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Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera”

Paragonata dalla stampa francese a Fred Vargas, Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera“, il primo volume della serie noir che ha fatto impazzire la stampa e i librai francesi. “Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione profonda e satirica sul mondo che ci circonda, capace di mescolare suspense e critica sociale con un’ironia pungente.

Protagonista indiscussa della storia è Ghjulia Boccanera, soprannominata “Diou”, una donna di cinquant’anni con un passato travagliato. Divorziata da Jo, un poliziotto, senza figli e con un coinquilino, Diou incarna l’immagine di un’antieroina atipica, un personaggio dalla vita disordinata ma dalla determinazione ferrea. È una detective privata senza paura, ma anche priva di illusioni, che si muove nei vicoli e nelle periferie di Nizza con un paio di Dr. Martens ai piedi, simbolo di una personalità ribelle e decisa. La sua esistenza è segnata dall’insonnia, alimentata da un consumo compulsivo di caffè, ma anche da una forza interiore che la spinge ad affrontare i casi più pericolosi, senza remore.

La storia prende il via quando un giovane dal volto angelico la ingaggia per investigare sull’omicidio del suo compagno, un uomo ricco e sofisticato, noto nel mondo dell’arte. Questo omicidio, però, è solo l’inizio di un’indagine che porterà Diou a scoprire ben più di quanto avrebbe voluto. La sua ricerca la catapulta nel cuore di Nizza, tra i suoi quartieri più cupi e complicati, costringendola a confrontarsi con una realtà fatta di potere, denaro e intrighi.

La creatività di Michèle Pedinielli si distingue per la sua capacità di trattare temi complessi con leggerezza e ironia. La sua prosa è brillante e mai banale, riuscendo a far emergere un umorismo sottile che non sfocia mai nell’ovvio, ma che riesce a regalare momenti di vera freschezza. La Pedinielli scrive come vive, senza freni, con una voce autentica che ci porta nelle pieghe più oscure della società francese, facendo luce sugli aspetti più problematici del nostro tempo.

La trama di “Boccanera” è costruita su una serie di colpi di scena che incatenano il lettore fino all’ultima pagina. L’autrice non si limita a raccontare una storia di omicidi e indagini, ma intreccia il tutto con una critica sociale pungente, trattando temi delicati come la situazione dei rifugiati, gli imbrogli politici e la condizione del mondo del lavoro. Nizza, infatti, non è solo una città da cartolina con il suo mare e il suo

Il finale è una vera e propria sorpresa, capace di lasciare il lettore senza fiato. Pedinielli gioca con le aspettative del pubblico e porta la sua protagonista in un viaggio che non è solo fisico, ma soprattutto esistenziale. Il caso che Diou deve risolvere si intreccia con la sua stessa visione del mondo e della vita, mettendo in discussione valori, scelte e l’essenza stessa della giustizia.

La stampa francese non ha mancato di lodare il lavoro della Pedinielli. Per Patrick Raynal, l’autrice ha creato un personaggio che potrebbe essere la figlia ideale di Montale e Corbucci. Secondo Libération, Michèle Pedinielli scrive senza filtri, con uno stile diretto e irriverente che la rende unica nel panorama noir. Come sottolineato da Le Monde, la sua capacità di muoversi tra scenari complessi e reali, arricchendo la storia con una narrazione vivace e ironica, la rende una delle voci più interessanti del genere.

“Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione sulle contraddizioni della società moderna, una lettura che riesce a combinare intrigo e critica sociale con una scrittura che non perde mai in intensità. Con il suo stile unico e il personaggio indimenticabile di Ghjulia Boccanera, Michèle Pedinielli si conferma una scrittrice capace di raccontare le storie più buie con un sorriso beffardo e senza paura di toccare temi scomodi. Il suo esordio in Italia non poteva essere più promettente, e il pubblico italiano è pronto a immergersi in un altro mondo: quello di Nizza, quello di Diou, e quello di una narrativa che sa farsi amare anche nei suoi lati più crudi.

“Piedone – Uno sbirro a Napoli”: un ritorno Imperfetto, ma Affascinante, al Mito di Bud Spencer

Quando ho sentito parlare della nuova serie Piedone – Uno sbirro a Napoli, ammetto che un brivido di inquietudine mi ha attraversato. Piedone è un’icona, una delle figure più amate del cinema italiano, e rinnovare il mito di Bud Spencer  non è un’impresa facile. Eppure, come spesso accade nel cinema contemporaneo, il rischio può portare a risultati sorprendenti. La serie, con un cast solido, un’ambientazione vibrante e un mix di azione e umorismo tipico, è riuscita a trovare un equilibrio tra rispetto per il passato e voglia di rinnovamento.

