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L’aereo più pazzo del mondo compie 45 anni: il volo demenziale che ha rivoluzionato per sempre la comicità al cinema

C’è un prima e un dopo Airplane!. O, come lo conosciamo noi nerd italiani, L’aereo più pazzo del mondo. Il 2 luglio del 1980 atterrava nelle sale americane una pellicola destinata a diventare leggenda. In Italia sarebbe arrivata solo a fine ottobre dello stesso anno, ma bastarono pochi istanti dalla comparsa dell’auto-pilota gonfiabile Otto per capire che nulla sarebbe stato più come prima. A quarantacinque anni dal suo debutto, quest’opera firmata dal trio Zucker-Abrahams-Zucker continua a far ridere, a ispirare e a influenzare intere generazioni di spettatori, cineasti e comici. Una parodia esilarante che ha preso il volo trasformando il genere disaster movie in un luna park di gag, giochi di parole e nonsense assoluto.

Siamo negli anni ’70, l’epoca d’oro dei film catastrofici. Airport, Airport ’75, Airport ’77 e via dicendo. L’aereo diventa metafora del destino umano, del pericolo, del dramma in alta quota. Ma poi arriva Airplane! e decide di mandare tutto all’aria. E lo fa sul serio. Letteralmente. Il trio ZAZ — Jim Abrahams e i fratelli Zucker — prende di mira questi film e li smonta scena dopo scena, trasformando la tensione in delirio, il dramma in slapstick, il panico in comicità pura. Non si tratta solo di una parodia: è l’inizio di una nuova grammatica della risata.

La trama di per sé è un pretesto, un filo conduttore per scatenare il caos comico: Ted Striker, un ex pilota traumatizzato dalla guerra e mollato dalla sua ex, si ritrova a dover pilotare un aereo di linea dopo che l’equipaggio è stato messo KO da un’insalata di pesce mal conservata. Il tutto mentre un auto-pilota gonfiabile cerca di mantenere la rotta, una torre di controllo piena di idioti cerca di aiutare e una sfilza di passeggeri assurdi mette a dura prova qualsiasi logica narrativa. È il nonsense portato al massimo della sua potenza, ma con una precisione millimetrica. Il caos è pianificato, il ridicolo è studiato, l’assurdo è calcolato al centesimo di secondo. Ogni battuta ha un tempo comico perfetto, ogni gag visiva una costruzione meticolosa.

Il cast è un altro dei colpi di genio del film. Nessun attore comico di professione, ma volti noti per ruoli drammatici, scelti proprio per la loro serietà. È questo il segreto: la comicità nasce dallo scarto tra l’espressione impassibile e ciò che accade intorno. Lloyd Bridges, Robert Stack, Peter Graves… e soprattutto lui, Leslie Nielsen. Il suo dottor Rumack è una delle interpretazioni comiche più iconiche della storia del cinema, nonostante — o forse grazie a — quell’assoluta serietà con cui pronuncia frasi assurde come la leggendaria “I am serious… and don’t call me Shirley”. Da qui partirà la sua seconda vita artistica, che lo porterà a dominare il cinema comico anni ’80 e ’90, soprattutto con la saga di Una pallottola spuntata.

Ma da dove nasce tutto questo? Paradossalmente da un film serissimo: Zero Hour! del 1957. Un dramma aereo in bianco e nero, piuttosto dimenticabile, che i ZAZ scoprono per caso facendo zapping. L’idea: usare la sceneggiatura praticamente tale e quale, ma riscrivendola con gag al posto delle battute serie. Pagano perfino i diritti per 2500 dollari, così da mettersi al riparo da possibili grane legali. Il copione inizialmente non interessa a nessuno, finché il trio non ottiene visibilità con lo show Ridere per Ridere. Da lì, l’interesse di Michael Eisner e Jeffrey Katzenberg fa decollare il progetto. Il resto è storia.

Il film è una festa continua per chi ama la cultura nerd e pop: ci trovi dentro riferimenti al Saturday Night Live, parodie di spot pubblicitari, scene che sfottono apertamente John Travolta in La febbre del sabato sera, e persino Kareem Abdul-Jabbar, icona NBA, che interpreta un pilota… solo per rivelarsi Kareem Abdul-Jabbar stesso in una rottura della quarta parete che all’epoca era qualcosa di clamorosamente geniale.

E poi c’è il doppiaggio italiano. Per molti versi un’opera a sé stante. Alcune battute sono state adattate in dialetti o modi di dire tipicamente italiani, come il celebre slang jive trasformato in un napoletano inventato che ha fatto rotolare dalle sedie generazioni di spettatori. Una scelta azzardata? Forse. Ma ha funzionato. Tanto da rendere immortali alcune frasi anche nella nostra lingua.

Quello che rende L’aereo più pazzo del mondo ancora oggi un capolavoro della comicità è la sua capacità di fondere umorismo verbale, gag visive e una totale anarchia narrativa. È un film che vive di eccessi, che si prende gioco del buon senso, della fisica, del decoro e anche del politically correct — che all’epoca era ancora un concetto lontano. Alcune scene, rivedendole oggi, potrebbero apparire problematiche. Ma proprio questa irriverenza, questa libertà totale, era parte del suo fascino. In un’America che si stava prendendo terribilmente sul serio, Airplane! esplode come una bomba comica di proporzioni epiche, una satira travestita da demenzialità.

L’influenza del film è semplicemente incalcolabile. Senza L’aereo più pazzo del mondo, probabilmente non avremmo mai avuto i Simpson, Futurama, Scemo & più scemo, Tutti pazzi per Mary, Austin Powers, Scary Movie e mille altri esempi di comicità postmoderna che flirta con la parodia, l’assurdo e l’anti-realismo. Matt Groening ha dichiarato più volte di aver preso ispirazione diretta da Airplane! per la costruzione dell’umorismo surreale e tagliente delle sue creazioni animate. E anche se molti dei suoi epigoni non sono riusciti a replicarne il genio, l’impronta del film resta visibile in ogni angolo della comicità contemporanea.

A distanza di 45 anni, L’aereo più pazzo del mondo è ancora lì, a volare sopra le nostre teste, come un dirigibile impazzito carico di gag. È il film che ha avuto il coraggio di prendere un genere serio e farlo esplodere a colpi di umorismo slapstick, battute fulminanti e situazioni assurde. È una macchina comica perfetta, ma anche un manifesto contro ogni forma di serietà imposta. E in un’epoca in cui la comicità sembra spesso ingessata, addomesticata, timorosa di offendere, questo film resta un inno alla libertà creativa e alla risata più pura, anarchica, liberatoria.

Se non lo avete visto, è il momento di rimediare. Se lo avete già amato, riguardatelo. Vi sorprenderà di nuovo. Perché la risata, quando è fatta con intelligenza e coraggio, non invecchia mai.

E voi? Qual è la scena di L’aereo più pazzo del mondo che vi ha fatto ridere fino alle lacrime? Scrivetecelo nei commenti o condividete l’articolo sui vostri social con l’hashtag #CorriereNerd!

I Goonies, il Film Cult degli anni 80 compie 40 anni

I Goonies, un vero e proprio cult degli anni ’80, compie 40 anni e continua a brillare come una delle avventure più amate di sempre. Un film che ha segnato un’intera generazione, regalandole risate, emozioni e momenti indimenticabili, ed è ancora oggi perfetto da gustarsi in famiglia, con quella dose di nostalgia che fa venire voglia di rivivere le avventure dei piccoli protagonisti. Un mix esplosivo di oro dei pirati, trappole ingegnose, acquascivoli spericolati e quella battuta iconica del “mescolamento del tartufo”, I Goonies è davvero un’avventura che non sembra mai invecchiare.

Diretto da Richard Donner e prodotto dalla Amblin Entertainment di Steven Spielberg, il film è stato distribuito nelle sale statunitensi il 7 giugno 1985 dalla Warner Bros. In Italia, invece, è uscito al cinema il 20 dicembre dello stesso anno, per poi tornare nelle sale italiane nel dicembre 2019 con una versione restaurata in 4K. Con un budget contenuto di 19 milioni di dollari, il film ha incassato ben 124 milioni a livello mondiale, diventando subito un classico intramontabile. Nel 2017, I Goonies è stato selezionato per la conservazione nel National Film Registry degli Stati Uniti per il suo valore culturale, storico e estetico, un riconoscimento che ne testimonia l’importanza nella cultura popolare.

La trama è un mix di avventura, amicizia e mistero. Nella cittadina di Astoria, nell’Oregon, un gruppo di ragazzi scopre una mappa del tesoro che potrebbe risolvere i loro problemi. Infatti, se riuscissero a trovare il leggendario tesoro di Willy l’Orbo, un pirata che aveva infestato la zona, potrebbero salvare il loro quartiere da un gruppo di spietati imprenditori intenzionati a demolire le case per costruire un campo da golf. Tra questi ragazzi c’è Mikey, il leader del gruppo, determinato e sognatore, e i suoi amici: Mouth, l’irriverente e simpatico chiacchierone; Chunk, il goloso e sempre preoccupato per il suo peso; Data, l’inventore dalla mente brillante ma spesso imbranato.

A complicare le cose, c’è la banda dei Fratelli, un trio di criminali capeggiati dalla madre Agatha e con un membro deforme, Sloth, che tiene prigioniero e maltratta. Il gruppo di amici si lancia in un’avventura piena di pericoli, trappole letali e sorprendenti scoperte, tra cui un vecchio ristorante abbandonato che nasconde più di quanto sembri. A questo punto si uniscono anche altri personaggi, tra cui Brandon, il fratello maggiore di Mikey, che all’inizio è riluttante, ma poi si lascia coinvolgere nell’avventura, e la cheerleader Andy con la sua amica Stef.

Il film è una continua rincorsa tra le peripezie dei ragazzi e le minacce della banda criminale. Ogni angolo della mappa sembra nascondere un nuovo pericolo: trappole mortali, passaggi segreti e una serie di situazioni comiche e cariche di adrenalina. Nonostante la loro giovane età, i Goonies si dimostrano coraggiosi, risoluti e, soprattutto, uniti, dando vita a un’avventura che trascende il semplice “caccia al tesoro” e diventa una storia di crescita e di amicizia.

