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Spider-Noir: Nicolas Cage e la rinascita oscura dell’Uomo Ragno nella serie live-action di Prime Video

Nel vasto universo Marvel, dove i multiversi si intrecciano come le trame di un fumetto dimenticato su uno scaffale polveroso, ogni tanto nasce una leggenda che sfida ogni aspettativa. Spider-Noir non è semplicemente l’ennesima variazione sul tema dell’Uomo Ragno: è un’operazione narrativa e stilistica che affonda le sue radici nel cuore oscuro del cinema noir e che si appresta a diventare una delle serie più intriganti e audaci del panorama televisivo contemporaneo. Prime Video ha finalmente svelato le prime immagini della serie, e tra ombre taglienti e luci soffuse, un nome spicca su tutti: Nicolas Cage, che vestirà i panni (e il trench) del tormentato Spider-Noir.

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Un eroe fuori dal tempo: Nicolas Cage è Spider-Noir

Il pubblico lo conosce già. Lo ha sentito parlare con voce roca e malinconica in Spider-Man: Into the Spider-Verse e nel suo seguito Across the Spider-Verse, regalando un’interpretazione vocale che ha saputo trasformare un personaggio di nicchia in un’icona amata e venerata. Ma ora è il momento di fare un passo oltre: Nicolas Cage non sarà più solo la voce, ma il volto e l’anima di Spider-Noir, in carne, ossa e ombre lunghe. Questa volta però non interpreterà Peter Parker, bensì Ben Reilly, investigatore privato invecchiato, disilluso, segnato da un passato di tragedie e verità scomode. Una scelta che si discosta dai fumetti originali, ma che sembra voler conferire maggiore profondità psicologica e drammaturgica a un personaggio che non combatte solo contro i criminali, ma contro i fantasmi che infestano la propria anima.

Una New York da brividi: benvenuti nel 1933

Spider-Noir ci porta indietro nel tempo, in una New York plumbea degli anni ’30, teatro ideale per un eroe decadente che si muove tra vicoli bui, pioggia incessante e jazz malinconico. È la città della Grande Depressione, dove la giustizia è corrotta, la verità nascosta e l’eroismo assume i contorni di una vendetta personale. In questo scenario dominato dalla disillusione, il nostro Uomo Ragno non è un adolescente alle prese con la scuola, ma un uomo rotto che cerca risposte tra colpi di pistola e tradimenti. Le immagini trapelate dal set confermano un’estetica che sa di Sin City e The Maltese Falcon, con Cage avvolto da un trench nero, cappello fedora in testa e occhi bianchi luminosi che bucano il buio. La serie, stando a quanto annunciato, sarà disponibile sia in versione a colori che in bianco e nero, per offrire un’esperienza visiva doppia e fedelissima allo spirito noir. Un regalo per i cinefili, un tributo alla pellicola graffiata di un tempo che fu.

Non il solito Spider-Man: tra misteri, pistole e anime spezzate

La trama, avvolta in un alone di segretezza, si preannuncia intensa e stratificata. Non ci sarà spazio per supercattivi urlanti o duelli acrobatici sopra i grattacieli. Qui, la storia si gioca tutta nelle sfumature del grigio morale. Ben Reilly, segnato dalla morte dello zio Ben, si troverà invischiato in un misterioso omicidio: quello di Edward Addison, uomo d’affari apparentemente rispettabile. Da qui si snoderà una spirale di eventi che coinvolgerà politici corrotti, boss mafiosi come Silvermane, e una femme fatale enigmatica e pericolosa: Yuri Watanabe.

È una narrazione che guarda più a Raymond Chandler che a Stan Lee, più al dramma umano che alla fantascienza. Un mix che promette di inchiodare lo spettatore episodio dopo episodio, rivelando lentamente i pezzi di un puzzle che ha per cornice una città perduta e per centro un eroe che ha smesso di credere nella redenzione.

Un cast e una produzione da brivido

Attorno a Cage ruota un cast di talento: Karen Rodriguez, Lamorne Morris, Brendan Gleeson, Abraham Popoola, Li Jun Li, Jack Huston, e una schiera di guest star che renderebbero invidioso qualsiasi red carpet, da Lukas Haas a Cary Christopher. Alla regia dei primi due episodi troviamo Harry Bradbeer, noto per Fleabag ed Enola Holmes, mentre Oren Uziel e Steve Lightfoot guidano la narrazione nei panni di showrunner, portando in dote l’esperienza maturata con The Punisher e The Cloverfield Paradox.

La produzione è affidata a Sony Pictures Television, con la distribuzione esclusiva su MGM+ negli Stati Uniti e Prime Video a livello globale. Otto episodi che si preannunciano come un crescendo di tensione e bellezza visiva, e che porteranno nuova linfa vitale all’universo Marvel — sempre più variegato e imprevedibile.

Quando vedremo Spider-Noir?

Le riprese sono attualmente in corso e le prime immagini condivise online fanno già sognare. La serie debutterà nel 2026, anche se una data ufficiale non è ancora stata comunicata. Nel frattempo, il fermento dei fan cresce, alimentato da teaser visivi che promettono una delle esperienze più mature, cupe e affascinanti mai viste in casa Marvel.

Un nuovo archetipo di eroe

Spider-Noir non è solo una nuova incarnazione dell’Uomo Ragno. È un’esplorazione dell’identità, una discesa negli abissi del trauma, un racconto che scava nelle crepe dell’animo umano più che nei muri delle città. È la storia di un uomo che non lancia battute, ma sussurra sentenze; che non vola tra i palazzi, ma cammina nell’ombra. È la storia di un eroe che non vuole esserlo, ma che non può fare a meno di esserlo, nel modo più doloroso e autentico possibile.

Con questa serie, Prime Video e Sony si preparano a ridefinire il concetto stesso di supereroe in TV. Un esperimento audace, destinato a lasciare il segno. Preparatevi a conoscere l’Uomo Ragno che non ha bisogno della luce per brillare. Perché è nell’oscurità che trova la sua vera essenza.

Se anche voi, come noi, non vedete l’ora di scoprire le ombre di questa nuova New York e il volto nascosto dietro la maschera di Spider-Noir, fateci sapere cosa ne pensate! Condividete questo articolo sui vostri social, taggateci e raccontateci: siete pronti a vedere l’Uomo Ragno come non l’avete mai visto prima?

Lanterns: il noir cosmico di HBO che potrebbe rivoluzionare l’universo DC

Lo ammetto: quando si parla di serie tv ispirate ai fumetti, in particolare a quelli della DC, il mio cuore nerd comincia a battere un po’ più forte. Ma questa volta non si tratta di un’altra iterazione di Batman o dell’ennesima origine story di Superman: Lanterns, la nuova serie HBO in arrivo, ha tutta l’aria di essere qualcosa di diverso, di ambizioso, di profondamente… spaziale. E io sono già con gli occhi puntati verso le stelle.

Sotto la supervisione di James Gunn e Peter Safran — i nuovi architetti del rinnovato DC Universe — Lanterns si candida a essere uno dei pilastri fondamentali della nuova era DC. Il progetto è stato affidato a una squadra creativa da sogno, con nomi che hanno già fatto sognare il piccolo e grande schermo: Chris Mundy (l’anima di Ozark), Damon Lindelof (che ci ha sconvolto con Watchmen e Lost) e il grandissimo Tom King, fumettista di punta per DC Comics. Una squadra così potrebbe scrivere un menù del fast food e farlo sembrare un capolavoro narrativo.

Ma veniamo al sodo. Di cosa parla Lanterns? Di misteri, omicidi, galassie e lanterne. Il cuore pulsante della storia è un’indagine su un delitto sulla Terra — all’apparenza ordinario — che si rivela però essere la punta dell’iceberg di una cospirazione che minaccia l’equilibrio dell’intero universo. A guidarci in questo viaggio, due icone assolute dell’universo DC: Hal Jordan e John Stewart. Due Lanterne Verdi, due caratteri opposti, due eroi divisi da esperienze ma uniti dal dovere.

Hal Jordan, interpretato dal carismatico Kyle Chandler, è il veterano disilluso, quello che ha già visto troppa oscurità nello spazio profondo per credere ancora negli ideali puri. John Stewart, affidato ad Aaron Pierre, è invece il nuovo arrivato, l’idealista che crede ancora nella giustizia e nell’onore del Corpo delle Lanterne. Vederli interagire, investigare, scontrarsi e (forse) imparare l’uno dall’altro sarà, scommetto, uno degli elementi più magnetici della serie.

