Archivi tag: gameplay

Red Dead Redemption ritorna in pompa magna: dal West polveroso alle console next-gen, fino a Netflix e mobile

Ci sono videogiochi che diventano ricordi. Altri diventano inni generazionali. E poi c’è Red Dead Redemption, che riesce nell’impresa di essere entrambe le cose, mantenendo intatto quel fascino ruvido da frontiera che nel 2010 aveva steso la critica e conquistato i giocatori come un colpo di Winchester sparato nel silenzio di un canyon. Oggi però siamo davanti a qualcosa di diverso. Non un semplice ritorno. Non un remaster qualsiasi. È un’espansione di frontiera, un nuovo viaggio che porta l’epopea di John Marston su terreni che, quindici anni fa, non avremmo neanche osato immaginare. Perché Red Dead Redemption sta per arrivare su PlayStation 5, Xbox Series X|S, Nintendo Switch 2, PS Plus, iOS, Android e perfino sull’abbonamento Netflix. Un’operazione titanica che trasforma un capolavoro in un fenomeno cross-mediale destinato a brillare ancora a lungo nella costellazione del gaming mondiale.

L’annuncio di Rockstar Games è arrivato come un tuono nel cielo rosso del deserto: il 2 dicembre il primo Red Dead Redemption tornerà in circolazione in una forma ampliata, perfezionata e, soprattutto, accessibile come mai prima d’ora. La sensazione è quella di assistere alla resurrezione di un mito, al ritorno di una leggenda che non vuole invecchiare, che non vuole essere dimenticata, che continua a chiedere al mondo videoludico un posto d’onore accanto ai suoi fratelli contemporanei.

Una storia lunga quindici anni accompagna questo rinnovato viaggio. Nel 2010, quando uscì su PlayStation 3 e Xbox 360, Red Dead Redemption ridefinì l’idea stessa di open world western, portando con sé 106 premi come Gioco dell’Anno, un’edizione Game of the Year stracolma di contenuti e perfino un cortometraggio prodotto da Fox, The Man from Blackwater, girato interamente con la tecnologia del videogioco. Fu un terremoto culturale. Una frontiera che, all’improvviso, non era più soltanto il ricordo dei film di Leone, Corbucci, Eastwood o Wayne, ma diventava un territorio vivo, pulsante, sporco, vibrante di umanità e tragedia. Il 2012 consacrò definitivamente il capolavoro di Rockstar, quando IGN lo posizionò al terzo posto tra i migliori giochi dell’era moderna. Un risultato che non stupisce chiunque abbia accompagnato John Marston nel suo peregrinare tormentato alla ricerca della libertà, immerso in un West che non è più il luogo eroico dei duelli al sole, ma un mondo in decomposizione, crocevia di progresso e sconfitta, redenzione e morte.

Il tempo non ha scalfito la forza di quel mondo, anzi l’ha resa più lucida. Quando nel 2024 Rockstar ha portato Red Dead Redemption su PC, PlayStation 4 e Nintendo Switch, il pubblico ha accolto il ritorno con lo stesso entusiasmo con cui si ritrova un vecchio amico. Nessuna rivoluzione grafica spinta, nessun restauro drastico: solo una fedeltà quasi religiosa all’opera originale, impreziosita dall’immancabile espansione Undead Nightmare, che ancora oggi rimane una delle interpretazioni più folli e riuscite del mito western contaminato dall’horror.L’arrivo su PlayStation 5, Xbox Series X|S e Switch 2, però, rappresenta qualcosa di più di un semplice porting. È una vera rinascita tecnica. Sessanta fotogrammi al secondo stabili, risoluzioni fino al 4K, supporto all’HDR e una serie di miglioramenti che rendono il gioco più fluido, più luminoso, più fisico. Rockstar sottolinea come la versione per Nintendo Switch 2 sia stata ottimizzata con supporto DLSS, HDR e persino controlli tramite mouse, un dettaglio curiosissimo che mescola il mondo console con quello PC in una maniera insolita e quasi sperimentale.

Il gesto forse più apprezzato, però, arriva nei confronti della community: chi possiede già la versione digitale PS4, Switch o Xbox One potrà aggiornare gratuitamente alla nuova edizione. Una scelta che premia i fan storici e consolida un rapporto affettivo fortissimo tra giocatori e saga. Anche i salvataggi saranno trasferibili, permettendo a chiunque di riprendere la cavalcata da dove l’aveva interrotta, come se quindici anni non fossero mai passati.

L’operazione coinvolge anche Double Eleven e Cast Iron Games, due team che collaborano alla realizzazione di questa nuova ondata di versioni e che portano il gioco anche nella Libreria giochi di GTA+, confermando la volontà di Rockstar di espandere il proprio ecosistema digitale e renderlo sempre più interconnesso.

Ma la vera sorpresa è l’approdo di Red Dead Redemption sugli abbonamenti PlayStation Plus e Netflix, oltre che su dispositivi iOS e Android. Questo significa che l’avventura di Marston diventa, per la prima volta, un gioco totalmente ubiquo: presente su televisioni, console, PC, smartphone, tablet e addirittura su piattaforme streaming che fino a pochi anni fa avremmo associato solo a film e serie TV. È come se il West avesse deciso di colonizzare ogni schermo del mondo moderno, attraversando la tecnologia contemporanea con la stessa determinazione dei suoi fuorilegge.

Il risultato è una nuova percezione della saga. Non più solo un caposaldo del videogioco, ma un racconto globale, accessibile da chiunque, in qualunque luogo e su qualunque dispositivo. Un ponte tra generazioni, tra linguaggi, tra culture videoludiche differenti. E allo stesso tempo è anche un modo per far conoscere quella poetica malinconica che permea ogni scena del gioco a chi, per limiti anagrafici o tecnologici, non aveva mai potuto avvicinarsi all’opera originale.

Red Dead Redemption è un western che parla di fine, ma paradossalmente non finisce mai. È il racconto di un mondo che muore, mentre continua a rinascere nelle mani di Rockstar e negli occhi dei giocatori. Questo nuovo rilancio sembra quasi voler confessare che la frontiera non è un luogo fisico, ma una condizione dell’anima. Una sensazione che si prova quando si osserva l’orizzonte pixelato del New Austin mentre il sole cala e il cielo si tinge di rosso. È un sentimento che ritorna, che si fa sentire, che pulsa ancora.

Ora che la saga si prepara a cavalcare di nuovo, il pubblico ha una sola domanda: questa resurrezione porterà con sé nuovi orizzonti? Una remastered completa? Un remake totale? Un terzo capitolo? Rockstar tace, come fa spesso, e proprio per questo l’attesa si fa elettrica. La storia della frontiera americana è fatta di ritorni inattesi e riscatti improvvisi. E in fondo, Red Dead Redemption non ha ancora finito di raccontarci tutto ciò che ha da dire.

La domanda, adesso, è semplice: sei pronto a tornare in sella?

Doomlings: scopriamo questo delizioso gioco di carte

C’è qualcosa di irresistibilmente ironico nell’idea di creare la vita per poi guardarla crollare sotto il peso di catastrofi cosmiche e apocalissi globali. Ed è proprio questo il cuore pulsante di DOOMLINGS, il gioco di carte che questa settimana porto sul mio canale in un gameplay spassoso e delirante, dove si ride, si impreca e si evolve — letteralmente — mentre il mondo finisce. Sedetevi al tavolo con me, prendete le vostre carte, e preparatevi a costruire il genoma di una specie che cercherà disperatamente di sopravvivere alle Ere del Caos. Ma ricordate: la natura non è una madre gentile, e gli altri giocatori lo sono ancora meno.

Uscito originariamente grazie a una campagna Kickstarter di successo planetario, Doomlings è un gioco di carte per 2-6 giocatori in cui si interpreta una razza in continua evoluzione. Ogni turno si giocano “tratti” genetici dalla propria mano, creando una sorta di “codice vitale” unico che determina il punteggio e — soprattutto — la personalità del vostro piccolo ecosistema.

Ma il tempo non è un alleato: le Ere scorrono, le Catastrofi colpiscono, e il conto alla rovescia verso la fine del mondo è inesorabile.
Un fulmine può cambiare tutto — e se siete abituati a giochi come Exploding Kittens, Evolution o The Game of Life, qui troverete un mix perfetto di strategia leggera, colpi bassi e comicità apocalittica.


Piccolo, veloce e maledettamente brillante

La prima cosa che colpisce di Doomlings è la sua compattezza. Una scatola piccola, facile da portare ovunque, con 167 carte illustrate in modo adorabile, ironico e surreale. Ogni carta ha un Doomling diverso, una creatura buffa, inquietante o semplicemente assurda, accompagnata da un testo di colore esilarante che racconta micro-storie degne di un bestiario di Terry Pratchett.

Il design è essenziale, ma incredibilmente leggibile. Ogni icona, ogni simbolo è immediatamente chiaro, e la curva di apprendimento è talmente dolce che anche chi non ha mai giocato a un card game può sedersi al tavolo e divertirsi in pochi minuti.

In più, il regolamento si impara in due minuti netti: si pescano carte, si gioca un tratto, si stabilizza la mano. Stop. Il resto lo fanno le combo, le interazioni e i colpi bassi che trasformeranno la partita in una corsa sfrenata alla sopravvivenza.


“Take that!” sì, ma con stile

Doomlings non è solo un gioco di carte: è un’arena di sopravvivenza darwiniana. Le carte non si limitano a farvi fare punti — spesso servono a disturbare gli altri, rubare tratti, scambiare mani o innescare effetti a catena devastanti.
Eppure, a differenza di molti “party game” aggressivi, qui l’interazione non diventa mai tossica: le partite sono così rapide e piene di humour che anche quando un amico ti rovina il piano perfetto, non puoi fare a meno di ridere e chiedere subito una rivincita.

Il vero segreto di Doomlings è questo equilibrio: un mix tra leggerezza e profondità, un party game con l’anima di un gestionale tascabile. C’è strategia, certo — pianificare le proprie combo è importante — ma il tono rimane sempre giocoso, con quella scintilla di follia che trasforma ogni partita in un piccolo evento sociale.


Un mondo sempre diverso (e sempre più assurdo)

Ogni carta di Doomlings è unica. Ogni partita, di conseguenza, è imprevedibile.
Un turno potreste guidare una razza di “Esseri Flatulenti e Irritabili”, e in quello dopo ritrovarvi con una specie di “Psicotici Volanti dal Morso Velenoso”.
È questo il fascino di Doomlings: la varietà infinita, che tiene incollati anche i giocatori più esperti.

Le espansioni aggiungono nuovi tratti, catastrofi e modalità, e sebbene il gioco base sia già ricco, ampliare il mazzo significa estendere il divertimento (e la rigiocabilità) all’infinito. Io stesso, che di solito non compro espansioni per i giochi leggeri, mi sono trovato a volerne “solo un’altra”. E poi un’altra ancora.


