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“Dimmi da quanto è partito il treno”: un viaggio nella memoria, nella pelle e nell’anima di James Baldwin

C’è qualcosa di magnetico nei romanzi di James Baldwin. Qualcosa che non smette di vibrare, anche a distanza di decenni. Non è solo letteratura: è un’eco profonda, una verità scomoda e bellissima che continua a bussare alle porte della nostra coscienza. E nel 2024, in occasione del centenario della nascita di questo gigante della parola, ci ritroviamo tra le mani un tassello importante della sua opera, finalmente tornato nelle librerie italiane dopo oltre quarant’anni: Dimmi da quanto è partito il treno.

Come appassionato lettore — e lasciatemelo dire, come uomo che crede ancora nel potere del romanzo di aprire ferite per poi lenirle — ho accolto questa nuova edizione come si accoglie un vecchio amico. Uno di quelli che ti raccontano storie difficili, che non addolciscono la realtà ma te la sbattono in faccia con la forza della verità. E Leo Proudhammer, il protagonista di questo libro, è proprio uno di quegli amici. Uno che ha vissuto mille vite e mille dolori, e che decide di raccontarceli quando il corpo lo tradisce e lo costringe a fermarsi.

Siamo nella New York del 1960, ma potrebbe essere qualsiasi grande città di oggi. Leo è un attore nero, affermato, di cinema e teatro. Ha tutto, almeno in apparenza. Ma durante una performance, un attacco cardiaco lo scaraventa fuori dalla scena, fuori dal mondo, dentro se stesso. E lì comincia il vero spettacolo: quello interiore.

Il romanzo è un flusso di coscienza struggente, in cui passato e presente si mescolano senza soluzione di continuità. Harlem, l’infanzia povera e piena di sogni, i primi passi sui palchi off-Broadway, il razzismo che ti marchia come un ferro rovente, le amicizie, gli amori, i tradimenti, le verità taciute e quelle esplose. Baldwin ci porta dentro il cuore di Leo, ma anche dentro il cuore pulsante dell’America nera, quella che lotta, che ama, che cade e si rialza.

Ci sono pagine di una bellezza disarmante, che ricordano la potenza lirica di Alla ricerca del tempo perduto, ma con una rabbia che appartiene alla storia americana del Novecento. E c’è anche il respiro epico, cinematografico, di un C’era una volta in America, ma senza la nostalgia idealizzata. Qui tutto è vivido, crudo, vero.

Leo si confronta con la sua bisessualità, con la perdita e la solitudine, con una fede che lo divide dal fratello Caleb, con l’amore complicato e profondo per Barbara, l’amica bianca che gli sarà compagna nei suoi momenti più luminosi e più oscuri. E poi c’è Christopher, passione bruciante e impossibile. Ma Dimmi da quanto è partito il treno non è un romanzo d’amore. È un romanzo sull’identità, sulla fatica di essere sé stessi quando il mondo ti chiede di indossare maschere, quando il colore della tua pelle o la direzione del tuo desiderio diventano motivo di condanna.

Baldwin scrive con l’urgenza di chi sa che ogni parola può essere un colpo o una carezza. E in questo romanzo meno noto, ma assolutamente imprescindibile, dimostra ancora una volta perché continua a essere uno degli autori più necessari del nostro tempo. Non perché anticipa temi che oggi chiamiamo “inclusività” o “diversità”, ma perché li vive sulla pelle, con ogni fibra del suo essere. E ce li restituisce senza retorica, con onestà disarmante.

In un mondo che corre veloce e dimentica in fretta, Dimmi da quanto è partito il treno è un invito alla lentezza, alla riflessione, alla memoria. È una chiamata a guardarsi dentro, a fare pace (o guerra) con i propri demoni, a riconoscere la bellezza anche nel dolore. È un libro che ti fa compagnia, anche quando finisci di leggerlo.

Se amate la narrativa che scava, che sporca, che lascia il segno, non lasciatevelo scappare. E se non avete mai letto Baldwin, iniziate da qui. Poi non potrete più farne a meno.

E voi? Avete già letto questo romanzo o altri di Baldwin? Vi ha colpito come ha colpito me? Parliamone nei commenti e, se vi va, condividete l’articolo con chi ancora non conosce questo gigante della letteratura. Il treno di Baldwin è partito da tempo, ma non è mai troppo tardi per salirci sopra.

Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera”

Paragonata dalla stampa francese a Fred Vargas, Michèle Pedinielli arriva in Italia con “Boccanera“, il primo volume della serie noir che ha fatto impazzire la stampa e i librai francesi. “Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione profonda e satirica sul mondo che ci circonda, capace di mescolare suspense e critica sociale con un’ironia pungente.

Protagonista indiscussa della storia è Ghjulia Boccanera, soprannominata “Diou”, una donna di cinquant’anni con un passato travagliato. Divorziata da Jo, un poliziotto, senza figli e con un coinquilino, Diou incarna l’immagine di un’antieroina atipica, un personaggio dalla vita disordinata ma dalla determinazione ferrea. È una detective privata senza paura, ma anche priva di illusioni, che si muove nei vicoli e nelle periferie di Nizza con un paio di Dr. Martens ai piedi, simbolo di una personalità ribelle e decisa. La sua esistenza è segnata dall’insonnia, alimentata da un consumo compulsivo di caffè, ma anche da una forza interiore che la spinge ad affrontare i casi più pericolosi, senza remore.