Il regista Alessio Maria Federici ha fatto un ottimo lavoro nel mantenere intatto lo spirito della saga originaria, aggiornandola però con un linguaggio moderno e una narrazione capace di parlare anche al pubblico di oggi. In Piedone – Uno sbirro a Napoli, Salvatore Esposito veste i panni di Vincenzo Palmieri, un ispettore cresciuto all’ombra di Rizzo, il leggendario commissario interpretato da Bud Spencer. Ma qui non si tratta di sostituire l’originale; Palmieri è un personaggio che porta avanti una tradizione, ma con le sue proprie fragilità e contraddizioni.

L’eredità di Piedone è viva, ma viene attualizzata con intelligenza: Napoli non è più solo una semplice scenografia pittoresca, ma diventa una protagonista che vive e respira attraverso ogni scena. La città, con le sue bellezze e contraddizioni, accompagna la lotta di Palmieri per trovare un equilibrio tra il suo passato tumultuoso e il suo ruolo di poliziotto in un mondo che è cambiato. Ma Napoli, purtroppo, non è immune alle problematiche contemporanee: la malasanità, la diffusione di droghe sintetiche come il fentanyl, sono temi trattati con delicatezza ma anche con un realismo che non lascia indifferenti.

Un altro aspetto che mi ha colpito è la dinamica tra Palmieri e la commissaria Sonia Ascarelli, interpretata da Silvia D’Amico. I due personaggi incarnano visioni opposte: Palmieri è disordinato, istintivo, si affida alla strada per risolvere i casi; Ascarelli è metodica, legata alle procedure. La loro interazione, fatta di scontri e alleanze, è uno degli elementi più interessanti della serie. E a completare il trio c’è l’ispettore aggiunto Michele Noviello, interpretato da Fabio Balsamo, un personaggio che aggiunge leggerezza e spessore grazie alla sua passione per la storia medievale, un contrasto ben studiato che arricchisce il gruppo.

Federici ha curato anche i dialoghi e le dinamiche interne alla squadra, facendo sì che ogni personaggio, anche i secondari, avesse una voce ben definita. Questo approccio ha reso la serie più coinvolgente, dando la possibilità ai personaggi di evolversi e crescere nel corso delle quattro storie che compongono la serie. Ogni episodio potrebbe essere visto come un piccolo film, pur mantenendo una continuità narrativa che fa da sfondo alle indagini.

E poi c’è la fisicità di Palmieri. Esposito, che si fa carico di un’eredità pesante, riesce a interpretare un personaggio che non è solo un “sbirro”, ma anche un uomo concreto, radicato nel territorio. La sua passione per il wrestling, che si inserisce nel contesto della trama, non è un semplice espediente, ma un simbolo di come il personaggio utilizzi la forza fisica e l’intelligenza per risolvere le situazioni.

La scelta di mescolare l’azione da poliziesco con momenti di leggerezza e umorismo rende la serie ancora più godibile, trovando un perfetto equilibrio tra toni drammatici e quelli più leggeri. Non mancano i rimandi al passato, con citazioni più o meno esplicite alla figura diBud Spencer , ma queste non appesantiscono la trama, anzi la arricchiscono, come un omaggio a chi ha amato il vecchio Piedone.

Il risultato finale è una serie che sa come parlare al pubblico di oggi senza tradire completamente le origini. Napoli, come dicevo, è una protagonista viva, concreta, che rappresenta un microcosmo di un’Italia che affronta le sue sfide moderne con la stessa forza e passione di sempre. Non c’è nostalgia nel modo in cui la serie affronta la figura di Piedone, ma piuttosto una continuazione naturale, come se Palmieri fosse davvero l’erede di Rizzo.

Piedone – Uno sbirro a Napoli è riuscito là dove molti altri remake o rivisitazioni di icone del passato falliscono: non si limita a copiare la formula, ma la rielabora, la rende moderna e, soprattutto, le dà una dignità propria. Con un Salvatore Esposito in grande forma, una Napoli vibrante e un mix riuscito di azione, humor e denuncia sociale, la serie si presenta come un prodotto capace di attrarre tanto i vecchi fan quanto il pubblico più giovane. Un ritorno al mito, sì, ma con un passo fermo nel futuro.

Thank Goodness You’re Here!: Un’avventura assurda a Barnsworth

Se siete in cerca di un’esperienza di gioco che rompa la monotonia dei titoli mainstream e vi faccia ridere a crepapelle, Thank Goodness You’re Here! è il videogioco indie che fa per voi. Questo titolo vi catapulterà nella bizzarra cittadina di Barnsworth, un luogo dove la normalità sembra essere un concetto sconosciuto e dove gli abitanti sembrano vivere in un mondo tutto loro, ricco di situazioni assurde e personaggi eccentrici. Preparati a un’avventura travolgente, ricca di umorismo surreale, enigmi stravaganti e un gameplay che vi terrà incollati allo schermo.