Leggero, ma non banale

Non fatevi ingannare dall’aspetto colorato o dalle carte olografiche (che tendono a imbarcarsi un po’, sì, ma brillano come piccoli gioielli). Doomlings non è un semplice filler.
È il tipo di gioco che tiri fuori tra due titoli più impegnativi — e poi finisci per giocarci per tutta la serata. È facile da spiegare, rapido da apparecchiare, e capace di mantenere l’attenzione viva dal primo all’ultimo turno.

Certo, la fortuna c’è — come in ogni gioco di carte — ma il modo in cui puoi reagire agli eventi e modulare la tua strategia rende ogni partita un piccolo puzzle da risolvere. E quando arriva la terza Catastrofe, quella che segna la fine del mondo, vi assicuro che tra risate e imprecazioni nessuno penserà al punteggio: penserete solo a quanto vi siete divertiti a vedere la vostra creazione… morire gloriosamente.


Perché Doomlings merita un posto nella tua collezione

Doomlings è una piccola perla nel panorama dei giochi da tavolo moderni. Non è un colosso da tre ore di regole, non pretende di cambiare la storia del game design, ma fa perfettamente quello che promette: intrattenere.
È un titolo adatto a chi ama i giochi di carte veloci, ai gruppi numerosi, alle serate in famiglia o alle convention in cui il tempo è poco ma la voglia di ridere è tanta.

E sì, anche ai giocatori più hardcore, quelli che amano Terraforming Mars o Ark Nova: perché a volte serve un gioco che ti ricordi che il divertimento non dipende dal numero di meeple sulla plancia, ma dalla risata che ti strappa al momento giusto.


In sintesi: l’apocalisse non è mai stata così spassosa

“Doomlings” è il titolo perfetto per chi ama i giochi ironici, strategici e imprevedibili. È semplice, rigiocabile e coinvolgente.
Un gioco da tavolo che riesce a farti pensare e ridere nello stesso turno, e che conferma una verità universale: anche la fine del mondo può essere tremendamente divertente.

Quindi, se vi piacciono i giochi con personalità, dove l’umorismo incontra la tattica, non potete perdervelo.
Accendete il cervello, mischiate le carte e preparatevi a creare — e distruggere — la vita come solo la natura (e un buon game designer) sanno fare.

Marvel 1943: Rise of Hydra – l’epica guerra di Amy Hennig e il rinvio che fa tremare i fan

Cari appassionati, preparatevi a segnare un nuovo orizzonte sul calendario dei desideri: l’attesissimo Marvel 1943: Rise of Hydra, l’action-adventure che promette di ridefinire il concetto di narrativa interattiva, non arriverà più nei primi mesi del 2026, ma è stato posticipato a data da destinarsi, superando la vaga finestra di “inizio 2026”. E se per un titolo qualunque un rinvio sarebbe motivo di amarezza, quando l’opera porta la firma di Amy Hennig, la leggendaria mente dietro a capolavori come Uncharted e Legacy of Kain, questo non è un incidente di percorso, ma il preludio a qualcosa di titanico. È il segnale inequivocabile che Skydance New Media e Plaion mirano a un livello di perfezione assoluta, un atto di rispetto verso una lore che non ammette imperfezioni.

Il palcoscenico scelto per questa ambiziosa epopea è uno dei più affascinanti della storia Marvel: la Parigi occupata del 1943. Un’ambientazione che, grazie alla potenza dell’Unreal Engine 5, non sarà un semplice sfondo, ma un personaggio vivo, pulsante di dolore e resistenza. Nelle strade art déco soffocate dalla morsa nazista si annida il vero nemico, l’organizzazione terroristica Hydra, che tesse trame oscure fatte di tecnologia all’avanguardia e misteri occulti. L’ispirazione narrativa viene direttamente dalla miniserie a fumetti del 2010, Captain America/Black Panther: Flags of Our Fathers, ma nelle mani esperte di Hennig e dello scrittore Marc Bernardin, il racconto si trasforma in una reinvenzione, un’ode cinematografica alla fratellanza in tempo di guerra.


L’Alleanza Improbabile: Il Soldato e il Re

 

Da questo teatro di guerra emergono due eroi, due icone in fieri, destinati a un’unione che è tanto strategica quanto mitologica. Da una parte, troviamo un giovane Steve Rogers, non ancora il simbolo indiscusso di giustizia, ma il super soldato americano costretto a muoversi nelle ombre. Dall’altra, incontriamo Azzuri, il carismatico re del Wakanda e Black Panther dell’epoca. L’alleanza tra l’America e l’Africa, tra il soldato e il sovrano, è il fulcro emotivo della trama, un equilibrio perfetto tra forza bruta e visione politica.

Ad affiancare la coppia, un cast di supporto che promette scintille: il coraggioso Gabriel Jones degli Howling Commandos e la spia wakandiana Nanali, dal fascino glaciale e dalle abilità letali. È una sinfonia di personaggi che, solo sulla carta, evoca un equilibrio narrativo degno dei migliori ensemble cinematografici.


Il Dualismo del Gameplay

 

Se la storia è il cuore, il gameplay è la muscolatura pulsante del progetto. Le poche e fugaci clip che sono trapelate online hanno svelato una filosofia di combattimento basata sulla varietà e sulla fedeltà ai personaggi.

Quando si impugna il manto di Black Panther, l’esperienza si fa danza letale: movimenti felini, pura agilità, parkour mozzafiato e una fisicità che sfrutta ogni elemento dell’ambiente. È la grazia letale del re guerriero. L’ingresso di Captain America segna invece un cambio di registro: la fluidità cede il passo alla brutalità del campo di battaglia. Parliamo di colpi diretti, di scudi che rimbalzano sui nemici con la precisione di un boomerang, in coreografie che omaggiano la regia d’azione dei fratelli Russo. La chiave di volta sarà l’alternanza tra i due stili, l’apprendimento di questa sinfonia a due strumenti, che porterà il giocatore in un viaggio che non si fermerà ai tetti di Parigi, ma si spingerà verso un Wakanda inedito, un crocevia tra tecnologia ancestrale e forza primitiva.


Amy Hennig: Oltre il Gioco, il Linguaggio

 

Chiunque segua la storia del videogioco sa che il nome Amy Hennig non è solo sinonimo di successo, ma di evoluzione narrativa. La co-Presidente di Skydance New Media e produttrice esecutiva non cerca la formula del blockbuster muscolare fine a sé stesso, ma una storia vissuta, dove ogni dialogo ha il peso di un pugno e le scelte morali si intrecciano con il caos della guerra. Marvel 1943 non vuole essere un “semplice videogioco Marvel”, ma una finestra cinematografica sul mito.

L’impiego di attori di primo livello come Khary Payton (Azzuri/Black Panther) e Drew Moerlein (Steve Rogers/Captain America), unito alla tecnologia di performance capture di Skydance, sottolinea la volontà di creare un’immersione totale, dove la recitazione sia tanto cruciale quanto la giocabilità.

L’annuncio del rinvio, sebbene abbia allungato un’attesa già spasmodica (il progetto è stato annunciato per la prima volta nell’ottobre 2021), deve essere letto come una dichiarazione d’intenti. In un’industria troppo spesso colpevole di lanciare titoli tripla A in condizioni imperfette, la scelta di posticipare l’uscita oltre l’inizio del 2026 per “raggiungere gli standard qualitativi attesi dai fan” non è un passo falso, ma un atto di dedizione. Quando una narratrice come Amy Hennig chiede tempo, non sta ritardando, ma sta cesellando.

L’attesa, quindi, si trasforma in una fiduciosa promessa: Marvel 1943: Rise of Hydra non sarà solo un gioco che narra una guerra tra eroi e il terrorismo dell’Hydra, ma un’esperienza destinata a lasciare un segno indelebile nella memoria collettiva, al pari di pietre miliari come The Last of Us o God of War.

L’umanità, la libertà e l’eroismo si giocano un’altra volta: non nel 1943, ma sul terreno del gaming nel prossimo futuro. Restate sintonizzati, perché quando questo titolo vedrà la luce, il mondo nerd lo ricorderà per sempre.

Riftbound: Origins – Riot Games apre un nuovo portale nel multiverso di League of Legends

Quando Riot Games decide di varcare un confine, quel confine non torna più com’era prima. In questo caso il confine è tangibile, fatto di carte, mazzi, illustrazioni, strategie e momenti da vivere attorno a un tavolo. Riftbound: Origins, disponibile dal 31 ottobre 2025 in lingua inglese in Nord America, EMEA, LATAM e Oceania, rappresenta il primo passo di un progetto ambizioso: trasformare l’universo di League of Legends in un’esperienza fisica, tattile, da toccare, scambiare, costruire e custodire. Un vero invito a esplorare Runeterra attraverso una nuova dimensione narrativa.

Il debutto di Riot nel mondo dei TCG non nasce come un semplice spin-off, ma come un’estensione viva di un ecosistema che continua a espandersi verso media diversi, attraversando anime, serie, libri, eventi e ora anche il gioco competitivo da tavolo. Proprio questo spirito transmediale ha guidato Chengran Chai, Executive Producer, pronto a sottolineare come Riftbound rappresenti un impegno a lungo termine con una community che non ha mai smesso di chiedere nuovi modi per amare League of Legends. Dave Guskin, Game Director, rincara la dose ricordando che l’obiettivo è dare vita a un gioco capace di soddisfare sia i fan di LoL sia gli appassionati di TCG tradizionali, rispettando profondità, strategia e senso di comunità.

Dalle ombre del “Project K” alla nascita di un nuovo mondo da collezionare

Il nome di progetto, Project K, aleggiava da tempo nella curiosità della community. Per mesi si è creduto che potesse trattarsi di un’estensione di Legends of Runeterra, salvo poi scoprire che Riot aveva in cantiere qualcosa di completamente diverso: un TCG pensato da zero per il gioco fisico, senza compromessi, con un design sviluppato per essere condiviso attorno a un tavolo. Il nome definitivo, Riftbound, è il risultato di una collaborazione inattesa con Barrel Smash Studios, che ha ceduto il titolo mostrando un affetto autentico per l’universo di League of Legends.

Questa attenzione al dettaglio e alla community ha definito la nascita di un gioco che prende ispirazione dalla Landa degli Evocatori, ma trova una nuova identità grazie a meccaniche originali, un formato multigiocatore inclusivo e un design che racconta la lore con una ricchezza rara nel panorama dei giochi di carte moderni.

Origins: quando i campioni prendono forma in carta e inchiostro

Il primo set, Origins, porta con sé più di 300 carte, tutte dedicate ai volti e ai luoghi iconici di Runeterra. Teemo sorride con la sua aria innocente prima di scatenare trappole degne di un veterano di Piltover; Jinx esplode fuori dalle carte con un’energia caotica che sembra saltare dalla pagina; Ahri incanta, Yasuo taglia l’aria in una singola illustrazione, Miss Fortune guida lo sguardo come una vera capitana di Bilgewater. Ogni carta non è solo un componente di gioco: è un frammento di lore reinventato attraverso linee, colori e meccaniche.

