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Celtica Valle d’Aosta 2025: Un Viaggio tra Musica, Magia e Spirito Antico nel Cuore delle Alpi

Immaginate di camminare tra gli alberi maestosi di un bosco alpino, con l’eco lontana di un tamburo che si mescola al fruscio del vento tra le fronde. Siete nella Val Veny, ai piedi del Monte Bianco, ma tutto intorno a voi profuma di un’altra epoca. Gonne a pieghe si sollevano nella danza, cornamuse vibrano nell’aria fresca di montagna, falò accesi raccontano storie senza tempo. Benvenuti a Celtica Valle d’Aosta, la festa di arte, musica e cultura celtica più alta d’Europa, giunta nel 2025 alla sua attesissima 29ª edizione, in programma dal 3 al 6 luglio.

Celtica non è solo un festival, è una porta temporale che si spalanca ogni estate tra i sentieri del Bosco del Peuterey, nella suggestiva cornice di Courmayeur. Nata nel 1997 da un piccolo gruppo di visionari — i membri del Clan Mor Arth — Celtica ha preso vita come un atto d’amore verso la cultura celtica, una di quelle passioni autentiche che partono dal cuore e si trasformano in magia condivisa. Da quasi trent’anni, questo evento straordinario richiama migliaia di appassionati da tutta Europa, uniti dal desiderio di riscoprire la spiritualità, l’estetica e il folklore di un popolo che sembra appartenere a un tempo lontano, eppure mai davvero scomparso. Per chi ama il fantasy, la mitologia nordica, le atmosfere da romanzo epico o i giochi di ruolo dal vivo, Celtica è una tappa obbligata. È come vivere dentro le pagine di un fumetto illustrato da Brian Froud, o camminare in una scena uscita direttamente da “Il Signore degli Anelli”.

Un programma che incanta

A Celtica nulla è lasciato al caso. Ogni edizione è un’opera d’arte collettiva, fatta di suoni, colori, rituali e incontri speciali. Il programma 2025 promette di essere ancora una volta ricchissimo, mescolando musica tradizionale, danze folk, spettacoli itineranti, laboratori artigianali, conferenze, gastronomia tematica, mercatini magici e molto altro. I nomi in line-up parlano chiaro: dalle suggestive cornamuse dei Celtic Knot Pipes and Drums, alle sonorità elettroniche e folk dei Green Lads, passando per i virtuosismi di Vincenzo Zitello e Fulvio Renzi, fino agli scatenati Willos’, ma anche ballerini, cantastorie, attori e performer come la Compagnia del Coniglio e la poetica Katia Zunino.E poi ci sono i gruppi storici: rievocatori come i Labarum Bagauda, gli Arcieri del Grifone, i Cantos Alisianon e i Tres Lunas, che ricreano accampamenti, duelli, cerimonie e scene di vita quotidiana ispirate ai clan celtici. Ogni dettaglio, dal vestiario alle armi, dai simboli sacri agli strumenti musicali, è filologicamente curato. Un’esperienza immersiva, che fa impallidire molti videogiochi in VR.

Una delle magie di Celtica è proprio la sua accessibilità trasversale. Ci si può andare in famiglia, con bambini curiosi che si perderanno tra fate e folletti, oppure con gli amici per ballare tutta la notte tra i concerti. Oppure da soli, in cerca di un’esperienza spirituale, un contatto con la natura o semplicemente con se stessi. È un evento che parla a chi ama il cosplay — e c’è da giurare che incontrerete druidi, elfi, bardi e guerrieri ovunque — ma anche a chi apprezza la storia viva, l’archeologia sperimentale, il fantasy colto e l’estetica gotica. Persino gli appassionati di tecnologia e intelligenza artificiale troveranno spunti affascinanti nei tanti workshop e talk dedicati al confronto tra antiche sapienze e nuove visioni.

Un ricordo che resta

Chi ha partecipato a Celtica lo sa: quello che si porta a casa non è solo una collana di perline o una ciotola di legno, ma un’emozione. Una sensazione di libertà, appartenenza e meraviglia che accompagna per mesi, fino alla prossima edizione. È una memoria vivida, fatta di luci soffuse tra gli alberi, suoni ancestrali e sorrisi autentici. È per questo che Celtica è diventata, nel tempo, un punto di riferimento internazionale, gemellato anche con il prestigioso Guinness Irish Festival. Una celebrazione dell’identità, del rispetto per la natura, della gioia di condividere — non solo un evento, ma un mondo.