La storia prende il via quando un giovane dal volto angelico la ingaggia per investigare sull’omicidio del suo compagno, un uomo ricco e sofisticato, noto nel mondo dell’arte. Questo omicidio, però, è solo l’inizio di un’indagine che porterà Diou a scoprire ben più di quanto avrebbe voluto. La sua ricerca la catapulta nel cuore di Nizza, tra i suoi quartieri più cupi e complicati, costringendola a confrontarsi con una realtà fatta di potere, denaro e intrighi.

La creatività di Michèle Pedinielli si distingue per la sua capacità di trattare temi complessi con leggerezza e ironia. La sua prosa è brillante e mai banale, riuscendo a far emergere un umorismo sottile che non sfocia mai nell’ovvio, ma che riesce a regalare momenti di vera freschezza. La Pedinielli scrive come vive, senza freni, con una voce autentica che ci porta nelle pieghe più oscure della società francese, facendo luce sugli aspetti più problematici del nostro tempo.

La trama di “Boccanera” è costruita su una serie di colpi di scena che incatenano il lettore fino all’ultima pagina. L’autrice non si limita a raccontare una storia di omicidi e indagini, ma intreccia il tutto con una critica sociale pungente, trattando temi delicati come la situazione dei rifugiati, gli imbrogli politici e la condizione del mondo del lavoro. Nizza, infatti, non è solo una città da cartolina con il suo mare e il suo

Il finale è una vera e propria sorpresa, capace di lasciare il lettore senza fiato. Pedinielli gioca con le aspettative del pubblico e porta la sua protagonista in un viaggio che non è solo fisico, ma soprattutto esistenziale. Il caso che Diou deve risolvere si intreccia con la sua stessa visione del mondo e della vita, mettendo in discussione valori, scelte e l’essenza stessa della giustizia.

La stampa francese non ha mancato di lodare il lavoro della Pedinielli. Per Patrick Raynal, l’autrice ha creato un personaggio che potrebbe essere la figlia ideale di Montale e Corbucci. Secondo Libération, Michèle Pedinielli scrive senza filtri, con uno stile diretto e irriverente che la rende unica nel panorama noir. Come sottolineato da Le Monde, la sua capacità di muoversi tra scenari complessi e reali, arricchendo la storia con una narrazione vivace e ironica, la rende una delle voci più interessanti del genere.

“Boccanera” non è solo un giallo, ma una riflessione sulle contraddizioni della società moderna, una lettura che riesce a combinare intrigo e critica sociale con una scrittura che non perde mai in intensità. Con il suo stile unico e il personaggio indimenticabile di Ghjulia Boccanera, Michèle Pedinielli si conferma una scrittrice capace di raccontare le storie più buie con un sorriso beffardo e senza paura di toccare temi scomodi. Il suo esordio in Italia non poteva essere più promettente, e il pubblico italiano è pronto a immergersi in un altro mondo: quello di Nizza, quello di Diou, e quello di una narrativa che sa farsi amare anche nei suoi lati più crudi.

“Cronache dell’età fertile”: Un viaggio surreale e inquietante nell’universo della maternità disfunzionale

Barbara Di Gregorio, una delle voci più intriganti e complesse della narrativa italiana contemporanea, torna finalmente sulla scena letteraria dopo un decennio di silenzio. “Cronache dell’età fertile” segna il suo ritorno, un’opera che cattura l’essenza inquietante e spesso surreale delle esperienze femminili legate alla maternità. In questo libro, la scrittrice non solo affronta temi universali, ma li dipinge attraverso una lente iperrealista che si fonde con il fantastico, creando un mondo allo stesso tempo disumano e profondamente umano.

Il titolo stesso del libro è un invito a riflettere sulle fasi complesse e ambigue della vita delle donne in un periodo che la società spesso definisce come “adatto alla maternità”. Con uno stile che ricorda da vicino il cinema di Yorgos Lanthimos, Di Gregorio offre ai lettori sei racconti che non lasciano indifferenti, spingendo ad una riflessione sul confine sottile tra il surreale e il reale, tra il desiderio di maternità e il suo rifiuto. Ogni racconto si erge come un pannello nero, disturbante e ruvido, che affonda le radici nelle profondità più oscure e perverse dell’animo umano.

Le protagoniste di questi racconti sono sei donne, ognuna delle quali vive una relazione distorta con il concetto di maternità, una maternità che può essere desiderata, rifiutata, o comunque non vissuta secondo le aspettative sociali. La scrittura di Di Gregorio si distingue per la sua capacità di immergere il lettore in una realtà deformata, dove il confine tra il fantastico e l’iperrealismo è così sottile da confondere le percezioni. Una delle immagini più potenti dell’opera è quella di una donna che, nel pieno di una crisi psicologica, distrugge la propria casa, mordendo i mobili, strappando i tappeti e trasformando ogni angolo della stanza in un luogo di follia. Questo è solo un esempio della tensione costante tra il caos e la normalità che attraversa l’intero libro.