Le carte sono suddivise in categorie che ampliano la profondità di costruzione dei mazzi: unità, magie, equipaggiamenti, rune, campi di battaglia e naturalmente i campioni, ognuno accompagnato da abilità pensate per rispecchiarne personalità e stile di gioco. Riot ha lavorato in modo evidente per dare ai giocatori un linguaggio visivo che richiama LoL senza limitarlo, trasformando ogni mazzo in un piccolo laboratorio narrativo.

Per chi desidera iniziare subito, la scatola introduttiva Proving Grounds permette di lanciarsi in partite da due a quattro giocatori attraverso mazzi accessibili, mentre i Champion Decks di Jinx, Lee Sin e Viktor offrono una base competitiva già pronta per tornei e scontri più impegnativi. La collezione si espande con i booster pack da 14 carte, ideali per chi ama costruire strategie personalizzate attraverso un mix di sinergie e sorprese.

Un TCG pensato per giocare insieme

La forza di Riftbound non si esaurisce nel classico testa a testa. Il gioco propone formati 1v1, 2v2 e perfino modalità free-for-all, creando momenti in cui le alleanze nascono e muoiono al ritmo delle scelte tattiche, dando vita a partite imprevedibili dove amicizie e tradimenti convivono allo stesso tavolo. In ogni formato si percepisce la volontà di Riot di rendere il TCG un punto di aggregazione, qualcosa di vivo, sociale, competitivo ma anche accessibile.

Il debutto competitivo di Riftbound avverrà già questo inverno, con il primo English Regional Qualifier a Houston dal 5 al 7 dicembre. Sarà il preludio al circuito europeo, previsto per febbraio 2026, e all’avvio di un ecosistema che vuole crescere insieme alla community attraverso eventi locali, “Nexus Nights” e dimostrazioni nei negozi specializzati.

Dai collezionabili agli eventi: la nascita di una nuova community

Le carte non sono l’unico pezzo del puzzle. La linea di accessori dedicati a Riftbound rende omaggio ai campioni più amati con tappetini e bustine protettive illustrati da Ahri, Miss Fortune, Volibear e molti altri. Accessori che non si limitano al semplice “proteggere”, ma che trasformano ogni partita in un piccolo spettacolo estetico, ricco di richiami alla lore.

Gli eventi di lancio del 31 ottobre daranno il via ufficiale alla nascita della community internazionale dei Riftbounders. Partecipare significherà entrare nel progetto fin dal primo giorno, ottenere promo esclusive e incontrare altri giocatori che condividono la stessa passione per Runeterra.

La celebrazione non finisce qui: Riot ha già annunciato l’arrivo di un cofanetto speciale dedicato ad Arcane, aggiornato con il design più recente delle carte e presentato in anteprima al TFT Macao Open. Una chicca destinata ai collezionisti.

Verso Worlds 2025 e oltre: quando lo spettacolo incontra la strategia

Il 2026 vedrà l’arrivo del secondo set, Spiritforged, previsto per febbraio. Ma la sorpresa più discussa è il bundle Riftbound x Worlds, una fusione tra la competizione più amata del circuito di League of Legends e il nuovo TCG. Un oggetto da collezione pensato per chi vive i Mondiali non solo come evento esport, ma come un rito annuale che unisce milioni di fan.

Questo bundle potrebbe diventare l’emblema di un anno che segna la nascita definitiva del progetto Riftbound, creando un ponte tra i giocatori digitali e quelli del cartaceo, tra l’arena virtuale e il tavolo di gioco.

Il futuro scritto nei mazzi: un ecosistema in costante espansione

Riot Games non sta lanciando un semplice prodotto, ma un ecosistema completo che comprende tornei, strumenti per il deckbuilding, piattaforme per gestire la propria collezione, gallerie digitali del set e un programma di supporto ai negozi locali. Ogni dettaglio è pensato per far crescere la community nel tempo, trasformando Riftbound in un appuntamento costante nella vita degli evocatori.

Questo primo set non rappresenta un punto di arrivo, ma un inizio. Un nuovo capitolo di un viaggio che continua a unire appassionati, collezionisti, strategisti e fan della lore.

Sei pronto a varcare la spaccatura?

Riftbound non è solo un gioco di carte. È un richiamo all’avventura, un invito a ricostruire Runeterra con le proprie mani, un ritorno a quel piacere antico di ritrovarsi attorno a un tavolo per condividere storie e sfide.

Sta per iniziare un nuovo modo di essere evocatori.
Un nuovo modo di abitare Runeterra.

E tu, entrerai nella spaccatura?

Elden Ring: Tarnished Edition rinviato al 2026 — il sogno dell’Interregno su Nintendo Switch 2 dovrà attendere

Quando Bandai Namco e FromSoftware parlano, il mondo dei gamer trattiene il fiato. E così è successo anche stavolta: Elden Ring: Tarnished Edition per Nintendo Switch 2 è stato ufficialmente rinviato al 2026. La notizia è arrivata con un comunicato pubblicato su X, in cui gli sviluppatori hanno spiegato che il rinvio serve a “migliorare le prestazioni” del gioco sulla nuova console ibrida di Kyoto. Tradotto: serve più tempo per fare in modo che l’Interregno possa brillare anche lontano da TV e PC, nel palmo delle mani dei giocatori.

Il rinvio, pur senza una data precisa, conferma che la Tarnished Edition non arriverà nel 2025 come previsto, ma si prenderà un intero anno in più di sviluppo. Una mossa che ha diviso la community: tra chi plaude all’attenzione al dettaglio e chi teme che l’ambizioso progetto possa essere troppo per l’hardware Nintendo — anche nella sua nuova incarnazione.

La sfida dell’Interregno portatile

Nintendo Switch 2 promette molto: risoluzione fino a 4K in modalità docked, 1080p in portatile e un comparto tecnico finalmente allineato ai tempi. Ma Elden Ring non è un titolo qualsiasi. È un mondo sterminato, una cattedrale digitale di mitologia e dolore, una sinfonia interattiva scritta da Hidetaka Miyazaki e George R. R. Martin. Farlo girare con fluidità e coerenza su una console portatile non è solo un esercizio tecnico: è un’impresa quasi mistica.

Secondo quanto trapelato, i primi test interni della build per Switch 2 avrebbero mostrato cali di frame e texture non sempre all’altezza. Da qui la decisione, difficile ma inevitabile, di rinviare tutto per ottimizzare il codice. FromSoftware non è nuova a questi perfezionismi: il loro motto è sempre stato “la sofferenza è parte del viaggio”, e sembra che anche lo sviluppo segua la stessa filosofia.

Giocare Elden Ring in mobilità suona come un sogno per chi, negli ultimi anni, ha perso il conto delle ore trascorse tra Marika, Melina e i Signori dell’Anello. La Tarnished Edition non vuole essere un semplice porting, ma una versione su misura pensata per il nuovo ecosistema Nintendo. Se l’ottimizzazione sarà all’altezza, potremmo trovarci di fronte a una piccola rivoluzione: l’esperienza soulslike portata letteralmente ovunque.

Per molti fan, l’idea di affrontare Margit o Radahn sul treno o in pausa pranzo è il sogno di una vita. Ma l’impresa tecnica resta titanica: garantire un framerate stabile in battaglie tanto dense e spettacolari è una sfida che potrebbe definire il futuro dei porting di giochi tripla A su Switch 2.

Il fascino oscuro dell’Interregno

Il cuore pulsante di Elden Ring è la sua narrazione implicita, quel modo unico in cui ogni rovina e ogni boss raccontano una storia di potere, caduta e redenzione. Il giocatore veste i panni del Senzaluce, un’anima errante che attraversa un mondo in frantumi alla ricerca dei frammenti dell’Anello Ancestrale. È un viaggio che si muove tra mito e disperazione, dove la morte è solo un checkpoint dell’esperienza.

Questa complessità narrativa e visiva è ciò che rende difficile il lavoro di ottimizzazione: l’Interregno vive di dettagli, di contrasti di luce, di orizzonti lontani e architetture gotiche che sembrano respirare. Comprimere tutto questo in un hardware portatile, senza snaturarne l’atmosfera, è un equilibrio delicato.

Comunità e cooperazione: il lato sociale di un mondo solitario

Non va dimenticato l’aspetto multiplayer, che da sempre caratterizza le opere FromSoftware. Il sistema asincrono di evocazioni e messaggi scritti dai giocatori è diventato un simbolo della loro filosofia: siamo soli, ma mai completamente. Se Switch 2 riuscirà a gestire in modo stabile le funzioni online, la Tarnished Edition potrebbe inaugurare una nuova era per il multiplayer portatile — un’esperienza in cui la connessione diventa parte integrante del viaggio.

L’arte della personalizzazione

Uno dei motivi per cui Elden Ring è diventato un fenomeno culturale è la sua libertà. Armi, incantesimi, build e strategie si combinano come pezzi di un puzzle in continua evoluzione. Ogni Senzaluce è unico, ogni approccio diverso. Riportare questa vastità di possibilità su Switch 2 richiede un lavoro certosino di adattamento, ma se il risultato sarà all’altezza, potremmo avere tra le mani la versione più versatile del gioco mai vista.

Nintendo e la scommessa tripla A

Il rinvio di Elden Ring: Tarnished Edition non è solo un evento legato al singolo titolo: è un segnale di come Nintendo voglia posizionarsi nel nuovo scenario del gaming. Portare un colosso come Elden Ring su una console ibrida significa lanciare una sfida diretta a PlayStation e Xbox, dimostrando che Switch 2 può essere una casa anche per i giganti tecnici del settore.

In un mercato in cui la definizione di “next-gen” è sempre più sfumata, questa edizione potrebbe rappresentare la prova del nove per capire se Nintendo può davvero competere sul piano delle prestazioni senza sacrificare la sua identità.

Un anno in più per un sogno più grande

FromSoftware ha sempre dimostrato che la pazienza è una virtù. Se un rinvio serve a mantenere intatta la magia di un capolavoro, vale la pena attendere. Il 2026 potrebbe sembrare lontano, ma per un gioco che ha ridefinito il concetto di epica digitale, un anno in più non è un ritardo: è un respiro prima del colpo di spada.

E così, mentre l’Interregno si prepara a rinascere su Switch 2, noi Senzaluce restiamo in attesa. Le nebbie si diradano lentamente, ma la promessa rimane: presto potremo impugnare la nostra lama e tornare, ancora una volta, a morire gloriosamente sotto il sole dorato di un mondo che non smette mai di stupire.

MOUSE: PI for Hire, lo sparatutto in prima persona che unisce violenza e cartoon

In un panorama videoludico dominato da realismo estremo e pixel perfetti, c’è chi ha deciso di tornare alle origini, a un’epoca in cui le linee erano di gomma e i protagonisti sorridevano persino in mezzo al caos. Lo studio indipendente Fumi Games, in collaborazione con PlaySide Studios Limited, ha pubblicato un nuovo, esilarante video-annuncio durante il Galaxies Showcase, confermando finalmente la data d’uscita ufficiale di Mouse: P.I. for Hire: 19 marzo 2026. L’annuncio, accolto con entusiasmo dalla community indie, non si limita a svelare la finestra di lancio: mostra anche nuove e inedite sequenze di gameplay, in cui si intravedono colpi di pistola, salti acrobatici e il ritorno di un’estetica perduta — quella dei cartoni animati in stile rubber hose, tipica degli anni ’30.