Per chi desidera unirsi a questa grande avventura, le informazioni sono tutte disponibili sul sito ufficiale di Celtica Valle d’Aosta, dove è possibile consultare il programma dettagliato, prenotare i biglietti, scoprire le promozioni e perfino candidarsi per entrare nello staff o come volontari. Nel frattempo, potete seguire tutti gli aggiornamenti sui profili Facebook e Instagram, dove la community di Celtica è sempre attiva, pronta a condividere foto, aneddoti e countdown appassionati.


🌿 E voi, ci sarete? Avete mai vissuto la magia di Celtica? Raccontatecelo nei commenti! Condividete questo articolo con i vostri compagni di viaggio, i vostri party di D&D, i fan club di Tolkien o gli amici che non aspettano altro che un pretesto per mettere un kilt e salire in montagna. Che il richiamo del bosco vi guidi.

“Helughèa. Il Guardiano Alato”: Arthuan Rebis ci guida in un viaggio vertiginoso tra apocalisse e rinascita

La scena del fantasy italiano si arricchisce di un nuovo capitolo straordinario con l’uscita di “Helughèa. Il Guardiano Alato”, il secondo romanzo di Arthuan Rebis, scrittore, musicista e compositore dalle molteplici sfaccettature. Questo nuovo lavoro si inserisce nel solco di una narrazione originale che mescola l’alto fantasy con elementi dark, distopici ed esoterici, ma lo fa in una forma nuova e affascinante: il romanzo mondo in verticale, come un albero cosmico che affonda le radici nei miti e nell’infinito.

La trama di “Helughèa. Il Guardiano Alato” si apre con atmosfere misteriose e inquietanti: i fuochi fatui danzano tra i menhir del cimitero di Runaz, avvolgendo il lettore in un’aura di segreti non svelati. Qual è il vero mistero di Helughèa? Chi o cosa, nell’ombra, tesse da sempre le trame cosmiche che legano gli esseri umani agli Heludin, una razza misteriosa che sembra custodire le chiavi dell’universo stesso? Questo romanzo, che mescola apocalisse e rinascita, è un viaggio nell’ignoto, tra mondi nascosti e dimensioni sconosciute.

Il regno di Helu è ormai inaccessibile agli umani, ma la giovane Fedya è tormentata da sogni che rivelano il terrore di un conflitto atomico imminente. È qui che la narrazione si intreccia con il destino dei suoi compagni di viaggio: un dottore alchimista, uno stravagante becchino, il corvo Piuma Pallida e un coniglio con tre occhi. Insieme, attraversano il Tempo Verticale, un concetto affascinante e inedito che si sviluppa come una dimensione in perenne movimento, dove la linearità del tempo è sfumata e la percezione della realtà stessa è in continua mutazione. È un viaggio che sfida le leggi naturali, facendo incontrare i protagonisti con forze cosmiche antiche, capaci di curare e distruggere mondi.

In questo secondo capitolo, il lettore è condotto in un’esperienza che va oltre la semplice trama narrativa, perché la scrittura di Rebis è impregnata di un’atmosfera che ricorda le serie televisive più intricate come “Dark”, mescolata con la disperazione e la speranza di opere come “La Strada” di Cormac McCarthy. Le visioni e i segni, che sembrano anticipare eventi catastrofici, creano un quadro psicologico e spirituale denso, che sfida le convenzioni del genere. Non a caso, la scrittura di Rebis esplora in profondità tematiche eco-spirituali, filosofiche ed esoteriche, creando una sinergia tra la dimensione narrativa e quella musicale, che pervade l’intera opera.

“Helughèa. Il Guardiano Alato” non è un semplice seguito del primo romanzo “Helughèa. Il Racconto di una Stella Foglia”. Sebbene non necessiti di una lettura pregressa, il secondo libro espande il concetto di “romanzo mondo” aperto dal precedente, portando il lettore ancora più in profondità nell’interpretazione del mito dell’albero cosmico. La storia diventa così un’esperienza a 360 gradi, in cui la metafora del viaggio verticale sembra invitare a una riscoperta della realtà in cui viviamo, delle forze che la governano e delle nostre stesse capacità di trasformazione. Un invito a esplorare, quindi, non solo altri mondi, ma anche la nostra stessa natura.

