La domanda su cosa rende un gesto eroico e chi possa essere definito eroe è centrale, ma rimane sospesa. L’idea di “sognare” di diventare un corriere, di ottenere una posizione di potere in un mondo in rovina, non viene mai esplorata in modo significativo.

Black Knight offre una riflessione interessante sul controllo sociale e sulla lotta per la sopravvivenza, ma non riesce a fare pieno uso del suo potenziale narrativo. Le intuizioni iniziali sulla lotta di classe e il potere sono coinvolgenti, ma la serie perde la sua forza quando si concentra troppo sulla spettacolarità dell’azione e troppo poco sulla profondità dei personaggi. Nonostante alcune premesse interessanti, Black Knight non riesce a distinguersi come un prodotto capace di lasciare un segno duraturo, finendo per rimanere un esercizio di stile senza un vero impatto emotivo.