Un noir animato tra Cuphead e DOOM

Mouse: P.I. for Hire si presenta come un first-person shooter 2.5D dal cuore retrò e dal ritmo moderno. I giornalisti di settore lo hanno già definito un incrocio tra Cuphead e DOOM, e in effetti la definizione calza a pennello: da un lato la grafica “vecchio stile”, con personaggi che si muovono come elastici antropomorfi, dall’altro un gameplay veloce, brutale, senza respiro.

L’ambientazione è quella di Rattopoli, una città corrotta e in rovina, dove neon e fumo si mischiano all’odore del bourbon e alla puzza di piombo. Qui si muove Jack Pepper, un detective con un passato da eroe di guerra e un presente fatto di debiti, cicatrici e casi disperati. Tutto inizia con un classico del noir: una misteriosa donna in pericolo bussa alla porta del nostro topo investigatore. Ma, come ogni fan del genere sa, le cose non sono mai come sembrano.

Ben presto l’indagine di Jack si trasforma in un intrigo più grande di lui, tra gang criminali, tradimenti e inseguimenti che sembrano usciti da un incubo jazz.

Quando il noir incontra l’animazione “rubber hose”

Esteticamente, Mouse: P.I. for Hire è un gioiello d’animazione digitale. Ogni frame è un omaggio ai cortometraggi di Ub Iwerks e ai primi lavori di Walt Disney, quando Topolino e Oswald il coniglio ballavano tra ingranaggi e fantasmi. Il tratto è volutamente vintage, con colori desaturati, bordi irregolari e un leggero effetto di pellicola rovinata che rende l’esperienza visiva nostalgica e magnetica allo stesso tempo.

La colonna sonora jazz, realizzata con strumenti autentici dell’epoca, amplifica l’immersione: sax e contrabbassi accompagnano sparatorie e inseguimenti come in una jam session infernale. Il risultato è un FPS che si gioca come un concerto swing, dove ogni proiettile ha il suo ritmo e ogni nemico danza prima di cadere.

Azione, esplorazione e formaggio potenziato

Sotto la superficie stilistica, però, Mouse: P.I. for Hire è anche un omaggio al gameplay old-school, con una struttura non lineare e livelli pieni di segreti. Jack Pepper può usare un arsenale classico – pistole, fucili, lanciarazzi – ma anche potenziamenti decisamente fuori di testa: i “cheese power-up”, per esempio, conferiscono bonus temporanei come forza, resistenza o velocità.

E poi c’è la sua coda multifunzione, che funge da rampino e arma secondaria, permettendo di raggiungere zone elevate o immobilizzare i nemici. Un’idea geniale che trasforma la verticalità delle mappe in parte integrante della strategia.

Ogni distretto di Rattopoli – dai cortili piovosi del porto ai casinò illuminati dai neon, fino alle fognature infestate – è stato progettato con un’attenzione maniacale ai dettagli. Si potranno trovare missioni secondarie, collezionabili nascosti e minigiochi che ricordano i vecchi arcade da sala.

Una love letter alla cultura pop vintage

Al di là dell’azione, Mouse: P.I. for Hire è una vera dichiarazione d’amore alla cultura pop del primo Novecento. Ogni personaggio è un rimando a un’epoca in cui i cartoon erano surreali, disturbanti e irresistibili. I fan più attenti noteranno citazioni che spaziano da Betty Boop a Bendy and the Ink Machine, passando per Sin City e persino Who Framed Roger Rabbit?.

Il tono è ironico ma non parodistico: Fumi Games non vuole prendere in giro quel mondo, vuole riportarlo in vita, in tutta la sua follia ritmica e malinconica.

L’attesa per il 19 marzo 2026

Con l’uscita prevista su PlayStation 4 e 5, Xbox One e Series X/S, Nintendo Switch e PC, Mouse: P.I. for Hire si prepara a diventare uno dei titoli indie più attesi del 2026. Secondo alcuni rumor, il gioco sarà disponibile anche sulla futura Nintendo Switch 2, rendendolo una delle prime esperienze cross-gen a cavallo tra due generazioni di console.

Il trailer mostrato al Galaxies Showcase si conclude con un’inquadratura emblematica: Jack Pepper, sigaretta tra i baffi, guarda la pioggia cadere su Rattopoli mentre la voce narrante mormora: “In questa città, anche il formaggio ha un retrogusto di polvere da sparo.”

E con quella frase, l’hype è servito.

Marvel Cosmic Invasion: il ritorno dell’epica arcade nell’universo Marvel

C’è un brivido che attraversa il cosmo nerd, un fremito che profuma di pixel e di nostalgia. Dotemu e Tribute Games, i maestri che hanno fatto rivivere il mito dei cabinati con Teenage Mutant Ninja Turtles: Shredder’s Revenge, tornano a colpire con un progetto destinato a far esplodere i joystick e i cuori dei fan: Marvel Cosmic Invasion.
L’attesissimo picchiaduro a scorrimento ambientato nell’universo Marvel arriverà il 1° dicembre 2025 su PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S, PC e Nintendo Switch, con una versione speciale dedicata alla nuova Nintendo Switch 2.

Una data che segna più di un’uscita videoludica: rappresenta un viaggio interdimensionale nel tempo, una riscoperta del piacere puro e viscerale del combattimento arcade, filtrato attraverso la lente epica dei supereroi Marvel.


Quando la trama cosmica incontra l’azione arcade

Non è solo un gioco, è un evento narrativo. Marvel Cosmic Invasion non si limita a schierare i personaggi più iconici del pantheon Marvel: li proietta nel cuore della mitologia cosmica, là dove tutto è più grande, più oscuro, più esplosivo.
Il nemico? Annihilus, il signore della Zona Negativa, tornato per scatenare la temibile Annihilation Wave e cancellare ogni forma di vita conosciuta.
È l’inizio di una guerra interstellare che ci trascina lontano dalle metropoli familiari e ci spinge tra pianeti perduti, stazioni spaziali abbandonate e mondi alieni in rovina. Ogni livello è un atto d’amore per la fantascienza Marvel: si respira l’atmosfera di saghe leggendarie come Annihilation, War of Kings e Infinity Gauntlet, raccontate con la potenza visiva della pixel art moderna.

La sensazione è quella di sfogliare un fumetto animato, un omaggio colorato e dinamico alla grande tradizione delle saghe cosmiche. L’effetto nostalgia è immediato, ma dietro c’è una struttura narrativa densa e contemporanea, capace di catturare tanto il vecchio fan quanto il nuovo gamer.

Gameplay: tag-team cosmico e pixel art che emoziona

Come ogni buon beat ’em up, Marvel Cosmic Invasion è costruito su un gameplay tanto semplice da apprendere quanto difficile da padroneggiare. Ma Tribute Games non si accontenta del “classico”: introduce una meccanica inedita che rivoluziona l’esperienza.
Ogni giocatore potrà scegliere due eroi e alternarli in tempo reale, sfruttando un sistema di tag dinamico che apre la strada a combo spettacolari e mosse cooperative devastanti.
L’azione scorre fluida, con colpi che esplodono come vignette in movimento, accompagnati da una colonna sonora elettronica che mescola synth anni ’90 e sonorità spaziali moderne.

Ogni personaggio ha il suo stile, il suo ritmo, la sua firma visiva: Wolverine affonda gli artigli con rabbia primordiale, Spider-Man danza tra le combo con agilità acrobatica, Storm domina gli elementi con effetti visivi mozzafiato, Iron Man inonda lo schermo di raggi repulsori e Phoenix trasforma la battaglia in pura energia cosmica.
E poi ci sono i momenti “da sala giochi”: attacchi di gruppo, super-mosse che svuotano lo schermo e boss fight titaniche degne di un evento crossover.


Un roster stellare da collezione

La line-up di Marvel Cosmic Invasion è un sogno per qualsiasi fan dei fumetti.
Oltre ai già annunciati Captain America, Wolverine, Spider-Man, Storm, Phyla-Vell, Venom, Nova, She-Hulk, Rocket Raccoon, Silver Surfer, Beta Ray Bill, Black Panther e Cosmic Ghost Rider, il roster si arricchisce con due nuovi ingressi d’eccezione: Iron Man e Phoenix.
Una combinazione che promette equilibrio perfetto tra la potenza terrestre dei Vendicatori e l’immensità cosmica degli eroi galattici.

Ogni personaggio è stato disegnato con cura maniacale: la pixel art rende omaggio alle silhouette e ai costumi classici, ma con animazioni moderne e dettagli vibranti. Il risultato è un universo in movimento, una collisione tra nostalgia e innovazione.


Dotemu e Tribute Games: gli alchimisti della nostalgia

L’unione tra Dotemu e Tribute Games è ormai sinonimo di garanzia per chi ama il retrogaming intelligente.
Dopo aver riportato alla gloria le Tartarughe Ninja, i due studi hanno deciso di affrontare la sfida più ambiziosa: fondere l’estetica e la giocabilità dei classici arcade con la potenza narrativa e visiva dell’universo Marvel.

Il progetto è stato annunciato a marzo 2025, e già dal 1° ottobre i fan hanno potuto provare una demo gratuita su Steam, un assaggio dell’adrenalina cosmica che ci aspetta.
La reazione della community è stata esplosiva: migliaia di download in poche ore e un entusiasmo che ha riempito Reddit e X di gif, clip e teorie sui personaggi segreti ancora non rivelati.


Oltre il videogioco: una macchina del tempo per nerd

Quello che rende Marvel Cosmic Invasion speciale non è solo la sua qualità tecnica, ma la sua capacità di evocare un’epoca. È un titolo che parla a più generazioni contemporaneamente: ai quarantenni che ricordano le dita consumate sui joystick dei cabinati, e ai ventenni che scoprono per la prima volta la magia cooperativa del beat ’em up.
È un ponte tra epoche, un canto d’amore verso un modo di giocare basato sulla condivisione e sull’istinto, prima che sull’algoritmo e sulle microtransazioni.

La filosofia di Dotemu e Tribute Games è chiara: riportare in auge il senso di appartenenza, quel feeling da “partita con gli amici” che si viveva fianco a fianco, tra urla, risate e spallate. E in questo senso, Marvel Cosmic Invasion non è solo un videogioco, ma un’esperienza collettiva, un ritorno alle origini dell’intrattenimento nerd.


Siete pronti a respingere l’Onda Annihilation?

L’universo Marvel è vasto, ma raramente un gioco è riuscito a catturarne così bene l’anima cosmica e la fisicità arcade.
Marvel Cosmic Invasion promette di essere uno di quei titoli capaci di unire le community, di generare meme, dibattiti e speedrun come accadeva ai tempi d’oro dei cabinati.
Che siate veterani dei fumetti o neofiti del multiverso, questo è un richiamo irresistibile a tornare “sul campo di battaglia”.