La forza del film sta nell’energia contagiosa dei suoi protagonisti, che hanno portato in scena un gruppo di bambini diversi per carattere, ma uniti dalla stessa passione per l’avventura. La sceneggiatura di Chris Columbus sa come alternare momenti di tensione a battute esilaranti, senza mai perdere il ritmo. Donner, dal canto suo, regala ai suoi giovani protagonisti una serie di set spettacolari che rimarranno impressi nella memoria del pubblico: chi non ricorda la scena dell’ingresso nel galeone nascosto nel lago sotterraneo o la famosa camminata sull’asse dei pirati?

Nonostante l’uso di stereotipi tipici degli anni ’80, come il bambino grasso, il ragazzo asiatico e il personaggio femminile un po’ troppo in secondo piano, I Goonies riesce a far divertire chiunque, con una scrittura che non ha paura di abbracciare l’avventura più pura e senza fronzoli. La sceneggiatura, seppur legata ad alcuni cliché, riesce a trascendere questi aspetti grazie a una narrazione che emoziona e diverte, senza mai prendersi troppo sul serio.

Il finale, con la caverna che esplode e la nave dei pirati che prende il largo, è tanto epico quanto commovente. I ragazzi riescono a scappare con una parte del tesoro, ma la vera ricchezza, come scoprono alla fine, è l’amicizia che li ha uniti in questa straordinaria impresa. E mentre i genitori li accolgono e la banda dei Fratelli viene finalmente arrestata, I Goonies ci lascia con una riflessione su come, a volte, le avventure più incredibili possano nascere dalle sfide quotidiane.

I Goonies rimane uno dei film più iconici e amati degli anni ’80, un vero e proprio viaggio nostalgico che continua a entusiasmare vecchie e nuove generazioni. Non solo un film d’avventura, ma una storia che celebra l’ingegno, il coraggio e l’importanza della famiglia e dell’amicizia. Quarant’anni dopo, possiamo dire con certezza che I Goonies non ha perso un briciolo del suo fascino, continuando a incantare con la sua energia e il suo spirito di avventura senza tempo.

“Cosplay in the Jungle 2025”: tra doppiatori leggendari, cultura pop e passione geek nella giungla sarda

C’è un angolo d’Italia dove la giungla non è fatta di liane e ruggiti, ma di parrucche fluo, mantelli svolazzanti, spade di plastica e un entusiasmo travolgente che sa di fumetti, anime e avventure digitali. Parliamo ovviamente di Quartu Sant’Elena, dove l’Associazione Jungle E.T.S. festeggia un traguardo importante: il suo decimo anniversario. E quale modo migliore per celebrare se non con il ritorno in grande stile di uno degli eventi più attesi dalla community nerd e cosplay della Sardegna (e non solo)?

Sabato 21 e domenica 22 giugno 2025, l’Hotel Califfo di Via Leonardo Da Vinci 124 si trasformerà ancora una volta in un vero e proprio tempio del fandom con la nuova edizione di Cosplay in the Jungle, una due giorni intensa e travolgente che promette di essere una vera e propria full immersion nella cultura pop.

Ma quest’anno l’evento ha una marcia in più. Per la prima volta, tra gli ospiti figurano due autentiche leggende del doppiaggio italiano che hanno dato voce — e anima — ad alcuni dei personaggi più iconici della nostra infanzia, adolescenza e, diciamocelo, anche dell’età adulta.

Da un lato troveremo Patrizio Prata, un nome che ogni fan di anime e cartoni animati riconoscerà al volo. È sua la voce affilata come le katane di Roronoa Zoro in One Piece, ma anche quella di C-17 in Dragon Ball Z, Kabuto Yakushi in Naruto, Tracey in Pokémon, e persino del malinconico e tormentato Gatz in Berserk. Senza dimenticare le sue interpretazioni in Geronimo Stilton e Keroro, che ci hanno accompagnato in mille pomeriggi nerd sul divano.

Accanto a lui ci sarà Lorenzo Scattorin, un altro pilastro del doppiaggio italiano, la cui voce calda e carismatica ha plasmato personaggi indimenticabili come Sanji (sempre da One Piece, per restare in tema), Leon S. Kennedy in Resident Evil, il distruttivo Beerus di Dragon Ball, il potentissimo All Might in My Hero Academia e l’iconico Kenshiro di Ken il Guerriero. E sì, è anche il volto vocale di Joel in The Last of Us, il gioco che ci ha fatto piangere come bambini e tremare come foglie.

A condurre la Gara Cosplay, uno dei momenti più attesi dell’evento, ci sarà Alberto, in arte Sa Leggenda, comico, influencer, youtuber e tiktoker amatissimo in Sardegna. Con la sua verve e la sua ironia, promette di rendere ancora più esplosiva un’atmosfera già carica di adrenalina, colori, emozioni e fotocamere pronte a immortalare ogni armatura luccicante e ogni incantesimo lanciato con gesti teatrali.

Ma “Cosplay in the Jungle” non è solo guest star e competizioni. È un’esperienza. Una di quelle che ti fanno battere il cuore come la sigla di un vecchio anime alle 7 del mattino. Tra stand di artigianato nerd, giochi da tavolo, animazione, workshop, tornei, merchandising esclusivo e ovviamente tanto, tantissimo cosplay, l’evento si configura come un punto di riferimento per tutta la cultura nerd isolana e nazionale. Un luogo dove le passioni prendono forma, dove le community si incontrano (anche offline, incredibile!) e dove si può essere chiunque, anche solo per un weekend.

Quindi segnatevi le date, lucidate le vostre spade laser, fate l’ultima prova del costume di Sailor Moon o di Spider-Man e preparatevi a vivere due giorni fuori dal tempo, in un universo parallelo dove la giungla non è selvaggia, ma straordinariamente nerd.

Per restare aggiornati su tutte le novità, vi consigliamo di seguire l’Associazione Jungle E.T.S. sui suoi canali social. Il regolamento completo, le modalità di partecipazione alla gara cosplay e tutte le info utili sono disponibili qui:  linktr.ee/associazionejungle.

E ora tocca a voi! Avete già deciso quale personaggio porterete sul palco quest’anno? Avete mai incontrato i vostri doppiatori del cuore? Raccontateci tutto nei commenti qui sotto e, se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo sui vostri social per farlo arrivare anche agli altri appassionati! Perché il bello della cultura nerd è proprio questo: viverla insieme, tra una citazione di Goku e una battuta di Deadpool.

 

Monty Python e il Sacro Graal: 50 Anni di Comicità Leggendaria – Un Viaggio Nerd nel Cult senza Tempo

Sono passati cinquant’anni da quando il mondo cinematografico fu scosso, nel lontano 25 Maggio 1975 (in Italia il 7 maggio 1976), dall’arrivo di una pellicola destinata a diventare un pilastro inamovibile della comicità surreale e un vero e proprio capolavoro di culto: sto parlando ovviamente di “Monty Python e il Sacro Graal” (Monty Python and the Holy Grail), diretto dalle menti geniali di Terry Gilliam e Terry Jones. Un anniversario di tale portata non può passare inosservato per i nerd del cinema e gli appassionati della comicità demenziale che, come me, hanno consumato e riconsumato le videocassette, i DVD e ora i file digitali di questo film.


Cinque Decenni di Risate Irriverenti: Un Viaggio nel Mito del Graal Pythoniano

È difficile credere che siano trascorsi ben cinquanta lunghi anni da quando per la prima volta ci siamo imbattuti nei Cavalieri che dicono “Ni!”, abbiamo tremato di fronte al Coniglio Assassino di Caerbannog e abbiamo compreso l’inestimabile valore comico – e l’efficacia come sostituto equino – delle noci di cocco. Un’intera generazione è cresciuta con le battute di Artù e dei suoi fedeli, eppure, anche dopo infinite visioni, l’opera continua a svelare nuove sfumature, nuove risate, nuove brillanti assurdità. Forse pensavate di sapere tutto, ma Shout! TV, con un’irriverenza degna dei Python stessi, sembra dirci: “Mi soffio il naso su di te!” E lo fa in grande stile.

Proprio in questi giorni, per celebrare il cinquantesimo anniversario di questo film iconico, Shout! TV sta mandando in onda un evento streaming di 24 ore che promette di essere una vera e propria festa per i fan. Il 21 giugno, infatti, è iniziato questa maratona speciale che include, e qui sta il bello, nuovi e originali approfondimenti direttamente da alcuni membri del gruppo: John Cleese, Terry Gilliam e Michael Palin. Immaginate la gioia di sentire queste leggende viventi parlare dei loro ricordi preferiti della produzione e riflettere sull’eredità duratura del film. Questi interstitial appena filmati, esclusivi di Shout! TV e Shout! Movies, vedono il cast riflettere sull’impatto intramontabile della pellicola, con Terry Gilliam che racconta il suo doppio ruolo di regista e attore, John Cleese che condivide le citazioni che ancora oggi gli vengono rivolte, e Michael Palin che, con la sua tipica understatement, ammette che “era tutto un po’ sciocco”. E naturalmente, tantissime altre storie dietro le quinte e risate a volontà. Per i fan irriducibili, quelli pronti a dedicare 24 ore a questa celebrazione, l’evento è disponibile in streaming su Shout! TV, Shout Movies e tramite l’app di Shout! TV. Ed è bene che sia così, perché anche dopo questa immersione totale, non si saprà mai proprio tutto di “Monty Python e il Sacro Graal”. Ma va bene così, perché darà a Shout! TV un’ottima scusa per organizzare una nuova festa ogni anno.


Dal Circo Volante alla Ricerca del Graal: La Genesi di un Cult

Il film “Monty Python e il Sacro Graal” nasce in un momento particolare per il gruppo comico inglese dei Monty Python: durante una pausa tra la terza e la quarta serie del loro popolarissimo programma televisivo Monty Python’s Flying Circus. A differenza del loro primo film, “E ora qualcosa di completamente diverso”, che era un assemblaggio di sketch televisivi, “Il Sacro Graal” rappresenta una svolta audace. È un’opera a basso costo ma basata su un soggetto unico, una parodia esilarante del Ciclo Bretone, con un focus irresistibile sulla ricerca del Santo Graal.