Il protagonista: un commesso viaggiatore fuori dal comune

Nel gioco, vestirete i panni di un commesso viaggiatore, ma non uno qualunque. La vostra missione è esplorare Barnsworth, un mondo dove ogni angolo nasconde sorprese inaspettate e personaggi stravaganti. Tra le strade della cittadina incontrerete un pollo parlante, un gatto detective e un sindaco ossessionato dai conigli, solo per citarne alcuni. Ogni personaggio ha una personalità unica e le loro richieste sono tanto strane quanto divertenti. I dialoghi, ricchi di battute surreali e risposte inaspettate, contribuiranno a rendere l’esperienza ancora più esilarante.

Un umorismo travolgente che non smette di sorprendere

Uno degli aspetti più divertenti di Thank Goodness You’re Here! è l’umorismo che permea ogni aspetto del gioco. Se siete fan delle situazioni nonsense e degli scenari esagerati, vi troverete a ridere a più non posso. Le battute e i dialoghi, carichi di ironia e surrealtà, non solo fanno sorridere, ma danno un ritmo frizzante all’avventura. Il gioco non si prende troppo sul serio e vi invita a lasciarvi andare a una visione comica del mondo, perfetta per staccare la spina dalla routine quotidiana. È proprio questo umorismo senza freni che rende Thank Goodness You’re Here! un gioco capace di trasportarvi in un’altra dimensione, dove la logica non esiste e l’assurdo è la norma.

Un gameplay coinvolgente, tra enigmi e platforming

Ma non è solo l’umorismo a fare di Thank Goodness You’re Here! un’esperienza da non perdere. Il gameplay è ricco di puzzle intriganti e momenti di platforming, dove ogni livello si trasforma in una scoperta. L’esplorazione è al centro del gioco, con ogni angolo di Barnsworth che nasconde enigmi da risolvere e nuovi oggetti da sbloccare. La combinazione di esplorazione e risoluzione di puzzle rende il gioco coinvolgente e, al tempo stesso, rilassante. Non è una sfida insormontabile, ma una serie di compiti curiosi che vi terranno impegnati senza mai diventare frustranti. La varietà delle situazioni e degli ambienti vi invoglierà a scoprire ogni singolo dettaglio del mondo, mentre la progressione del gioco è sempre punteggiata da piccoli momenti di soddisfazione.

Perché dovreste giocare a Thank Goodness You’re Here!

Se siete stanchi dei giochi troppo seri o delle esperienze troppo intense, Thank Goodness You’re Here! rappresenta una ventata di freschezza nel panorama videoludico. È l’esperienza ideale per chi cerca qualcosa di originale e divertente, dove l’obiettivo principale è godersi il viaggio e lasciarsi travolgere dall’umorismo. La grafica, colorata e vivace, contribuisce ulteriormente a creare un’atmosfera unica, che invita alla leggerezza e alla spensieratezza.

Il gioco non è solo una risata continua, ma un modo perfetto per staccare dalla quotidianità e immergersi in un mondo dove la follia regna sovrana. Non c’è pressione, nessuna complessità fastidiosa, solo il puro piacere di vivere un’avventura fuori dal comune. Se siete appassionati di giochi indie e amate l’umorismo surreale, Thank Goodness You’re Here! è un must-have per la vostra libreria digitale.

Una gemma nascosta nel mondo dei giochi indie

Thank Goodness You’re Here! è una di quelle rare gemme che riescono a unire divertimento, originalità e un tocco di follia. Se vi piacciono le esperienze videoludiche fuori dagli schemi, dove ogni momento è un’opportunità per sorridere e divertirsi, non potete farvi sfuggire questo gioco. Con il suo mondo colorato, i personaggi eccentrici e le situazioni stravaganti, Thank Goodness You’re Here! si presenta come una ventata di allegria e positività, ideale per chi cerca un’avventura rilassante e divertente. Se vi piace l’umorismo surreale e le storie bizzarre, non c’è dubbio: questo titolo vi conquisterà.

Se volete aggiungere un po’ di stravaganza alla vostra vita videoludica, Thank Goodness You’re Here! è il gioco che stavate aspettando.

Le cose non sono le cose di Paolo Nori: un romanzo ironico e dissacrante sulla ricerca della propria identità

Trama

Le cose non sono le cose è il romanzo d’esordio di Paolo Nori, pubblicato nel 1999. Il protagonista, Learco Ferrari, è un aspirante scrittore che vive a Parma. Learco è un uomo insoddisfatto della sua vita. Non riesce a trovare un lavoro che lo appaghi, e il suo sogno di diventare scrittore sembra sempre più lontano.

Per sbarcare il lunario, Learco lavora come traduttore dal russo, anche se questo lavoro non gli piace. Per fortuna, suona la tromba nei Bogoncelli, un gruppo letterario-musicale che sembra uscito da un film dei fratelli Marx.

