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Megaton Musashi: Robot giganti e nostalgia si scontrano su Crunchyroll

Amanti dei robottoni, preparatevi a tornare sul campo di battaglia! Crunchyroll ha infatti reso disponibile in streaming la serie anime Megaton Musashi, in contemporanea con l’uscita del videogioco omonimo per Switch, PS5 e Steam.

Megaton Musashi: una storia di robot, alieni e battaglie epiche

In un mondo minacciato da invasori alieni, un gruppo di adolescenti viene reclutato per pilotare potenti robot da combattimento chiamati Rogue. Tra loro c’è Yamato Ichidaiji, un ragazzo dal carattere ribelle e tormentato da strani flashback. Insieme ai suoi compagni, Ryugo Hijigata e Teru Asami, Yamato dovrà affrontare sfide epiche per salvare l’umanità.

Un anime nostalgico con animazioni moderne

Megaton Musashi è un anime realizzato da Level 5, lo studio dietro a successi come Professor Layton e Inazuma Eleven. La regia è affidata ad Akihiro Hino, mentre il character design è curato da Takuzou Nagano.

L’anime presenta un mix di animazioni tradizionali e CG, con un tratto volutamente grezzo e nostalgico che rimanda ai classici robottoni degli anni ’70 e ’80. Le scene di combattimento sono spettacolari e piene di azione, anche se la qualità generale dell’animazione non è sempre eccellente.

Un cast di personaggi memorabili

I protagonisti di Megaton Musashi sono un gruppo di ragazzi ben caratterizzati e con personalità diverse. Yamato è il ribelle dal cuore d’oro, Ryugo è il suo rivale/amico, mentre Teru è il più serio e determinato del gruppo.

Oltre ai protagonisti, ci sono anche altri personaggi interessanti, come gli antagonisti alieni e gli altri piloti dei Rogue.

Un’esperienza divertente per gli amanti dei robottoni

Megaton Musashi non è un anime perfetto, ma è sicuramente un’esperienza divertente e nostalgica per gli amanti dei robottoni. La storia è semplice ma avvincente, i personaggi sono simpatici e le scene di combattimento sono spettacolari.

Se siete alla ricerca di un anime leggero e spensierato da guardare in un sol fiato, Megaton Musashi è quello che fa per voi.

Cosa ci è piaciuto:

  • Il design dei robot è originale e intrigante.
  • La sigla iniziale è fantastica.
  • Un anime robotico “puro”, di questi tempi, è una rarità.

Cosa non ci è piaciuto:

  • La qualità dell’animazione non è sempre eccellente.
  • La storia è un po’ banale e prevedibile.

Voto: 7/10

Megaton Musashi è un anime divertente e nostalgico che piacerà sicuramente agli amanti dei robottoni. Non è un capolavoro, ma è sicuramente un’esperienza piacevole.

Onimusha: un adattamento deludente tra Folklore Giapponese e Combattimenti

Nel novembre 2023, Netflix ha rilasciato Onimusha, una miniserie che ha suscitato grande attesa tra i fan dei videogiochi, basata sull’omonimo franchise di Capcom. Con una produzione di alto livello e una direzione artistica che prometteva di portare sul piccolo schermo l’affascinante mondo del Giappone feudale mescolato a elementi fantasy e mitologici, Onimusha aveva tutte le premesse per essere una serie epica. Eppure, nonostante le potenzialità, il risultato finale non è riuscito a soddisfare pienamente le aspettative.

Ambientato all’inizio del periodo Edo, Onimusha segue le avventure di un anziano Miyamoto Musashi , il leggendario spadaccino giapponese, impegnato in una missione per sconfiggere i demoni che minacciano il suo paese. Con il potente “Guanto di Oni” che gli conferisce abilità straordinarie, Musashi intraprende un viaggio che lo vede accompagnato da un gruppo di guerrieri e saggi. Nonostante il contesto ricco di potenziale, la trama finisce per perdersi in un limbo di clichè narrativi e una caratterizzazione debole, che rende difficile appassionarsi alla figura del protagonista.

Musashi, infatti, appare più come un guerriero disilluso che si limita a risolvere ogni conflitto con la sua spada, senza mai esplorare profondamente la sua psicologia o il suo ruolo centrale nella storia. Il suo viaggio sembra vuoto, come se il potenziale emotivo fosse sacrificato a favore di una narrazione troppo filosofica e riflessiva. Eppure, sorprendentemente, i comprimari risultano più interessanti di lui, con caratterizzazioni più sfumate e coinvolgenti, che catturano maggiormente l’attenzione dello spettatore.