La trama, nella sua gloriosa assurdità, ci trasporta nell’Inghilterra del 932. Il leggendario Re Artù, con al suo fianco il fedele scudiero Patsy (e le sue immancabili noci di cocco), è in cerca di valorosi cavalieri per la sua Tavola Rotonda. Trova un gruppo eterogeneo e indimenticabile: il buffo uomo di scienza Bedevere, il coraggioso ma sanguinario Lancillotto, il casto Galahad e il codardo Robin. Ma proprio quando Artù sta per realizzare il suo sogno, riceve un’investitura divina: Dio in persona gli affida il compito di trovare il Santo Graal. Inizia così un’odissea disseminata di incontri surreali: guardie ossessionate da rondini e noci di cocco, contadini anarco-sindacalisti che non riconoscono la monarchia, un tenace Cavaliere Nero che non cede un passo neanche senza gli arti, un gruppo di scortesi cavalieri francesi, un mostro a tre teste perennemente in disaccordo, i già citati Cavalieri che dicono “Ni”, donne in cerca di marito, il piromane mago Tim, un coniglio assassino e una serie di indovinelli allucinanti. Il culmine della missione, quando il Graal sembra a portata di mano, si dissolve in una nuvola di fumo comico con l’arrivo inaspettato della polizia, che arresta i pochi sopravvissuti, accusandoli della morte accidentale di un presentatore di documentari, chiudendo il film con una brusca, geniale, e indimenticabile fine.


Dietro le Quinte di un Caos Creativo: Produzione e Innovazioni Pythoniane

La produzione di “Monty Python e il Sacro Graal” fu, come prevedibile, un’impresa intrisa di quella follia organizzata che solo i Python potevano gestire. Non erano nuovi alla scrittura di sceneggiature, ma questa volta la sfida era tradurre la loro forma mentis basata sugli sketch in una narrazione coesa. La lezione del loro precedente film, composto da sketch slegati che facevano perdere l’attenzione del pubblico dopo circa 50 minuti, fu preziosa.

Per quanto riguarda la regia, l’inesperienza era totale. Il film precedente era stato diretto dal regista televisivo di “Monty Python’s Flying Circus”, e il risultato era inevitabilmente “televisivo”. Terry Jones era particolarmente preoccupato dalla forma cinematografica, consapevole che gran parte della comicità sarebbe derivata dal contrasto tra l’aspetto epico del film e gli eventi comici. Fu così che si optò per una co-regia tra Terry Jones e Terry Gilliam, pensando che due teste potessero compensare l’inesperienza. In realtà, si scatenò un caos creativo. Non solo emersero problemi banali, ma le profonde divergenze di opinioni sulle inquadrature portarono spesso a rifare più volte la stessa scena.

Il film, con la sua estetica, esasperava la visione del Medioevo dell’epoca, ben distante dall’immagine patinata dei kolossal hollywoodiani degli anni ’50 e ’60. L’imperativo era mostrare sporco, fango, e denti marci. Michael Palin ricorda con un pizzico di risentimento di aver mangiato del fango in una scena solo per scoprire di non essere stato neanche inquadrato! E poi, l’aneddoto più famoso legato al budget limitato: l’assenza dei cavalli. Inizialmente previsti, i costi proibitivi e la necessità per gli attori di imparare a cavalcare portarono alla geniale soluzione dei cavalieri a piedi, con i paggi che imitavano il suono degli zoccoli con le inconfondibili noci di cocco. Un tocco puramente Pythoniano, con un personaggio che svela questa finzione nelle primissime battute del film.


Le Voci Dietro il Mito: Un Cast Leggendario

Il cast di “Monty Python e il Sacro Graal” è un microcosmo di talento comico, con i membri del gruppo che interpretano più ruoli, spesso in maniera irriconoscibile. È affascinante notare come un ristretto numero di attori abbia dato vita a un universo così vasto e indimenticabile:

  • Graham Chapman: Il Re Artù per antonomasia, ma anche la voce di Dio, una guardia singhiozzante e la testa centrale del Cavaliere a Tre Teste. La sua regale follia è il fulcro del film.
  • John Cleese: Un Lancillotto impavido ma spassoso, il secondo soldato all’inizio, l’uomo con il corpo nella scena della peste, il leggendario Cavaliere Nero, un contadino, il soldato francese e il pirotecnico Tim lo stregone. La sua versatilità e la sua mimica sono impareggiabili.
  • Terry Gilliam: Oltre alla regia, si cala nei panni di Patsy, il guardiano del ponte, il Cavaliere verde, Sir Bors (il primo a essere ucciso dal coniglio) e se stesso come animatore con un attacco di cuore. Il suo genio visivo si estende anche alla recitazione.
  • Eric Idle: Un Sir Robin abilmente codardo, un cinico becchino, un contadino, una guardia confusa al Castello Palude e Fra Maynard. La sua capacità di passare da un ruolo all’altro con sottile ironia è notevole.
  • Terry Jones: Il saggio ma sbadato Sir Bedivere, la madre di Dennis, la testa a sinistra del Cavaliere a Tre Teste e il tragico Principe Herbert. La sua visione registica si fonde perfettamente con le sue interpretazioni.
  • Michael Palin: Il casto ma tentato Sir Galahad, il primo soldato, l’arguto Dennis, un contadino, la testa a destra del Cavaliere a Tre Teste, il Re del Castello Melma, un monaco, il temibile Cavaliere del Ni e il narratore. La sua poliedricità è forse la più impressionante, passando da personaggi innocui a figure minacciose con la stessa facilità.

A loro si aggiungono altri attori che hanno contribuito a rendere il film un mosaico di personaggi indimenticabili: Tom Raeburn come la guardia che mangia una mela, Neil Innes come il menestrello di Sir Robin, la strega Connie Booth, le gemelle Zoot e Dingo interpretate da Carol Cleveland, la vecchia Bee Duffel, lo storico John Young e sua moglie Rita Davies, e le giovani Winston e Porcellino interpretate da Sally Kinghorn e Avril Stewart.


L’Orchestra dell’Assurdo: La Colonna Sonora e la Distribuzione

La colonna sonora di “Monty Python e il Sacro Graal”, intitolata “The Album of the Soundtrack of the Trailer of the Film of Monty Python and the Holy Grail”, è un’opera d’arte a sé stante. Riproduce l’audio di alcune scene del film, ma aggiunge inserti inediti che giocano con la natura stessa del vinile. Ma c’è una storia interessante dietro le quinte: durante le proiezioni di prova, il pubblico rideva meno del previsto. La causa? Le musiche, create appositamente da un compositore, erano troppo cupe e in linea con le immagini, vanificando il contrasto comico. I Python corsero ai ripari, attingendo a registrazioni di musiche di repertorio dagli archivi della BBC, brani più pomposi e stereotipati che amplificarono il contrasto tra l’epos e l’assurdità comica, rafforzando l’effetto desiderato.

La distribuzione italiana del film, uscito nel maggio del 1976 con il semplice titolo “Monty Python”, merita un capitolo a parte. Il doppiaggio italiano, purtroppo, non riuscì a cogliere appieno lo spirito originale della pellicola. Anzi, la rese più simile ai film boccacceschi prodotti all’epoca a Cinecittà, con l’introduzione di battute sessuali e pesanti accenti regionali, stravolgendo in gran parte i contenuti originali. Per i puristi, fu un piccolo sacrilegio. Nonostante ciò, il doppiaggio vide la partecipazione di voci note del Bagaglino come Oreste Lionello, Bombolo, Pino Caruso e Pippo Franco. Solo nel 2002, con la pubblicazione in DVD, il film acquisì finalmente il titolo completo e più accurato di “Monty Python e il Sacro Graal” anche in Italia.


Oltre lo Schermo: L’Eredità del Graal Pythoniano

L’influenza di “Monty Python e il Sacro Graal” si estende ben oltre il cinema. Nel 2006, Eric Idle ha realizzato un musical di enorme successo basato sul film, intitolato Spamalot, che ha portato la comicità del Graal sui palcoscenici di tutto il mondo. Il film ha anche ispirato il mondo dei videogiochi, prima con il non ufficiale “The Quest for the Holy Grail” nel 1984 per Commodore 64 e ZX Spectrum, e poi con la licenza ufficiale “Monty Python & the Quest for the Holy Grail” nel 1996 per Windows e Macintosh.

In conclusione, “Monty Python e il Sacro Graal” non è solo un film; è un’esperienza culturale, un punto di riferimento per chiunque ami la comicità intelligente, la satira mordace e l’assurdo elevato a forma d’arte. Celebrare i suoi cinquanta anni non è solo un omaggio al passato, ma un riconoscimento della sua vitalità e rilevanza continua. È un film che, nonostante il tempo, non smette di farci ridere, riflettere e, in un certo senso, credere nelle infinite possibilità della stupidità geniale. E in fondo, cos’altro potremmo chiedere a un’opera d’arte?

I Puffi tornano (con Rihanna!): il nuovo film tra magia, musica e… misteri blu

“Per salvare il loro mondo, dovranno raggiungere il nostro.” No, non è il trailer di un film Marvel, ma l’incipit del nuovissimo capitolo cinematografico de I Puffi, in arrivo nelle sale italiane dal 17 agosto 2025, distribuito da Eagle Pictures. E fidatevi: se pensate che sia “solo” un film d’animazione per bambini, preparatevi a ricredervi. Come appassionata cronica di saghe, reboot e icone della cultura pop – da Star Wars a Stranger Things, passando per Barbie e Miyazaki – non potevo restare indifferente davanti al nuovo trailer de I Puffi – Il Film. E a rendere tutto ancora più incredibile c’è lei: Rihanna, voce di Puffetta e autrice della nuova colonna sonora, con un brano inedito che già promette di farci cantare tutta l’estate.

Un nuovo mondo… blu

Dimenticate per un attimo i puffi che ricordavate dalla tv anni ’80 o dai film ibridi live-action. Questo nuovo film animato – diretto da Chris Miller, il genio dietro Shrek 3 e Il Gatto con gli Stivali – è un reboot completo, pensato per una nuova generazione di spettatori ma con abbastanza riferimenti nostalgici da far battere il cuore a noi “vecchi” nerd.