E non pensate al solito spettacolo supereroistico. Lanterns punta a qualcosa di molto più raffinato: una detective story cosmica, con atmosfere noir alla True Detective, intrisa di quel senso di mistero e inquietudine che tanto ci piace. È come se Blade Runner incontrasse Green Lantern in una galassia lontana. Non è solo l’azione a guidare la storia, ma il dubbio, la scoperta, l’oscurità. E ammettiamolo: vedere un prodotto DC con questo tono maturo e introspettivo è una ventata d’aria fresca.

Le riprese inizieranno a febbraio 2025 a Los Angeles, con un finale programmato per luglio dello stesso anno. HBO punta in alto, e l’uscita prevista nel 2026 potrebbe segnare davvero un punto di svolta per la serialità supereroistica.

Nel cast troviamo anche nomi interessanti: Kelly Macdonald nei panni dello sceriffo Kerry (che potrebbe anche far battere il cuore a Hal…), Ulrich Thomsen come l’iconico Sinestro — ex Lanterna Verde, ora temibile antagonista — e, udite udite, Paul Ben-Victor in un ruolo alieno chiamato Antaan. Ora, i lettori più fedeli dei fumetti già lo pensano: Antaan suona molto simile a Atros, alias Atrocitus, il furente fondatore delle Lanterne Rosse. Coincidenze? Non credo proprio.

Se davvero vedremo Atrocitus in azione, questo significa una sola cosa: Lanterns ci porterà oltre il verde. Potremmo assistere all’introduzione dell’intero spettro emozionale delle Lanterne: rosse, arancioni, blu… un’intera mitologia ancora poco esplorata sullo schermo, pronta a esplodere in tutta la sua potenza visiva ed emotiva.

E lasciatemi dire una cosa: Lanterns potrebbe essere il terreno perfetto per esplorare cosa significa davvero essere un eroe in un universo dove le emozioni non sono solo parte del carattere, ma vere e proprie fonti di potere. L’ira di Atrocitus, la speranza dei Blue Lanterns, l’avidità dell’arancione Larfleeze… ogni colore, ogni Lanterna, porta con sé un significato profondo. E HBO sembra intenzionata a non lasciarsi sfuggire l’occasione di raccontarlo con la giusta intensità.

Insomma, siamo davanti a una serie che non si accontenta di cavalcare il trend dei supereroi, ma vuole ridefinirlo. Lanterns potrebbe essere il ponte perfetto tra la grandeur epica di Game of Thrones e la tensione narrativa di Mindhunter. Se reggerà il peso delle sue promesse, sarà una di quelle serie che cambiano le regole del gioco.

E ora tocca a voi: siete pronti a indossare l’anello e a immergervi in questo noir intergalattico? Ditemi cosa ne pensate nei commenti qui sotto o condividete l’articolo sui vostri social preferiti. L’universo delle Lanterne è più vicino di quanto pensiamo… e promette di illuminare anche gli angoli più oscuri della nostra immaginazione.

Cosa sappiamo di Vought Rising: il nuovo Spin-Off di The Boys?

Dopo il trionfante successo di The Boys, Prime Video non solo si prepara a concludere la storia principale con una quinta e ultima stagione, ma si appresta anche ad ampliare ulteriormente l’universo di questa serie straordinaria con un nuovo spin-off che promette di tenere alta l’attenzione dei fan. Vought Rising è il titolo di questa nuova proposta, un prequel che ci catapulterà negli anni ’50, in un’epoca in cui la multinazionale Vought stava iniziando a definire le proprie oscure e diaboliche manovre nel mondo dei supereroi. Già durante la San Diego Comic-Con 2024, i fan hanno ricevuto alcune informazioni che fanno presagire una nuova intrigante direzione per la serie. Nel dettaglio, Vought Rising ci guiderà attraverso un misterioso caso di omicidio avvenuto all’interno della Vought negli anni ’50, un crimine che diventerà il punto di partenza per svelare le inquietanti origini della compagnia. Questo mistero si intreccerà con le manovre sinistre di Stormfront, che all’epoca si celava dietro il nome di Clara Vought, e le azioni di Soldier Boy, il primo supereroe creato da Frederick Vought, il fondatore della compagnia, durante la Seconda Guerra Mondiale.

La serie è descritta come un intricato mistero in stile noir, intriso di sangue e Compound V, il misterioso e pericoloso composto che ha dato vita ai supereroi. Eric Kripke, creatore di The Boys, insieme a Paul Grellong, produttore esecutivo della serie, promettono ai fan di “sconvolgere le loro menti e turbare le loro anime” con una narrazione che, come nella serie madre, non farà prigionieri e affronterà temi forti e controversi.

Il ritorno di Jensen Ackles nei panni di Soldier Boy e di Aya Cash in quelli di Stormfront non è l’unica novità per Vought Rising. Al cast si sono aggiunti recentemente Elizabeth Posey, nota per il suo ruolo in Euphoria, e Will Hochman, che ha fatto il suo nome con Blue Bloods. Sebbene i dettagli sui loro personaggi siano ancora segreti, è plausibile che interpretino membri fondatori o dipendenti degli anni ’50 della Vought, e c’è anche la possibilità che Hochman possa essere legato a Frederick Vought, magari come un parente o una figura chiave nella costruzione del potere della compagnia.

Se da un lato l’attrazione per Vought Rising si basa sul ritorno di personaggi familiari, dall’altro la serie promette anche di espandere l’universo di The Boys, aggiungendo nuovi strati di complessità e rivelazioni. La sua struttura, quindi, avrà il compito di arricchire una mitologia già ricca e articolata, con nuove storie e nuovi protagonisti che potrebbero fornire una visione ancora più ampia dei meccanismi che hanno alimentato l’ascesa di Vought come impero globale dei supereroi.

La produzione di Vought Rising si avvale dei veterani della serie madre, con Kripke e Grellong alla guida, e viene prodotta da Sony Pictures Television e Amazon MGM Studios, in collaborazione con Kripke Enterprises, Point Grey Pictures e Original Film. L’esperienza accumulata dai membri del team nella realizzazione della serie principale promette una continuità narrativa e qualitativa che potrebbe rivelarsi fondamentale per il successo di questo spin-off.

Al momento, non è stata ancora fissata una data di uscita per Vought Rising, anche se con l’inizio della produzione e il completamento del casting, è probabile che la serie arrivi a breve. Per il momento, i fan dovranno accontentarsi di aspettare la seconda stagione di Gen V, un altro spin-off che proseguirà la saga nell’universo di The Boys e che è previsto per il 2025.

In ogni caso, Vought Rising si profila come un tassello fondamentale nell’espansione dell’universo di The Boys. Con la sua trama avvincente, i ritorni di personaggi iconici, e la prospettiva di rivelazioni sconvolgenti sulla nascita e l’ascesa di Vought, la serie promette di attrarre sia i fan di vecchia data che i neofiti, portando il cinico e affascinante mondo dei supereroi sotto una nuova luce. Resta solo da vedere come questa saga di omicidi, complotti e supereroi si intreccerà con il destino dell’universo di The Boys, ma una cosa è certa: gli appassionati saranno pronti a scoprire ogni oscuro segreto che Vought Rising avrà in serbo.

L’arte di Ivo Milazzo. Nick Raider. Il debutto della collana dedicata al grande autore

Sergio Bonelli Editore apre un nuovo capitolo nella celebrazione del maestro del fumetto Ivo Milazzo, con il debutto della sua collana “L’arte di Ivo Milazzo”, un viaggio nell’universo visivo di uno degli artisti più raffinati del panorama fumettistico contemporaneo. Il primo volume, che arriverà in libreria il 4 aprile, è un tributo a una delle sue creazioni più celebri: Nick Raider, il poliziotto ideato da Claudio Nizzi nel 1988. Questo numero raccoglie due storie iconiche che incarnano perfettamente il realismo crudo e la tensione emotiva che hanno reso questo personaggio un punto di riferimento per gli appassionati del genere noir.

L’arte di Milazzo è un perfetto equilibrio tra grazia e potenza. Il suo tratto, delicato e preciso, è capace di immergere il lettore in un’atmosfera che unisce la leggerezza della pittura all’intensità delle emozioni. In questo primo volume, l’artista esplora i meandri più oscuri della città di New York in “Omicidio al Central Park” e ci porta nel vortice di una passione distruttiva con “Jimmy e Juanita”, racconti che non solo sono esperti esempi di narrazione grafica, ma anche profonde meditazioni sul lato oscuro dell’animo umano. La sua visione di Nick Raider è senza compromessi, e Milazzo riesce a restituire la crudezza della vita urbana senza mai scadere nel sensazionalismo, ma mantenendo sempre un senso di realismo palpabile.