Un altro elemento fondamentale che caratterizza “Cronache dell’età fertile” è il tono che oscilla tra l’inquietante e l’ironico. Le storie sono caustiche, ma allo stesso tempo ricche di una forma di umorismo nero che, pur facendoci sorridere, ci lascia un retrogusto amaro. Ogni racconto nasconde una critica alla società contemporanea, alla sua visione idealizzata della maternità, e al tempo stesso un’esplorazione dei desideri, delle paure e delle aspirazioni femminili. La scrittura di Barbara Di Gregorio riesce a trasmettere un senso di disumanità, ma è proprio questa disumanità a renderla straordinariamente umana.

Il lavoro della scrittrice è difficilmente etichettabile: è distopia? È umorismo nero? È un album di perversioni? La risposta, come spesso accade nella letteratura che sfida le convenzioni, è che “Cronache dell’età fertile” è tutte queste cose insieme, ma in modo unico. La Di Gregorio non si limita a raccontare storie di maternità, ma costruisce veri e propri apologhi fantastici, proiettati su un orizzonte morale che può sembrare oscuro ma che nasconde una riflessione profonda sulla condizione umana.

È interessante notare come, tra il suo esordio e la pubblicazione di questo libro, siano passati più di dieci anni. Questo lungo silenzio è forse il segno di un processo di maturazione artistica che ha portato la scrittrice a distillare la propria visione del mondo in un’opera che ha la capacità di disturbare e di suscitare una riflessione profonda. Mario Desiati, vincitore del Premio Strega, ha scritto delle storie di Barbara Di Gregorio: “Il viaggio con la scrittura di Barbara Di Gregorio è un’avventura complessa, ma conturbante come tutti i cammini in una caverna misteriosa.”

Questo libro è, quindi, un viaggio nella mente e nell’anima di donne che vivono la maternità come un tema centrale della loro esistenza, ma che non la vedono come una risposta definitiva alle loro inquietudini. “Cronache dell’età fertile” non è solo una riflessione sulla maternità, ma è una profonda esplorazione dei desideri umani più oscuri, delle tensioni che esistono tra la società e l’individuo, e delle fragilità che ci rendono, in fin dei conti, tutti uguali. Le storie di Barbara Di Gregorio non sono per tutti, ma chi avrà il coraggio di addentrarsi in questo universo surreale e inquietante non uscirà più uguale.

Il ritorno di Barbara Di Gregorio con “Cronache dell’età fertile” è un evento letterario che segna il ritorno di una delle voci più originali della narrativa italiana. Con il suo stile unico, fatto di tensioni emotive e surrealismo, la scrittrice riesce a raccontare la maternità in modo che nessuno ha mai fatto prima, offrendo ai lettori un’opera che è tanto difficile da definire quanto impossibile da dimenticare.

Fandango: il capolavoro di Kevin Reynolds sulla giovinezza e l’età adulta compie 40 anni

Il 25 gennaio 1985 segna l’uscita di un piccolo capolavoro del cinema americano: Fandango. Scritto e diretto da Kevin Reynolds, il film è un mix unico di commedia, malinconia e simbolismo, ambientato negli anni ’70 e profondamente radicato nello spirito di una generazione. Anche se non è un titolo che viene citato spesso tra i grandi classici, chi lo conosce sa che si tratta di un’esperienza cinematografica indimenticabile.

La storia inizia nel 1971, durante i giorni di consegna dei diplomi all’Università di Austin, Texas. Il Vietnam incombe come un’ombra sul futuro di Kenneth e Gardner, due amici che ricevono le lettere di arruolamento proprio mentre si preparano a salutare la vita universitaria. Gardner, interpretato da un giovane e magnetico Kevin Costner, convince il gruppo a intraprendere un viaggio improvvisato verso il confine con il Messico. È l’ultima occasione per celebrare la giovinezza prima che il mondo adulto li divori. Con loro ci sono anche Dorman, Phil e Lester, quest’ultimo una sorta di spettatore silenzioso che trascorre la maggior parte del tempo a dormire.

Il viaggio in Cadillac, che inizialmente sembra una semplice fuga, si trasforma ben presto in un’esperienza surreale. Tra imprevisti e incontri assurdi, i ragazzi affrontano situazioni che mescolano umorismo, tensione e riflessione. Ad esempio, quando finiscono senza benzina nel bel mezzo della prateria, decidono che farsi trainare da un treno sia una buona idea. Ovviamente, non lo è: la carrozzeria dell’auto viene strappata via, lasciandoli a piedi.

Uno degli episodi più iconici è il lancio col paracadute di Phil, un nerd insicuro interpretato da Judd Nelson. Convinto dai suoi amici a provare questa esperienza, si ritrova con uno zaino che, invece del paracadute, contiene solo panni da lavare. La scena è un perfetto esempio dello spirito del film: tensione, ironia e una buona dose di follia. Phil riesce a salvarsi usando il paracadute di riserva, guadagnandosi così il rispetto del gruppo. È un momento di redenzione che lo eleva da semplice figura comica a membro degno della “confraternita”.

Il culmine del viaggio arriva quando il gruppo raggiunge il Gran Canyon e disseppellisce “Dom”. Per tutta la durata del film, il misterioso “Dom” era stato evocato come un simbolo enigmatico, quasi mitologico. La rivelazione, però, è sorprendente nella sua semplicità: Dom è una bottiglia di champagne Dom Pérignon, nascosta anni prima durante un’altra scorribanda giovanile. Quel brindisi, fatto davanti all’immensità del canyon, è un momento struggente. Non è solo una celebrazione della giovinezza, ma anche un addio a quel periodo irripetibile della vita.

