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“Honey Don’t!” di Ethan Coen: tra pulp queer, detective scatenate e culti allucinati, il B-movie diventa manifesto

Nel panorama cinematografico contemporaneo, dove la creatività sembra spesso imbrigliata in formule sicure e storie già sentite, l’arrivo di Honey Don’t! si impone come un fulmine a ciel sereno. Il nuovo film diretto da Ethan Coen – sì, proprio uno dei due fratelli che ci hanno regalato capolavori come Il grande Lebowski, Fargo e Non è un paese per vecchi – promette di essere tutto fuorché convenzionale. E il primo trailer italiano diffuso da Universal Pictures non lascia spazio a dubbi: ci troviamo di fronte a una pellicola che sfida le etichette, gioca con i generi e li ribalta con sfrontata ironia.

Margaret Qualley torna davanti alla macchina da presa di Coen dopo Drive-Away Dolls, e lo fa con un ruolo che potrebbe diventare iconico: quello di Honey O’Donahue, detective privata dal sarcasmo tagliente e dallo sguardo affilato come una lametta, immersa in un’indagine grottesca e surreale in una Bakersfield che pare uscita da un sogno febbrile di David Lynch. È proprio qui che Ethan Coen, con la complicità della moglie e sceneggiatrice Tricia Cooke, costruisce il secondo tassello di una personale trilogia dedicata al mondo dei lesbian B-movie.

Tra pulp e spiritualismo deviato: benvenuti a Bakersfield

La storia prende vita in una cittadina californiana sperduta, Bakersfield, dove la routine sonnacchiosa viene improvvisamente scossa dal ritrovamento del cadavere di una donna in un’auto abbandonata. Non un’auto qualunque: una vecchia vettura funeraria che sembra custodire il corpo come fosse una reliquia sacra. Da questo incipit già carico di simbolismo e tensione, si sviluppa una trama noir costellata di indizi bizzarri, battute affilate come coltelli e personaggi sopra le righe che sembrano sfuggiti da un set di Kill Bill o Twin Peaks.

Al centro del mistero, una chiesa che ha molto più del culto e molto meno della fede. A guidarla c’è Drew, interpretato da un Chris Evans irriconoscibile, che abbandona del tutto la compostezza da supereroe per calarsi nei panni di un leader settario tanto carismatico quanto viscido. I suoi sermoni sono un mix blasfemo di misticismo e sessualità repressa, e la sua figura incarna perfettamente la decadenza di una spiritualità corrotta e manipolata. Quando cerca di sedurre Honey con un “Sei affascinante”, la risposta della detective è una di quelle frasi destinate a diventare cult: “E non hai ancora visto l’enigma tatuato nel mio posteriore”. Una battuta che da sola basta a definire il tono dissacrante dell’intero film.

Aubrey Plaza, coppia esplosiva con Qualley

Accanto alla Qualley troviamo Aubrey Plaza, che ormai sembra aver eletto l’ambiguità e l’ironia nera a sua firma stilistica. In Honey Don’t!, interpreta l’agente MG, una poliziotta fuori dagli schemi che diventa alleata di Honey in un’indagine che presto si trasforma in una discesa vertiginosa nel lato più assurdo e grottesco dell’animo umano. La chimica tra le due attrici è elettrica, contagiosa, e aggiunge ulteriore spessore a un film che non ha paura di esplorare tematiche queer e femministe con uno stile che alterna la commedia demenziale all’analisi sociale.

Il resto del cast è un caleidoscopio di volti noti e scelte eccentriche: da Charlie Day, in un ruolo tra il geniale e il pasticcione, a Billy Eichner, passando per Gabby Beans, Talia Ryder, Don Swayze e persino Lena Hall. Ogni personaggio, anche quello più marginale, contribuisce a creare un microcosmo delirante e affascinante, dove le regole del racconto tradizionale vengono riscritte con inchiostro fluorescente.

Ethan Coen senza Joel, ma con Tricia Cooke: una nuova frontiera narrativa

La scelta di Ethan Coen di proseguire la sua carriera registica in solitaria – dopo decenni di collaborazione con il fratello Joel – si sta rivelando tutt’altro che un passo indietro. Anzi, con l’apporto creativo di Tricia Cooke, Honey Don’t! diventa un atto di liberazione artistica, un esperimento narrativo che osa dove il cinema mainstream fatica anche solo a guardare.

Questo secondo capitolo della trilogia queer iniziata con Drive-Away Dolls è, a detta degli stessi autori, una rivendicazione. Di storie ignorate. Di personaggi marginalizzati. Di sguardi femminili e LGBTQ+ mai pienamente valorizzati. E lo fa con un’estetica che richiama il miglior exploitation cinema anni ’70, ma infusa di coscienza contemporanea. Non è solo un film, è una provocazione visiva e ideologica.

Un debutto da urlo a Cannes e tanta attesa in Italia

Le riprese si sono svolte ad Albuquerque, New Mexico, tra marzo e maggio 2024, location perfetta per l’atmosfera polverosa, psichedelica e vagamente post-apocalittica del film. Honey Don’t! sarà presentato in anteprima mondiale nella sezione Midnight Screenings del Festival di Cannes 2025, il 24 maggio – un contesto che storicamente ospita opere audaci e fuori dagli schemi. L’uscita americana è fissata per il 22 agosto 2025, mentre in Italia, al momento, tutto tace. Ma da queste parti, noi nerd con il radar acceso sentiamo già odore di cult.