Ciò che colpisce maggiormente nel lavoro di Milazzo è la sua cura meticolosa nel trattamento del segno. Ogni tratto sembra essere guidato da una riflessione profonda sulla materia, sul supporto su cui il disegno è realizzato. Non si tratta di un semplice disegno: ogni linea sembra rispettare la carta, quasi fosse una carezza. La leggerezza del tratto, la sottigliezza con cui le immagini prendono forma, rivelano una sensibilità rara, che fa di Milazzo non solo un narratore, ma anche un poeta visivo. In questo senso, la sua scelta dell’acquarello come tecnica di colorazione non è casuale. L’acquarello, infatti, non sovrasta mai il disegno, ma si fonde con esso, rimanendo sempre trasparente, come un’ombra delicata che lascia respirare l’immagine. Il risultato è un’armonia che, pur mantenendo il peso drammatico delle storie, non rinuncia mai a una qualità visiva che sa essere lieve e al contempo potente.

Ivo Milazzo è riuscito a conquistare il cuore dei lettori non solo per la sua abilità nel disegnare l’azione e la suspense, ma anche per il suo approccio alla narrazione emotiva. La sua capacità di raccontare la tragedia senza esagerare, di evidenziare la forza dei sentimenti senza mai cadere nella retorica, è uno dei tratti distintivi che rendono il suo lavoro così speciale. E se si parla di eleganza, un esempio perfetto lo troviamo nella copertina che Milazzo realizzò per “Casa dolce casa”, un episodio della serie Ken Parker. Lì, più che una scena di azione, vediamo il protagonista in un momento di serenità, un’immagine che trasmette calma e riflessione. Un cavallo stanco, ma tranquillo, che si fa trasportatore di una vita più semplice, quasi rurale, in contrasto con il tumulto di emozioni che altrimenti avvolgerebbero la scena. Questo è il vero talento di Milazzo: riesce a raccontare l’avventura e il dramma partendo da una visione che privilegia la serenità, la quiete, l’armonia come le emozioni più potenti e vere.

Milazzo ci insegna che, per dipingere la tragedia e la sofferenza, è necessario partire dalla comprensione e dall’armonia. Le sue storie, seppur immerse nel crimine e nell’oscurità, non sono mai gratuite, non sono mai esagerate. Il suo segno è il veicolo di una poetica che riesce a toccare le corde più profonde dell’animo umano, parlando di dolore, di passione e di morte, ma sempre con un’incredibile leggerezza, come se ogni pagina fosse il respiro di un paesaggio che non smette mai di incantare. E forse, in quest’armonia delicata, sta il vero segreto del suo successo: Milazzo riesce a farci vedere l’avventura sotto una luce che non è mai stata così pura, mai così autentica.

Con il debutto di questa collana, Sergio Bonelli Editore rende omaggio a un maestro che non smette di sorprendere, e questo volume dedicato a Nick Raider è solo l’inizio di un viaggio visivo che promette di esplorare le meraviglie e i misteri del tratto e della narrazione di Ivo Milazzo. Un’occasione imperdibile per gli amanti del fumetto, ma anche per chi cerca un’esperienza artistica capace di travolgere senza mai rinunciare alla delicatezza.

Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera”

Paragonata dalla stampa francese a Fred Vargas, Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera“, il primo volume della serie noir che ha fatto impazzire la stampa e i librai francesi. “Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione profonda e satirica sul mondo che ci circonda, capace di mescolare suspense e critica sociale con un’ironia pungente.

Protagonista indiscussa della storia è Ghjulia Boccanera, soprannominata “Diou”, una donna di cinquant’anni con un passato travagliato. Divorziata da Jo, un poliziotto, senza figli e con un coinquilino, Diou incarna l’immagine di un’antieroina atipica, un personaggio dalla vita disordinata ma dalla determinazione ferrea. È una detective privata senza paura, ma anche priva di illusioni, che si muove nei vicoli e nelle periferie di Nizza con un paio di Dr. Martens ai piedi, simbolo di una personalità ribelle e decisa. La sua esistenza è segnata dall’insonnia, alimentata da un consumo compulsivo di caffè, ma anche da una forza interiore che la spinge ad affrontare i casi più pericolosi, senza remore.

La storia prende il via quando un giovane dal volto angelico la ingaggia per investigare sull’omicidio del suo compagno, un uomo ricco e sofisticato, noto nel mondo dell’arte. Questo omicidio, però, è solo l’inizio di un’indagine che porterà Diou a scoprire ben più di quanto avrebbe voluto. La sua ricerca la catapulta nel cuore di Nizza, tra i suoi quartieri più cupi e complicati, costringendola a confrontarsi con una realtà fatta di potere, denaro e intrighi.

La creatività di Michèle Pedinielli si distingue per la sua capacità di trattare temi complessi con leggerezza e ironia. La sua prosa è brillante e mai banale, riuscendo a far emergere un umorismo sottile che non sfocia mai nell’ovvio, ma che riesce a regalare momenti di vera freschezza. La Pedinielli scrive come vive, senza freni, con una voce autentica che ci porta nelle pieghe più oscure della società francese, facendo luce sugli aspetti più problematici del nostro tempo.

La trama di “Boccanera” è costruita su una serie di colpi di scena che incatenano il lettore fino all’ultima pagina. L’autrice non si limita a raccontare una storia di omicidi e indagini, ma intreccia il tutto con una critica sociale pungente, trattando temi delicati come la situazione dei rifugiati, gli imbrogli politici e la condizione del mondo del lavoro. Nizza, infatti, non è solo una città da cartolina con il suo mare e il suo

Il finale è una vera e propria sorpresa, capace di lasciare il lettore senza fiato. Pedinielli gioca con le aspettative del pubblico e porta la sua protagonista in un viaggio che non è solo fisico, ma soprattutto esistenziale. Il caso che Diou deve risolvere si intreccia con la sua stessa visione del mondo e della vita, mettendo in discussione valori, scelte e l’essenza stessa della giustizia.

La stampa francese non ha mancato di lodare il lavoro della Pedinielli. Per Patrick Raynal, l’autrice ha creato un personaggio che potrebbe essere la figlia ideale di Montale e Corbucci. Secondo Libération, Michèle Pedinielli scrive senza filtri, con uno stile diretto e irriverente che la rende unica nel panorama noir. Come sottolineato da Le Monde, la sua capacità di muoversi tra scenari complessi e reali, arricchendo la storia con una narrazione vivace e ironica, la rende una delle voci più interessanti del genere.

“Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione sulle contraddizioni della società moderna, una lettura che riesce a combinare intrigo e critica sociale con una scrittura che non perde mai in intensità. Con il suo stile unico e il personaggio indimenticabile di Ghjulia Boccanera, Michèle Pedinielli si conferma una scrittrice capace di raccontare le storie più buie con un sorriso beffardo e senza paura di toccare temi scomodi. Il suo esordio in Italia non poteva essere più promettente, e il pubblico italiano è pronto a immergersi in un altro mondo: quello di Nizza, quello di Diou, e quello di una narrativa che sa farsi amare anche nei suoi lati più crudi.

MOUSE: PI for Hire, lo sparatutto in prima persona che unisce violenza e cartoon

Nel vasto universo dei videogiochi indie, ogni tanto emerge un titolo che riesce a catturare immediatamente l’attenzione, e “Mouse: PI for Hire” è uno di questi. Il progetto, sviluppato dallo studio polacco Fumi Games e pubblicato dall’australiana PlaySide Studios Limited, promette di regalare un’esperienza fuori dal comune, mescolando l’inconfondibile estetica dei cartoni animati degli anni ‘30 con l’adrenalina di uno sparatutto in prima persona. Un connubio affascinante che si fonde con un’ambientazione noir degna dei migliori classici del cinema investigativo.

Un Detective dal Passato Tormentato

Il protagonista di questa avventura è Jack Pepper, un investigatore privato con un passato da eroe di guerra, costretto a muoversi nei vicoli oscuri e malfamati di Rattopoli, una città consumata dalla corruzione e dominata dalle gang criminali. Tutto inizia con un cliché intramontabile del genere noir: una misteriosa donna in pericolo bussa alla porta del nostro detective, chiedendo aiuto. Ma ben presto, l’indagine di Pepper si trasforma in qualcosa di più grande, un intrigo che lo porterà a scontrarsi con il lato più oscuro della città, tra tradimenti, pericoli e sparatorie al cardiopalma.