Learco è un uomo ironico e dissacrante, che guarda il mondo con un’ottica originale. Il suo sguardo disincantato si riflette nel romanzo, che è un’opera ricca di humor e di spunti di riflessione.

Temi

Il romanzo affronta diversi temi, tra cui:

  • La ricerca della propria identità
  • Il rapporto con la realtà
  • La difficoltà di realizzare i propri sogni

Learco è un personaggio in cerca della propria identità. Non sa cosa vuole fare nella vita, e si sente spesso inadeguato. Il suo rapporto con la realtà è conflittuale. Da un lato, desidera fuggire da una quotidianità che lo annoia e lo limita. Dall’altro lato, è consapevole che la fuga non è la soluzione.

Il sogno di Learco di diventare scrittore è un simbolo della sua ricerca di un’identità più autentica. Il romanzo è un inno alla fantasia e alla creatività, che sono le armi che Learco usa per combattere la monotonia della vita quotidiana.

Stile

Lo stile di Le cose non sono le cose è originale e dissacrante. Nori usa un linguaggio semplice e diretto, ma anche ricco di humor e di ironia. Il romanzo è un’opera che diverte e fa riflettere, e che lascia il segno nel lettore.

Conclusione

Le cose non sono le cose è un romanzo che merita di essere letto. È un’opera originale e dissacrante, che affronta temi importanti in modo divertente e coinvolgente.

Mondadori ne ha da poco pubblicato l’audiolibro disponibile su tutte le varie piattaforme Storytel e Audible.

La prima stagione dell’anime di Reborn As A Vending Machine, I Now Wander The Dungeon

L’anime di Reborn As A Vending Machine, I Now Wander The Dungeon è senza dubbio una delle proposte più bizzarre, fresche e originali degli ultimi anni, in grado di catturare l’attenzione degli spettatori con una premessa che sembra uscita da una mente eccentrica. Chi avrebbe mai pensato di assistere a un anime isekai dove il protagonista si reincarna… come distributore automatico? Eppure, questa serie fa proprio questo, e riesce a trasformare questa assurdità in un viaggio divertente e spensierato, sebbene con qualche inciampo lungo la strada.

La trama, per quanto assurda, ha un suo fascino. Un uomo, morto in un incidente assurdo, viene reincarnato in un mondo fantasy con le sembianze di un distributore automatico. Rinominato Scatolotto (Boxxo nell’edizione originale), il nostro protagonista, pur essendo un oggetto inanimato, è dotato di coscienza e, soprattutto, di alcune incredibili capacità, come la possibilità di vendere oggetti, cambiare forma e generare campi di forza. Ovviamente, la sua esistenza dipende da monete che vengono inserite nel suo corpo (un altro dettaglio geniale e inquietante, ma che è una costante fonte di umorismo nel corso della serie). Questo gli permette di interagire con il mondo che lo circonda e di affrontare numerosi ostacoli, il tutto accompagnato dalla giovane e forte avventuriera Lammis, che lo prende sotto la sua ala protettrice. Insieme, intraprendono una serie di avventure che spaziano tra la commedia e il fantasy più tradizionale.

L’idea di un distributore automatico come protagonista, nonostante possa sembrare stravagante, è incredibilmente affascinante. La serie si prende il suo tempo per esplorare come un’entità così inusuale possa essere coinvolta in una serie di eventi drammatici e comici. La caratterizzazione di Scatolotto, che può parlare solo attraverso frasi preimpostate come “Grazie” e “Ci scusiamo”, aggiunge un ulteriore livello di umorismo alla serie. Tuttavia, nonostante la sua forma rigida e apparentemente limitata, Scatolotto riesce a compiere azioni straordinarie, come vendere oggetti utili, creare campi di forza e interagire con gli altri personaggi in maniera a volte più “umana” di quanto ci si aspetterebbe.

Lammis, la giovane avventuriera, è un altro dei punti di forza della serie. Non solo è incredibilmente forte e abile nel combattimento, ma la sua personalità le conferisce anche una grande profondità. La dinamica tra lei e Scatolotto (che funge da suo “zaino” mobile) è affettuosa e divertente, creando un legame che, sebbene comico, riesce a risultare sorprendentemente emotivo in alcuni momenti.

La serie è anche popolata da una serie di personaggi di supporto che, purtroppo, non sono tutti riusciti al massimo. Figure come Hulemy, un’ingegnera magica che scopre l’anima umana dentro Scatolotto, e Suori, una bambina nobile tanto arrogante quanto affascinata dal protagonista, arricchiscono la trama e introducono nuove dinamiche che mantengono l’attenzione alta. Ci sono anche altri personaggi come il Presidente Orso, leader dell’Associazione dei Cacciatori, che aggiungono un tocco di varietà all’ambientazione. Ma, nonostante l’abbondanza di nuovi volti, la serie sembra mancare un po’ di mordente quando si tratta di sviluppare pienamente questi personaggi. Alcuni di loro risultano un po’ stereotipati, con ruoli che non vanno mai al di là delle aspettative.

