Mentre la seconda stagione di The Last of Us targata HBO si avvia alla sua conclusione, i fan si trovano ancora una volta al centro di un turbinio di emozioni e teorie, col cuore in mano e la testa già proiettata al futuro. E che futuro, ragazzi. Non si tratta semplicemente di attendere una nuova stagione per rivedere Ellie, Joel, Abby e compagnia cantante (o meglio, combattente), ma di trovarsi davanti a una trasformazione strutturale e narrativa che promette di riscrivere le regole degli adattamenti videoludici per il piccolo schermo.
Sì, perché se la prima stagione ci aveva abituato a una trasposizione sorprendentemente fedele – ma non per questo piatta – del primo capitolo del capolavoro firmato Naughty Dog, la seconda ha aperto le porte a qualcosa di più profondo, articolato e… lungo. Molto lungo. I creatori Craig Mazin e Neil Druckmann hanno confermato quello che molti sospettavano: The Last of Us: Parte II, quel secondo gioco che ha spezzato e ricucito i cuori dei giocatori, non verrà compresso in una sola stagione televisiva. No, sarà diluito, espanso, approfondito. E la notizia che la storia si svilupperà almeno fino a una quarta stagione ha acceso l’entusiasmo e acceso le teorie più disparate sui social e tra i fan.
Dalla vendetta di Ellie alla redenzione (forse) di Abby
Con la seconda stagione in chiusura, HBO ha deciso di concentrare l’adattamento solo sulla prima metà del secondo gioco. Abbiamo seguito Ellie, interpretata da una sempre intensa Bella Ramsey, nel suo viaggio tortuoso e rabbioso verso la vendetta contro Abby, che nella serie ha il volto e la fisicità imponente di Kaitlyn Dever. Ma i giocatori lo sanno: The Last of Us: Parte II è un’opera costruita su due anime, due prospettive che si intrecciano e si scontrano in un crescendo narrativo carico di dolore, rimorso, rabbia e – inaspettatamente – umanità.
E qui arriva il colpo di scena, o meglio, la conferma tanto attesa. Catherine O’Hara, che nella serie interpreta il personaggio di Gail, ha rivelato a Variety che la terza stagione sarà incentrata su Abby. Non è un dettaglio da poco: è la chiave di volta dell’intera struttura narrativa della Parte II, quel momento in cui il giocatore (e ora lo spettatore) è costretto a cambiare prospettiva, a empatizzare con l’“antagonista”, a mettere in discussione tutto ciò che credeva di sapere. Ed è qui che la serie ha l’occasione d’oro per dimostrare la sua maturità narrativa, per scavare nelle zone grigie dell’animo umano e offrire qualcosa di unico anche a chi ha già vissuto la storia con il controller in mano.
Un mondo da esplorare (in quattro stagioni?)
A rafforzare questa visione ambiziosa è arrivata anche Francesca Orsi, EVP e responsabile della sezione Drama di HBO. Secondo le sue parole, la serie non si fermerà alla terza stagione: l’idea è di espandere la narrazione fino a una quarta, chiudendo così il cerchio iniziato con il primo episodio. E qui la mente corre veloce: quali saranno i momenti chiave da mostrare? Quali i tagli dolorosi, le aggiunte sorprendenti, le deviazioni dalla trama originale?
Quello che è certo è che non ci troveremo di fronte a un copia-incolla del videogioco. Mazin e Druckmann sono stati chiarissimi: The Last of Us è un adattamento, sì, ma è anche una rilettura. Una versione alternativa dello stesso mondo, con i suoi stessi toni malinconici, le sue stesse lacerazioni emotive, ma con un respiro narrativo pensato per la serialità televisiva. Questo significa nuovi dialoghi, scene inedite, personaggi ampliati e una libertà creativa che, se gestita bene, potrebbe rendere questa serie uno dei migliori adattamenti cross-media di sempre.
Emozioni, clicker e relazioni sempre più complesse
Ma torniamo alla seconda stagione. Oltre al duello emotivo tra Ellie e Abby, lo show ha iniziato a esplorare con più attenzione le dinamiche tra i personaggi secondari – o meglio, tra quelli che sembravano secondari. Tommy, Maria, e altri nomi che i fan del gioco riconoscono al volo, stanno ottenendo il tempo e lo spazio per brillare. Orsi ha parlato di una “grande novità” nelle relazioni tra i personaggi, suggerendo che la prossima stagione giocherà molto sulla complessità dei legami, sull’ambiguità morale e sull’introspezione. In poche parole: prepariamoci a soffrire, a discutere con gli amici dopo ogni episodio, e a cambiare idea più volte su chi ha torto e chi ha ragione.
Naturalmente, non mancheranno i clicker, gli stalker e tutta la fauna letale del mondo post-apocalittico di The Last of Us. Ma ormai è chiaro: il vero cuore della serie non sono gli infetti, ma le persone. Le loro scelte. I loro rimpianti. Le loro ossessioni.
Un viaggio emotivo che non sarà mai una semplice trasposizione
L’approccio degli showrunner è forse la vera forza della serie: la consapevolezza che il medium televisivo richiede un linguaggio diverso, un ritmo diverso, una costruzione diversa. Eppure, in ogni scena, si respira quell’aria che solo chi ha giocato il titolo Naughty Dog conosce bene: una malinconia avvolgente, un senso di perdita costante, ma anche la speranza ostinata che qualcosa di bello possa ancora sopravvivere, anche in mezzo alle rovine.
Non mancano le polemiche, ovviamente. Ogni volta che una serie si discosta anche minimamente dalla fonte originale, c’è chi grida allo scandalo. Ma The Last of Us non ha mai voluto essere un tributo pedissequo al videogioco. È, piuttosto, un dialogo con esso. Una versione alternativa, che si prende il lusso di fermarsi, approfondire, reinventare. E per ora, diciamocelo, ha funzionato dannatamente bene.
Verso l’ignoto, con il cuore in mano
Ora che la seconda stagione si chiude lasciandoci più domande che risposte, non ci resta che aspettare. Ma non è un’attesa passiva. È un’attesa carica di anticipazione, di ipotesi, di emozioni sospese. E con l’orizzonte che si allarga verso una terza e quarta stagione, abbiamo la sensazione che il viaggio di Ellie, Abby e di tutti gli altri sia solo all’inizio.
Insomma, preparate i fazzoletti, ricaricate i controller e fate scorta di snack: il mondo di The Last of Us è pronto a sorprenderci ancora. E voi? Cosa vi aspettate dalle prossime stagioni? Avete già scelto da che parte stare, o siete pronti a cambiare idea come abbiamo fatto (tutti) la prima volta?
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