La trama ruota attorno al rapimento di Grande Puffo (doppiato in italiano da Paolo Bonolis, che torna in un ruolo vocale da sogno) da parte dei malvagi Gargamella e Razamella (entrambi con le voci di Luca Laurenti, in un doppio ruolo che già adoro). Il nostro amato capovillaggio blu viene catturato e spedito in un’altra dimensione, quella reale, e tocca a Puffetta (nella versione originale con la voce sensuale e potente di Rihanna) guidare la squadra di soccorso nel nostro mondo per salvarlo. Ma, come ogni grande avventura che si rispetti, nulla sarà facile: i puffi dovranno affrontare nemici nuovi, incontrare alleati inaspettati e – forse – scoprire qualcosa di fondamentale sulla loro vera natura.

Sì, perché la domanda che aleggia su tutto il film è: “Che cos’è davvero un Puffo?” Una provocazione affascinante che promette rivelazioni epiche.

Rihanna e la rinascita di Puffetta

E parliamone: Rihanna. Icona mondiale della musica, regina della moda, spirito imprenditoriale indomabile… ora anche Puffetta. No, non è uno scherzo. Dopo le interpretazioni di Katy Perry e Demi Lovato nei precedenti film, Rihanna entra ufficialmente nell’universo blu, portando con sé una ventata di carisma e femminilità potente.

Ma non si ferma lì: la cantante barbadiana ha anche scritto e interpretato un nuovo brano originale per il film, “Friend of Mine”, in uscita il 16 maggio. Una ballad dolce e potente, che segna il suo ritorno musicale dopo “Lift Me Up” del 2022 per Black Panther: Wakanda Forever. Nonostante l’attesissimo nono album sia ancora in fase di gestazione, questo singolo sembra già un regalo per i fan affamati di nuova musica. E diciamocelo: una Puffetta con la voce di Rihanna è tutto ciò che non sapevamo di desiderare.

Un cast vocale che è puro spettacolo

Il comparto doppiaggio non è da meno. In originale, oltre a Rihanna troviamo nomi di livello altissimo: Nick Offerman, James Corden, Sandra Oh, John Goodman (nel ruolo del fratello di Grande Puffo!), Octavia Spencer, Natasha Lyonne, Kurt Russell, e persino Dan Levy. Una squadra da Oscar, capace di dare personalità e unicità a ogni singolo Puffo, stregone, creatura o umano che incontreremo lungo il cammino.

E per noi italiani, c’è un tocco di casa: Bonolis e Laurenti tornano a lavorare insieme, questa volta in una veste che mescola ironia e magia. Una coppia perfetta per questo tipo di film, in grado di coinvolgere grandi e piccoli con la giusta dose di nostalgia e comicità.

I Puffi: un’eredità che attraversa le generazioni

Non dimentichiamolo: I Puffi non sono nati ieri. Creati nel 1958 dalla penna del fumettista belga Peyo, hanno attraversato decenni, continenti e mezzi di comunicazione, diventando un’icona universale. Dalla prima apparizione nelle strisce di John e Solfamì, alla leggendaria serie animata prodotta da Hanna-Barbera negli anni ’80 (421 episodi, ragazzi!), fino ai recenti reboot in CGI e merchandising senza fine, i Puffi fanno parte del nostro DNA nerd.

Il nuovo film del 2025 – che inizialmente doveva uscire il 14 febbraio, ma è stato posticipato al 18 luglio negli USA e al 17 agosto in Italia – promette di portare questa eredità in una nuova era. Un musical travolgente, pieno di canzoni, emozioni, creature magiche e… tanto, tantissimo blu.

Magia, misteri e… un ritorno attesissimo

Una delle cose che più mi incuriosiscono è proprio la promessa di rispondere finalmente alla domanda: “Che cos’è un Puffo?” Una provocazione che lascia intendere che ci sarà molto di più dietro le solite gag con Gargamella e Birba. Il fatto che il film introduca anche nuovi personaggi e una dimensione più “realistica” (con tanto di fratelli segreti, portali magici e nuove alleanze) suggerisce un’espansione narrativa affascinante.

L’impressione? Questo non sarà solo un film d’intrattenimento per famiglie. Sarà una vera origin story, forse un po’ epica, sicuramente molto musicale, che potrebbe ridefinire per sempre la mitologia puffa. Un po’ come ha fatto Barbie lo scorso anno, o Spider-Man: Into the Spider-Verse qualche tempo fa.

L’estate sarà blu Puffo

Insomma, se siete cresciuti con la sigla “Noi Puffi siam così…” nel cuore, se avete sognato almeno una volta di vivere in un villaggio fatto di funghi, o se semplicemente amate i film capaci di unire risate, magia e una colonna sonora da brividi, I Puffi – Il Film potrebbe diventare il vostro appuntamento cinematografico dell’estate.

E voi? Cosa ne pensate di Rihanna nei panni (e nella voce) di Puffetta? Vi incuriosisce questo nuovo approccio più avventuroso e misterioso all’universo puffesco? Parliamone nei commenti oppure condividete l’articolo sui vostri social con l’hashtag #IPuffi2025: sono curiosissima di sapere se anche per voi questa sarà la pellicola blu dell’anno!

Porco Rosso di Miyazaki: un capolavoro di libertà, fascismo e aviazione nell’Italia del 25 aprile

Il 25 aprile, Giorno della Liberazione, è una data che ci invita a riflettere su temi di libertà, lotta e resistenza, e quest’anno lo fa con una risonanza inaspettata: grazie alla proiezione speciale di Porco Rosso, uno dei capolavori di Hayao Miyazaki, che torna a risuonare nelle sale italiane in occasione dell’80º anniversario della Liberazione. Perché, sebbene questo film d’animazione giapponese non sembri, a prima vista, avere un legame diretto con la nostra storia, la sua profonda critica al fascismo, l’ambientazione nel cielo dell’Adriatico e la sua celebrazione della libertà lo rendono un perfetto veicolo di riflessione storica.

“Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale!” Questa affermazione di Marco Pagot, l’aviatore protagonista, riecheggia forte nei nostri cuori in un giorno che celebra la vittoria contro il regime fascista. Porco Rosso, uscito nel 1992 e diretto dal genio del maestro Miyazaki, è uno dei suoi lavori più personali, più di ogni altro film che abbia mai creato. Non solo per il suo profondo amore per l’Italia – che traspare in ogni singola scena, tra cieli azzurri e mari cristallini dell’Adriatico – ma anche per la forza dei suoi temi universali: la condanna della guerra, il rifiuto delle oppressioni politiche e la continua ricerca della libertà.

La storia ci porta nella vita di Marco Pagot, un asso dell’aviazione militare italiana della Prima Guerra Mondiale, che, a seguito di un incidente misterioso, si trasforma in un maiale antropomorfo. Da quel momento, con il nome di battaglia “Porco Rosso” e il suo idrovolante rosso, decide di ritirarsi dal mondo militare e vivere come cacciatore di taglie. Una scelta che, in apparenza, è un semplice desiderio di libertà, ma che si carica di significati più profondi. In questo film, il volo non è solo un’abilità tecnica, ma una metafora di evasione e ribellione, un modo per sentirsi liberi di fronte a un mondo che sembra opprimente e privo di speranza.

Ma Porco Rosso non è solo un’avventura con aerei e pirati del cielo, è anche una potente allegoria contro il fascismo. La scelta di Miyazaki di rendere il protagonista un uomo-maiale non è casuale: se da un lato il maiale è visto nella cultura buddhista come simbolo di ignoranza e autoinganno, dall’altro è anche un animale che suscita simpatia, proprio come lo stesso Miyazaki ha spesso fatto notare riguardo alla sua personale visione del maiale. Il protagonista, Marco, si vede come un reietto della società, proprio perché rifiuta il fascismo e le sue imposizioni, ma lo fa con un senso di dignità che non lo rende mai veramente negativo.

In effetti, il film è noto per il suo approccio sfumato alla moralità. Donald Curtis, il pilota americano e antagonista del film, pur essendo il nemico di Marco, non è mai rappresentato come una figura completamente negativa. Così come il personaggio di Fio Piccolo, la giovane meccanica che diventa un’alleata fondamentale di Marco: la sua presenza è un chiaro omaggio a una delle costanti nei film di Miyazaki – la figura della ragazza giovane e coraggiosa che spinge il protagonista a rimettere in discussione le sue convinzioni.

Il legame con l’Italia, tuttavia, è palpabile e innegabile. Miyazaki, come molti giapponesi della sua generazione, ha nutrito un profondo affetto per il nostro paese, tanto che le location del film richiamano paesaggi italiani, soprattutto della zona dell’Istria e della Dalmazia, dove si sviluppa la trama. Lo stesso idrovolante di Marco, con la sua inconfondibile vernice rossa, sembra evocare l’essenza di un’Italia più romantica, quella dei cieli azzurri e delle coste brulle. Ma al di là dell’omaggio visivo, Porco Rosso tocca un nervo vivo della nostra storia: il rifiuto del fascismo e la lotta per la libertà.

La metafora dell’uomo-maiale, con la sua ambiguità, diventa la lente attraverso la quale esplorare la disillusione di un individuo che ha perso tutto, ma che, attraverso il suo rifiuto dell’orrore della guerra, riscopre una forma di coraggio che va oltre il combattimento fisico. La sua battaglia è prima di tutto interiore, un’epica ricerca di redenzione e di umanità, dove il volo e l’amore perduto rappresentano i suoi ideali di libertà.

Anche la storia del film ha il suo fascino e la sua unicità. Inizialmente concepito come una produzione per una compagnia di volo, Porco Rosso è diventato uno dei più amati e apprezzati film dello Studio Ghibli, non solo per la sua affascinante narrazione, ma anche per il modo in cui affronta temi complessi con leggerezza e profondità. Il personaggio di Marco è un anti-eroe, che si rifiuta di aderire a un sistema che non condivide, vivendo ai margini della società, ma sempre in lotta per qualcosa di più grande di lui.