La parte finale del film sposta il tono verso una malinconica dolcezza. Gardner organizza il matrimonio tra Kenneth e Debbie, ex fidanzata di Gardner stesso. È un gesto che sottolinea il passaggio del testimone, l’accettazione di un nuovo capitolo per tutti loro. La cerimonia è un evento improvvisato, con una banda musicale locale e gli abitanti di un villaggio coinvolti nei preparativi. Gardner balla un fandango d’addio con Debbie, un momento che sancisce la fine del loro passato insieme.

Le musiche di Pat Metheny, che accompagnano questa danza finale, amplificano il senso di malinconia e bellezza che permea tutto il film. Gardner, sempre un passo avanti agli altri, sparisce verso il Messico, lasciando gli amici e lo spettatore con un senso di perdita, ma anche con la consapevolezza che la vita deve andare avanti.

Fandango non è solo un road movie, ma una vera e propria celebrazione della giovinezza, con tutte le sue contraddizioni, follie e paure. È un film che riesce a far ridere e riflettere nello stesso momento, offrendo sequenze indimenticabili come la notte passata sul set abbandonato de Il gigante o la battaglia simbolica nel cimitero. E poi c’è la guerra del Vietnam, che incombe sullo sfondo come un memento mori, un richiamo costante alla serietà del mondo che aspetta i protagonisti appena oltre il confine della loro spensieratezza.

A distanza di quarant’anni, Fandango rimane un gioiello dimenticato, uno di quei film che ti sorprende con la sua capacità di toccare corde profonde. Nonostante il suo tono inizialmente leggero, emerge come una riflessione intensa sulla fine dell’innocenza e sull’inevitabile transizione verso l’età adulta. Kevin Reynolds e Kevin Costner, qui alle loro prime armi, hanno dato vita a un’opera unica che merita di essere riscoperta, soprattutto da chi cerca un cinema capace di raccontare l’essenza della giovinezza con autenticità e poesia.

Il manuale della femminista guastafeste di Sara Ahmed

Quante volte vi è capitato di essere additate come la “guastafeste” solo per aver espresso un’opinione controcorrente o aver contestato una battuta sessista? Forse avete vissuto la frustrazione di essere accusate di rovinare l’atmosfera per aver sottolineato una disuguaglianza o una stortura. Se vi riconoscete in queste situazioni, allora “Il manuale della femminista guastafeste” di Sara Ahmed potrebbe essere la lettura che stavate aspettando.

Sara Ahmed, rinomata studiosa e attivista femminista queer razzializzata, ci offre con questo libro un potente strumento per comprendere e abbracciare il ruolo della “guastafeste” non come una figura negativa, ma come un’agente di cambiamento. In un’epoca in cui il femminismo è spesso frainteso o ridotto a una serie di cliché, Ahmed ci invita a riconsiderare cosa significhi davvero “rovinare la festa” e come questo atto possa diventare un progetto radicale e rivoluzionario, capace di trasformare il mondo.

Attraverso un’analisi acuta e profonda della letteratura, del cinema e delle maggiori opere femministe, Ahmed esplora temi cruciali come la violenza, il silenzio, il razzismo e il femminismo bianco, costruendo un discorso che mette in discussione le narrative dominanti e offre una nuova prospettiva sulle dinamiche di potere. Le sue riflessioni non si limitano a un piano teorico, ma si radicano nelle sue esperienze personali e nella sua identità come femminista queer razzializzata, rendendo il testo ancora più potente e autentico. Una delle forze principali di questo libro è la capacità di Ahmed di collegare le sue idee a una genealogia di guastafeste nere e razzializzate, recuperando le preziose lezioni di scrittrici come Alice Walker, bell hooks, Audre Lorde, Angela Davis e Claudia Rankine. Queste figure hanno da tempo utilizzato la loro voce per denunciare le ingiustizie e creare un nuovo immaginario collettivo, e Ahmed si unisce a loro in questa missione, tessendo un arazzo di resistenza e solidarietà femminista.

Ahmed ci insegna che essere una guastafeste significa non avere paura di fare domande, di alzare gli occhi al cielo senza timore e di mettere in discussione l’ordine stabilito. Significa anche comprendere che il femminismo non è solo una battaglia individuale, ma un movimento collettivo che attraversa confini e sovrastrutture, unendo donne di diverse origini e storie personali in una lotta comune contro l’oppressione. Leggere “Il manuale della femminista guastafeste” significa abbracciare il potere di essere quella nota stonata che, pur rovinando la festa, apre la strada a un nuovo modo di pensare e vivere il mondo. È un libro che ci sfida a rivedere il nostro ruolo nelle dinamiche sociali e a non temere di “uccidere la gioia” se questo significa creare spazio per la giustizia e l’uguaglianza.

In un periodo in cui il femminismo viene spesso ridotto a slogan vuoti, il lavoro di Ahmed rappresenta una boccata d’aria fresca, offrendo una prospettiva riflessiva e stimolante che è al passo con i tempi. Il suo approccio alla teoria femminista non solo arricchisce il campo di studio, ma lo rende accessibile e rilevante per chiunque sia pronto a interrogarsi sulle ingiustizie ordinarie che richiedono una risposta femminista. Dopo aver letto questo libro, nessun pranzo di famiglia sarà più un terreno neutrale e nessuna battaglia sarà più solo personale. Sara Ahmed ci invita a prendere coscienza del potere insito nel “rovinare la festa” e a riconoscere che, in realtà, non stiamo uccidendo la gioia, ma diffondendola in forme nuove e radicali. “Il manuale della femminista guastafeste” non è solo un testo teorico, ma un vero e proprio manifesto per chiunque desideri navigare nel mondo con consapevolezza e coraggio, portando avanti il progetto radicale di creare un mondo più giusto e inclusivo.