Perché, come direbbe Rocket Raccoon, “nessun eroe combatte da solo” — e questa volta, la galassia ha davvero bisogno di noi.

The Fisherman – Gameplay: una divertente sfida tra pescatori

Quando il vento soffia forte e l’odore di salsedine riempie l’aria, non puoi far altro che levare l’ancora e affrontare l’ignoto. Questa settimana, al nostro Gameplay settimanale, ci imbarchiamo in una nuova avventura che profuma di mare aperto, di coraggio e di dadi lanciati tra spruzzi d’acqua e risate da taverna: The Fisherman, il gioco da tavolo ideato da Roberto Lombardo, ci porta su un peschereccio traballante in compagnia di tre “Lupi di Mare” pronti a tutto pur di riportare a casa il carico più prezioso. Un titolo che mescola gestione, rischio, narrazione e fortuna, invitandoci a vivere il mare come non l’abbiamo mai fatto: non solo come sfondo, ma come avversario vivo, mutevole, imprevedibile.


Una barca, un sogno e un equipaggio

In The Fisherman ogni giocatore non interpreta semplicemente un pescatore: diventa il comandante di un’imbarcazione costruita da zero, completa di nome, ciurma, scafo, carburante e attrezzatura. Ogni barca è un piccolo universo personalizzato, creato con una scheda individuale che permette di distribuire punti in resistenza, serbatoio, equipaggiamento e ciurma.

Ma attenzione: la gestione delle risorse non è un dettaglio secondario. Lo scafo va mantenuto integro per non affondare, il serbatoio va dosato con intelligenza, e la ciurma… beh, va tenuta in vita. Perché, come ogni comandante sa, un mare calmo non ha mai fatto un bravo marinaio, ma un mare traditore può trasformare una buona pescata in un disastro annunciato.


Tra dadi e tempeste: il ritmo del mare

Il cuore del gioco è un sistema semplice e intuitivo di lanci di dado e pesca di carte, ma il vero sale dell’esperienza è nel ritmo narrativo. Ogni turno diventa un micro-racconto di sopravvivenza: un valore del dado può regalarti una pesca fortunata o scatenare un disastro.
Un 8 potrebbe svelare un’“Occasione”, un 9 un “Imprevisto”, mentre lo 0 porta con sé un “Disastro” di proporzioni epiche. A volte il mare ringrazia, altre volte si vendica.

E quando tutto sembra perduto, puoi lanciare un SOS, chiedendo aiuto agli altri capitani. Ma occhio a quanto prometti in cambio: nel mare non esistono salvataggi gratuiti, e spesso la solidarietà è solo un altro modo per fare affari.


La campagna “The Monsters”: quando il mare nasconde leggende

Lombardo non si limita a proporre un gestionale marittimo: aggiunge una campagna narrativa intitolata The Monsters. Qui il gioco si trasforma in un’esperienza quasi da GDR marino, con missioni stand-alone o sequenziali, piccoli racconti di avventura e mistero, e obiettivi prefissati che si intrecciano con le regole base.
Ogni partita diventa così una storia nuova, con sfide che ricordano le leggende dei mari del Nord o le cronache dell’“Andrea Gail”, il peschereccio protagonista de La tempesta perfetta, da cui l’autore ha tratto ispirazione diretta.

E per chi preferisce affrontare da solo le onde, The Fisherman include un modulo “solo” con un mazzo di carte dedicato, che simula il comportamento di un bot avversario. Perfetto per chi vuole perdersi nel silenzio del mare, ma senza rinunciare alla tensione di una sfida vera.


Strategie, compromessi e tempeste interiori

Nel corso della partita bisogna dosare con maestria strategia e fortuna. Decidere se spingersi verso acque più profonde e pescose, rischiando di restare a secco di carburante, o restare vicino al porto per giocare d’astuzia. Ogni scelta comporta una rinuncia: gettare il pescato per alleggerirsi, sacrificare una parte dell’equipaggio, o accettare compromessi con altri giocatori in cambio di salvezza.

In fondo, The Fisherman parla proprio di questo: del coraggio di rischiare, dell’arte del compromesso e del sapore amaro della sconfitta che solo chi ama il mare può comprendere.


Il tocco dell’autore: tra GDR e boardgame

Roberto Lombardo non è un nome nuovo per chi bazzica l’ambiente dei giochi da tavolo e di ruolo. Appassionato di pesca, narrativa marinaresca e game design, Lombardo racconta di aver condensato in The Fisherman tutte le passioni che lo accompagnano da anni: dai GDR classici come Cyberpunk, Lex Arcana e Il Richiamo di Cthulhu, fino ai moderni gestionali europei. Il risultato è un ibrido riuscito tra German game e American game, un mix di strategia e narrazione in perfetto equilibrio.

Come dice lo stesso autore: “The Fisherman rappresenta un sogno che si realizza: un gioco che racchiude tutto ciò che mi ha fatto innamorare dei giochi da tavolo e di ruolo.”


Perché vale la pena salpare

The Fisherman non è solo un gioco di dadi e carte: è una metafora del viaggio, del rischio e della collaborazione forzata. È un’esperienza che ti fa sentire il vento sulla pelle e il peso delle scelte, anche quando sei solo attorno a un tavolo.
Ogni sessione è diversa, ogni pesca è una storia. E quando la barca fa ritorno in porto, con la stiva piena e la ciurma stremata, la sensazione è quella di aver davvero attraversato qualcosa di grande.

Se amate i giochi che sanno unire meccaniche accessibili, ambientazione evocativa e spirito d’avventura, The Fisherman merita un posto nella vostra collezione.


Vuoi provarlo con noi?

Preparati a mollare gli ormeggi e a scoprire chi sarà il vero Re dei Lupi di Mare. Ti aspettiamo al tavolo per il nuovo Gameplay, dove metteremo alla prova le nostre abilità da capitani tra onde, dadi e colpi di fortuna. Il mare chiama, capitano… e questa volta non si può dire di no.

Silent Hill f: il Giappone degli anni ’60 si trasforma nel nuovo incubo psicologico di Konami

Silent Hill non è mai stato soltanto un videogioco. È una sensazione, un brivido che corre lungo la schiena appena la nebbia si addensa e il rumore statico della radio annuncia l’inevitabile arrivo dell’orrore. Per decenni, la saga creata da Konami ha rappresentato la punta di diamante del survival horror, un’esperienza capace di unire introspezione psicologica, orrore viscerale e una narrazione disturbante che ha segnato intere generazioni di gamer. Oggi, con l’uscita ufficiale di Silent Hill f, quel brivido torna a pulsare più forte che mai, ma con un twist inatteso: per la prima volta nella sua storia, la serie si sposta nel Giappone degli anni ’60, trasformando la bellezza dei ciliegi in fiore in un teatro di decomposizione e incubo.

Il nuovo orrore firmato Konami

Disponibile da oggi su PlayStation 5, Xbox Series X|S, Steam, Epic Games e Microsoft Windows, Silent Hill f arriva in versione fisica Day One e nelle edizioni digitali Standard e Deluxe. Non si tratta di un semplice capitolo aggiuntivo, ma di una vera e propria reinvenzione della formula, una storia originale che segna un nuovo punto di partenza per l’intera saga. La scrittura è affidata a Ryukishi07, maestro delle visual novel disturbanti come Higurashi e Umineko When They Cry, mentre la direzione artistica segue la visione estetica “beautiful yet horrifying”, un ossimoro che rende l’orrore un’esperienza tanto affascinante quanto destabilizzante. Per festeggiare il lancio, Konami ha diffuso un trailer che ci trascina subito nel cuore dell’atmosfera: nebbie sospese, fiori che si trasformano in parassiti deformi, e la sensazione che la bellezza stessa possa essere letale.

Hinako Shimizu e l’incubo di Ebisugaoka

La protagonista di questa discesa nella follia è Hinako Shimizu, una liceale segnata dalle pressioni sociali e dal peso delle aspettative. La sua città natale, Ebisugaoka, un villaggio rurale apparentemente idilliaco, viene lentamente divorata da una nebbia misteriosa che contamina la realtà stessa. Ciò che era familiare diventa mostruoso, e Hinako dovrà affrontare decisioni traumatiche, creature impossibili e un percorso interiore che la condurrà a confrontarsi con i propri demoni.

È un cambio di rotta radicale: dimenticate le cittadine americane decadenti, le fabbriche arrugginite e i vicoli deserti. Silent Hill f porta l’orrore in un Giappone rurale impregnato di tradizione, leggende e fragilità estetica. L’orrore nasce proprio dal contrasto tra la grazia dei paesaggi e la loro putrefazione, tra il fiore e il marciume.

Il gameplay: tra corpo e psiche

Il produttore Motoi Okamoto ha rivelato che questo nuovo capitolo introdurrà un gameplay più fisico, con un focus sul combattimento ravvicinato. Non solo enigmi e introspezione, quindi, ma scontri brutali che amplificano la tensione e la vulnerabilità del giocatore. Alcune anteprime hanno segnalato una gestione severa della stamina e boss fight particolarmente ostiche, ma queste scelte potrebbero rivelarsi parte integrante dell’esperienza: l’angoscia non nasce solo da ciò che vediamo, ma anche da ciò che sentiamo mancare sotto i nostri comandi.

La durata stimata si aggira sulle 12-13 ore, un equilibrio perfetto per un survival horror narrativo. Ma la vera sorpresa sta nella presenza di cinque finali diversi, compreso l’amatissimo “finale UFO”, una tradizione ironica che i fan di vecchia data riconosceranno con un sorriso nostalgico. A questo si aggiunge una modalità New Game Plus, con boss alternativi e nuove aree da esplorare: insomma, Silent Hill f è pensato per essere rigiocato e analizzato, proprio come un incubo che non smette mai di tornare.

La santa trinità dell’incubo: Ryukishi07, Kera, Yamaoka

Se la trama promette di essere devastante, lo dobbiamo al genio narrativo di Ryukishi07, capace di iniziare con toni quasi innocui per poi trascinare il giocatore in una spirale di paranoia e dolore. L’estetica è affidata a Kera, che trasforma la mutazione in poesia visiva: i mostri di Silent Hill f sbocciano come fiori marci, sospesi tra anatomia umana e folklore giapponese. A completare l’esperienza c’è il maestro indiscusso del sound design horror, Akira Yamaoka, affiancato da Kensuke Inage. Le sonorità che ci attendono non saranno semplici sottofondi: saranno un’invasione sensoriale, capace di insinuarsi nella mente anche a gioco spento.

Un capitolo autonomo, un nuovo inizio

Silent Hill f è stato concepito come un’opera autonoma, svincolata dalla lore intricata dei precedenti capitoli. Questo lo rende accessibile anche a chi si avvicina per la prima volta alla saga, senza perdersi nei dettagli del passato. Eppure, i fan storici troveranno citazioni e richiami sottili che arricchiscono l’esperienza e la rendono un ponte tra passato e futuro.