La fusione tra il high fantasy e il dark fantasy, arricchita da elementi grotteschi e poetici, crea una narrazione unica, capace di dissolvere i confini tradizionali del romanzo. Rebis mescola sapientemente questi generi, introducendo anche spunti distopici che, lontani dall’essere cliché, assumono un significato profondo e meditativo sulla condizione umana. Il lettore si trova coinvolto in un’esperienza sensoriale e intellettuale che va oltre il semplice piacere della lettura: “Helughèa. Il Guardiano Alato” è un viaggio dentro e fuori i mondi possibili.

A supporto di questa esperienza, Rebis offre una dimensione sonora unica, con un album che accompagna la lettura, arricchendo l’atmosfera con melodie che spaziano dal folk nordico alla musica medievale, passando per il cantautorato mistico e il pagan/fantasy folk. Ogni brano musicale si fonde con la narrazione, creando un legame indissolubile tra le parole e la musica. L’autore, che è anche un polistrumentista e compositore, ha curato personalmente la parte musicale, includendo pezzi come “Melancholia”, “Metamorfica” e “Chanson des Bardes”, che trasportano il lettore in un universo sonoro parallelo, capace di evocare le stesse atmosfere visionarie della sua scrittura.

Ma chi è realmente Arthuan Rebis, l’autore di questa epica saga? Laureato in Cinema, Musica e Teatro, Rebis è un poliedrico artista che ha saputo coniugare la sua passione per la musica e la letteratura in un progetto che si distingue nel panorama fantasy contemporaneo. Il suo background musicale, che include più di mille esibizioni in Italia e in quindici paesi, si riflette nella profondità della sua narrazione, capace di evocare paesaggi sonori e visivi straordinari. Le sue influenze spaziano dall’antico folk nordico alla musica medievale e orientale, creando un linguaggio unico che si mescola perfettamente con l’immaginario fantastico che ha costruito nei suoi romanzi.

Con “Helughèa. Il Guardiano Alato”, Rebis ci invita ad intraprendere un viaggio indimenticabile tra dimensioni parallele e mondi dimenticati, portandoci a riflettere su temi profondi come la lotta tra luce e oscurità, la rinascita e la fine di ogni cosa. Un romanzo che non si limita a raccontare una storia, ma che diventa esso stesso un’esperienza sensoriale e intellettuale, capace di conquistare i lettori più appassionati di fantasy, esoterismo e musica.

Arthuan Rebis ha creato non solo un libro, ma un universo complesso e sfaccettato, pronto ad accogliere chiunque voglia avventurarsi oltre la superficie, per scoprire le verità più nascoste e affascinanti della sua creazione. Un’opera che segna un passo importante nella sua carriera di scrittore e musicista, e che sicuramente resterà impressa nei cuori e nelle menti di chi la leggerà.

La Festa di San Patrizio tra storia e leggende

Ogni anno, il 17 marzo, l’Italia e gran parte del mondo si tingono di verde in onore di San Patrizio, il santo patrono d’Irlanda. Le strade si riempiono di cortei colorati, di musica tradizionale e, naturalmente, di abbondanti consumi di birra, con una celebrazione che ha ormai assunto una dimensione internazionale. Tuttavia, ciò che molti non sanno è che la festa di San Patrizio non ha origini antiche come potrebbe sembrare, né tanto meno è nata in Irlanda. In realtà, le celebrazioni così come le conosciamo oggi sono un’invenzione delle comunità irlandesi emigranti negli Stati Uniti, nella seconda metà dell’Ottocento.

Le radici moderne della festa affondano in un contesto ben preciso: le comunità irlandesi, che si trovavano a fare i conti con le difficoltà della vita americana, crearono questa tradizione come un modo per riaffermare l’orgoglio nazionale, rievocando l’identità culturale irlandese attraverso cortei, serate musicali e abbondanti consumi di birra. La tradizione si consolidò con il passare degli anni, tanto che la festa di San Patrizio, già celebrata in modo simile negli Stati Uniti, divenne ufficialmente una festività nazionale in Irlanda solo nel 1903, durante il periodo di lotta per l’indipendenza dal Regno Unito.