Be Comics! 2024. Un’indimenticabile edizione all’insegna del Fantastico

Oltre 20.000 persone hanno popolato i padiglioni della Fiera di Padova. Due giorni di full immersion con grandi ospiti e appuntamenti che hanno trasformato la città nell’epicentro della cultura pop. Un grande successo che conferma i record degli anni passati. 
Si è appena conclusa l’edizione 2024 di Be Comics!, il tradizionale festival dedicato alla cultura pop e geek del nord-est. Nel weekend, la città si è riempita di appassionati desiderosi di condividere e scoprire tutte le ultime novità dal mondo del fumetto, dei manga, degli anime, del videogioco e del cosplay. Oltre 20.000 visitatori hanno reso Be Comics! una vera e propria festa, confermando gli ottimi risultati degli anni precedenti e il grande interesse manifestato dal territorio verso l’evento. Visto il grande successo, Fandango Club Creators, l’organizzatore in partnership con Padova Hall, società che gestisce la fiera di Padova, ha già fissato l’appuntamento per il prossimo anno: l’edizione 2025 si svolgerà il 15 e il 16 marzo.
Be Comics! 2024 ha accolto nei due giorni oltre 160 espositori provenienti da tutta Europa. È stato possibile scoprire il meglio dell’editoria, con case editrici e comic store; giochi da tavolo con numerose postazioni demo, oltre ai tanti rivenditori di gadget e oggetti da collezione. Ma quest’anno anche il gaming è stato protagonista grazie all’area di 300 mq in collaborazione con NintendoPokémon Millennium e il team eSport QLASH e alle quasi 90 postazioni di gioco presenti in manifestazione, tra videogame cult, new release e titoli indipendenti. Tutti gli appassionati hanno potuto provare le ultime novità e mettersi in gioco con i numerosi tornei organizzati.
Il padiglione 7 e la galleria 78 della fiera di Padova sono stati animati da fan di tutte le età per celebrare insieme le passioni comuni, confermando come la cultura pop sia un fenomeno completo e transgenerazionale. Il Be Stage!, palco centrale della manifestazione, è stato il fulcro dell’evento. Nei due giorni si sono susseguiti numerosi panel e incontri che hanno abbracciato tutte le sfaccettature del mondo geek grazie a numerosi ospiti nazionali e internazionali, il tutto sapientemente condotto dall’host ufficiale Beatrice Lorenzi insieme a Giovanni “Zeth Castle” Zaccaria. Tra gli ospiti impossibile non citare Marco Checchetto, vera e propria leggenda dell’universo Marvel che ha presentato il suo nuovo Ultimate Spider-Man e Nobuyoshi Habara, artista giapponese, esponente di spicco del genere anime mecha. Sono stati imperdibili i meet & greet con due vere e proprie star del web, CiccioGamer89, che ha presentato la prima tappa del CiccioBurger Battle Truck; e Dario Moccia che con il suo quiz dedicato ai Giochi di Carte Collezionabili ha messo a dura prova i suoi amici e il pubblico.
Immancabile il mondo del cosplay. Con il Community Partner Epicos, tutti i cosplayer hanno potuto mostrare al pubblico i propri personaggi sul palco centrale durante la Cosplay Parade e l’Epic Cosplay Contest per un vero e proprio viaggio all’interno di questa affascinante arte. La nuova Fantasy Area ha trasportato grandi e piccoli nel mondo del fantastico, grazie alle rinomate community che con le loro scenografie e photo opportunity, hanno regalato dei ricordi indelebili. La 501st Italica Garrison, la Rebel Legion Italian BaseThe Dark Empire – Darkghast Spire e Ori’Cetar Clan – MMCC hanno portato a Padova un pezzetto della galassia lontana lontana, mentre La Fortezza ha ricreato un piccolo villaggio in pieno stile Medieval Fantasy. Infine, l’ormai celebre e consolidata Artist Alley che ha ospitato quasi 40 artisti di caratura nazionale ed internazionale.
Per continuare la tradizione delle precedenti edizioni, grande spazio è stato dato all’affascinante mondo orientale. Panel e dimostrazioni hanno fatto conoscere a tutti i visitatori il Giappone e la Corea del Sud, due paesi che negli anni hanno attratto sempre più le nuove generazioni. K-ble Jungle ha coinvolto il pubblico con i travolgenti ritmi del K-pop, fenomeno musicale coreano da milioni di ascolti mensili. Si sono potute ammirare le spettacolari coreografie di numerose crew e solisti in gara alla selezione per il campionato europeo K-pop Dance Fight Fest.
Diversi i brand che hanno deciso di partecipare a Be Comics! sposando la filosofia del branded content, che ha arricchito l’evento con dei contenuti attrattivi per il pubblico di riferimento: da Naked, brand di noodles e riso dall’autentico gusto asiatico, rivolto in particolare ad un pubblico giovane, che ha sponsorizzato il Be Stage!, a Enjoy, il car sharing di Enilive, che al suo stand ha permesso al pubblico di scoprire gli Enjoy Point attivi a Padova; da Italpizza, sponsor della Cosplay Area, a got2b, che ha presentato l’esclusiva linea di prodotti per lo styling dei capelli… perfetto per acconciature cosplay e non!
Nicola RossiPresidente di Padova Hall conferma che
“il grande successo di questa edizione mostra il profondo interesse del territorio per un evento dedicato all’intrattenimento. L’attivo coinvolgimento del pubblico più giovane è segno del potere che la manifestazione ha nel riunire le persone al di fuori del mondo virtuale, diventando un punto di ritrovo per socializzare e condividere le proprie passioni. Padova Hall è quindi pronta, grazie alla collaborazione con Fandango Club Creators, a ospitare la prossima edizione, lavorando ad un’ulteriore crescita, anche dimensionale”. 
Marco MorettiAmministratore Delegato di Fandango Club Creators, continua affermando che
“Be Comics! è ormai una realtà consolidata e un punto di riferimento per il nord-est. Grazie all’ampliamento dell’offerta degli ultimi anni, da quando abbiamo iniziato ad occuparcene, insieme a Padova Hall, Be Comics! – capace di rappresentare tutte le anime della cultura pop, attrarre brand di alto livello grazie alle opportunità offerte dal branded content e rivolgersi al sempre più appetibile e ricercato pubblico dei kidult  – è cresciuto in maniera esponenziale, acquisendo un’autorevolezza anche culturale che quest’anno abbiamo rafforzato ulteriormente, investendo per la prima volta sulla partecipazione di grandi star internazionali. L’obiettivo per la prossima edizione è di migliorare ancora, per offrire un’esperienza sempre più completa nel mondo del fumetto, del gioco e del videogioco, tanto che si potrebbe seriamente iniziare a parlare di Be Comics… and Games!”.
Il weekend del tutto dedicato alla cultura pop ha potuto contare su partner editoriali degni di nota come Corriere dello Sport – StadioTuttosport e sulla superstation Radio Piterpan, in qualità di Radio Ufficiale. Non resta che segnare le date della nuova edizione sul calendario!