Perché “Honey Don’t!” potrebbe diventare il nuovo film di culto della cultura nerd e queer

È raro imbattersi in un’opera che riesce a essere contemporaneamente una lettera d’amore al cinema di genere, una commedia assurda, un noir psichedelico e un manifesto queer. Honey Don’t! sembra avere tutti gli ingredienti per diventare un piccolo gioiello underground, capace di unire la passione dei cinefili hardcore, la sensibilità della cultura LGBTQ+ e l’irriverenza di chi ama il cinema che osa.

Margaret Qualley, sempre più icona trasversale, guida lo spettatore in un universo che sembra uscito da una graphic novel pulp, mentre Ethan Coen firma la sua opera più libera e provocatoria. Se amate il cinema che rompe le regole, che vi spiazza e che non si prende mai troppo sul serio, Honey Don’t! potrebbe diventare il vostro nuovo film del cuore.

E tu? Hai già visto il trailer? Cosa ne pensi di questo nuovo tuffo di Coen nel mondo del pulp queer e della commedia irriverente? Ti aspettiamo nei commenti per discutere, teorizzare, e condividere impressioni. E se anche tu sei convinto che questo film meriti di essere scoperto, non esitare a condividere l’articolo sui tuoi social: la cultura nerd vive anche grazie a te.

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Il fascino dei sogni e delle illusioni: On Swift Horses di Daniel Minahan

Con On Swift Horses, il regista Daniel Minahan porta sul grande schermo l’intensa storia di passioni, desideri inespressi e segreti inconfessabili tratta dal romanzo Cavalli elettrici di Shannon Pufahl. Presentato in anteprima al Toronto International Film Festival del 2024 e in uscita nelle sale statunitensi il 25 aprile 2025, il film si propone come un dramma raffinato e suggestivo, capace di esplorare le fragili dinamiche dei rapporti umani e la ricerca dell’identità in un’America in bilico tra la promessa di un futuro migliore e il peso del passato.

Una trama di desideri repressi e passioni travolgenti

La storia segue Muriel (Daisy Edgar-Jones) e Lee (Will Poulter), una giovane coppia che cerca di ricostruirsi una vita in California dopo il ritorno di lui dalla guerra di Corea. Tuttavia, l’arrivo del carismatico e inquieto Julius (Jacob Elordi), fratello minore di Lee, scuote profondamente le loro esistenze. Ribelle e appassionato giocatore d’azzardo, Julius decide di partire per Las Vegas, dove trova lavoro in un casinò e si innamora di un collega, Henry. La loro relazione si sviluppa tra segreti e attimi rubati, in un motel anonimo che diventa rifugio e prigione al tempo stesso.

Parallelamente, anche Muriel intraprende un percorso di scoperta personale. Rimasta a San Diego, inizia a frequentare le corse dei cavalli e a giocare d’azzardo, trovando nella vicina Sandra una compagna che risveglia in lei sentimenti nuovi e inesplorati. La frase “È proprio vero quello che dicono della California, che tutte le possibilità sono a portata di mano” pronunciata da Muriel nel trailer riflette perfettamente il senso di illusione e libertà che pervade il film.

Un cast di talento e una regia evocativa

La forza del film risiede nella profondità delle interpretazioni del suo cast. Daisy Edgar-Jones, già nota per il suo ruolo in Normal People, offre una performance delicata e intensa, mentre Jacob Elordi, dopo il successo in Saltburn e Priscilla, conferma il suo talento interpretando Julius con una complessità magnetica. Will Poulter, conosciuto per il ruolo di Adam Warlock in Guardians of the Galaxy Vol. 3, aggiunge spessore emotivo a Lee, un uomo tormentato dall’incapacità di comprendere fino in fondo se stesso e chi lo circonda.

Daniel Minahan, con un’esperienza maturata in serie di grande impatto come American Crime Story e Homeland, dirige il film con uno stile raffinato e contemplativo, catturando con sensibilità le tensioni latenti tra i personaggi. La sceneggiatura, firmata da Bryce Kass, cerca di restituire la complessità emotiva del romanzo di Pufahl, immergendo lo spettatore in un’atmosfera sospesa tra il sogno e la disillusione.

Accoglienza e aspettative

Il debutto al Toronto Film Festival ha suscitato reazioni contrastanti. IndieWire ha elogiato il film definendolo “uno straordinario quadro, che intreccia momenti effimeri di magia con il dolore che inevitabilmente segue quando l’universo li porta via”, mentre ScreenRant ha evidenziato alcune debolezze della sceneggiatura, sottolineando tuttavia la straordinaria intensità delle interpretazioni. Collider, pur lodando la bellezza visiva del film, ha criticato la mancanza di un ritmo coerente e di un obiettivo chiaro.

Nonostante qualche riserva critica, On Swift Horses promette di essere un’opera affascinante e struggente, capace di conquistare il pubblico con la sua narrazione sensuale e malinconica. Un viaggio nelle profondità del desiderio e dell’identità, dove il confine tra la libertà e l’illusione si fa sempre più labile.