Le edizioni disponibili

Per i collezionisti più fedeli, la Day One Edition include bonus esclusivi, mentre la Digital Standard e la Deluxe offrono contenuti aggiuntivi come costumi, mini soundtrack e artbook. In particolare, la Deluxe Edition regala un approfondimento visivo e sonoro che permette di prolungare l’immersione anche fuori dal gioco. Da non dimenticare lo SteelBook esclusivo incluso nelle edizioni fisiche distribuite in Europa: un oggetto da collezione che trasforma il terrore in memorabilia.

Il richiamo della nebbia

Silent Hill f non è solo un videogioco: è un rito collettivo, un ritorno alla nebbia che ci ha insegnato a temere l’invisibile. È un’opera che intreccia psicologia, tradizione giapponese e body horror floreale in un’esperienza mai vista prima nella saga.

E adesso la parola passa a voi, lettori e sopravvissuti: cosa ne pensate di questa svolta nipponica? Il combattimento corpo a corpo vi intriga o vi spaventa più dei mostri stessi? Condividete le vostre impressioni nei commenti e fate risuonare la vostra voce nella nebbia. Perché l’orrore, lo sappiamo, è ancora più potente quando diventa comunità.

2XKO: il picchiaduro di Riot Games entra in Early Access il 7 ottobre con tornei globali

Il countdown è finito: Riot Games è pronta a mandare in scena la sua mossa più audace nel mondo dei picchiaduro. Il 7 ottobre 2025 segna l’ingresso ufficiale di 2XKO in Early Access su PC, senza chiavi, senza inviti, aperto a chiunque voglia tuffarsi nell’arena. È l’inizio di quella che la stessa Riot chiama Season 0, il preludio a un lungo viaggio che nei prossimi anni promette di ridisegnare l’intero ecosistema dei fighting game, con nuove regole, una community globale e un programma competitivo che già dal nome – First Impact – lascia intuire la portata storica dell’evento. Per anni lo abbiamo conosciuto come Project L, un prototipo misterioso che appariva di tanto in tanto nelle conferenze Riot per stuzzicare i fan. Ora quel progetto è diventato realtà. 2XKO prende il meglio del mondo di League of Legends e della serie animata Arcane, trasportando campioni amati e iconici in un nuovo contesto: un picchiaduro tag-team 2v2 in cui sinergie e strategie di coppia sono il cuore pulsante del gameplay. Non un semplice spin-off, ma un titolo che si posiziona come potenziale rivale dei colossi Street Fighter e Tekken.

Early Access: tutto quello che c’è da sapere

Dal 7 ottobre, i giocatori potranno scaricare 2XKO gratuitamente e iniziare subito a collezionare campioni, skin e premi. Tutto ciò che verrà sbloccato in questa fase resterà per sempre legato all’account: niente reset, niente perdite. È la promessa di Riot a una community che vuole sentirsi investita fin da subito. Inoltre, chi ha partecipato ai test di Alpha Lab 1 e 2 potrà entrare direttamente nella Closed Beta, mentre i nuovi curiosi potranno registrarsi sul sito ufficiale.Il titolo supporterà progressione cross-platform: iniziare una combo sul PC e finirla sul divano con la console diventerà naturale, senza perdere inventario o avanzamento. Una scelta che non è solo tecnica, ma culturale: Riot vuole eliminare le barriere e unire i giocatori in un’unica arena globale.

Ma cos’è che rende davvero unico 2XKO? La risposta è nelle sue meccaniche. Il sistema 2v2 non è un vezzo, ma un’idea di gameplay che obbliga i giocatori a pensare come coppia, alternando i personaggi con il cosiddetto handshake tag per estendere combo, ribaltare situazioni e sorprendere l’avversario. Il Fuse System permette di personalizzare le sinergie fra i campioni, creando combinazioni sempre nuove e adattando lo stile di gioco al proprio istinto da stratega. È una danza di colpi leggeri, medi e pesanti che si intrecciano a dash, air dash, blocchi, pushblock e parry: un arsenale che bilancia immediatezza per i neofiti e profondità per i veterani.

I campioni in arrivo: da Ahri a Vi

Al roster già confermato – con stelle come Ahri, la volpe a nove code, Darius, il colosso noxiano, ed Ekko, il genio del tempo – si aggiunge ora un ingresso da applausi: Vi, l’enforcer di Piltover amata dai fan di Arcane, farà il suo debutto direttamente dall’Evo di Las Vegas. Il pubblico presente potrà provarla in anteprima, ma sarà disponibile per tutti nella Closed Beta. Vederla menare pugni devastanti su un ring bidimensionale sembra già una promessa di hype infinito.

Contestualmente all’Early Access, Riot inaugura il programma competitivo First Impact, con 22 tornei community-led che si svolgeranno tra America, Europa e Asia fino a fine 2025. Ogni evento, pur organizzato dalla community, riceverà il supporto ufficiale di Riot, compreso un extra ghiottissimo: il Duo Bounty, un premio di 2500 dollari per la coppia vincitrice, oltre al montepremi già esistente. I campioni riceveranno anche il titolo esclusivo di Local Legend, una medaglia digitale da esibire con orgoglio. Il debutto avverrà al Evo France: 2 NICE KO, in programma a Nizza dal 10 al 12 ottobre, a cura del team The MIXUP Crew. È solo il primo passo verso un circuito competitivo che Riot vuole costruire insieme alla community, celebrando organizzatori e giocatori come colonne portanti del progetto.

Guardando oltre il 2025, Riot ha già tracciato la road map: cinque stagioni nel 2026, ognuna con un nuovo campione, contenuti inediti e premi. L’obiettivo è chiaro: alimentare la scena in modo costante, tenendo accesa la fiamma della competizione e dell’entusiasmo. Come ha dichiarato Tom Cannon, produttore esecutivo di 2XKO: “L’Early Access è solo l’inizio, e non vediamo l’ora che i giocatori scoprano tutto quello che abbiamo in serbo”. Una frase che suona più come un manifesto che come un annuncio.

Il 7 ottobre non sarà soltanto il debutto di un nuovo picchiaduro, ma l’avvio di una vera e propria rivoluzione. Riot sta puntando a unire le community di MOBA, anime e fighting game in un unico ecosistema. 2XKO è la promessa di un futuro in cui le combo non sono solo mosse sullo schermo, ma connessioni tra mondi e giocatori.

E allora la domanda è inevitabile: quale coppia sceglierete per il vostro primo KO? Preferirete la brutalità di Darius e la grazia di Ahri, l’ingegno di Ekko o la furia di Vi? Raccontatecelo nei commenti e fatevi trovare pronti all’appello: Runeterra non ha mai avuto un’arena così esplosiva.

Uboat: riemerge su PlayStation 5: il simulatore di sottomarini che ti porta nelle profondità della Storia

Dal 17 settembre 2025 uno dei simulatori più discussi e amati degli ultimi anni, UBOAT, approderà finalmente su PlayStation 5. Non si tratta di un semplice porting, ma dell’arrivo su console di nuova generazione di un titolo che, nel tempo, si è costruito una reputazione da cult game tra gli appassionati di simulazioni militari e di storia della Seconda Guerra Mondiale. Nato dal talento del team polacco Deep Water Studio e pubblicato su console da Ultimate Games S.A., UBOAT è stato definito da molti il “vero erede spirituale di Silent Hunter”.

UBOAT ha fatto il suo debutto su PC nell’agosto 2024, dopo un lungo periodo in Early Access, raccogliendo oltre un milione di giocatori e mantenendo una valutazione “Molto Positiva” su Steam, con più di 10.000 recensioni. In seguito è approdato su Xbox Series X|S, e ora tocca a PlayStation 5 accogliere i “lupi grigi” del mare. Sulla console di casa Sony il gioco girerà a 1080p e 60fps, garantendo un’esperienza fluida e immersiva.

Un simulatore che è anche un viaggio psicologico

Definirlo un “gioco di guerra” sarebbe riduttivo. UBOAT è un simulatore open world in cui il giocatore veste i panni di un capitano della Kriegsmarine, alla guida di un U-Boot impegnato in missioni ispirate a eventi storici. Ogni pattugliamento, ogni imboscata e ogni caccia ai convogli è una partita a scacchi giocata sotto pressione, dove il nemico non è solo la marina avversaria, ma anche il tempo, le risorse e la tenuta psicologica dell’equipaggio.

La forza del titolo sta nella sua duplice anima: da un lato, la gestione tecnica del sottomarino, con sistemi fedelmente riprodotti, dal calcolatore dei siluri ai ballast, fino al dettaglio suggestivo della curvatura terrestre visibile all’orizzonte. Dall’altro, la dimensione umana: il morale dell’equipaggio, la disciplina, la capacità di gestire la claustrofobia di un ambiente in cui ogni vite e ogni respiro possono fare la differenza.

Immersione totale: la tensione del realismo

In UBOAT non ci sono percorsi obbligati: le missioni sono non lineari e lasciano spazio a strategie diverse, dalla posa di mine all’assalto silenzioso di convogli mercantili, passando per operazioni di spionaggio e pattugliamenti. Ogni scelta può trasformarsi in un successo memorabile o in una disfatta drammatica.

Il livello di realismo è impressionante: danni simulati nel dettaglio, fisica fedele, torpediniere nemiche da eludere con manovre disperate. È un gioco che non fa sconti e che richiede pazienza, studio e dedizione. Non sorprende, quindi, che abbia conquistato una community affiatata che discute strategie, condivide mod e organizza sfide epiche.

Oltre il videogioco: un’esperienza storica

UBOAT riesce a toccare corde che vanno oltre il gaming. Giocare significa anche riflettere sulla durezza della guerra e sulle condizioni estreme vissute da chi, negli anni ’40, affrontava missioni suicida nelle profondità dell’oceano. Non c’è eroismo glamour, ma la crudezza di una realtà claustrofobica che può trasformare anche una vittoria in una cicatrice da portare addosso.

Con il suo arrivo su PlayStation 5, UBOAT apre le porte a una nuova generazione di comandanti virtuali pronti a tuffarsi in un’esperienza che è allo stesso tempo gioco, simulazione e lezione di storia. Non è un titolo per tutti: la curva di apprendimento è ripida, alcune missioni possono sembrare ripetitive, ma chi saprà resistere alla pressione verrà ripagato con un viaggio unico nelle profondità della guerra sottomarina. Il 17 settembre i mari digitali saranno di nuovo pieni di predatori silenziosi. La domanda è: avrai il coraggio di rispondere alla chiamata del mare?


💬 E tu, sei pronto a indossare i panni di un capitano di U-Boot e guidare il tuo equipaggio verso la sopravvivenza? Raccontaci nei commenti cosa ne pensi di UBOAT e condividi l’articolo sui tuoi social: la community nerd è curiosa di conoscere le tue strategie di battaglia!

Final Fantasy VII Remake Intergrade, il capolavoro Square Enix tra nuove avventure e un cuore che batte al ritmo del DualSense.