Cento anni di amore e di lotta. La voce di James Baldwin continua a gridare

James Baldwin, uno dei più importanti scrittori del Novecento e voce di tutta la comunità afroamericana, viene celebrato nel centenario della sua nascita con una edizione grafica dei suoi capolavori curata da Francesco Sanesi, pubblicata da Fandango. Nonostante si sia spento quasi quarant’anni fa, il suo talento e il suo impegno per l’uguaglianza continuano a ispirare i movimenti di lotta per i diritti civili. I romanzi La stanza di Giovanni e Nessuno sa il mio nome arrivano oggi nelle librerie, regalando ai lettori la possibilità di scoprire o riscoprire l’amore, il razzismo e le battaglie per l’identità affrontati da Baldwin in modo diretto e profondo.

La stanza di Giovanni N.E.

Il romanzo, ambientato a Parigi, racconta la storia di David, un giovane newyorkese in fuga da sé stesso. Mentre la sua fidanzata è in Spagna, David incontra Giovanni in un bar e ne rimane irrimediabilmente attratto. Da quel momento, David sa che la sua vita cambierà irrevocabilmente e che né la vergogna né la paura riusciranno a riportarlo a casa. Diviso tra la normalità rappresentata da Hella e la forza di Giovanni, David affronta le strade di Parigi e si scontra con i propri sentimenti più nascosti. La difesa della propria identità si rivela una lotta dolorosa che coinvolge non solo lui, ma anche coloro che lo amano. Come dichiarò lo stesso Baldwin, “La stanza di Giovanni parla di quello che succede se hai paura di amare”.

Nessuno sa il mio nome

Nessuno sa il mio nome, pubblicato per la prima volta nel 1961, è una raccolta di saggi che Baldwin scrisse durante il suo soggiorno in Europa. In questi scritti, Baldwin si sforza di andare oltre le categorie sbiadite imposte dal mondo bianco e dalla comunità nera. Desidera essere visto per ciò che è veramente, senza che la politica della razza e la segregazione prevalgano. Invita l’America a guardarsi allo specchio, a smantellare i propri miti e a riscoprire la capacità di vedere al di là delle categorie. Questa edizione rivista e aggiornata dei saggi dimostra l’attualità e la potenza dell’opera di Baldwin.

James Baldwin, nato a Harlem nel 1924, fu uno dei grandi protagonisti della letteratura americana del Novecento. Cresciuto in una famiglia numerosa con un patrigno religioso e autoritario, Baldwin trovò nella lettura e nella scrittura un modo per esprimersi e fuggire dalla realtà opprimente in cui era cresciuto. Dopo aver lavorato per supportare la sua famiglia, si trasferì a New York e iniziò a dedicarsi alla scrittura freelance. Fu Richard Wright, un altro importante scrittore dell’epoca, a metterlo in contatto con l’ambiente letterario parigino. Da quel momento, Baldwin trovò la distanza necessaria per poter scrivere sulla società americana. Il suo primo romanzo, Go Tell It on the Mountain, pubblicato nel 1953, è considerato un classico della narrativa americana. Nel corso degli anni, Baldwin affrontò temi tabù come l’omosessualità e le relazioni interrazziali nei suoi scritti. Morì nel 1987, ma il suo impegno per i diritti civili e la sua riflessione sulla vita degli afroamericani in America lo rendono ancora oggi un autore fondamentale.