Quando nel 2003 il film è stato finalmente distribuito in Italia, è stato accolto con grande entusiasmo, ma anche con una certa frustrazione, dato che l’edizione in italiano era stata rimandata più volte e solo nel 2010 è stata presentata in una versione restaurata e sottotitolata, che ha restituito la vera essenza del film al pubblico italiano.

Oggi, a distanza di oltre vent’anni dalla sua uscita, Porco Rosso è diventato un film simbolo, non solo di una giapponese riflessione sul fascismo e sulla guerra, ma anche un omaggio a un’Italia che, seppur attraversata dal dolore e dalla lotta, ha sempre saputo rialzarsi. In questo 25 aprile, il ritorno in sala di Porco Rosso è un’opportunità per rivivere, attraverso gli occhi di Miyazaki, un pezzo della nostra storia e per riflettere sul valore della libertà in un mondo che ancora, troppo spesso, sembra dimenticarlo.

Quindi, che siate appassionati di aviazione, amanti della cultura giapponese o semplicemente alla ricerca di un film che vi faccia riflettere, non lasciatevi sfuggire l’occasione di vedere Porco Rosso in una delle proiezioni speciali. È un’opera che, ancora oggi, continua a parlare di noi.

Shangri-La Frontier – Stagione 2: il ritorno trionfale del guerriero dei “giochi di merda”

Nel vasto e affollato panorama degli anime isekai e fantasy, dove ogni stagione promette mondi meravigliosi e protagonisti overpowered, Shangri-La Frontier continua a distinguersi come un’autentica perla per i nerd e geek amanti dei videogiochi, dell’adrenalina e – perché no – di un pizzico di sarcasmo ben dosato. La seconda stagione dell’adattamento animato tratto dalla light novel di Katarina, trasmessa dal 13 ottobre 2024 al 30 marzo 2025, ha riconfermato tutto ciò che aveva reso memorabile la prima stagione, ma lo ha fatto alzando la posta in gioco: più misteri, nuove sfide, personaggi inediti e quell’inconfondibile combinazione di ironia e tensione che ha conquistato cuori e visori.

Il ritorno di Rakurou Hizutome, alias Sunraku, è stato accolto con entusiasmo quasi religioso dalla community degli appassionati. D’altronde, come si può restare indifferenti di fronte a un protagonista che ha costruito la sua fama nel mondo virtuale affrontando “giochi di merda” – quei titoli mal concepiti, pieni di bug e frustrazione – e che ora si trova catapultato nel regno apparentemente perfetto di Shangri-La Frontier, un MMORPG tanto maestoso quanto insidioso?

La seconda stagione riparte esattamente dove ci eravamo lasciati, senza troppi preamboli, ma con un ritmo inizialmente più misurato, quasi contemplativo. È un modo intelligente per farci respirare l’atmosfera, per ricordarci che ShanFro – com’è affettuosamente soprannominato dai protagonisti – non è solo un’arena per scontri epici, ma un mondo vivo, ricco di sfumature e segreti che attendono di essere svelati. Man mano che la storia procede, però, il ritmo accelera, e lo spettatore si ritrova presto trascinato in un vortice di quest sempre più articolate, nuove aree da esplorare, NPC enigmatici e boss titanici da abbattere.

Tra le novità più attese, spiccano due personaggi destinati a lasciare il segno: Stude, un NPC legato al colosso “Ctarnidd dell’Abisso”, interpretato da Aki Kanada, e Araba, misterioso alleato di Sunraku, doppiato da Tōru Sakurai. Entrambi si inseriscono nel nuovo arco narrativo ambientato nella misteriosa città abissale, un luogo che promette non solo sfide estreme, ma anche rivelazioni cruciali per la lore di ShanFro. L’introduzione di questi NPC non è solo un’aggiunta al bestiario narrativo della serie, ma un vero e proprio ampliamento del suo universo narrativo, che diventa sempre più stratificato e affascinante.

Ma non è solo la storia a brillare. Dal punto di vista tecnico, lo studio d’animazione C2C, già apprezzato per Reincarnato in una Spada, offre una regia solida e animazioni di qualità, con picchi di spettacolarità durante i combattimenti chiave. Certo, qualche episodio di transizione mostra una leggera flessione nella qualità, ma nulla che comprometta l’esperienza globale. Anzi, proprio questa alternanza tra momenti esplosivi e fasi più pacate contribuisce a creare un equilibrio narrativo efficace, in grado di alternare emozioni forti a riflessioni più intime.

E come non menzionare la colonna sonora? La sigla d’apertura, Frontiers di Awich, è un inno alla libertà e all’avventura, mentre realitYhurts dei CVLTE chiude ogni episodio con una vibrazione elettronica che si sposa alla perfezione con il mood cyber-videoludico della serie. Le musiche di sottofondo, firmate dal collettivo Monaca (già autore delle OST di NieR:Automata Ver1.1a), accompagnano con coerenza e potenza ogni svolta narrativa, anche se non tutte riescono a incidere profondamente nella memoria dell’ascoltatore.

Il cuore pulsante della serie, però, resta sempre lui: Sunraku, con la sua maschera da uccello blu ormai iconica, il suo approccio scanzonato ma strategico, e quell’inarrestabile voglia di spingersi oltre i limiti. Attorno a lui orbitano comprimari altrettanto affascinanti, come la letale e affascinante Arthur Pencilgon e il competitivo pro-player Oikattso. Ognuno di loro ha uno spazio narrativo ben delineato, e contribuisce con la propria personalità a rendere la storia più sfaccettata e dinamica. La vera forza di Shangri-La Frontier è proprio questa: un equilibrio perfetto tra narrazione, azione e costruzione dei personaggi.

Le quest, le sfide e i misteri della seconda stagione ruotano anche intorno a figure leggendarie del gioco come Lycagon il Predatore Notturno e Wethermon il Custode della Tomba, creature che sembrano custodire segreti fondamentali per comprendere la vera natura di ShanFro. E sebbene le trame non sempre si distinguano per originalità, la loro costruzione è solida, il ritmo serrato, e il pathos sempre ben dosato. È una serie che non vuole stravolgere le regole del genere, ma che le padroneggia con tale sicurezza e passione da risultare sempre avvincente.

Infine, non possiamo ignorare l’aspetto più “meta” della serie: la commistione tra mondo virtuale e realtà. La seconda stagione approfondisce ulteriormente il rapporto tra Rakurou e la sua vita reale, esplorando come l’esperienza videoludica influenzi la sua quotidianità e viceversa. È un tema che risuona con forza nella community nerd, sempre più abituata a vivere tra login e logout, tra missioni digitali e responsabilità reali.

Con la terza stagione già confermata, le aspettative sono alle stelle. Cosa ci riserverà il futuro? Nuove aree da esplorare? Nuovi colossi da sconfiggere? O magari un colpo di scena che cambierà per sempre le regole del gioco?

Una cosa è certa: Shangri-La Frontier non è solo un anime, è un viaggio. Un viaggio dentro un mondo immaginario che parla però al cuore reale di ogni gamer, di ogni otaku, di ogni appassionato di avventure che si rispettino.

Hai già visto la seconda stagione? Qual è stato il tuo momento preferito? Ti sei lasciato sorprendere da qualche nuovo personaggio o boss fight? Parliamone nei commenti qui sotto e condividi l’articolo con i tuoi amici sui social! Il mondo di ShanFro è vasto e imprevedibile… ed è sempre meglio affrontarlo insieme!

Moonrise: quando un anime originale punta alle stelle ma si perde nell’orbita dell’oblio

Ho sempre avuto un debole per gli anime originali. Non perché siano necessariamente migliori degli adattamenti — anzi, spesso inciampano proprio laddove i manga già rodati vincono facile — ma perché sono, in fondo, dei salti nel vuoto. E quando ho sentito parlare di Moonrise, il cuore ha fatto un balzo. WIT Studio, una regia firmata Masashi Koizuka (sì, proprio lui, quello di Attack on Titan) e la penna visionaria di Tow Ubukata, che ha messo mano a roba come Ghost in the Shell: Arise e Psycho-Pass 2 e 3. In più, distribuito da Netflix. Cos’altro potevo volere? Forse solo un po’ più di coraggio nel promuoverlo, ma andiamo con ordine.

Moonrise è approdato sulla piattaforma il 10 aprile 2025 nel silenzio più cosmico che si potesse immaginare. Nessuna fanfara, nessun teaser pompato, nemmeno una notifica spinta dall’algoritmo. E sì che l’incipit sembrava quello giusto per far innamorare noi amanti della sci-fi malinconica e filosofica. Un futuro in cui la Terra, grazie all’IA Sapientia, vive il suo Eden post-crisi, mentre la Luna viene sfruttata come colonia da spremere fino all’ultimo respiro. Già qui, i parallelismi con il colonialismo, il capitalismo e la distopia automatizzata erano lampanti e intriganti. E poi c’è Jack Shadow, figlio adottivo del boss della Shadow Corporation, che si arruola in cerca di vendetta dopo un attacco devastante ai simboli del potere terrestre: gli ascensori orbitali. A guidare la rivolta lunare, il mitico (e dannato) Bob Skylum, il “Demonio della Luna”.

Nei primi episodi ho visto la luce. Non quella fredda e finta degli spot promozionali, ma quella viva di una narrazione che sa dove vuole andare. Gli spunti sociali erano tanti, la scrittura sembrava voler scavare sotto la superficie e i personaggi, anche se archetipici, promettevano sfumature interessanti. Per un attimo ho pensato: “Ecco, forse ci siamo. Forse finalmente un anime originale che osa davvero”. Ma proprio come in una manovra spaziale mal calcolata, Moonrise ha iniziato lentamente a perdere quota.

Il secondo arco narrativo mi ha fatto quasi urlare alla Luna. Il ritmo rallenta, i flashback si moltiplicano come detriti in orbita, la linearità si frantuma in una struttura che vuole essere ambiziosa ma diventa dispersiva. Jack, che all’inizio sembrava un ragazzo combattuto, fragile e autentico, si appiattisce in una figura più vicina al cliché dell’eroe tormentato che a un personaggio vivo. E i comprimari? Quelli che avevano tanto potenziale? O evaporano nel vuoto siderale o diventano funzioni narrative, pezzi del puzzle messi lì solo per far muovere la trama.

