Cosa otterresti mettendo Jeeg Robot d’Acciaio a combattere contro gli X-Wing, sotto gli occhi di una fanciulla desnuda che comanda una legione di Stormtrooper? No, non è la trama di un incubo dopo una maratona di fantascienza low-budget, ma l’essenza della “seconda locandina” di “Il pianeta degli uomini spenti”, cult di fantascienza italiana del 1961, diretto da Antonio Margheriti (alias Anthony Dawson, per aggiungere quel tocco internazionale). Nel 1978, il film è stato ridistribuito col titolo accattivante “Guerre planetarie”, sulla scia del successo di Star Wars di George Lucas usando proprio una locandina il leggendario mecha ideato da Gō Nagai e qualche riferimento alla “galassia lontana lontana…”. Sì, anche noi italiani abbiamo voluto cavalcare l’hype spaziale, tubi flessibili alla mano.
L’Opera di Margheriti: Fantascienza Made in Italy
Antonio Margheriti, considerato il padre della fantascienza italiana, era al suo secondo tentativo nel genere con questo film. Tra esplosioni di stelle e dialoghi talvolta più rigidi delle scenografie, il regista anticipa alcune idee che Mario Bava avrebbe reso leggendarie in Terrore dallo spazio. Certo, parlare di ispirazione potrebbe essere un azzardo: qui le astronavi sembrano costruite con pezzi di elettrodomestici e le creature aliene sono… grovigli di tubi di plastica lattiginosa illuminati con luci verdi e rosse. Gli effetti speciali? “Fisiologicamente ingenui”, come direbbero i critici con il mignolo alzato. Per noi nerd, sono un capolavoro trash che meriterebbe un posto nel museo del kitsch cosmico.
Scienza, Gravità e… Giardinaggio
Un pianeta misterioso si avvicina pericolosamente alla Terra, sconvolgendo l’equilibrio gravitazionale e minacciando la distruzione del nostro caro vecchio globo. Il professor Benson, uno scienziato che risolve problemi cosmici mentre cura le sue piante in serra, aveva previsto tutto. Gli Stati Maggiori, però, non lo ascoltano (ovviamente) e preferiscono rispondere alla crisi con un mix di ignoranza e arroganza militare. Spoiler: non finirà bene per loro.
Quando il Budget Non È un Ostacolo (Ma Forse Doveva Essere)
Il film è impreziosito dalla presenza di Claude Rains, attore internazionale che sembra catapultato qui per errore, ma che regala un tocco di classe al suo ruolo. Il resto del cast, purtroppo, è piuttosto monocorde, come le linee di dialogo che devono recitare. Tuttavia, non possiamo non apprezzare il coraggio della produzione, che ha trasformato un budget ridicolo in un’opera capace di strappare sorrisi nostalgici e qualche applauso per l’inventiva.
Distribuzione e Legacy
Dopo il debutto negli Stati Uniti come Battle of the Worlds e in Francia come Le planète des hommes perdus, il film è stato ridistribuito in Italia nel 1978 con il titolo Guerre planetarie, un’astuta mossa di marketing per agganciarsi al successo di Star Wars. Il problema? Confrontare le astronavi di Lucas con i “tubi di plastica lattiginosa” di Margheriti è come mettere una Fiat 500 contro il Millennium Falcon.
Il pianeta degli uomini spenti è un coraggioso ma imperfetto esempio di fantascienza italiana degli anni ’60. Gli effetti speciali sono risibili, la trama talvolta arranca e la regia di Margheriti, seppur professionale, non basta a salvare il prodotto dalla mediocrità. Eppure, per gli appassionati del genere, è una perla rara, una finestra su un’epoca in cui l’Italia osava sognare le stelle… anche con pochi mezzi.
Quindi, preparate i pop-corn, ma ricordate: questo viaggio cosmico richiede una buona dose di ironia. Solo per appassionati e completisti del trash spaziale! 🚀
N.B. Abbiamo cercato sulla rete i riferimenti dell’autore italiano della locandina in oggetto ma con scarsi risultati: siamo a disposizione per inserimento di ogni credits / citazione sull’immagine di copertina di questo articolo!