Il gioco, atteso per il 2025 su PlayStation, Xbox, Switch e PC, porta il giocatore in una città cupa e affascinante, dove il fascino vintage dell’animazione old-school si unisce a un’azione frenetica degna dei migliori FPS.

L’Estetica Retrò di un Capolavoro Animato

Ciò che salta immediatamente all’occhio di “Mouse: PI for Hire” è il suo stile grafico unico, ispirato ai cartoni animati a tubo di gomma degli anni ‘30. Le animazioni fluide, i personaggi stilizzati e le espressioni esagerate sembrano usciti direttamente da un cortometraggio di Mickey Mouse, con un’evidente attenzione ai dettagli che richiama l’inconfondibile estetica di “Cuphead”.

L’atmosfera noir è esaltata da un’eccezionale colonna sonora jazz retrò, che immerge il giocatore in un mondo fatto di luci soffuse, insegne al neon e locali fumosi. Swing e blues accompagnano ogni sparatoria e inseguimento, enfatizzando il ritmo serrato dell’azione con un sound design che omaggia i film polizieschi d’epoca.

Un FPS Vecchia Scuola con un Cuore Vintage

Non lasciatevi ingannare dallo stile cartoon: “Mouse: PI for Hire” è un FPS puro e frenetico, dove il protagonista potrà sfruttare un vasto arsenale di armi per affrontare le minacce che si nascondono tra le strade di Rattopoli. Pistole, fucili, lanciarazzi e persino esplosivi saranno a disposizione di Jack, con un sistema di combattimento che unisce precisione e spettacolarità.

Ma non è tutto: il gioco introduce meccaniche uniche, come l’utilizzo della coda di Jack come rampino per raggiungere piattaforme sopraelevate o l’uso di power-up consumabili, come spinaci e pezzi di formaggio, che garantiscono bonus temporanei. Il level design, inoltre, è studiato per offrire un’esperienza non lineare, lasciando al giocatore la libertà di esplorare i vari distretti della città alla ricerca di indizi, potenziamenti e segreti nascosti.

Rattopoli: Una Città di Segreti e Pericoli

Uno degli elementi più affascinanti di “Mouse: PI for Hire” è senza dubbio la sua ambientazione. Rattopoli è un organismo pulsante di vita e pericolo, un dedalo di strade, vicoli e locali malfamati dove il crimine regna incontrastato. Dai neon dei casinò alle banchine del porto, passando per il labirinto delle fognature e gli studi cinematografici in stile noir, ogni ambiente è realizzato con una cura meticolosa, arricchito da minigiochi e dettagli che contribuiscono a rendere la città più viva che mai.

Il Futuro di “Mouse: PI for Hire”

L’uscita del gioco è prevista per il 2025, con disponibilità su PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X|S, Xbox One, PC e Nintendo Switch. Inoltre, recenti indiscrezioni suggeriscono che il titolo potrebbe approdare anche su Nintendo Switch 2, ampliando ulteriormente il bacino d’utenza.

Negli ultimi giorni, Fumi Games ha rilasciato nuovi filmati di gameplay, mostrando sequenze ambientate in scenari inediti, tra cui una giungla sotto la pioggia e una miniera accessibile tramite un vecchio ascensore arrugginito. Questi aggiornamenti costanti indicano che lo sviluppo sta procedendo a ritmo serrato e che presto potremmo avere notizie ufficiali sulla data di uscita definitiva.

“Mouse: PI for Hire” si preannuncia come uno dei titoli indie più intriganti del prossimo anno. Con il suo mix esplosivo di noir, azione e cartoon, potrebbe rappresentare una delle esperienze videoludiche più originali degli ultimi anni. Non resta che attendere il 2025 per scoprire se Fumi Games riuscirà a mantenere le promesse e regalarci un’avventura memorabile nei vicoli di Rattopoli.

È successo un guaio – Strumenti disumani

Dopo il successo dell’anteprima a Lucca Comics & Games, SaldaPress lancia ufficialmente È successo un guaio – Strumenti disumani, la nuova graphic novel firmata da Lorenzo Palloni, uno degli autori più acclamati del fumetto italiano. Con questa opera, Palloni intreccia il giallo con il noir sociale, offrendo una narrazione che riflette sulle relazioni umane e sulle complessità del nostro tempo.

Ambientata in una città italiana senza nome, proiettata in un futuro talmente vicino da sembrare spaventosamente familiare, la storia segue le vicende della Hari Investigazioni. Questa piccola agenzia di investigazioni private è diretta dalla tenace Nadia Malocchi, affiancata dalle sue due figlie, Jo e Dami. Attraverso i loro occhi, Palloni costruisce un racconto che va oltre i confini dei casi criminali: si addentra nelle dinamiche della loro famiglia, un microcosmo di tensioni e fragilità che riflette le incertezze della società che li circonda.

Jo è un personaggio che lascia il segno: una donna forte, fiera del suo corpo e della sua identità, che non si piega ai pregiudizi sociali. Dami, sua sorella, è una donna transgender ed ex poliziotta, il cui passato tormentato si intreccia con le sfide quotidiane della famiglia. Insieme, si trovano a combattere non solo contro un mondo in decadimento, ma anche contro le loro battaglie personali, il tutto mentre la città attorno a loro si sgretola sotto il peso della violenza e del ritorno della mafia.

Nel frattempo, una serie di attentati e omicidi sconvolge la città. Le sorelle Malocchi capiscono che per affrontare l’oscurità esterna e interna devono unire le forze, anche se questo significa cercare di riportare nella squadra il loro fratello Kris, un genio delle investigazioni ma attualmente isolato e schiacciato dalla depressione. La sua mente brillante è l’unica che potrebbe fare la differenza, ma il prezzo da pagare potrebbe essere più alto di quanto immaginino.

La storia si sviluppa in una “città di mare senza mare”, un luogo che diventa metafora di una società al collasso. Qui, la violenza, la corruzione e l’ipocrisia si riflettono nelle vite dei protagonisti, che si trovano a camminare sul filo del rasoio tra verità e sopravvivenza.

Con È successo un guaio, Lorenzo Palloni conferma il suo talento nel raccontare storie intense e stratificate, affrontando temi come la famiglia, l’identità di genere e la lotta contro le ingiustizie. Il suo stile unico, che combina il grottesco con un tocco di comicità noir, dona alla storia un equilibrio perfetto tra intrattenimento e profondità, rendendola uno specchio crudo ma affascinante della nostra realtà.

Se siete in cerca di una lettura che sappia emozionare e far riflettere, È successo un guaio è la scelta giusta. Palloni non delude, e ancora una volta ci regala un’opera che sa lasciare il segno.

Pulp Fiction compie 30 anni: un cult senza tempo che continua a far parlare di sé

Il 28 ottobre 1994, il mondo del cinema fu testimone di un evento che cambiò per sempre il panorama della settima arte: Pulp Fiction, il secondo lungometraggio di Quentin Tarantino, trionfava al Festival di Cannes, conquistando la Palma d’Oro. Questo successo non fu solo una sorpresa, ma un vero e proprio colpo al cuore della concorrenza, che comprendeva registi già affermati come Krzysztof Kieślowski e Robert Altman. Pulp Fiction non era semplicemente un film; era una rivoluzione. La sua trama, che intrecciava le storie di personaggi coinvolti nella criminalità di Los Angeles, si distingueva per una struttura narrativa non lineare e per dialoghi che oscillavano tra il cinismo e l’irriverenza. Il tutto condito da violenza, humor nero e una profonda miscela di citazioni alla cultura popolare e al cinema di genere.

Pulp Fiction è un’opera che si rifà alla tradizione pulp nel suo senso più ampio. Ispirato dalle riviste di genere degli anni Trenta, quelle pubblicazioni di bassa qualità che raccontavano storie di crimine, mistero e azione, Tarantino non si limitava a riprendere i cliché del genere. Piuttosto, li mescolava, li sovvertiva e li reinventava, creando un mondo unico dove ogni dettaglio aveva una sua funzione e significato. Un universo originale, che affascinava tanto il pubblico quanto la critica.