Ma quello che più mi ha ferita, da fanatica dell’animazione giapponese che ama quando le serie osano scavare nelle questioni profonde, è stato vedere idee potenti abbandonate per strada. L’IA che governa il mondo, la giustizia post-umana, la lotta tra oppressi e oppressori… tutti elementi che brillavano come stelle nelle prime puntate e che poi si affievoliscono fino a spegnersi. Solo nel finale cercano di riaffiorare, ma lo fanno in modo frettoloso, come se qualcuno avesse deciso che bisognava chiudere tutto in diciotto episodi, costi quel che costi.

Eppure non riesco a dire che Moonrise sia un completo fallimento. Visivamente, è un trip spaziale. Le animazioni sono mozzafiato, con una regia artistica di Ayumi Yamada e Satoshi Kadowaki che trasforma ogni scena in una tavola da artbook. Le battaglie sono fluide e cinematografiche, gli effetti digitali — tra scie luminose e ologrammi — sembrano usciti da un sogno cyberpunk. E poi il tratto di Hiromu Arakawa, la regina di Fullmetal Alchemist, dà ai personaggi un’umanità che resiste anche quando la sceneggiatura li tradisce. Ogni espressione, ogni gesto, è un richiamo a una profondità che forse la storia non riesce più a sostenere.

La colonna sonora è un altro punto a favore. Ryou Kawasaki, già noto per le sue musiche struggenti in To Your Eternity, riesce a dare anima e respiro anche alle scene più lente. Le sue melodie sanno essere epiche senza strafare, malinconiche senza cadere nel banale. E il doppiaggio italiano, curato da Valerio Sacco, è un piccolo gioiellino: le voci sono azzeccate, le interpretazioni sentite, mai sopra le righe.

Il problema, però, è che tutto questo talento tecnico e artistico è stato soffocato da un formato narrativo che ha tarpato le ali alla storia. Avrei voluto almeno una seconda stagione, o un film conclusivo. Invece Moonrise resta lì, sospeso, incompiuto. E questo non è solo un dispiacere da spettatrice, è il sintomo di un male più profondo: le piattaforme come Netflix stanno trattando gli anime originali come contenuti da catalogo, da consumare in fretta e archiviare ancora più in fretta. Senza promozione, senza costruzione del pubblico, senza fede nella longevità di un’opera.

Moonrise è un’anima perduta nello spazio, un progetto che aveva tutto per essere grande e che invece è finito dimenticato. Ma a noi, spettatori con la testa tra le stelle e il cuore nei mecha, resta il dovere — e il piacere — di cercare queste piccole gemme nascoste. Di guardarle, parlarne, condividerle. Perché se non siamo noi a dare loro voce, chi lo farà?

E tu? L’hai vista Moonrise? Ti ha lasciato quella stessa sensazione di bellezza incompiuta? Raccontamelo nei commenti o condividi l’articolo con chi, come noi, non ha paura di viaggiare fino alla Luna per trovare una buona storia.

35 anni fa, in Italia, debuttava la prima serie de I Cavalieri dello Zodiaco (Saint Seiya)

Il 26 marzo 1990 segna una data storica per l’animazione giapponese in Italia: il debutto de “I Cavalieri dello Zodiaco” su Odeon TV. Questo evento non solo introdusse al pubblico italiano una delle serie anime più iconiche di tutti i tempi, ma contribuì anche a radicare profondamente la cultura anime nella quotidianità dei giovani telespettatori. Accanto a successi consolidati di una decade fondamentale per la definizione della pop culture contemporanea, “I Cavalieri dello Zodiaco” si distinse per il suo intreccio mitologico e la sua straordinaria epicità.

L’anime trae ispirazione dal manga “Saint Seiya – I Cavalieri dello Zodiaco” di Masami Kurumada ed è prodotto dalla Toei Animation. La storia è ambientata in un mondo in cui, nei momenti di maggiore crisi, quando l’umanità sembra sull’orlo della distruzione, un gruppo di guerrieri devoti alla dea Atena si erge a difesa della giustizia. Questi guerrieri, noti come Cavalieri dello Zodiaco, sono protetti da armature ispirate alle costellazioni e suddivisi in diverse categorie in base alla potenza e al materiale delle loro vestigia: i Cavalieri di Bronzo, i Cavalieri d’Argento e i Cavalieri d’Oro. Quest’ultima classe rappresenta l’élite dei combattenti, con dodici membri corrispondenti ai segni zodiacali. Tuttavia, non tutti i cavalieri servono la giustizia: esistono anche i Cavalieri Neri, antagonisti corrotti e nemici giurati di Atena.

L’avventura ha inizio a Nuova Luxor (una reinterpretazione di Tokyo), dove si organizza la Guerra Galattica, un torneo voluto dal Duca Alman di Thule per designare il più forte tra i Cavalieri e assegnargli l’ambita Armatura d’Oro del Sagittario. L’evento è supervisionato da Saori Kido, nipote adottiva del Duca, che presto scoprirà il suo vero destino. I protagonisti della serie sono cinque orfani, cresciuti per diventare guerrieri eccezionali: Seiya (Pegasus), Shiryu (Dragone), Hyoga (Cigno), Shun (Andromeda) e Ikki (Fenice). Ognuno di loro ha affrontato duri allenamenti in diverse parti del mondo, ottenendo infine la propria armatura.

Il torneo viene brutalmente interrotto dall’inaspettata apparizione di Ikki, accompagnato dai Black Saints, che ruba l’Armatura del Sagittario. Questo evento segna l’inizio di una serie di battaglie all’ultimo sangue tra i Cavalieri di Bronzo e i loro oscuri alter ego. Dopo duri scontri, Ikki viene sconfitto e si unisce ai protagonisti, rivelando però un pericolo ancora più grande: Arles, il sovrano usurpatore del Santuario di Atena, ha dichiarato guerra ai Cavalieri fedeli alla dea. Mentre i protagonisti si trovano a combattere battaglie sempre più difficili, scoprono la verità su Saori Kido: ella non è altro che la reincarnazione della dea Atena, destinata a riportare l’ordine nel mondo.

L’arco narrativo del Santuario è tra i più memorabili dell’intera serie. Atena, ferita da una freccia d’oro scagliata dai suoi nemici, può essere salvata solo se i Cavalieri di Bronzo riescono a raggiungere Arles entro dodici ore. Per farlo, devono attraversare le Dodici Case dello Zodiaco, ognuna presidiata da un Cavaliere d’Oro. Questo viaggio si trasforma in una vera e propria odissea, dove i giovani protagonisti affrontano battaglie all’ultimo respiro contro avversari incredibilmente potenti. Tra momenti di sacrificio e atti di eroismo, Shiryu arriva persino a perdere la vista pur di proteggere i suoi amici, dimostrando il valore e il coraggio che accomuna tutti i protagonisti della serie.

La rivelazione finale segna il culmine dell’epicità: Arles si rivela essere il Cavaliere della Terza Casa, diviso tra la sua parte buona e quella malvagia. Solo grazie alla luce riflessa dallo Scudo di Atena, i Cavalieri riescono a salvare la loro dea e a sconfiggere il tiranno. Il momento decisivo avviene quando Seiya, infondendo il potere di tutti i suoi compagni, riesce a scagliare Arles sulla Luna. Tuttavia, è lo scettro di Atena a porre fine definitivamente alle sue ambizioni di dominio.

Il successo della serie in Italia fu amplificato dal doppiaggio, con voci storiche come quella di Ivo De Palma nel ruolo di Pegasus. Le tematiche epiche, i combattimenti avvincenti e la profondità dei personaggi contribuirono a rendere “I Cavalieri dello Zodiaco” una pietra miliare dell’animazione giapponese nel nostro paese. Il suo impatto si estese ben oltre gli anni ‘90, influenzando generazioni di appassionati e consolidando il legame tra il pubblico italiano e la cultura anime. Guardando indietro, è innegabile che il debutto su Odeon TV abbia rappresentato l’inizio di una nuova era per l’animazione giapponese in Italia, facendo de “I Cavalieri dello Zodiaco” una leggenda senza tempo.

Anteprima italiana da fiaba per Biancaneve

Il 20 marzo 2025, Milano ha ospitato l’anteprima italiana del tanto atteso film Disney Biancaneve, una rivisitazione in chiave live-action della celebre fiaba del 1937. Da oggi, il film è finalmente disponibile nelle sale italiane, pronto a incantare il pubblico con la sua magia senza tempo e un cast vocale d’eccezione.

L’anteprima, che ha visto la partecipazione di numerosi volti noti del mondo dello spettacolo e dello sport, è stata un’occasione speciale per scoprire le voci italiane dei protagonisti e ascoltare le canzoni che accompagnano questa nuova versione. Ad aprire la serata, le straordinarie interpretazioni musicali di Serena Rossi, che dà voce alla malvagia Regina Cattiva, ed Eleonora Segaluscio, che interpreta Biancaneve. Le due artiste hanno incantato il pubblico con le canzoni più iconiche del film, creando un’atmosfera magica che ha preparato il terreno per la proiezione del film.

Oltre a Rossi e Segaluscio, hanno preso parte all’evento anche altri membri del cast vocale italiano, tra cui Alessandro Campaiola (Jonathan), Daniele Grammaldo (Mammolo canzoni), Enrico Di Troia (Dotto dialoghi), Marco Manca (Dotto canzoni e Direzione musicale), Francesco De Francesco (Pisolo), e Antonino Saccone (Specchio Magico). A completare il team artistico, il direttore del doppiaggio Marco Mete, la direzione musicale di Virginia Brancucci e Marco Manca, e i testi delle canzoni italiane curati da Lorena Brancucci e PERTITAS.

La proiezione del film ha visto anche la partecipazione di un pubblico variegato, con presenze illustri come Javier Zanetti, Ambra Angiolini, Francesca Barra, Claudio Santamaria, e molti altri. L’atmosfera dell’evento è stata arricchita da un set tematico che evocava la magia della fiaba: tra mele rosse e specchi incantati, gli ospiti hanno potuto immergersi nel mondo di Biancaneve, un classico che continua a far sognare nuove generazioni di spettatori.