C’è un’emozione particolare nel tornare in un luogo che pensavi di conoscere a memoria. Non una semplice visita, ma un vero e proprio ritorno a casa, un viaggio nei ricordi che si fa carico di nuove sfumature. È esattamente questa la sensazione che si prova immergendosi in Final Fantasy VII Remake Intergrade, la versione potenziata del capolavoro del 2020 che ha riportato in auge il mito di Cloud Strife e dei suoi compagni. L’uscita di Final Fantasy VII nel lontano 1997 non fu solo un evento, fu un vero e proprio terremoto culturale che cambiò per sempre l’industria dei videogiochi. A quasi trent’anni di distanza, Square Enix ha compiuto un’impresa titanica: ha ricreato Midgar, la città distopica simbolo dell’oppressione della Shinra, con una cura maniacale per ogni singolo dettaglio, rendendola più viva, brutale e affascinante che mai.

Se il Remake aveva già saputo conquistare e dividere, con la sua reinterpretazione coraggiosa di un’icona, Intergrade segna un passo successivo, un ponte tra la venerazione per l’originale e l’entusiasmo per le nuove possibilità. Non si tratta di una semplice remastered, ma di una ri-creazione consapevole, arricchita da un comparto tecnico sbalorditivo e, soprattutto, da un capitolo completamente inedito che i fan attendevano da anni.

Midgar: la città che respira al ritmo della PS5

Grazie alla potenza di PlayStation 5, la Midgar di Final Fantasy VII Remake Intergrade è uno spettacolo cyberpunk mozzafiato. Le texture sono ridefinite fin nei minimi dettagli, l’illuminazione dinamica proietta ombre e bagliori che trasformano ogni vicolo e ogni neon in un quadro vivente. Non è più solo uno sfondo, ma un personaggio a sé stante che pulsa, vibra e soffoca sotto l’egemonia della Shinra Electric Power Company. Ogni strada e ogni angolo di questa metropoli racconta una storia di resistenza e speranza, rendendo l’esperienza non solo visiva, ma emotiva.

Per i gamer che amano la fluidità, la “Modalità Prestazioni” a 60fps è una vera benedizione, rendendo ogni scontro un’esperienza dinamica e coinvolgente. Chi invece vuole perdersi nell’estetica cinematografica, può optare per la “Modalità Grafica” in 4K. E per immortalare i momenti più epici, dalla potenza della Buster Sword alle espressioni intime dei protagonisti, una Modalità Foto espansa permette di catturare la bellezza di questo mondo in ogni suo respiro.

La Magia del DualSense: Sentire la Battaglia sulla Propria Pelle

Se l’immersione visiva è totale, quella sensoriale è altrettanto potente, merito del controller DualSense. Il feedback aptico e i trigger adattivi non sono un semplice gadget, ma un’estensione del gioco stesso. Si può percepire fisicamente il peso di un attacco, la resistenza di una parata o la scarica elettrica di una magia. Questo non è un semplice dettaglio tecnico, ma un vero e proprio game changer che intensifica il ritmo del gameplay e trascina il giocatore nel cuore della battaglia, rendendo l’esperienza ancora più unica.

Yuffie in scena: una ninja, una missione, un nuovo tassello di trama

Ma la vera star di Intergrade è lei: Yuffie Kisaragi, la carismatica ninja di Wutai. Il capitolo FF7R Episode INTERmission non è un semplice DLC, ma un’avventura parallela e fondamentale che si incastra perfettamente negli eventi del Remake, offrendo una prospettiva totalmente nuova. Nei panni di Yuffie, i giocatori si trovano catapultati in una missione segreta per infiltrarsi nel quartier generale della Shinra e rubare l’”ultramateria”, un artefatto misterioso e potentissimo.

L’episodio non solo introduce nuovi personaggi e dinamiche di combattimento fresche e dinamiche, ma arricchisce in modo significativo la lore, dando a Yuffie la giusta rilevanza che nel gioco originale, essendo un personaggio opzionale, non aveva. È un tassello cruciale per comprendere la complessità della nuova narrativa voluta da Square Enix, un tocco di genio che rende l’attesa per i prossimi capitoli ancora più spasmodica.

Accessibility per tutti: una scelta che fa discutere

Una delle novità più chiacchierate è senza dubbio la nuova opzione di “progressione semplificata”, che di fatto introduce un vero e proprio god mode. Con PV, PM e barre ATB infinite, e colpi da 9.999 danni, il gioco permette a chiunque di concentrarsi sulla trama senza la frustrazione dei combattimenti più ostici. Una scelta coraggiosa e sicuramente divisiva, ma che riflette la filosofia del director Naoki Hamaguchi: rendere l’epica di Final Fantasy VII accessibile a un pubblico più ampio, adattandosi ai ritmi dei giocatori moderni, che spesso non hanno il tempo da dedicare a lunghe sessioni di grinding. È un po’ come il binge-watching delle serie TV: l’esperienza può essere personalizzata in base alle proprie esigenze, permettendo a tutti di godersi la narrazione.

Il Futuro è già qui: Twin Pack e Oltre

Square Enix non si è risparmiata in quanto a contenuti. Oltre alla versione base e alla Digital Deluxe Edition, per i veri appassionati è disponibile il Twin Pack, che include sia Intergrade che Final Fantasy VII Rebirth, la seconda parte della trilogia, insieme a bonus esclusivi. E per celebrare un ponte tra generazioni, le versioni in arrivo su Nintendo Switch 2 e Xbox Series X|S includeranno in regalo il mitico Final Fantasy VII originale del 1997. Un gesto che unisce i gamer veterani ai nuovi arrivati in modo straordinario. Per i collezionisti più sfrenati, la copia fisica su Switch 2 regalerà persino una bustina di carte di Magic: The Gathering – Final Fantasy, un crossover che farà sognare i fan di entrambi i mondi.

La trama rimane quella che abbiamo amato: la resistenza di Avalanche, il passato tormentato di Cloud Strife, l’ombra incombente di Sephiroth. Ma Intergrade non si limita a riproporla; la espande, l’approfondisce, aggiungendo dettagli e un’emotività che rendono la fuga da Midgar un momento ancora più catartico e significativo. È la prima parte di un progetto mastodontico che ha il coraggio di espandere un mito senza tradirne l’anima. E con la terza parte già in lavorazione, il nostro viaggio in questo mondo leggendario è appena cominciato.

Final Fantasy VII Remake Intergrade non è solo un videogioco, ma un’esperienza culturale che unisce mondi e generazioni. È un ponte tra il passato e il futuro, tra la nostalgia di chi c’era e l’entusiasmo di chi scopre ora Midgar per la prima volta.

E ora la parola passa a voi, guerrieri di Midgar! Quale versione del gioco avete amato di più? Siete pronti a tuffarvi di nuovo tra le strade distopiche con Cloud e Yuffie? Raccontateci le vostre impressioni nei commenti e condividete questo articolo con la vostra party di amici gamer e nerd: il viaggio è appena cominciato.

Hades II: la Principessa dell’Oltretomba sbarca su Nintendo Switch il 25 settembre 2025

Il regno dei morti sta per spalancare di nuovo le sue porte. Dopo mesi di attesa e un lungo percorso in accesso anticipato, Supergiant Games ha finalmente confermato la data di uscita della versione 1.0 di Hades II su Nintendo Switch: il 25 settembre 2025. Una data che i fan del roguelike d’azione hanno già inciso nel calendario come un nuovo, imprescindibile pellegrinaggio verso l’Ade. Se il primo Hades del 2020 aveva ridefinito i confini del genere, mescolando gameplay frenetico e narrativa ramificata, il sequel promette di portare quell’eredità ancora più in profondità, aprendo nuovi scenari tanto nel sistema di combattimento quanto nella trama.


Dalle fiamme dell’early access al grande debutto

Dopo il successo planetario di Hades, Supergiant aveva davanti a sé una sfida titanica: realizzare un seguito che non fosse solo “più grande e più bello”, ma capace di espandere l’universo mitologico già tanto amato dai giocatori. Per questo, il team ha scelto la via dell’early access su PC, lanciato il 6 maggio 2024, una formula che aveva già dato frutti straordinari con il primo capitolo.  L’“Aggiornamento Olimpico” del 2024 ha introdotto regioni inedite e dialoghi che hanno aggiunto ulteriori strati alla storia, mentre per il 2025 è previsto un update che porterà con sé lo “scontro finale” di uno dei percorsi alternativi. Un crescendo che culminerà con la versione definitiva su Switch, console che già con il primo Hades aveva dimostrato di essere la casa perfetta per sessioni di gioco tanto brevi quanto ossessive.


Melinoë, la nuova voce degli Inferi

Se Hades ci aveva fatto conoscere Zagreus, il ribelle figlio di Ade deciso a sfidare le leggi del regno dei morti, il sequel ci mette nei panni della Principessa Melinoë, sorella enigmatica e altrettanto determinata.Melinoë non è una semplice erede: la sua missione ha tinte epiche, perché il nemico da affrontare non è un dio qualsiasi, ma Chronos, il Titanide del Tempo. Tornato con sete di vendetta, Chronos ha imprigionato la sua stessa stirpe in un angolo oscuro dell’Oltretomba. Fermarlo significa non solo salvare gli dèi, ma ribaltare l’ordine cosmico stesso.Questa scelta di prospettiva porta con sé un intreccio narrativo ricco di sfumature. Le dinamiche familiari, le alleanze divine, le rivalità e i tradimenti sono il vero motore di un’avventura che non si limita a “correre e combattere”, ma che si nutre di dialoghi, sorprese e colpi di scena, mantenendo quella forza narrativa episodica che aveva reso il primo capitolo così magnetico.


Combattimento e magia: un sistema in evoluzione

Là dove Zagreus si affidava soprattutto alle armi e ai doni olimpici, Melinoë porta con sé un arsenale del tutto nuovo: la magia greca. Le Armi della Notte possono ora essere infuse con incantesimi e sortilegi che cambiano radicalmente il ritmo del combattimento.Il cuore pulsante di questa innovazione è la Magick Bar, una risorsa che si ricarica in battaglia e che consente di scatenare abilità devastanti. Questo aggiunge una dimensione strategica senza precedenti: non si tratta più soltanto di scegliere il momento giusto per schivare o colpire, ma di pianificare l’uso delle energie arcane per massimizzare l’efficacia di ogni run. Ogni partita diventa così un’esperienza unica, con percorsi alternativi, combinazioni di poteri e possibilità narrative che trasformano ogni tentativo di fuga in una storia diversa.


Il futuro di un nuovo classico

Con ogni aggiornamento, Hades II si avvicina sempre di più alla forma di un’opera monumentale. Nonostante la data ufficiale della versione PC 1.0 resti ancora nel vago — alcune voci parlano del 2026 — il lancio su Nintendo Switch segna un passaggio fondamentale: il momento in cui il sequel smette di essere un “work in progress” e diventa un punto fermo del panorama videoludico.

Supergiant Games, forte della sua reputazione costruita con titoli come Bastion e Transistor, sembra aver trovato nella saga di Hades il proprio magnum opus. Un franchise capace di conquistare non solo i fan dei roguelike, ma anche chi cerca storie intense e personaggi indimenticabili.