La regia di Shinya Sugai e la supervisione di Takashi Miike: Un’opera che non decolla

La serie è diretta da Shinya Sugai, già noto per il suo lavoro su Dragon’s Dogma (sempre tratto da un videogioco Capcom), e con la supervisione artistica di Takashi Miike, uno dei registi più influenti del cinema giapponese, famoso per la sua capacità di mescolare violenza, cultura popolare e filosofia in opere disturbanti e potenti. Con nomi di tale calibro coinvolti, ci si aspetterebbe un adattamento che trascenda i limiti del formato videoludico, ma purtroppo Onimusha non riesce a brillare come ci si sarebbe aspettati.

La regia, pur essendo tecnicamente solida, non riesce a dare ritmo alla serie, e la sceneggiatura, pur ambiziosa, non riesce a sviluppare appieno la potenza emotiva che la premessa suggerirebbe. L’analisi filosofica e i dialoghi riflessivi non riescono mai a coinvolgere appieno, risultando ridondanti e spesso poco emozionanti. Il conflitto tra Musashi e i demoni, che avrebbe dovuto essere il cuore pulsante della serie, appare più teorico che reale, e il pericolo che dovrebbe minacciare il protagonista non viene mai concretizzato, rendendo la tensione inesistente.

Motion capture e sfondi da dipinto, ma azione deludente

Dal punto di vista visivo, Onimusha tenta di distinguersi con un approccio innovativo grazie all’uso del motion capture per le animazioni dei personaggi. Questo tipo di tecnologia, che tende a restituire movimenti più fluidi e realistici rispetto alle animazioni tradizionali, funziona bene nell’adattamento ma non sempre convince. La caratterizzazione dei personaggi, seppur realistica, manca di quella vitalità che gli anime tradizionali sanno trasmettere. In compenso, gli sfondi disegnati a mano sono un vero e proprio capolavoro, ricchi di dettagli e profondità che rendono ogni scena visivamente affascinante. Tuttavia, l’impressione è che l’aspetto visivo sia stato curato più del ritmo narrativo, con un contrasto tra la bellezza degli ambienti e la staticità delle situazioni.

Il grande difetto della serie, però, risiede nelle scene di azione. In una storia che promette battaglie epiche e scontri tra Musashi e mostri demoniaci, la coreografia dei combattimenti risulta troppo breve e poco coinvolgente. Le sequenze di combattimento, purtroppo, non trasmettono la frenesia e l’intensità che ci si aspetterebbe da un adattamento videoludico come questo. Il Guanto di Oni, che dovrebbe essere un elemento centrale, viene trattato troppo superficialmente, senza mai esplorare appieno il suo potenziale magico.

Un epilogo inconcludente

Nonostante qualche tentativo di risollevare la situazione nei capitoli finali, la serie non riesce mai a decollare veramente. I combattimenti più intensi e qualche colpo di scena cercano di ravvivare la narrazione, ma la sensazione di un pastrocchio di cliché e scelte narrative illogiche resta. Lo scontro finale, che dovrebbe chiudere il cerchio, finisce per confondere lo spettatore piuttosto che emozionarlo, lasciando più domande che risposte.

Un’opera con un grande potenziale, ma che non decolla

Il lato positivo di Onimusha risiede nel suo tentativo di immergere lo spettatore nel folklore giapponese, con influenze delle leggende e storie popolari che arricchiscono l’atmosfera. Sebbene questo approccio possa risultare interessante per gli appassionati della cultura nipponica, anche qui la serie non riesce a sviluppare completamente il suo potenziale. L’ambientazione storica e le creature mitologiche appaiono come sfondi a una trama che, troppo spesso, si perde in riflessioni filosofiche e in una scarsa azione. Onimusha lascia un po’ di amaro in bocca. Le premesse per un prodotto di alto livello c’erano tutte: l’ambientazione, la regia, il cast. Purtroppo, la serie non riesce a mantenere le promesse, limitandosi a una narrazione action-fantasy abbastanza canonica e poco avvincente. Se siete fan del folklore giapponese o dei videogiochi Onimusha, potreste trovare qualche spunto interessante, ma se cercate un’epica battaglia tra il bene e il male, con un Musashi realmente affascinante, rischierete di rimanere delusi. Un’occasione sprecata per un adattamento che avrebbe potuto essere ben più di un semplice prodotto di intrattenimento.