Lo schermo bianco di Enrico Pinto

Enrico Pinto porta sugli scaffali “Lo schermo bianco”, il suo primo graphic novel (Coconino Press) che si è già segnalato come uno degli esordi più interessanti dell’anno nel panorama del fumetto raccogliendo unanimi consensi di pubblico e critica.

La storia narrata da “Lo schermo bianco” si svolge in una Parigi del prossimo futuro.

Mentre la città è sconvolta da una lunga scia di attentati, un gruppo di dissidenti contesta le politiche reazionarie della nuova Presidente della Repubblica, che proclama la necessità di “ridare la priorità ai francesi” e vuole “far scomparire immigrati e terroristi”. Contro i programmi di “Orgoglio Nazionale” i partecipanti a manifestazioni e flash mob alzano in aria lo schermo bianco dei cellulari, divenuto un simbolo di rivolta. Tra loro Sistine, bella ed eccentrica, figlia di un celebre architetto scomparso in circostanze misteriose. E Salvo, un immigrato italiano che ha con lei una travagliata relazione sentimentale. Il giorno in cui Salvo riesce incredibilmente a scampare a un attacco terroristico in metropolitana, si troverà suo malgrado invischiato in un complotto che mina le sue certezze e il ventre della città in cui vive.

L’opera di esordio di Enrico Pinto ci trascina in un futuro molto vicino in cui le metropoli sono sul punto di esplodere.

Distopia, thriller e riflessioni su architettura e società si intrecciano in un avvincente graphic novel nel quale, tra spinte xenofobe e scenari da incubo, resistono nonostante tutto la forza dei sentimenti e l’aspirazione a un mondo più giusto.

Enrico Pinto è un illustratore e architetto italiano. Nato a Salerno nel 1993, ha studiato architettura a Milano, con qualche esperienza a Copenaghen, Barcellona e Berlino. Da cinque anni vive e lavora a Parigi, dove ha cominciato a pubblicare vignette e illustrazioni su fanzine, giornali e riviste, sia in Francia sia in Italia. Lo schermo bianco è il suo primo romanzo a fumetti, selezionato attraverso la call per nuovi autori lanciata ogni anno da Coconino Press.

Il dio dello stretto di Vins Gallico

Quali sono i limiti della giustizia umana? Quando e come bisogna affidarsi a quella divina? Cosa può fare l’uomo di legge di fronte al male degli uomini?

Sotto le vesti di un noir, Vins Gallico torna al romanzo per raccontare il labile confine tra il bene e il male, scegliendo come teatro la sua terra avvelenata dai malavitosi, la Calabria.

Reggio Calabria, primi anni ’90, una Mercedes lanciata a tutta velocità lungo un viadotto sfonda un guardrail e plana sugli ulivi, alla guida rimane ucciso un ex pilota di Formula 2, Renato Panuccio, pregiudicato appena uscito di prigione dopo aver scontato una pena per contrabbando e associazione a delinquere. Sul posto a osservare la strana linea della frenata e di una ruota che sembra aver perso inspiegabilmente aderenza, arriva il giovane pubblico ministero Mimmo Castelli.

Nel tentativo di ricostruire gli ultimi attimi di vita di Panuccio, Castelli percorre a ritroso i motivi del suo arresto, finendo con il mettere in luce le parentele tra imprenditoria e malavita, attraverso alcune figure di spicco in città e la ex moglie di Panuccio, affascinante e calcolatrice vedova nera. Diviso tra una complicata vita personale e una continua riflessione morale e religiosa sul senso della giustizia e della responsabilità, Castelli si troverà a confrontarsi con desideri, imperativi e limiti, incapace di prevedere gli sviluppi non solo della sua indagine ma anche della sua coscienza.

 

“I ragazzi dei cavalli” di Johan Ehn

Vincitore del Nils Holgersson 2020  e  Shortlist del 2020 al Nordic Council Children and Young People’s Literary Prize, questo nuovo titolo della collana Weird Young è, secondo la Swedish Library Association:

“un romanzo importante e commovente che ha parallelismi inquietanti con il nostro tempo. Descrive eventi storici e insieme ci racconta quanto velocemente la libertà possa essere persa. Tiene alta l’attenzione del lettore dalla prima pagina fino alla conclusione, sorprendente.”

Metà degli anni ’20, Cecoslovacchia. Sasha e Janek crescono in un orfanotrofio, Janek è tranquillo e introverso, Sasha è il suo esatto contrario – socievole ed estroverso –, vuole bene all’amico e lo protegge dai pericoli del mondo. I ragazzi si allenano a fare acrobazie, soprattutto a cavallo, fino a unirsi a un circo. Insieme viaggiano per l’Europa e si esibiscono con il nome di The Golden Brothers. Ma il loro rapporto è più che fraterno. Crescendo, scoprono di essere attratti l’uno dall’altro. Nonostante il circo sia un mondo a sé, con la propria morale e i propri valori, mantengono segreto il loro amore. Quando il circo arriva a Berlino, al tramonto della Repubblica di Weimar, nell’esplosione degli spettacoli di vaudeville, sentono di aver davvero trovato la loro casa. Ma nel gennaio del ’33 tutto si rompe, quando i nazisti prendono il potere e saranno costretti a difendere non solo il loro amore, ma anche la loro vita.