La colonna sonora dell’anime è un altro punto di interesse. La sigla di apertura, Fanfare dei BRADIO, è vivace e adatta al tono della serie, mentre la sigla di chiusura, Itsumo no Soup dei Peel the Apple, aggiunge una nota di leggerezza. Entrambe sono piacevoli e ben realizzate, anche se non necessariamente memorabili. La regia, affidata a Noriaki Akitaya, e l’animazione dello Studio Gokumi e AXsiZ sono discrete, ma non aspettatevi chissà quale qualità cinematografica. L’animazione scivola in un paio di momenti, perdendo un po’ di intensità visiva a mano a mano che gli episodi si susseguono.

La serie parte alla grande, con un’energia frizzante che promette tante risate, sorprese e momenti stravaganti. Tuttavia, col passare degli episodi, il ritmo comico tende a rallentare. Le situazioni che inizialmente erano esilaranti cominciano a diventare un po’ ripetitive e alcuni degli espedienti narrativi, come le nuove forme di Scatolotto, sembrano un po’ forzati eccessivamente. Nonostante ciò, la serie riesce comunque a mantenere un’atmosfera accogliente e rilassante, che la rende ideale per chi cerca una visione leggera e senza troppe pretese.

Quello che alla fine colpisce di Reborn As A Vending Machine è la sua capacità di giocare con il concetto di un mondo fantasy tradizionale e trasformarlo in qualcosa di completamente diverso. Nonostante la trama semplice e talvolta prevedibile, la serie ha il pregio di divertire senza cercare di essere qualcosa che non è. Ha il cuore di un slice of life, ma con un twist fantasy, un po’ come se fosse una storia da raccontare a fine giornata, quando si ha voglia di un po’ di leggerezza. Reborn As A Vending Machine, I Now Wander The Dungeon è una serie che, pur non brillando in termini di profondità narrativa o animazione di alto livello, riesce a intrattenere grazie alla sua originalità, ai personaggi simpatici e all’atmosfera che riesce a creare. Non è un capolavoro, ma è senza dubbio un anime che merita di essere visto, soprattutto se si è in cerca di qualcosa di fuori dagli schemi e che sa come divertire con poco. La seconda stagione, che è già in sviluppo, potrà essere un’opportunità per espandere ulteriormente questo stravagante mondo, e chissà che non riesca a risollevare un po’ quella scintilla che, in questa prima stagione, si è affievolita dopo un inizio promettente.

La prima stagione dell’anime di Mashle: Magic And Muscles

Nel vasto panorama degli anime scolastici, raramente ci si imbatte in un’opera che riesca a coniugare parodia, azione e una buona dose di ironia come Mashle: Magic and Muscles. La serie, prodotta dallo studio A-1 Pictures e adattamento del manga omonimo di Hajime Kōmoto, ha subito catturato l’attenzione degli appassionati grazie alla sua trama coinvolgente, ai personaggi indimenticabili e a un approccio irriverente verso i tropi tipici dei generi di magia e scuole. Annunciato nel luglio 2022, l’anime ha conquistato un pubblico crescente, con una seconda stagione che ha dato il definitivo slancio al suo successo.

La trama di Mashle: Magic and Muscles è ambientata in un mondo in cui la magia è un elemento fondamentale della vita quotidiana. Ogni aspetto dell’esistenza, dalle attività più banali a quelle più importanti, è intriso di incantesimi e poteri arcani. Eppure, al centro di questo mondo magico, troviamo Mash Burnedead, un ragazzo privo di qualsiasi abilità magica. Cresciuto in una foresta isolata, con il padre che gli ha insegnato l’arte della forza fisica, Mash non ha nulla a che fare con le leggi dell’incantesimo, ma ha dedicato la sua vita a potenziare il suo corpo in modo straordinario.

Il cuore della trama ruota attorno alla sua ambizione di entrare all’elite Easton Magic Academy, dove i migliori apprendisti maghi si formano per diventare “veggenti divini”, figure che combinano saggezza e potere. Sebbene Mash non possieda alcun potere magico, la sua incredibile forza fisica diventa il suo asso nella manica, e lo porterà a sfidare il sistema magico su più fronti. La serie prende il via con un test d’ingresso che mette in mostra il suo incredibile fisico, ridicolizzando senza pietà le aspettative che i maghi hanno nei confronti degli studenti.