L’impatto di Pulp Fiction sul cinema è stato straordinario. Con un budget di soli 8 milioni di dollari, il film è riuscito a incassare oltre 200 milioni, conquistando sette nomination agli Oscar, tra cui quella per la miglior sceneggiatura originale, che vinse. Ma l’influenza di Pulp Fiction non si è limitata ai numeri. Ha rilanciato carriere e dato nuova vita a attori come John Travolta, Samuel L. Jackson, Uma Thurman e Bruce Willis, consolidando Tarantino come uno dei registi più originali e influenti della sua generazione. La sua pellicola è diventata un cult, ispirando parodie, imitazioni e citazioni che si sono diffuse in film, serie TV, libri, fumetti, videogiochi e persino musica. La misteriosa valigetta, la danza tra Uma Thurman e John Travolta al Jack Rabbit Slim’s, il celebre monologo di Jules su un versetto biblico, e il burger di Big Kahuna sono entrati di diritto nella cultura popolare, diventando icone di un’era cinematografica.

Oggi, a trent’anni di distanza, Pulp Fiction continua a esercitare un fascino indiscusso. Tarantino ha saputo mescolare generi diversi—dal noir al western, dal gangster movie alla commedia nera—dando vita a una formula esplosiva che ha lasciato un segno indelebile. I personaggi, con le loro complessità, sono diventati leggendari. Chi non ricorda il carismatico e inquietante Jules Winnfield, con il suo memorabile monologo biblico? E cosa dire di Vincent Vega, il cui stile inconfondibile e la dipendenza dall’eroina hanno fatto sognare e riflettere generazioni di spettatori?

La danza di Uma Thurman nei panni di Mia Wallace è uno degli esempi più emblematici di come Tarantino abbia saputo regale momenti indimenticabili, trasformando una semplice scena in una vera e propria celebrazione della sensualità sullo schermo. Ma oltre alle performance straordinarie degli attori, Pulp Fiction ha ridefinito il linguaggio cinematografico. La sua struttura narrativa non lineare, i dialoghi serrati e una colonna sonora perfetta hanno reso il film un punto di riferimento per il cinema indipendente, ispirando innumerevoli registi.

Eppure, ciò che rende Pulp Fiction così speciale, così amato, è la sua capacità di parlare a tutti, di attraversare i decenni e le generazioni. Temi universali come la morte, la redenzione, la violenza e l’amicizia risuonano in modo profondo in ogni spettatore, creando un legame che va oltre il tempo. La visione di Tarantino, con le sue inquadrature mozzafiato e un montaggio dinamico, ha dato vita a uno stile che è diventato inconfondibile, un marchio di fabbrica che lo ha reso unico. E poi ci sono i dialoghi: battute e monologhi che sono entrati nel linguaggio comune, citati e parodiati ancora oggi.

In occasione del trentesimo anniversario, Pulp Fiction viene celebrato con ristampe speciali in Blu-ray, eventi cinematografici, mostre e convegni. Una celebrazione non solo del film, ma di un’epoca, di un cambiamento che ha segnato un punto di non ritorno nel cinema moderno. Pulp Fiction è molto più di un film: è un’opera d’arte, un manifesto culturale, un’esperienza che rimane impressa nella memoria. È uno di quei film che, come dice il suo regista, è fatto di “momenti” che non smettono mai di affascinare. E a distanza di tre decenni, rimane un faro luminoso per gli amanti del cinema, una pellicola che non smette mai di stupire, divertire e provocare, una testimonianza della forza e della potenza della settima arte.

La seconda stagione di “La creatura di Gyeongseong”. Un’Inattesa Evoluzione tra Noir e Mistero

La seconda stagione di La Creatura di Gyeongseong arriva con una ventata di novità, offrendo ai fan un viaggio che li porta lontano dal 1945 della prima stagione, catapultandoli nel 2024. Questo audace salto temporale, ambientato in una Seul moderna e inquietante, cambia radicalmente il tono della serie, portando con sé un’atmosfera noir che fa dimenticare quasi completamente l’aspetto horror della stagione precedente. Pubblicata su Netflix il 27 settembre 2024, la nuova stagione segna un distacco evidente dalle radici storiche della serie. I protagonisti, nuovi e vecchi, si trovano a confrontarsi con le conseguenze di eventi accaduti più di settant’anni prima, ma la tensione palpabile non sembra più provenire dalle creature mostruose, come nella prima stagione, bensì da una lotta tra le forze del bene e del male che non lascia spazio a speranze facili.

Invece della tradizionale combinazione di K-drama e K-horror, la seconda stagione opta per una lettura più oscura e misteriosa, trasformando la città di Seul in un vero e proprio protagonista. Con i suoi edifici moderni, il vetro e l’acciaio che si stagliano contro l’oscurità di luci LED, la città diventa un simbolo di violenza e di soffocante implacabilità, dove la felicità è fugace e le relazioni umane sembrano destinate alla distruzione. La fotografia, giocata su forti contrasti tra luce e ombra, è l’anima di questa nuova visione, con il destino dei personaggi che appare segnato fin dall’inizio. La sensazione di predestinazione è tipica del noir, dove ogni passo verso la salvezza sembra una lotta inutile contro un destino ineluttabile.

In questo scenario, troviamo un cambio radicale nella protagonista Han So-hee, che appare come un personaggio diviso tra luce e oscurità. La sua trasformazione in una “creatura” è tragica, una condanna del suo stesso destino, e la sua lotta per controllarsi diventa uno dei temi centrali della stagione. La componente horror, che aveva definito la prima stagione, è ridotta al minimo, con le creature mostruose che appaiono solo in due scene. Piuttosto, la serie si concentra sulla costruzione di mistero, con la narrazione che si svela lentamente, mescolando flashback e nuovi dettagli sui personaggi.

Un altro elemento di distacco riguarda la trama. Se nella prima stagione il dramma storico si mescolava all’horror, qui le atmosfere noir, dense di violenza e tradimenti, prendono il sopravvento. La storia si concentra sulla lotta contro la Jeonseung Biotech e su una guerra che sembra destinata a non avere fine. L’elemento romantico è relegato a pochi momenti superficiali, con una scrittura che si concentra di più sul mistero che sulle emozioni più profonde dei personaggi.

Nonostante le promesse di una narrazione intrigante, la stagione non riesce a mantenere il ritmo della prima. La sceneggiatura, purtroppo, soffre di alcuni vuoti narrativi, lasciando molte domande senza risposta. Le motivazioni dietro alcuni eventi rimangono oscure, e lo spettatore è costretto a fare i conti con una trama che non riesce a legare tutti i fili in modo coerente. Domande come “perché i personaggi non si trasformano più nelle creature?” e “come mai Han So-hee riesce a mantenere il controllo?” rimangono senza una spiegazione soddisfacente.

Anche la figura di Yukiko Maeda, l’antagonista principale, non riesce a imporsi come un villain memorabile. Sebbene il suo conflitto interiore – un misto di odio e amore per Tae-sang – venga esplorato, il personaggio non raggiunge mai la profondità necessaria per renderlo un vero e proprio nemico spaventoso. La sua evoluzione resta piatta, e la sua vendetta appare più come un elemento di contorno che come il fulcro emotivo della trama.

Sul fronte della regia, La Creatura di Gyeongseong sembra mancare di incisività. Sebbene la fotografia sia tecnicamente impeccabile, la regia non riesce a dare la giusta forza emotiva alla storia. Le interpretazioni dei personaggi sono spesso mediocri, e la tensione narrativa non riesce a emergere come dovrebbe, lasciando un senso di apatia che permea gran parte della stagione.

Per chi si avvicina per la prima volta a La Creatura di Gyeongseong, potrebbe essere una buona idea iniziare dalla seconda stagione. Sebbene si tratti di un salto temporale significativo, la serie offre comunque spunti interessanti e una scrittura audace che, purtroppo, non sempre riesce a soddisfare le aspettative. Nonostante le sue ambizioni, questa stagione appare più come un esperimento che un seguito ben riuscito, con atmosfere intriganti ma una narrazione che stenta a decollare.

Insomma, La Creatura di Gyeongseong stagione 2 è un viaggio affascinante nel mistero e nel noir, ma con troppe ombre narrative che impediscono di apprezzarlo appieno. Resta da vedere come la serie evolverà nel futuro, ma nel frattempo, le sue creature e i suoi protagonisti continuano a camminare nell’oscurità di Gyeongseong, sospesi tra il passato e il presente, in cerca di una redenzione che potrebbe non arrivare mai.

Watchmen: il trailer del film animato riporta in vita eroi e misteri in chiave dark

Watchmen, la celeberrima graphic novel realizzata da Alan Moore e Dave Gibbons nel 1986, ritorna in un nuovo adattamento, dopo l’omonimo film di Zack Snyder del 2009 e la miniserie targata HBO. Amanti dei fumetti cult e delle storie distopiche, preparatevi a tornare nel mondo di Watchmen con il primo trailer del film animato immergendovi in un’atmosfera che si respira è densa di mistero e adrenalina.