A raccontare la loro storia, a distanza di più di mezzo secolo, è Anton, un ragazzo gay di Stoccolma, che per lavoro si occupa di anziani soli; attraverso silenzi, sguardi, oggetti e vecchie fotografie Anton riuscirà a ricostruire il puzzle e a gettare un ponte tra passato e presente. Un romanzo importante e commovente che ha parallelismi inquietanti con il nostro tempo.

 

 

La vita bugiarda degli adulti

La vita bugiarda degli adulti, la serie in 6 episodi, prodotta da Fandango e tratta dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, edito da Edizioni E/O, debutterà il 4 gennaio 2023. La serie scritta da Elena Ferrante, Laura Paolucci, Francesco Piccolo ed Edoardo De Angelis è  diretta da Edoardo De Angelis e interpretata da Valeria Golino nel ruolo di Vittoria e Giordana Marengo in quello di Giovanna. Alessandro Preziosi è Andrea, il padre di Giovanna, mentre Pina Turco è Nella, la madre. 

 

Durante il suo percorso di crescita, Giovanna (Giordana Marengo) si confronta con gli adulti della sua famiglia, in particolare con i genitori Andrea (Alessandro Preziosi) e Nella (Pina Turco) e con la figura enigmatica della zia Vittoria (Valeria Golino). La vita bugiarda degli adulti è scritta da Elena Ferrante, Laura Paolucci, Francesco Piccolo ed Edoardo De Angelis e diretta da Edoardo De Angelis.

 

La serie è un ritratto potente e singolare del passaggio di Giovanna dall’infanzia all’adolescenza negli anni Novanta. La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo. 

 

 

 

 

Le portatrici. Un capolavoro della narrativa fantascientifica femminista

Le portatrici di Jessica Schiefauer apre una finestra su una società diversa, dove i sistemi politici ed economici di oggi sono stati relegati al passato e sostituiti da una visione eco-femminista che a prima vista sembra più luminosa, più verde, più giusta.

Ma le cose non sono come sembrano.

Quando il Covid ci ha colpito nella primavera del 2020, Jessica Schiefauer aveva già consegnato il suo romanzo su cui lavorava da più di un decennio. Ambientata in un mondo postpandemico, si narra la storia di Nikki e della sua compagna Simone.

Il Morbo ha devastato il loro mondo per generazioni, e ha costretto la popolazione a separarsi secondo linee di genere: la società è riservata alle donne, note come “portatrici”, mentre gli uomini, i “diffusori” della malattia, sono tenuti in quarantene a prova di fuga.

Se una portatrice entra in contatto fisico con un diffusore, la malattia si sviluppa nei corpi di entrambi causando la morte della portatrice nel giro di quarantotto ore.

Il diffusore va incontro alla stessa sorte, ma viene anche colto da un folle bisogno di fecondare più portatrici possibile prima di morire.

In una città chiamata Irisburg nel continente scandinavo, Nikki e Simone condividono una vita tranquilla e felice insieme. La loro è una società in cui i cittadini del mondo possono stabilirsi dove vogliono.

Mangiare carne è ormai impensabile e il dibattito politico ruota attorno al modo migliore per gestire le risorse limitate della Terra. Invece del lavoro, le portatrici effettuano un numero limitato di ore di servizio ogni settimana. E in cambio del contributo alla democrazia con il voto, ricevono un’unità abitativa e un buono vita.

Ma quando Simone decide di avere una bambina, tutto cambia. Tutto ciò che Nikki pensava di sapere sulla sua partner, sul suo mondo e su sé stessa è capovolto.

Le portatrici apre una finestra su una società radicalmente diversa, dove i sistemi politici ed economici di oggi sono stati relegati al passato e sostituiti da una visione eco-femminista che a prima vista sembra più luminosa, più verde, più giusta, un mondo immaginario plasmato dal Morbo ma anche da nuove tecnologie, modalità di trasporto e metodi di riproduzione, completo di un proprio vocabolario.

Eppure le cose non sono come sembrano e Nikki scopre il lato oscuro della sua società.

In questo mondo rivoluzionato, le portatrici lottano ancora con i concetti umanissimi di amore, tolleranza e desiderio, paura, violenza e potere.

Titolo: Le portatrici
Autrice: Jessica Schiefauer
Traduttrice: Samanta K. Milton Knowles
ISBN: 9788860448088

Fandango Libri è stata fondata nel 1999 da Domenico Procacci ed è legata all’omonima casa di produzione cinematografica che ha prodotto tra gli altri GomorraReality e L’imbalsamatore di Matteo Garrone, i film di Nanni Moretti e che sta lavorando alla serie tv tratta da L’amica geniale di Elena Ferrante.

Pubblichiamo fiction e non fiction italiana e straniera.
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Da sempre percorriamo le vie che gli altri non percorrono, raccontiamo storie e affrontiamo temi che difficilmente trovano spazio in un’editoria generalista.

Le nostre storie raccontano un mondo poco conosciuto, di resistenza e affermazione, un mondo di lotta e di emancipazione, con personaggi in cerca di un’identità autonoma in un mondo che tende a volerci tutti uguali.
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