Un Film che Ripercorre una Fiaba Senza Tempo

Il nuovo Biancaneve vede Rachel Zegler nel ruolo della protagonista e Gal Gadot nei panni della perfida Regina Cattiva. Diretto da Marc Webb, noto per il suo lavoro in The Amazing Spider-Man, il film è scritto da Erin Cressida Wilson e prodotto da Marc Platt e Jared LeBoff. La storia, che ha incantato il pubblico fin dalla sua prima uscita nel 1937, viene ora riproposta con una nuova veste, arricchita da una scenografia mozzafiato e una colonna sonora che promette di diventare altrettanto iconica.

Il cast vocale italiano, che vede la partecipazione di voci come quelle di Chiara Gioncardi (Regina Cattiva dialoghi) e Gabriele Patriarca (Cucciolo), ha dato vita ai celebri personaggi della fiaba, dai sette nani ai protagonisti della storia, in un’esperienza cinematografica che unisce tradizione e innovazione. La versione italiana è stata curata nei minimi dettagli, con un doppiaggio che rispetta l’essenza del film originale, ma che al contempo conferisce un’anima tutta italiana alla produzione.

Un’Avventura Magica tra Canzoni e Emozioni

Biancaneve non è solo una storia di magia e avventure, ma anche una celebrazione dell’amicizia, del coraggio e della bellezza interiore. Le canzoni, che sono una parte fondamentale del film, sono interpretate con passione da Serena Rossi ed Eleonora Segaluscio, regalando al pubblico un’emozionante esperienza musicale. Le melodie, frutto della direzione musicale di Marco Manca e Virginia Brancucci, accompagnano i momenti salienti della pellicola, dal triste incontro con la mela avvelenata alla trionfante risoluzione finale.

Il film si avvale anche di una supervisione artistica Disney curata da Lavinia Fenu, che ha lavorato affinché la versione italiana non solo fosse fedele all’originale, ma riuscisse a catturare l’essenza delle emozioni universali che Biancaneve trasmette. La produzione si distingue per la cura dei dettagli, sia nelle scene di dialogo che in quelle musicali, dove l’obiettivo è far rivivere ai fan di lunga data e ai nuovi spettatori l’incanto della fiaba.

Gardacon 2025: La Grande Fiera del Fumetto e del Videogioco Torna a Montichiari!

Gli appassionati di fumetti, videogiochi e cultura pop possono già segnare la data: il 22 e 23 marzo 2025 il Centro Fiera Montichiari ospiterà la nona edizione di Gardacon, l’evento imperdibile per nerd, gamer e collezionisti. Con una locandina d’autore firmata da Kira -chan, la manifestazione si prepara a regalare due giorni di puro divertimento, con un’offerta ancora più ricca e coinvolgente rispetto alle edizioni precedenti.

Situata strategicamente tra le province di Brescia, Verona e Mantova, Gardacon è una vera e propria celebrazione della cultura nerd, un punto d’incontro per gli appassionati di fumetti, videogiochi, cosplay e social media. La fiera offre un’esperienza a 360 gradi, con oltre 20.000 metri quadrati di intrattenimento puro.

Videogiochi e Retrogaming: Un Tuffo nella Storia del Gaming

Gli amanti del gaming troveranno centinaia di postazioni con i titoli più amati del momento, tornei competitivi e un’immensa area dedicata al retrogaming. Dai classici arcade su cabinato alle console storiche, passando per computer vintage e titoli cult, i visitatori potranno riscoprire il fascino del passato videoludico e testare le ultime novità del settore.

Fumetti e Artist Alley: Incontra i Tuoi Autori Preferiti

Oltre 40 autori di fumetti saranno presenti per incontri, autografi e disegni dal vivo. L’Artist Alley offrirà uno spazio dedicato ai talenti emergenti e ai grandi nomi del panorama fumettistico, permettendo agli appassionati di scoprire nuove opere e portarsi a casa pezzi unici.

Cosplay, Spettacoli e Show dal Vivo

Gardacon si prepara a stupire ancora una volta con il suo spettacolare cosplay contest, dove i migliori costumi e performance saranno premiati da una giuria d’eccezione. Gli amanti del cosplay potranno godersi un weekend all’insegna della creatività con C’mon Cosplay, tra gare emozionanti e servizi pensati appositamente per loro, come camerini dedicati e l’area SOS Cosplay per gli ultimi ritocchi.

Ma non sarà solo il cosplay a rendere unica questa edizione di Gardacon! Gli appassionati di musica e divertimento potranno sfidarsi al karaoke sulle sigle di anime e musical o partecipare alla versione nerd di Sarabanda, mettendo alla prova la loro conoscenza delle colonne sonore più iconiche.

L’evento ospiterà inoltre alcuni dei volti più amati del mondo dello spettacolo. Sabato 22 marzo salirà sul palco la regina delle sigle animate, Cristina D’Avena, pronta a far rivivere le emozioni della nostra infanzia con i suoi brani indimenticabili. Domenica 23 marzo sarà invece il turno di Giorgio Vanni e la sua band, I Figli di Goku, che faranno cantare e ballare tutti con le sigle di Dragon Ball, Pokémon, Detective Conan e tanti altri classici.

Non mancheranno anche grandi nomi del doppiaggio, che saranno protagonisti dell’evento “Amarcord”, il riconoscimento dedicato ai grandi doppiaggi del passato. Tra gli ospiti speciali ci saranno Renato Novara, la voce di Monkey D. Rufy, Elisabetta Spinelli, indimenticabile Bunny di Sailor Moon, e Claudia Catani, che ha dato voce a icone come Dana Scully di X-Files e Angelina Jolie in Maleficent. A loro si uniranno altre leggende del settore come Ilaria Stagni, Federica De Bortoli, Gianni Bersanetti e Giorgio Locuratolo, pronti a condividere aneddoti e ricordi con il pubblico.

Aree Interattive e Mostra Mercato

Non mancheranno le aree tematiche, con spazi dedicati a fantascienza, modellismo, magia e costruzioni con mattoncini. I visitatori potranno sfidarsi nei board games, esplorare mondi virtuali e scoprire gadget esclusivi. La mostra mercato offrirà una selezione vastissima di fumetti, action figure, collezionabili e memorabilia imperdibili.

Gardacon 2025 si preannuncia come un evento straordinario, capace di far sognare ogni appassionato del mondo nerd. Segui tutti gli aggiornamenti per non perdere le novità e preparati a un weekend indimenticabile!

The Rising of the Shield Hero Stagione 2: Un’analisi della trama, dei personaggi e delle sfide nella seconda avventura dell’Eroe dello Scudo

La seconda stagione di The Rising of the Shield Hero è finalmente arrivata in italiano dopo una lunga attesa, iniziata nel 2020 e prolungata dalla pandemia che ha impattato non solo i tempi di produzione, ma anche la lunghezza dell’anime. Mentre la prima stagione era composta da ben 25 episodi, questa seconda stagione si limita a 13, con una conseguente accelerazione del ritmo narrativo che, purtroppo, ha avuto degli effetti negativi sulla trama e sullo sviluppo dei personaggi.

Dopo la conclusione della prima stagione, che aveva visto Naofumi Iwatani affrontare sfide enormi e crescere come eroe, la seconda stagione riprende la storia proprio dove si era interrotta. Naofumi, il nostro Eroe dello Scudo, si trova ora a fronteggiare una nuova minaccia, rappresentata dalla Tartaruga Spirituale, una creatura leggendaria capace di annientare tutto ciò che si trova sul suo cammino. La missione per sconfiggere questa gigantesca minaccia lo porta a formare nuove alleanze e a scoprire un complotto molto più grande e complesso di quanto avesse immaginato.

Purtroppo, il cambio di ritmo legato alla riduzione degli episodi si fa sentire sin dai primi minuti della stagione. La narrazione si concentra immediatamente sulla lotta contro la Tartaruga Spirituale, ma questo approccio accelerato lascia poco spazio a quella riflessione e introspezione che avevano arricchito la prima stagione. I personaggi non vengono sviluppati come ci si aspetterebbe, e la relazione tra Naofumi e i suoi compagni, come Raphtalia e Filo, risulta meno incisiva e profonda rispetto a quella a cui eravamo abituati.

Uno dei cambiamenti più evidenti riguarda Naofumi stesso. Se nella prima stagione era un personaggio introverso, diffidente e sempre pronto a combattere per la giustizia a suo modo, in questa seconda stagione sembra diventare improvvisamente più aperto, fiducioso e disposto a collaborare con nuove persone che incontra lungo il suo cammino. Questo cambiamento di atteggiamento, purtroppo, non appare molto coerente con il personaggio che abbiamo conosciuto e amato, e la stagione fatica a giustificarlo pienamente. Solo nel finale, grazie a una serie di eventi significativi, vediamo un ritorno alla sua essenza, con Naofumi che riprende il controllo della sua evoluzione, facendo emergere un’evoluzione più credibile e apprezzabile.

Dal punto di vista tecnico, l’animazione della seconda stagione presenta alti e bassi. Sebbene la produzione sia stata gestita da Kinema Citrus e DRMOVIE, lo studio che ha già contribuito alla qualità della prima stagione, la pandemia ha inevitabilmente influito sul comparto visivo. Se il comparto 2D riesce ancora a mantenere uno standard di qualità, la CGI non è sempre all’altezza delle aspettative. Alcune sequenze, infatti, risultano un po’ più rigide e meno fluide rispetto a quelle della prima stagione, il che impatta negativamente sull’esperienza visiva, soprattutto durante le scene più dinamiche.

Un altro aspetto che merita di essere sottolineato riguarda il doppiaggio italiano, che ha visto il suo debutto il 7 gennaio 2025. Grazie al lavoro dello studio VSI Rome e alla direzione del doppiaggio curata da Renata Bertolas, i personaggi guadagnano nuova vita nella versione italiana. Federico Viola, che presta la voce a Naofumi, riesce a trasmettere la giusta intensità emotiva, mentre Francesca Bielli e Sabrina Bonfitto danno un’interpretazione convincente a Raphtalia e Filo, rispettivamente. La qualità del doppiaggio arricchisce l’esperienza visiva, soprattutto per chi segue l’anime in italiano su Crunchyroll.