Un’epopea divisa in due parti:

Il film, distribuito in due parti, approderà sulla piattaforma streaming HBO Max nel corso del 2024, con la seconda parte prevista per il 2025. Un’attesa lunga, che però i fan potranno ingannare rivivendo le vicende dei protagonisti attraverso questo nuovo adattamento.

Un mondo alternativo dove i supereroi cambiano le sorti della storia:

Pubblicata originariamente tra il 1986 e il 1987, Watchmen si distingue come una delle più influenti storie a fumetti di sempre. Ambientata in un 1985 alternativo, la narrazione ci catapulta in una realtà dove la guerra del Vietnam è stata vinta dagli Stati Uniti grazie all’intervento dei supereroi. Un mondo sull’orlo di una guerra nucleare con l’Unione Sovietica, dove la tensione è palpabile e i confini tra bene e male si sfumano.

Eroi complessi e atmosfere noir:

Il trailer offre un assaggio dello stile visivo del film, caratterizzato da un tratto fedele al fumetto originale e da atmosfere dark e noir. I protagonisti, da Rorschach al Dottor Manhattan, vengono presentati in tutta la loro complessità, pronti a confrontarsi con dilemmi morali e sfide inattese.

Un’eredità che continua a ispirare:

Watchmen ha già avuto un impatto significativo sulla cultura pop, ispirando un film live-action diretto da Zack Snyder nel 2009 e una serie TV di successo targata HBO nel 2019. Ora, con questo nuovo adattamento animato, l’universo di Watchmen si prepara a conquistare ancora una volta il pubblico, riportando in auge i suoi eroi iconici e i suoi misteri insondabili.

Preparatevi a immergervi in un mondo dove la linea tra realtà e fantasia si confonde, dove i supereroi non sono sempre paladini di giustizia e dove la verità è inafferrabile. Il film animato di Watchmen è pronto a regalarvi un’esperienza visiva e narrativa indimenticabile.

Sin City: Un tuffo nel passato con un nuovo western a fumetti!

Amanti del noir e delle atmosfere torbide di Sin City, preparatevi a un viaggio nel tempo! Il maestro del fumetto Frank Miller torna con un’avventura inedita ambientata alle origini di Basin City, la città del peccato per eccellenza.

Sangue e polvere: un titolo evocativo per un’epopea western

Sin City: Blood and Dust, questo il titolo del nuovo fumetto, ci catapulterà in un’epoca selvaggia, dove la legge del Far West regna sovrana e la violenza è all’ordine del giorno. Miller, con la sua penna graffiante e il suo tratto inconfondibile, ci guiderà attraverso le strade polverose di una Basin City in erba, ancora da forgiare nella metropoli corrotta che conosciamo.

Marv, un’icona rivisitata: un nativo americano dal passato misterioso

Al centro della storia ritroveremo Marv, uno dei personaggi più iconici di Sin City. Ma questa volta, Miller lo reinterpreta in chiave western, trasformandolo in un nativo americano con un passato oscuro e un carattere ancora più rozzo e brutale. Un Marv primordiale, pronto ad affrontare le sfide di un mondo senza regole.

Un omaggio alle origini del genere e una riflessione sulla natura umana

Con Blood and Dust, Miller non solo ci regala un prequel di Sin City, ma rende omaggio alle origini del genere western, esplorandone i temi classici con la sua sensibilità moderna. La violenza, la giustizia, la redenzione: tutti questi elementi si intrecciano in una storia avvincente che ci farà riflettere sulla natura umana e sulla brutalità che a volte si nasconde dietro la facciata di civiltà.

Un’edizione limitata per i veri collezionisti

Per celebrare l’evento, Sin City: Blood and Dust verrà pubblicato in un’edizione ultra-limitata di sole 300 copie numerate. Un vero gioiello per i collezionisti e gli amanti del fumetto d’autore.

Non perdete l’occasione di immergervi in questa nuova avventura di Sin City! Preordinate subito la vostra copia di Blood and Dust e preparatevi a un viaggio indimenticabile nel cuore del Far West.

Ripley: Su Netflix arriva un noir avvincente in bianco e nero

“Ripley”, disponibile su Netflix, è una serie tv che rivisita in chiave moderna il celebre romanzo di Patricia Highsmith “Il talento di Mr. Ripley”. Ambientata nella New York degli anni ’50, la serie racconta la storia di Tom Ripley, un uomo senza scrupoli che si finge amico di un ricco playboy per truffarlo.

Andrew Scott è magistrale nel ruolo di Tom Ripley, un personaggio ambiguo e affascinante che ci cattura fin dai primi minuti. La sua interpretazione è intensa e misurata, capace di trasmettere perfettamente le mille sfaccettature di questo individuo complesso.

Al suo fianco troviamo un cast stellare, che include Johnny Flynn nel ruolo di Dickie Greenleaf, il playboy che Ripley vuole truffare, Dakota Fanning nel ruolo di Marge Sherwood, la fidanzata di Dickie, e Filippo Scotti nel ruolo di Silvio, un amico di Dickie.

La serie è diretta da Steven Zaillian, un maestro del cinema che ha già dimostrato il suo talento con film come “Schindler’s List” e “Gangs of New York”. Zaillian firma anche la sceneggiatura, che è fedele al romanzo di Highsmith ma allo stesso tempo introduce alcuni elementi nuovi e originali.

Uno degli aspetti più interessanti della serie è la sua estetica. Girata interamente in bianco e nero, “Ripley” ha un fascino retrò che ci riporta indietro nel tempo e ci immerge completamente nell’atmosfera della New York degli anni ’50.

Ma “Ripley” non è solo estetica. La serie è anche un thriller avvincente che ci tiene incollati allo schermo fino all’ultima puntata. La trama è ricca di colpi di scena e di suspense, e non mancano i momenti di tensione e di violenza.

“Ripley” è una serie da non perdere per gli amanti del noir e del thriller. Una storia avvincente, dei personaggi indimenticabili e una regia impeccabile ne fanno un vero e proprio gioiello televisivo.

Il dio dello stretto di Vins Gallico

Quali sono i limiti della giustizia umana? Quando e come bisogna affidarsi a quella divina? Cosa può fare l’uomo di legge di fronte al male degli uomini?

Sotto le vesti di un noir, Vins Gallico torna al romanzo per raccontare il labile confine tra il bene e il male, scegliendo come teatro la sua terra avvelenata dai malavitosi, la Calabria.

Reggio Calabria, primi anni ’90, una Mercedes lanciata a tutta velocità lungo un viadotto sfonda un guardrail e plana sugli ulivi, alla guida rimane ucciso un ex pilota di Formula 2, Renato Panuccio, pregiudicato appena uscito di prigione dopo aver scontato una pena per contrabbando e associazione a delinquere. Sul posto a osservare la strana linea della frenata e di una ruota che sembra aver perso inspiegabilmente aderenza, arriva il giovane pubblico ministero Mimmo Castelli.

Nel tentativo di ricostruire gli ultimi attimi di vita di Panuccio, Castelli percorre a ritroso i motivi del suo arresto, finendo con il mettere in luce le parentele tra imprenditoria e malavita, attraverso alcune figure di spicco in città e la ex moglie di Panuccio, affascinante e calcolatrice vedova nera. Diviso tra una complicata vita personale e una continua riflessione morale e religiosa sul senso della giustizia e della responsabilità, Castelli si troverà a confrontarsi con desideri, imperativi e limiti, incapace di prevedere gli sviluppi non solo della sua indagine ma anche della sua coscienza.

 

Danger: Diabolik

In questi ultimi anni si parla moltissimo dei cinecomic, film tratti da storie a fumetti: pochi sanno che questo genere cinematografico (anche se all’epoca non veniva utilizzato questo termine) venne girato anche nel passato: non solamente negli States (ad esempio i Fantastic Four di Roger Corman), ma vi furono anche produzioni Italiane che diedero vita ai primi lungometraggi tratti dai fumetti “locali”. Infatti nel 1968, uscì nelle sale cinematografiche il film “Danger: Diabolik”, prodotto dalla Dino De Laurentiis in cooproduzione italo/francese: questo fu uno dei primi adattamenti al cinema di una serie a fumetti italiani basato sulle celebri avventure create dalle Sorelle Giussani.