Getter Robot

La serie televisiva anime “Getta Robo”, conosciuta in Italia come “Space Robot”, è stata realizzata nel 1974 da Toei Animation su soggetto di Gō Nagai. Si tratta di una serie composta da 51 episodi che ha avuto un certo successo, portando alla creazione di numerose altre serie animate e a fumetti.

La trama segue i cliché tipici delle storie di robot, con il professor Saotome che scopre una nuova forma di energia chiamata Raggi Getta. Si rende conto che il Regno dei dinosauri si sta risvegliando da un lungo stato di ibernazione e decide di creare il Getter Robot, alimentato da questi potenti raggi, per respingere la minaccia. Selezione tre persone speciali per pilotare le Getter Machine e formare il Getter Robot: Ryoma Nagare, Hajato Jin e Musashi Tomoe.

Mentre studiano i Raggi Getter per usarli come fonte di energia, il Professor Saotome scopre che la Terra è in grave pericolo a causa del Regno dei Dinosauri. Costruisce quindi il Getter Robot e recluta tre piloti per affrontare la minaccia e difendere il pianeta. Grazie alla combinazione dei jet, il Getter Robot può assumere tre configurazioni diverse per combattere in diversi ambienti.

La serie si concentra sulle personalità dei tre piloti e sulle dinamiche di squadra mentre affrontano i nemici con le loro abilità uniche. La prima serie si conclude con il sacrificio di Musashi per sconfiggere l’Impero dei Dinosauri. Un sequel, “Getter Robot G”, vede protagonisti i piloti che affrontano l’Impero dei Cento Oni con l’arrivo di un nuovo membro nel team.

In entrambe le serie, gli autori mettono in evidenza le diversità e le rivalità tra i personaggi, creando una trama avvincente e coinvolgente che ha appassionato molti fan dell’anime e dei manga.

Vagabond di Takehiko Inoue

Vagabond è uno dei manga più leggendari e amati dei lettori giapponesi e non solo. Creato da Takehiko Inoue, il manga si ispira liberamente al romanzo Musashi di Eiji Yoshikawa, raccontando le vicende del samurai Musashi Miyamoto. La serializzazione di Vagabond è iniziata nel 1998 sulle pagine del Weekly Morning in Giappone, per poi essere raccolta nei tankōbon nel 1999 dalla Kōdansha. In Italia, il manga è stato edito da Panini Comics (Planet Manga) in due edizioni: la prima “edizione regolare” contenente meno pagine rispetto ai tankōbon originali, e la seconda Vagabond Deluxe con formato e contenuto identici a quelli giapponesi. Takehiko Inoue ha ricevuto vari premi e riconoscimenti per Vagabond, tra cui il 24º Premio per il miglior manga della Kodansha nel 2000 e l’Osamu Tezuka Culture Award nel 2002.

Vagabond è un manga seinen che si svolge in Giappone nel XVII secolo, subito dopo la battaglia di Sekigahara. Oltre ai protagonisti Musashi Miyamoto e Kojirō Sasaki, il manga include altri personaggi storici come il monaco Takuan, Ito Ittosai, Gonnosuke Musoh e i rappresentanti del clan Yagyu. Il manga offre uno sguardo affascinante nella vita di due samurai leggendari, Musashi Miyamoto e Kojirō Sasaki, durante il periodo successivo alla Battaglia di Sekigahara nel Giappone del 1600. Tra allenamenti intensi, duelli epici, incontri sorprendenti e storie d’amore struggenti, Vagabond offre una narrazione avvincente che mescola abilmente storia e racconto per un pubblico maturo.

L’opera non solo offre una contestualizzazione storica accurata, ma anche dialoghi e battute che riflettono la realtà del periodo. Vengono fatti riferimenti storici che arricchiscono ulteriormente la trama, come la transizione del potere dal clan Yoshioka agli Yagyu. Vagabond è un must per gli amanti dell’ambientazione giapponese e per coloro che apprezzano le storie avvincenti e ben documentate sulla vita dei samurai.