Un anime che non si prende troppo sul serio

Ciò che rende Mashle unico, e sicuramente più interessante di altre serie simili, è il suo approccio parodistico. La storia non ha paura di ridicolizzare i cliché tipici degli anime scolastici e dei generi fantasy, rendendo ogni scena ricca di humor e momenti assurdi. Mash, con il suo carattere da “forzuto imbranato”, si inserisce perfettamente in questo mondo fantastico, dove la magia è la norma, ma l’ironia e il suo incredibile fisico diventano le sue armi migliori.

La serie riesce così a mescolare toni leggeri con azioni mozzafiato, senza mai prendersi troppo sul serio. Proprio per questo Mashle diventa il tipo di anime ideale da “binge-watch”: la sua leggerezza, accompagnata da battute rapide e battaglie spettacolari, permette di guardarlo senza frenesia, godendosi ogni episodio con un sorriso. Il suo approccio volutamente esagerato alla magia e alla scuola rende ogni scena unica, tra combattimenti che sembrano più scene di follia pura che di vera tensione, e dialoghi che alternano momenti di comicità a riflessioni più profonde sulla forza, l’amore e l’amicizia.

La musica che conquista

La colonna sonora gioca un ruolo fondamentale nell’atmosfera dell’anime. La sigla di apertura, “Knock Out” di Taiiku Okazaki, è energica e travolgente, mettendo subito in chiaro il tono vivace e spensierato che permea la serie. Non meno coinvolgente è la sigla di chiusura, “Shū Cream Funk” delle Philosophy no Dance, che, con il suo sound funky, si adatta perfettamente alla comicità e all’energia della serie.

Un altro momento di successo virale è legato all’opening “Bling-Bang-Bang-Born” del duo hip-hop giapponese Creepy Nuts, che è diventata una vera e propria hit sui social. Il balletto di Mash durante questa scena è diventato un fenomeno su TikTok e altre piattaforme, dove i fan si sono scatenati nel ricrearlo, contribuendo a una viralità che ha dato ulteriore visibilità alla serie.

L’evoluzione della trama e dei personaggi

Anche se la premessa di partenza di Mashle potrebbe sembrare abbastanza semplice e non particolarmente originale, la serie riesce a svilupparsi in modo sempre più interessante e coinvolgente. Ogni episodio aggiunge nuove sfide e misteri al percorso di Mash, e la sua crescita, sia fisica che emotiva, viene esplorata in modo che non manchino momenti di vera introspezione.

Nonostante la sua natura parodistica, l’anime sa anche come trattare momenti più seri e significativi, soprattutto nelle dinamiche interpersonali. Mash inizia a stringere legami con alcuni compagni di classe, che non solo lo aiutano a crescere come individuo, ma permettono anche allo spettatore di entrare in sintonia con i suoi obiettivi più profondi. La magia diventa un pretesto per raccontare storie di lealtà, sacrificio e autodeterminazione, anche se il tono rimane sempre quello di una commedia con tocchi di azione.

Conclusioni

Mashle: Magic and Muscles è un anime che riesce a farsi notare per la sua originalità e il suo approccio irriverente. Con una trama che gioca con i tropi dei generi fantasy e scolastici, ma li subverte con elementi freschi e divertenti, ha trovato una base di fan sempre più solida. Grazie a una qualità visiva impeccabile e a una sceneggiatura che alterna momenti di pura comicità a combattimenti spettacolari, l’anime è riuscito a guadagnarsi un posto di rilievo tra i prodotti di intrattenimento più apprezzati degli ultimi anni.

Anche se non si tratta di un’opera particolarmente complessa o drammatica, Mashle offre esattamente ciò che promette: un’esperienza leggera, divertente e piena di energia. Con il suo mix di magia, muscoli e parodia, si candida a diventare un cult per tutti gli appassionati di anime e non solo, consolidando sempre di più il suo status di fenomeno culturale.

Le light novel e il manga di Reborn As A Vending Machine, I Now Wander The Dungeon

Nel vasto universo delle light novel giapponesi, poche riescono a sorprendere tanto quanto Reborn as a Vending Machine, I Now Wander the Dungeon. Concepita dalla mente brillante di Hirukuma e arricchita dalle illustrazioni di Itsuwa Kato (nell’edizione originale) e Yūki Hagure (nell’edizione rivista), questa serie è una gemma rara che sa intrecciare umorismo, avventura e una profondità inaspettata. Già dal titolo, si intuisce che ci troviamo di fronte a qualcosa di unico – una promessa mantenuta a pieno grazie alla sua narrazione fresca e originale.

Un percorso personale e professionale fuori dall’ordinario

Hirukuma, l’autore di questa singolare opera, ha raccontato nel primo volume il suo difficile percorso verso il successo. Prima di diventare scrittore, lavorava nell’azienda del padre, ma un tragico incidente – la morte del genitore in una caduta da una grande altezza – lo costrinse a chiudere l’attività. Questo evento traumatico non solo gli causò acrofobia, ma lo portò anche a riflettere sulla brevità della vita e sul bisogno di seguire i propri sogni.