Per il film, alla regia venne scelto  Mario Bava, che fu anche collaboratore agli effetti speciali insieme a Carlo Rambaldi, conosciuto per film come gli Occhi del Gatto,  per la colonna sonora venne ingaggiato Ennio Morricone. Tra gli interpreti del film, dopo non poche difficoltà, alla fine fine venne scelto per il ruolo di Diabolik, John Phillip Law, in quanto ritenuto più somigliante al personaggio del fumetto, e il ruolo di Ginko venne assegnato a Michel Piccoli, attore francese già famoso all’epoca, anche se come somiglianza non era molto attinente al personaggio, come avevano fatto notare le stesse sorelle Giussani, la sua interpretazione si adattava perfettamente al personaggio. Tra gli altri interpreti figura anche Adolfo Celi, noto per film come 007 Thunderbolt, Amici Miei e altri,. Per il personaggio inventato apposta per il film del gangster Valmont, il ruolo di Eva Kant era stato affidato all’inizio a Catherine Deneuve, che però venne sostituita dall’attrice Marisa Mell, in quanto tra l’attrice francese e il regista Mario Bava non c’era intesa: il regista non si riteneva soddisfatto della recitazione della Deneuve, e l’attrice stessa rifiutava di girare le eventuali scene di nudo richieste dal copione, così alla fine il ruolo fu della Mell.

Le riprese vennero effettuate presso gli studi De Laurentis di Roma, dove ora sorge il parco divertimenti Cinecittà World, mentre le scene esterne vennero girate a Torino e Tor di Caldano. Visto il budget totale che la Dino De Laurentiis mise a disposizione, circa 200 milioni di Lire, le scenografie delle riprese interne erano molto scarne, povere, infatti la grande caverna rifugio di Diabolik che si vede nel film, in realtà era completamente vuota, e lo stesso Law quando dovette girare la prima scena con Diabolik che entrava con la sua Jaguar all’interno del rifugio ne rimase completamente spiazzato, in quanto il set era completamente spoglio. Il regista , vedendo lo stupore e anche il disappunto degli attori, fece vedere  gli effetti speciali che aveva inserito per ricostruire il rifugio: Mario Bava, con l’utilizzo di fotografie e pezzi di vetro applicati direttamente sull’obiettivo della macchina da presa, riuscì nell’impresa di realizzare il rifugio senza dover rischiare di sforare col budget. Oltre agli attori venne piacevolmente colpito anche il produttore stesso Dino De Laurentiis: con poca semplicità Bava era riuscito a realizzare un set colossale.

Nonostante tutto però,  il film in patria non ottenne il successo sperato, incassando un totale di circa 265 milioni di Lire, tanto che De Laurentis, prima interessato a un sequel, dopo aver preso visione dei bassi incassi e del poco interesse del pubblico, rinunciò completamente all’idea del seguito. Altro destino invece ebbe all’estero: Diabolik ottenne molto più successo che in patria specie in Francia il paese co-produttore della pellicola. Come accade per molti film del genere, solo in tempi recenti è stato inserito tra i Cult Movie, come  uno dei migliori film della cultura Pop degli anni ’60 e film senza troppe pretese che riprende un personaggio rimasto nella collettività dei fumetti.

Clerville, l’Ispettore Ginko si appresta a organizzare un trasporto di denaro, circa 10 milioni, e per evitare brutte sorprese, organizza un secondo trasporto anche per mettere nel sacco la sua nemesi: il grande criminale conosciuto da tutti come Diabolik. Il piano di Ginko sembra procedere senza intoppi, ma il Re del Terrore, coi suoi ingegnosi trucchi, riesce a evitare la trappola di Ginko e a prendere la refurtiva sotto gli occhi di tutti. Dopo una rocambolesca fuga in auto, in motoscafo e successivamente in auto, inseguiti dalla polizia, Diabolik insieme alla sua fedele complice e amante riesce a far perdere le tracce e ad arrivare a bordo della sua Jaguar nella caverna rifugio. Dopo l’ennesima beffa perpetuata da Diabolik, il Ministro degli Interni si dimette, e il nuovo Ministro in carica, invece di pretendere le dimissioni da Ginko, gli dà pieni poteri esecutivi, per poter finalmente catturare Diabolik e la sua compagna Eva Kant. Da quel momento l’Ispettore Ginko effettua una serie di retate in ogni angolo dove la malavita locale opera, dal piccolo spacciatore fino agli alti vertici; costringendo  così i vari boss riuniti al comando di Ralph Valmont, il “capo dei capi”, a fare un patto con l’Ispettore: se grazie a questa collaborazione forzata riusciranno a catturare Diabolik, Ginko lascerà la presa contro i loro “affari”. Ignaro di questa “alleanza” tra Ginko e Valmont, Diabolik è in procinto di studiare un nuovo colpo, e in occasione del compleanno di Eva decide di regalarle la collana di Smeraldi di Lady Clark, tenuta nella cassaforte all’intero del suo castello. Nonostante la sorveglianza delle forze di polizia di Ginko e le misure di sicurezza del castello, Diabolik riesce a rubare la collana; però, dopo il colpo, egli ha un amara sorpresa, infatti Valmont, grazie al suo giro di prostitute e spacciatori, riesce a scovare e rapire Eva Kant, e chiede un riscatto a Diabolik per la sua liberazione. Giunto sul luogo dello scambio,  Diabolik riesce a ingannare Valmont e i suoi scagnozzi, e dopo aver eliminato Valmont, riesce a liberare Eva e a fuggire insieme a lei. Intanto il Ministro degli Interni decide di mettere una taglia di un miliardo di dollari sulla testa di Diabolik. Per tutta risposta Diabolik fa saltare in aria tutti i palazzi e le sedi del fisco di Clerville, con tutte le relative cartelle esattoriali. Il Ministro delle finanze si rivolge così ai cittadini, in quanto non essendoci più traccia delle cartelle esattoriali, confida nel buon senso della popolazione di pagare spontaneamente le tasse senza la relativa cartella, l’appello viene accolto dalla cittadinanza con un ilarità generale, portando così il governo, in una grave crisi economica, quasi al collasso. Per evitare la bancarotta, il governo di Clerville, decide di vendere parte della sua riserva Aurea all’estero per poter risollevare le sorti dell’economia, però Ginko per evitare che Diabolik possa approfittare della situazione e rubare l’oro, fa fondere tutti i lingotti in un unico lingotto di diverse tonnellate. Nonostante tutte le precauzioni di Ginko, Diablik riesce a far deragliare il treno dove viene tenuto il “lingotto” e a farlo cadere in mare, grazie a un sommergibile, Diabolik trasporta il bottino al suo rifugio. Mentre Diabolik con un potente Laser e protetto da una tuta di amianto è intento a fondere il lingotto, Ginko grazie a un trucco, riesce a scoprire dove si trova il rifugio del criminale, e dopo averlo circondato fa irruzione con tutti i suoi uomini. Vistosi alle strette, Diabolik dimentica il laser acceso e dopo aver fatto fuggire Eva, viene investito da un getto di oro fuso provocato dall’esplosione del laser che si è surriscaldato, rimanendo immobilizzato sul posto. Ginko e i suoi uomini smantellano il rifugio e lasciano lì la “statua” di Diabolik che visto il peso è impossibile da spostare e se ne vanno. Dopo che i poliziotti sono andati via, Eva vestita a lutto, si dirige verso il capezzale di Diabolik per un ultimo saluto, e qui trova Ginko pronto ad arrestarla, ma non senza concederle un ultimo saluto all’amato. Mentre Eva piange davanti alla statua, Diabolik le strizza l’occhio facendole intendere che non è morto, e, mentre viene portata via da Ginko, ma con un nuovo sorriso sulle labbra, nella caverna riecheggia la Diabolika risata di Diabolik!

Nonostante i vari problemi insorti durante la lavorazione e anche le ristrettezze di budget e alcune scelte più che altro volute da De Laurentis per evitare il forte taglio di “forbici” della censura, il prodotto finale visto da un certo tipo di ottica non è poi così da buttare, come diceva la critica dell’epoca, è vero che con il fumetto non ha molto a che spartire, però anche i film odierni dei cinecomics non sono proprio fedeli all’originale e alla fine nessuno è perfetto.  Dopo averlo visto almeno un paio di volte posso dire che Diabolik si è meritato un posto fisso nella mia collezione di film cult, in quanto riassume anche un po’ della cultura pop dell’epoca, mescolata al noir del fumetto. Per dirla breve a me è piaciuto, e come sempre è il mio parere disinteressato: l’unica maniera per sapere se vi può piacere o no è solo una, quello di vederlo magari in compagnia di amici, e così potrete giudicare da voi.

Alla prossima!