Un’Odissea moderna

Il 25 settembre 2025 non sarà una semplice data di uscita, ma l’inizio di una nuova Odissea digitale. Hades II non è solo un sequel, ma un’opera che osa reinventare se stessa, senza tradire le radici che l’hanno resa un fenomeno globale.

Melinoë è pronta a guidarci nei meandri più oscuri della mitologia, tra incantesimi, battaglie titaniche e dilemmi familiari. E noi, giocatori, siamo pronti a cadere di nuovo nell’incantesimo degli Inferi, con la certezza che ogni partita sarà diversa e che ogni sconfitta ci porterà un passo più vicini alla verità.

E voi? Siete pronti a brandire le Armi della Notte e a sfidare Chronos? L’Oltretomba vi aspetta.

Hollow Knight: Silksong è realtà – il ritorno epico di Hornet che ridefinisce i metroidvania

Il 4 settembre 2025 non è una data qualsiasi. Per anni, è stata il Santo Graal, il miraggio che ha tenuto in fibrillazione l’intera comunità videoludica. Ora, quel giorno è arrivato, e con esso, Hollow Knight: Silksong ha smesso di essere una leggenda per diventare realtà. Dalle profondità di una promessa sussurrata a un fenomeno globale, questo titolo non è solo un gioco, ma una vera e propria celebrazione della passione, disponibile su ogni piattaforma pensabile – PS5, Xbox Series X|S, PC, PS4, Xbox One, Nintendo Switch, e persino la neonata Switch 2 – con un debutto trionfale su Game Pass. Insomma, se non avete ancora esplorato il regno di Pharloom, è solo perché non volete.

La genesi di Silksong è già un capitolo epico nella storia dei videogiochi. Nato come un semplice DLC per il capolavoro originale, Hollow Knight, il progetto è cresciuto a dismisura, alimentato dalla visione quasi maniacale di Team Cherry. Invece di limitarlo, hanno avuto il coraggio di trasformarlo in un’opera autonoma, dedicando sette anni di sviluppo artigianale, fatti di migliaia di schizzi e ore di animazioni disegnate a mano. In un’industria che spesso privilegia la velocità e le metriche, questa scelta si erge come un monumento alla creatività autoriale e alla dedizione. Il risultato non è un semplice “Hollow Knight 2”, ma un’espansione concettuale, un universo parallelo che riprende le radici del primo capitolo per proiettarle in un’avventura completamente nuova. Al centro di questa epopea c’è Hornet, l’enigmatica principessa-guerriera che nel primo gioco ci aveva sfidato e affascinato. Qui, si emancipa e prende il comando, diventando la protagonista assoluta. La sua agilità, la sua grazia acrobatica e la sua letale precisione sono il fulcro di un’esperienza che ridefinisce il genere.


 

Un balletto mortale: il gameplay come arte

 

Se il primo Hollow Knight era un’avventura, Silksong è una danza. Il gameplay è il suo cuore pulsante, che prende le fondamenta dei classici metroidvania e le eleva a un livello di raffinatezza senza precedenti. I movimenti di Hornet non sono solo attacchi, ma una coreografia fluida di schivate, salti e affondi che trasformano ogni scontro in un balletto mortale. La nuova meccanica di cura istantanea – che permette di curarsi spendendo risorse, ma con un rischio altissimo – aggiunge una tensione palpabile a ogni duello, costringendo il giocatore a prendere decisioni in una frazione di secondo.

E se il primo titolo ci aveva impressionato con un bestiario di circa 40 nemici, Silksong lo polverizza con un numero che fa tremare i polsi: ben 165 nuove creature. Ogni avversario è un pezzo unico, con un proprio stile, un proprio ritmo e una propria personalità. Non ci sono nemici casuali, ma solo sfide studiate, lezioni di game design che culminano in boss fight che sono pura poesia.


 

Pharloom: un mondo che vive e respira

 

Il regno di Pharloom non è solo l’ambientazione della nostra avventura, ma un vero e proprio organismo vivente, un ecosistema pulsante. L’art direction è un trionfo di fondali dipinti a mano, atmosfere sognanti e dettagli maniacali che rendono ogni angolo della mappa un quadro da ammirare. Con una dimensione che raddoppia quella di Nidosacro, la mappa di Silksong è un labirinto di meraviglie. Ma ciò che stupisce davvero è il level design dinamico: il backtracking non è mai una semplice ripetizione, ma un’opportunità per scoprire nuove strade, incontrare nuovi NPC e svelare quest secondarie in aree che credevamo di aver già esplorato.

A completare questa immersione totale c’è un sound design che merita un applauso a scena aperta. Ogni rumore, ogni suono ambientale e ogni singola nota della colonna sonora si fondono con l’azione, scolpendola, amplificandola e rendendola indimenticabile.


 

L’ago e l’arte della sopravvivenza

 

Il sistema di combattimento di Silksong è una lezione di minimalismo raffinato. Basato su fisica, posizionamento e un timing impeccabile, costringe il giocatore a leggere i pattern degli avversari con precisione chirurgica. La grande novità sono gli Emblemi, che non sono semplici potenziamenti, ma vere e proprie classi che modificano il moveset di Hornet. Questa meccanica incoraggia la sperimentazione e la personalizzazione dello stile di gioco, rendendo ogni avventura unica.

Il gioco non fa sconti. Ogni scelta ha un peso, ogni errore si paga, e la vittoria non è mai scontata. Ma la sensazione di trionfo, di aver conquistato una sfida con abilità e sangue freddo, è un sentimento che pochi titoli sanno restituire con la stessa forza.


 

Un’anomalia luminosa in un mercato omologato

 

Silksong è, in ogni suo pixel, una dichiarazione d’amore al medium videoludico. Non cede a mode, non insegue tendenze, ma nasce dalla pura passione di un team di sviluppatori liberi da ogni costrizione. Nel 2025, in un mercato che sembra a volte clonare se stesso, Silksong si erge come un’anomalia, il metroidvania 2D più vasto, raffinato e ambizioso mai creato. Le sue imperfezioni, come un livello di difficoltà brutale o qualche checkpoint meno equilibrato, non ne scalfiscono la maestosità, ma ne rafforzano l’identità. Questo gioco non vuole piacere a tutti, vuole essere ricordato, amato e tramandato come un capolavoro.


 

Più di un gioco, un fenomeno culturale

 

Hollow Knight: Silksong è il risultato di un legame indissolubile tra gli sviluppatori e una community che lo ha atteso con una devozione quasi religiosa. È la prova che il videogioco può essere arte, un’esperienza profonda e un mondo in cui vivere e sognare. Ora che finalmente è nelle nostre mani, non resta che perdersi nelle profondità di Pharloom, esplorare ogni anfratto con Hornet e il suo ago, e lasciarsi travolgere da un’opera che non si gioca, ma si vive, si respira, si sogna. Avete già scelto il vostro emblema?

Code Violet: il survival horror con dinosauri e fantascienza che raccoglie l’eredità di Dino Crisis

Amiche e amici di CorriereNerd.it, tenetevi pronti: il prossimo inverno videoludico si arricchisce di un titolo che già profuma di culto. Stiamo parlando di Code Violet, il nuovo progetto di TeamKill Media che promette di riportare in vita la tensione e l’adrenalina di classici come Dino Crisis e Resident Evil, ma con una veste tutta nuova, sospesa tra horror, azione e riflessione filosofica. Non è un semplice survival horror: è un viaggio nel futuro dell’umanità, tra scienza, morale e dinosauri mutanti pronti a strapparci più di un urlo.

Un rinvio strategico

Previsto inizialmente per il 14 novembre, Code Violet uscirà invece il 12 dicembre. La scelta non è legata al temutissimo Hollow Knight: Silksong — re degli slittamenti di calendario — bensì all’ingombrante debutto di Call of Duty: Black Ops 7, fissato nello stesso giorno. Un duello impari in termini di visibilità, che TeamKill ha saggiamente deciso di evitare. Lo studio indipendente ha dichiarato che il mese extra sarà dedicato a rifiniture tecniche, dall’ottimizzazione dei modelli fino al polishing generale. E come consolazione, al lancio troveremo anche due contenuti cosmetici natalizi inclusi gratuitamente.

Una trama che intreccia etica e fantascienza

L’ambientazione di Code Violet è il 25° secolo: la Terra è ormai un pianeta morto e sterile, abbandonato dai pochi sopravvissuti che hanno trovato rifugio su Trappist 1-E. Ma il nuovo mondo non porta speranza, bensì un problema ancora più grande: l’umanità non è più in grado di riprodursi. Gli scienziati della colonia bio-ingegneristica Aion escogitano così un piano disperato quanto inquietante: viaggiare nel tempo e rapire donne dal passato, destinate a diventare madri surrogate. È qui che entra in scena la protagonista, Violet Sinclair, strappata al suo presente e catapultata in un futuro ostile, tra complotti, mostri mutanti e l’ombra onnipresente di un Direttore misterioso. Il suo destino? Sopravvivere, scoprire la verità e forse riscrivere quello di tutta l’umanità.

Gameplay: tra Dino Crisis e Resident Evil

Il cuore pulsante del titolo è un survival horror in terza persona. Non solo fuga e nascondigli, ma anche scontri diretti in cui le risorse limitate e la necessità di pensare strategicamente faranno la differenza. L’ambientazione di Aion unisce high-tech e decadente, creando un’atmosfera che ricorda tanto i laboratori claustrofobici della Umbrella quanto le giungle preistoriche di Dino Crisis. Ci troveremo a esplorare corridoi sinistri, a scegliere se affrontare o aggirare creature mutanti e a compiere decisioni morali che avranno conseguenze sul nostro percorso.

Oltre il terrore: la riflessione

Se Resident Evil ci ha insegnato a temere il virus e Dino Crisis i ruggiti giurassici, Code Violet porta il survival horror su un terreno nuovo: quello delle domande etiche. Quanto siamo disposti a sacrificare per salvare la specie? Qual è il confine tra scienza e abuso? La vicenda di Violet diventa così anche una lente attraverso cui osservare i dilemmi del nostro presente, in un mix che promette di spaventare tanto con le creature, quanto con i pensieri che suscita.

Un’eredità da cult

Il progetto di TeamKill Media si presenta come erede spirituale dei grandi survival horror: non un clone nostalgico, ma un titolo che rielabora e innova. Atmosfere da brivido, gameplay calibrato e una narrazione che mescola intrigo politico, fantascienza e horror biologico. Il tutto con un’uscita che cade strategicamente nel periodo natalizio, perfetto per chi vuole regalarsi notti insonni tra mutanti e domande filosofiche.


Code Violet arriverà il 12 dicembre 2025 su PC e console di ultima generazione. Una data che potrebbe trasformare il gioco in un classico immediato del genere. Nel frattempo, diteci: siete pronti a tornare a tremare come ai tempi di Dino Crisis? Avete già segnato sul calendario questa data? Scrivetecelo nei commenti e preparatevi a vivere un dicembre all’insegna del survival horror più nerd che ci sia.