Così, decise di dedicarsi alla scrittura e iniziò a pubblicare i suoi romanzi sul sito Shōsetsuka ni Narō. Tuttavia, i suoi primi lavori non ottennero il riscontro sperato, portandolo a pensare di abbandonare tutto. Come ultimo tentativo, scelse di creare qualcosa che fosse totalmente in linea con la sua immaginazione, senza preoccuparsi delle aspettative del pubblico. Ed è stata proprio questa scelta audace a cambiare tutto: Reborn as a Vending Machine conquistò rapidamente un vasto seguito, spianandogli la strada verso il successo.

Dalla web novel al fenomeno globale

La storia venne inizialmente pubblicata come web novel tra marzo e agosto 2016, per poi essere notata da Kadokawa Shoten, che la trasformò in una light novel a partire dall’agosto dello stesso anno. Il successo non tardò ad arrivare: Yen Press acquistò i diritti per la pubblicazione in inglese, annunciandone l’uscita all’Anime Expo 2017. L’opera fu poi arricchita con una nuova edizione illustrata da Yūki Hagure, consolidando ulteriormente la sua popolarità.

Il fenomeno si è ulteriormente ampliato con l’arrivo del manga, disegnato da Kunieda e serializzato a partire dal 27 agosto 2021 sulla rivista Dengeki Daioh. Anche qui, Yen Press si è assicurata una pubblicazione simultanea in inglese, ampliando la portata internazionale della serie.

L’arrivo in Italia

Nel 2024, Reborn as a Vending Machine ha raggiunto anche il pubblico italiano grazie a Magic Press, che ha pubblicato il manga con un riscontro sorprendentemente positivo. Nonostante la premessa apparentemente assurda, la serie è stata accolta con entusiasmo dai fan, dimostrando che una buona storia, sostenuta da una narrazione originale, può abbattere qualsiasi barriera culturale.

Una trama assurda, ma avvincente

La storia si apre con un incidente tragicomico: il protagonista, un appassionato di distributori automatici, muore schiacciato dalla sua ossessione. La sua reincarnazione? Un distributore automatico senziente in un mondo fantasy, capace di comunicare solo attraverso frasi preimpostate come “Benvenuti!” o “Grazie!”. Intrappolato nel suo nuovo corpo meccanico e vincolato alle sue regole, il protagonista scopre di poter sopravvivere convertendo le vendite di beni in punti vitali, che utilizza per migliorare le sue capacità, come la creazione di barriere magiche. Nonostante questa premessa eccentrica, la narrazione si evolve in un’epopea emozionante. L’incontro con Lammis, un’avventuriera dotata di una forza sovrumana e di un cuore d’oro, segna l’inizio di un legame che supera le apparenze. Lammis diventa non solo la portatrice del nostro protagonista, affettuosamente soprannominato “Scatolotto”, ma anche la chiave per esplorare un mondo pieno di pericoli, misteri e relazioni inaspettate.

Personaggi che brillano

Uno degli aspetti più accattivanti della serie è il suo cast di personaggi. Scatolotto, pur essendo un distributore automatico, riesce a trasmettere empatia e intelligenza, dimostrando che anche una macchina può avere un’anima. Lammis, con la sua energia contagiosa e la sua dolce ingenuità, bilancia perfettamente la serietà strategica del protagonista.

Accanto a loro troviamo un variopinto gruppo di comprimari: Hulemy, un’ingegnera magica affascinata dall’anomalia di Scatolotto; il Presidente Orso, leader carismatico dei cacciatori; e la Compagnia dei Folli, un gruppo di avventurieri tanto eccentrici quanto memorabili. Ogni personaggio arricchisce la narrazione con personalità distintive, creando un mondo che si sente vivo e vibrante.

Oltre la commedia: riflessioni e temi nascosti

Nonostante il tono spesso leggero e umoristico, Reborn as a Vending Machine non è privo di profondità. La storia esplora temi come l’adattamento a circostanze estreme, la resilienza e l’importanza delle connessioni umane (o in questo caso, umane e meccaniche). L’inusuale prospettiva del protagonista invita il lettore a rivalutare il concetto di “utilità” e il valore delle piccole interazioni quotidiane. Ciò che rende Reborn as a Vending Machine un’opera così affascinante non è solo l’idea stravagante di un protagonista reincarnato come distributore automatico, ma il modo in cui questa premessa viene sviluppata. Hirukuma riesce a trasformare un concetto strambo in un’avventura coinvolgente e ricca di emozioni, dimostrando che la creatività può sfidare e superare ogni convenzione narrativa.