By Marco Talparius Lupani

 

Balthazar L’implacabile

Negli anni mi sono sempre considerato un appassionato di fumetti a 360°, che non si fossilizza solo su una sola tipologia, manga, comics, graphic novel ecc., e anche per quanto riguarda la provenienza, infatti la mia collezione di fumetti annovera oltre ai classici fumetti di provenienza americana e giapponese, anche opere argentine, italiane, franco-belga e così via. Non ho mai disdegnato nemmeno se essi erano prodotti da grandi o piccole case Editrici, o fossero anche solo delle auto produzioni.

Ho fatto questa premessa, perché un paio anni fa, durante una manifestazione fumettistica, vidi i primi numeri di un fumetto che mi aveva molto incuriosito, dopo aver chiesto alcune informazioni ai due autori, Alessandro Sidoti e a sua moglie Rossana Barretta riguardanti la loro opera, mi convinsi a prenderlo. L’opera in questione si intitola Balthazar l’Implacabile, un’opera fumettistica a detta dei due autori, per altro molto simpatici e disponibili, con un percorso narrativo già delineato, infatti è stata loro intenzione fin dall’inizio realizzare una saga con un inizio e una fine, di cui i vari capitoli, rilegati nei vari volumi, si possono anche leggere a sé come storie autoconclusive.

La trama poi si sviluppa pian piano in un crescendo sempre pieno di colpi di scena, dove non solo viene approfondita la storia e le origini del protagonista Balthazar, ma anche quella degli altri personaggi della saga.Questo da un certo punto di vista narrativo fa apprezzare la storia sotto molti punti di vista, per certi versi sembra che via via che si sviluppa la trama, non vi sia un solo protagonista, ma che siano tutti protagonisti, anzi per utilizzare un altro termin, per chi come me ha letto Balthazar, più che protagonisti sono tutte pedine di un grandissimo gioco cosmico. Anche la trama è molto ben articolata, infatti, nonostante la presenza di demoni, vampiri, templari e cacciatori di vampiri, non è il classico scontro tra bene e male, anzi di questo non vi è proprio traccia, il protagonista Bathazar, infatti, nonostante sia l’ultimo di una stirpe di cacciatori di demoni conosciuti come i Mietitori, per raggiungere il suo scopo di eliminare tali  creature non si fa scrupolo di utilizzare ogni mezzo, derivante sia dai suoi poteri legati alla negromanzia e occultismo, che dallo sfruttare anche altre risorse come persone innocenti. Infatti, per via di questo suo agire, e per le forze dell’ordine, è considerato un criminale e anche un possibile terrorista. Anche tra le file dei vampiri vi sono delle incongruenze, nonostante alcuni di essi siano creature delle tenebre, in alcuni di loro vi è una specie di codice d’onore da affrontare. I templari stessi nonostante si considerino i guardiani della luce divina, molto spesso, pur di sconfiggere le creature maligne, lasciano morire gente innocente anche se hanno le risorse per poterlo evitare, con la scusante che esse sono servite per un cosiddetto “bene superiore”. Possiamo classificare quest’opera fumettistica come un horror, in quanto vi sono demoni, vampiri e creature occulte, un noir in quanto non vi sono personaggi “buoni” nel senso stretto del termine e, per via di molte altre considerazioni, lo possiamo anche definire sia un action che un pulp a livello tarantiniano.

Il protagonista è Balthazar, un ragazzo orfano di origine medio-orientale dal carattere impulsivo e passionale che molto spesso lo caccia nei guai, con una caratteristica che lo distingue da tutti gli altri, egli è un Mietitore, una sorta di cacciatore di demoni e vampiri, le cui armi sono i suoi poteri negromantici e la sua arma, al cui interno è racchiuso uno spirito chiamato Faust, che lo guida nella sua missione e lo aiuta nel combattere le creature della notte. L’origine dei suoi poteri e lo scopo per cui esistono i mietitori sono ancora avvolte nel mistero. Nel suo peregrinare per il mondo a combattere tale flagello, Balthazar si imbatte anche in una setta segreta di Templari, che da secoli perora la causa della “Luce” e ogni creatura oscura è considerata il nemico da abbattere con ogni mezzo e danno collaterale possibile, infatti per i templari, anche i mietitori sono uno dei mali da estinguere e uno dei loro adepti, la “templare” Sarah Jane Stacy, nei confronti di Balthaar ha fatto anche una questione personale ed è disposta a utilizzare ogni mezzo possibile sia come membro dei templari che come ufficiale di polizia per scovare ed eliminare il “male” e Balthazar dalla faccia della Terra. A mettersi in mezzo nella ricerca di Balthazar vi è anche una figura misteriosa di nome Cross, un vampiro che in precedenza era stato un gran maestro templare durante le crociate e che si è votato al “lato oscuro” in quanto, secondo il suo distorto senso dell’onore, i suoi confratelli templari sono usciti dal loro cammino iniziale di guardiani della luce, questi e altri personaggi ruotano intorno al mondo di Balthazar fino allo scontro finale, dove una delle parti in causa alla fine dominerà sulle alte.

Un ottimo fumetto sotto tutti i punti di vista, con una trama che si sviluppa via via che la storia prosegue, senza mai annoiare il lettore, aggiungendo pian piano pezzi dell’enorme puzzle che compongono le origini di Balthazar e sullo scopo di questa guerra tra forze occulte, dove sembra che all’orizzonte non ci sia mai una fine, e le cui battaglie non si limitano solo a un singolo luogo geografico, ma si allarga ai quattro punti cardinali in vari scenari, da Los Angeles, alle terre desertiche del Medio Oriente, fino alle nevi eterne della Scandinavia, patria delle leggende vichinghe. Combattimenti all’ultimo sangue senza esclusioni di colpi, dialoghi e ambientazioni intriganti e scene d’azione al cardiopalma, colpi di scena sensazionali il tutto arricchito da ottimi disegni puliti e ben illustrarti, per gli amanti del noir e dell’horror e per chi ama le autoproduzioni, Balthazar l’Implacabile è un’opera che secondo il mio parere dovrebbe far parte della vostra collezione.

Il percorso di studi scientifici di Alessandro Sidoti lo ha portato a cambiare da informatico e grafico, evolvendo il suo naturale interesse  su cinema, letteratura e fumetti a diventare uno scrittore, sceneggiatore, game designer. Dalla fantascienza, suo primo amore, si è allargato anche all’horror e al fantastico. Scrive racconti e romanzi  e sta lavorando al suo primo gioco di ruolo completamente originale.  Ha frequentato innumerevoli stage  di scrittura creativa e sceneggiatura a Pisa e a Genova con valenti insegnanti. L’incontro professionale con Rossana Berretta, sua moglie, e la vittoria nel 2011 alla fiera del fumetto Romics in un concorso di fumetti per esordienti, ha fatto nascere la saga di “Balthazar L’Implacabile”, quella che è stata più volte definita una delle migliori autoproduzioni a fumetti  dell’ultimo decennio. I suoi progetti attuali sono molti: una Graphic Novel “MoBDY’KK 31”, versione fantascientifica del celebre classico di Melville, “Ars Moriendi” GDR ambientato nello stesso universo di Balthazar, una raccolta di racconti brevi ambientati nell’epoca Sengoku dell’antico Giappone, un romanzo horror storico e molto molto altro.

Rossana Berretta, nata a Savona il 21/2/1980 e diplomata con 60/60 al Liceo Artistico, frequenta assiduamente con risultati assai proficui la Scuola Chiavarese del Fumetto, maturando come persona ed illustratrice. Lavora fin dai primi tempi a progetti grafici diversificati. Una personalità eclettica e poliedrica, difficile da inscrivere in uno schema fisso. Questo le permette di lavorare sia su illustrazioni, che tavole di arte classiche, fumetti. Annovera tra i suoi lavori opere di vario formato e tipo. Copertinista del secondo volume di “Andromeda” (rivista di fantascienza, ed. Ailus Editrice). Disegnatrice e copertinista ufficiale di “Balthazar L’Implacabile” (saga a fumetti, dal 2013 in poi, ed. Dimoon), “Il Riflesso” (racconto di Alessandro Sidoti, Dimoon 2016), “La Via delle Ombre” (Racconti di Alessandro Sidoti, 2016), “Verso Moby Dick 31” (di Alessandro Sidoti, Dimoon 2017).

Per ogni novità su Balthazar l’Implacabile e su altre future opere realizzate da Alessandro e Rossana le potete trovare qui o nel sito Balthazarlimplacabile.altervista.org oppure su Fb alla pagina, Facebook.com/balthazarlimplacabile.