In Irlanda, la celebrazione ha acquisito un valore sempre più legato all’identità nazionale. Sebbene la festa fosse inizialmente vista come un’occasione religiosa, con il tempo è diventata anche una manifestazione di orgoglio irlandese. La tradizione dei cortei pubblici, la musica folk irlandese, e il consumo di cibo e bevande tipiche, come la Guinness, sono ormai pilastri dell’evento. È proprio in questo periodo che si inizia a celebrare la figura di San Patrizio con una serie di rituali legati alla cultura locale, che si diffondono gradualmente anche nei paesi dove sono presenti comunità irlandesi, come nel Regno Unito e, più recentemente, anche in Italia.

In Italia, la festa di San Patrizio è stata accolta con entusiasmo negli ultimi decenni, principalmente grazie alla passione degli italiani per la birra e la cultura anglosassone. Ogni anno, numerosi pub e birrerie organizzano serate a tema, con eventi e concerti che richiamano il folklore irlandese. Anche se la celebrazione in Italia non ha radici storiche profonde come in altri Paesi, la crescente popolarità della festa dimostra come, ormai, San Patrizio sia diventato un simbolo di condivisione e allegria, al di là delle sue origini religiose.

Ma chi è davvero San Patrizio, e cosa rappresenta questa figura nella cultura irlandese? San Patrizio, il cui vero nome era Maewyin Succat, nacque nella Britannia Romana intorno al 385 d.C. In gioventù fu rapito dai pirati e portato in Irlanda, dove visse come schiavo per sei anni. Dopo la sua liberazione, tornò in patria e successivamente divenne vescovo, intraprendendo una missione di evangelizzazione in Irlanda a partire dal 431 d.C. In pochi anni, riuscì a diffondere il cristianesimo tra le popolazioni irlandesi, che all’epoca praticavano principalmente culti celtici. San Patrizio morì il 17 marzo 461, data che, come sappiamo, è diventata l’occasione di celebrazione annuale.

Uno degli aspetti più affascinanti di San Patrizio è il legame tra la sua figura e alcune leggende che ne arricchiscono la storia. Una delle più celebri riguarda la cacciata dei serpenti dall’Irlanda. Secondo la leggenda, San Patrizio avrebbe scacciato i serpenti dall’isola, scagliando una campana da una collina. Sebbene non ci siano mai stati serpenti in Irlanda, e questa storia sembri più una metafora, la leggenda è diventata un simbolo della potenza del santo. Un altro simbolo associato a San Patrizio è il trifoglio, che secondo una tradizione diffusa nel XVIII secolo, il santo avrebbe usato per spiegare il concetto cristiano della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo, tre entità distinte ma unificate in un unico Dio.

San Patrizio è anche noto per la sua capacità di fondere la religione cristiana con le tradizioni celtiche. Si dice che abbia introdotto il simbolo del sole, che era molto venerato dai Celti, nella croce cristiana, creando così una rappresentazione visiva che fosse più facilmente accettata dalla popolazione locale. La sua figura è circondata da miracoli e leggende, come quella del biancospino che fiorisce in inverno grazie alla sua benedizione o del Pozzo di San Patrizio, che si dice conducesse a luoghi ultraterreni come l’Inferno, il Purgatorio e persino il Paradiso.

Oggi, la figura di San Patrizio è più di un semplice simbolo religioso. È un emblema dell’Irlanda, della sua cultura e delle sue tradizioni. La sua capacità di unire la fede cristiana con le radici celtiche ha reso la sua figura centrale nella storia religiosa dell’isola, e le leggende che lo circondano continuano a essere un potente richiamo per chiunque desideri conoscere meglio le tradizioni di una nazione affascinante e ricca di storia.

La festa di San Patrizio, seppur lontana dalle sue origini religiose, è oggi un’occasione di celebrazione e orgoglio per gli irlandesi e per tutti coloro che amano la cultura e la tradizione dell’isola. Con il passare degli anni, questa festa si è trasformata in un evento globale, che ha conquistato anche l’Italia, dove le birrerie e i pub si riempiono di persone pronte a brindare con una pinta di Guinness, mentre la musica folk risuona nelle strade. E anche se la leggenda dei serpenti e del trifoglio rimangono nel cuore di questa celebrazione, ciò che conta è che, ogni anno, il 17 marzo, l’Irlanda e la sua cultura sono festeggiate con un abbraccio verde che non conosce confini.