Adattamenti e impatto culturale

L’adattamento anime del 2023, prodotto da Studio Gokumi e AXsiZ, ha portato la serie a un pubblico ancora più ampio. L’animazione, ricca di colori e dettagli, cattura perfettamente l’atmosfera giocosa e avventurosa della light novel, mentre il manga di Kunieda offre un’interpretazione visiva dinamica e accattivante.

Un must per gli appassionati di cultura nerd

Reborn as a Vending Machine, I Now Wander the Dungeon è molto più di una semplice light novel surreale. È un’ode all’originalità, una celebrazione del pensiero fuori dagli schemi e una prova che anche le idee più stravaganti possono trasformarsi in storie memorabili.Insomma, se siete alla ricerca di una storia fuori dagli schemi, capace di farvi ridere, riflettere e avventurarvi in un mondo completamente nuovo, questa serie è ciò che fa per voi. Con il suo mix di originalità e cuore, Reborn as a Vending Machine non è solo un’opera bizzarra, ma una vera celebrazione della fantasia senza confini.

The Ghost Busters: la serie tv dimenticata

Il mito prima della Leggenda! Mentre mi stavo gustando alcuni episodi di un cartone animato sugli Acchiappafantasmi, non quello tratto dai due film di Ivan Reitman che conosciamo tutti, ma la serie dove vi sono due ragazzi un po’ strambi che, insieme a uno scimmione che grazie alle loro attrezzature e alla loro macchina volante/parlante, andavano in giro a catturare fantasmi. Più continuavo a vederla e più una voce nella mia testa continuava a dirmi fino a gridare “ma io quel gorilla l’ho già visto!”. Dopo essermi arrovellato il cervello, finalmente mi è venuto in mente: quella serie animata leggendaria non solo è  tratta da una vecchia serie televisiva “live action”, ma ne è il suo sequel. Infatti, mi venne in mente che da ragazzino vidi trasmessa sulle reti locali, più precisamente su Videogruppo e anche su Telecity. Si tratta di una divertente serie televisiva della durata di una decina di minuti, ma così divertente che chi la vede non se la scorda più, infatti io non ne perdevo una puntata il titolo è: “The Ghost Busters”. Prodotta dalla Filmation, composta da una sola stagione per un totale di 15 episodi, venne trasmessa per la prima volta nel 1975 dalla rete televisiva statunitense NBC, e verso la fine degli anni ’80 in Italia su Rete 4 e sulle emittenti locali.

La serie parla delle vicende di due uomini: Spencer, Kong e il loro amico gorilla Tracy, che hanno messo su un’agenzia di investigatori del paranormale, specializzati sopratutto nel catturare i fantasmi. Ogni inizio episodio, le malcapitate vittime venivano spaventate e terrorizzate dal fantasma o mostro di turno, e fuggivano via per salvarsi la vita. Successivamente prendevano contatto con i nostri eroi per avere l’aiuto di cui avevano bisogno per sbarazzarsi del “anomalo” intruso. E così facendo Kong, Spencer e Tracy, si dirigevano armi e bagagli ad affrontare il caso in questione. Dopo una serie di divertenti gag più o meno volontarie, come il classico inseguimento attraverso le porte alla Scooby-Doo, entrare in quella centrale per poi uscirne da quella di destra per poi rispuntare fuori alla fine del corridoio, alla fine riescono a catturare il fantasma, il tutto condito da molta allegria.

Serie televisiva e di genere sit-com girata con pochissimi e quasi inesistenti esterni: solo in alcuni episodi si vedeva il gruppo spostarsi in automobile. Le vicende si svolgevano presso l’ufficio dei protagonisti dove essi ricevevano gli incarichi, il più delle volte tramite la cabina telefonica situata al di fuori dell’ufficio, e nei locali, quasi sempre identici, dove iniziava l’episodio con la presentazione del fantasma affrontato poi dagli “acchiappafantasmi”. L’ambientazione era ridotta proprio al minimo indispensabile, senza tener conto anche degli eventuali particolari, infatti nella porta dell’ufficio il nome del gorilla è scritto male, anche gli arredamenti dei vari locali sembrano poco curati o quasi totalmente assenti. Sembra come se fosse voluto per accentuare maggiormente la comicità che sta alla base della serie. Nonostante la povertà di mezzi, la serie si può  definire godibile, allegra e divertente senza mai annoiare lo spettatore, io almeno la vedo così, divertenti infatti le apparizioni investe di fantasmi di personaggi famosi come il Barone Rosso e Billy the Kid oppure personaggi dell’immaginario letterario come la Mummia, il Conte Dracula e Frankenstein. Una curiosità, i due attori protagonisti, Larry Storch e Forrest Tucker, erano anche i protagonisti della serie commedia western “I Forti di Forte Coraggio”, e Larry Storch è apparso anche nel fil prodotto e diretto da Ezio Greggio “Il Silenzio dei Prosciutti”.

alla prossima!