Nonostante i difetti, la seconda stagione di The Rising of the Shield Hero presenta anche spunti positivi. La nuova minaccia che si profila all’orizzonte e la scoperta di una verità più ampia sul mondo e sulle ondate di mostri crea un senso di attesa per i futuri sviluppi. Questi elementi narrativi mantengono alta l’attenzione e promettono un’evoluzione interessante per le prossime stagioni.

Mufasa: Il Re Leone – Un’Immersione Cinematica Unica alle Terme di Caracalla

Il 4 dicembre 2024, Disney Italia ha celebrato l’imminente arrivo di Mufasa: Il Re Leone, il nuovo capitolo della celebre saga, con uno spettacolare evento alle Terme di Caracalla di Roma. La location, uno dei monumenti imperiali meglio conservati della capitale, ha fatto da cornice a un innovativo show di video mapping, che ha animato le maestose architetture antiche con immagini tratte dal film. Questo straordinario spettacolo, realizzato in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma, ha unito arte, tecnologia e cinema, portando sullo schermo la magia del mondo di Mufasa in un’esperienza visiva senza precedenti.

Il regista Barry Jenkins e le voci italiane del film, tra cui Luca Marinelli, Alberto Boubakar Malanchino ed Elodie, hanno preso parte all’evento, proiettando sul grande schermo la potenza visiva delle immagini, accompagnate dalle emozioni che caratterizzeranno il film in uscita il 19 dicembre. Il video mapping, grazie all’utilizzo di proiettori laser di ultima generazione e risoluzione 8K, ha trasformato le imponenti rovine in una tela vivente, dove la storia di Mufasa prende vita attraverso un mix di colori, luci e forme che hanno avvolto i visitatori in un’atmosfera unica.

Il video mapping, che ha visto l’acqua come protagonista dopo 1500 anni, ha mostrato l’intreccio tra il passato e il futuro, celebrando la potenza universale delle storie raccontate attraverso il cinema. Un vero e proprio viaggio simbolico che ha colpito il pubblico, con immagini che riflettevano il cuore pulsante del film.

Nel frattempo, sono stati rilasciati nuovi dettagli riguardo al doppiaggio italiano del film, che vanta un cast di voci straordinarie. Marco Mengoni sarà Simba, mentre Elisa Toffoli darà voce a Nala. Tra gli altri attori troviamo Edoardo Leo (Timon), Stefano Fresi (Pumbaa) e Toni Garrani (Rafiki adulto). A completare il cast anche i nomi di Luca Marinelli (Mufasa), Alberto Boubakar Malanchino (Taka) ed Elodie (Sarabi), che daranno vita ai protagonisti di questa emozionante storia. Inoltre, i giovani Mufasa e Taka sono interpretati rispettivamente da Mattia Moresco e Adriano Trio (per i dialoghi), con Edoardo Veroni a curare le canzoni.

Mufasa: Il Re Leone è un racconto che esplora le origini del leggendario Mufasa, seguendo la sua crescita da cucciolo orfano e solo fino all’incontro con Taka, un leone destinato a cambiare il suo destino. Il film, diretto da Barry Jenkins, mescola live-action e immagini fotorealistiche generate al computer, portando sul grande schermo un’avventura epica e visivamente mozzafiato.

I biglietti per il film sono già disponibili online sul sito ufficiale www.mufasamovie.it, dove gli appassionati possono aggiornarsi sugli ultimi dettagli e prepararsi a immergersi in questa nuova e straordinaria storia.

Con il suo mix di emozioni, cultura e innovazione, Mufasa: Il Re Leone promette di diventare un altro capitolo indimenticabile nel cuore della saga di Il Re Leone, unendo le generazioni e i fan del film originale a una nuova avventura ricca di significato e magia.

Bye Sweet Carole: L’horror incontra la magia Disney

Un mix esplosivo: Disney e horror in un videogioco unico

Hai mai pensato di vivere un’avventura horror ambientata in un mondo fiabesco, con uno stile che ricorda i classici film d’animazione Disney? Bye Sweet Carole è pronto a farti provare questa emozione unica.

Un omaggio alla Golden Age dell’animazione

Sviluppato da Little Sewing Machine, questo videogioco 2D platform con elementi horror e thriller ci catapulta in un’atmosfera oscura e inquietante, realizzata con tecniche di animazione tradizionali che ci riportano alla mente i capolavori Disney della Golden Age. Personaggi carismatici, ambientazioni ricche di dettagli e una trama avvincente ci accompagnano in un viaggio attraverso un orfanotrofio nascosto e i suoi terribili segreti.

Perché Bye Sweet Carole è speciale:

  • Doppiaggio italiano di alta qualità: Le voci di Rossa Caputo (Lana) e Andrea Seth Marino (Mr. Baesie) danno vita ai personaggi con un’interpretazione coinvolgente.
  • Stile visivo unico: L’accurata animazione a mano e la palette di colori evocativi creano un’atmosfera surreale e inquietante.
  • Una storia intrigante: L’intreccio tra fiaba e horror promette di sorprendere e appassionare i giocatori.
  • Disponibile su più piattaforme: Oltre a Steam, Bye Sweet Carole arriverà nel 2025 su PlayStation 5, Xbox Series X|S e Nintendo Switch.

Un’esperienza di gioco indimenticabile

Se sei un fan dei videogiochi horror e ami l’animazione classica, Bye Sweet Carole è un titolo che non puoi assolutamente perdere.

Preparati a vivere un’esperienza di gioco unica, dove la magia Disney si mescola all’orrore più puro.

Mashle: Magic and Muscles – La Seconda Stagione è Arrivata per Scatenare la Magia dei Muscoli

Dopo il trionfante debutto nel 2023, Mashle: Magic and Muscles è tornato con una seconda stagione che promette ancora più azione, magia e risate. Trasmesse dal 6 gennaio al 30 marzo 2024, le nuove puntate continuano a seguire le disavventure di Mash Burnedead, un giovane senza poteri magici che sfida tutte le leggi della magia con la sua straordinaria forza fisica. Ma cosa possiamo aspettarci da questa stagione?

La prima stagione, andata in onda nel 2023, ha subito conquistato il pubblico con il suo mix di ironia, azione e un protagonista che rompe ogni schema del genere. Mash vive in una foresta isolata con il nonno, allenandosi senza sosta per sviluppare muscoli così potenti da superare qualsiasi incantesimo. La sua avventura inizia quando decide di entrare all’Accademia Magica Easton, spinto dal desiderio di proteggere il nonno. E così, tra sfide e avversari pericolosi, ha preso vita una storia che ha fatto impazzire i fan.

Con la seconda stagione, l’arco narrativo si concentra sugli Esami dei Visionari Divini, un passaggio fondamentale per Mash e i suoi compagni. Questo nuovo capitolo è tutto un esplodere di magia, muscoli e sfide che metteranno Mash di fronte a prove sempre più difficili. In un mondo dove la magia è tutto, lui dimostra che la forza fisica può fare miracoli, facendo emergere tutto il suo stile unico che unisce l’energia dei muscoli e l’ironia della sua impresa.

Dal punto di vista tecnico, la seconda stagione è stata prodotta da A-1 Pictures, lo studio che ha dato vita a grandi successi come Sword Art Online e Blue Lock. La regia è affidata a Tomoya Tanaka, mentre la sceneggiatura è a cura di Yōsuke Kuroda, già noto per il suo lavoro in My Hero Academia. La qualità visiva è arricchita dal character design di Hisashi Higashijima, che porta freschezza ed energia nelle scene di battaglia, con un’animazione dinamica che esalta l’azione. Non possiamo dimenticare la colonna sonora, curata da Masaru Yokoyama, che dà vita a momenti indimenticabili grazie a melodie che amplificano ogni emozione. E per aggiungere un tocco di originalità, la sigla di apertura, “Bling-Bang-Bang-Born” dei Creepy Nuts, è diventata un fenomeno virale, con coreografie che sono state replicate dai fan e dai cosplayer sui social.

Il cast vocale vede il ritorno di Chiaki Kobayashi nei panni di Mash, accompagnato dai doppiatori della prima stagione, come Reiji Kawashima (Finn Ames) e Kaito Ishikawa (Lance Crown), che continuano a portare in vita i personaggi con energia e passione. E a completare il gruppo arriva una new entry di tutto rispetto: Junichi Suwabe, che presta la sua voce al misterioso Ryoh Grantz, aggiungendo ancora più fascino e mistero alla storia.

Questa stagione non è solo un susseguirsi di combattimenti epici, ma anche un viaggio emozionante che esplora il coraggio, la determinazione e la crescita del protagonista. Mash continua a essere un personaggio unico, capace di emozionare e far ridere con le sue imprese straordinarie, che mescolano forza fisica e un’incredibile dose di umorismo. Ogni episodio è un mix perfetto di adrenalina e momenti comici che fanno esprimere al massimo il carattere di Mash.

La seconda stagione è già disponibile su Crunchyroll, con il doppiaggio italiano che segue la scia del grande successo della prima. Se sei un fan della serie, non perdere l’occasione di vivere le avventure di Mash nella sua lingua originale o con il doppiaggio in italiano, per un’esperienza ancora più coinvolgente.

In conclusione, Mashle: Magic and Muscles si conferma una delle serie più fresche e divertenti degli ultimi tempi. La stagione 2 approfondisce il mondo di Mash, ne esplora le relazioni con i compagni e ci regala una trama ricca di sorprese. Con una direzione artistica impeccabile, un cast vocale di alto livello e una colonna sonora che non lascia indifferenti, Mashle continua a fare magie. Se cerchi una serie che mescoli azione, magia e umorismo in modo esplosivo, non c’è dubbio: Mashle: Magic and Muscles è la scelta perfetta. Preparati a una nuova, imperdibile avventura con Mash Burnedead e i suoi compagni di scuola!