Archivi tag: desiderio

La Notte di San Lorenzo: tra stelle cadenti, leggende e meraviglia cosmica

Ogni anno, in un preciso punto della nostra storyline cosmica, la Terra entra in scena per una puntata speciale. È un episodio che non ha bisogno di effetti speciali in CGI, perché il cielo stesso diventa un set perfetto: parliamo della Notte di San Lorenzo, quando lo sciame delle Perseidi regala scie luminose che sembrano scritte nel copione dell’universo. Un evento che, da secoli, fonde scienza e mito in un’unica proiezione sotto le stelle.

Chiunque abbia mai passato la notte del 10 agosto disteso su una coperta, lontano dalle luci della città, sa che non è solo astronomia: è un rito collettivo, un “raduno fandom” a cielo aperto dove astrofili, sognatori e appassionati di fantascienza condividono un momento di pura meraviglia.


L’origine stellare di un fenomeno che viene da lontano

La protagonista di questa saga celeste è la cometa Swift-Tuttle. Immaginatela come un’antica viaggiatrice del cosmo, che ogni 133 anni compie un’orbita attorno al Sole, lasciando dietro di sé una scia di polvere e frammenti rocciosi. Quando la Terra attraversa questo sentiero di detriti, quei minuscoli granelli — spinti a una velocità di circa 60 km al secondo — si incendiano entrando in atmosfera, disegnando quelle “code di luce” che noi chiamiamo stelle cadenti.

Le Perseidi devono il loro nome alla costellazione di Perseo, punto del cielo da cui sembrano provenire. In realtà è solo un effetto prospettico, ma rende il tutto ancora più poetico, come se un eroe mitologico ci stesse lanciando frecce luminose dal passato.


Il cielo di agosto: un planetario naturale

Agosto è il mese perfetto per alzare lo sguardo. L’aria limpida, la temperatura mite e la distanza dalle nebbie invernali rendono le notti estive un invito aperto alla contemplazione. Oltre alle Perseidi, il cielo offre altri spettacoli: il Grande Carro dell’Orsa Maggiore, sempre utile come “mappa stellare” per orientarsi; la costellazione di Cassiopea, con la sua inconfondibile forma a “W”; e, naturalmente, la costellazione di Perseo, la nostra stella ospite per la serata.

Se la fortuna è dalla vostra parte, potreste anche ammirare la Luna piena di agosto, talvolta velata da una leggera tonalità rossastra — la cosiddetta “Luna di sangue” — che aggiunge un tocco da concept art di fantascienza post-apocalittica.


Dal martirio alla leggenda: le lacrime di San Lorenzo

Ma come siamo arrivati a chiamare queste scie luminose “lacrime di San Lorenzo”? La leggenda ci riporta all’antica Roma del 258 d.C., quando Lorenzo, giovane diacono cristiano, venne giustiziato su una graticola ardente. La tradizione popolare vuole che, la notte della sua morte, il cielo pianse per lui, versando lacrime di fuoco. Queste “lacrime” cadrebbero ancora oggi nello stesso periodo, trasformando un fenomeno astronomico in un rituale carico di significati.

Nella cultura nerd, questa commistione di mito e scienza ricorda un po’ certe storyline di Star Trek o Doctor Who, dove eventi cosmici reali si intrecciano con leggende e storie personali, creando universi narrativi dove la verità è tanto affascinante quanto la finzione.


Come, dove e quando vivere la magia

Il picco delle Perseidi si verifica tra il 10 e il 12 agosto, con una media che può arrivare a 100 meteore all’ora nelle notti migliori. L’osservazione ideale avviene dopo la mezzanotte, quando la Luna cala e il cielo diventa più scuro e profondo. Non servono telescopi o filtri: solo un luogo lontano dall’inquinamento luminoso, una buona coperta e tanta pazienza.

Applicazioni come Stellarium, SkyView o Google Sky Map possono aiutare a localizzare costellazioni e pianeti, ma la vera esperienza è a occhi nudi: ogni stella cadente è un fotogramma irripetibile, un “cameo” cosmico che non si ripeterà mai allo stesso modo.


Un rito nerd universale

Ciò che rende la Notte di San Lorenzo unica è il suo potere aggregante. In quei momenti, coppie di innamorati, gruppi di amici, famiglie e persino cosplayer con mantelli Jedi o uniformi della Flotta Stellare condividono un’esperienza che va oltre il singolo interesse. È la consapevolezza di far parte di qualcosa di più grande: una narrazione che il cosmo porta avanti da millenni e alla quale, per una notte, possiamo assistere dal vivo.

In un’epoca dominata dagli schermi e dalle notifiche, alzare lo sguardo e lasciare che il cielo sia il nostro unico feed visivo è un atto rivoluzionario. E sì, ogni nerd che si rispetti sa che, in quell’istante, l’universo sembra ammiccare, come se stesse dicendo: “Ehi, questo momento è solo per te”.


Il potere del desiderio

La tradizione vuole che si esprima un desiderio al passaggio di ogni stella cadente. Sappiamo che scientificamente non c’è alcuna correlazione, ma il gesto è un atto di fede nella bellezza stessa dell’universo. E, in fondo, la cultura nerd ci insegna proprio questo: credere che ciò che immaginiamo possa prendere forma, prima o poi.

Quindi, che si tratti di voler vivere un’avventura alla Mass Effect, di incontrare il Dottore davanti al TARDIS, o semplicemente di sperare in un futuro migliore, ogni desiderio è un piccolo propulsore di sogni.


E adesso tocca a voi

Il 10 agosto non è solo una data: è un portale aperto sul cosmo. Prepariamo zaini, thermos e playlist a tema — magari con le colonne sonore di Interstellar o di Star Wars — e ritroviamoci tutti sotto il cielo. E poi raccontatecelo: quante stelle avete visto? Qual è stato il vostro desiderio più nerd? Avete mai osservato le Perseidi in un luogo epico, tipo una spiaggia deserta o un rifugio in alta montagna?

La sezione commenti è il nostro campo base: condividete esperienze, foto e storie. L’universo è grande, ma le emozioni sono più potenti quando si vivono insieme.

Il fascino dei sogni e delle illusioni: On Swift Horses di Daniel Minahan

Con On Swift Horses, il regista Daniel Minahan porta sul grande schermo l’intensa storia di passioni, desideri inespressi e segreti inconfessabili tratta dal romanzo Cavalli elettrici di Shannon Pufahl. Presentato in anteprima al Toronto International Film Festival del 2024 e in uscita nelle sale statunitensi il 25 aprile 2025, il film si propone come un dramma raffinato e suggestivo, capace di esplorare le fragili dinamiche dei rapporti umani e la ricerca dell’identità in un’America in bilico tra la promessa di un futuro migliore e il peso del passato.

Una trama di desideri repressi e passioni travolgenti

La storia segue Muriel (Daisy Edgar-Jones) e Lee (Will Poulter), una giovane coppia che cerca di ricostruirsi una vita in California dopo il ritorno di lui dalla guerra di Corea. Tuttavia, l’arrivo del carismatico e inquieto Julius (Jacob Elordi), fratello minore di Lee, scuote profondamente le loro esistenze. Ribelle e appassionato giocatore d’azzardo, Julius decide di partire per Las Vegas, dove trova lavoro in un casinò e si innamora di un collega, Henry. La loro relazione si sviluppa tra segreti e attimi rubati, in un motel anonimo che diventa rifugio e prigione al tempo stesso.

Parallelamente, anche Muriel intraprende un percorso di scoperta personale. Rimasta a San Diego, inizia a frequentare le corse dei cavalli e a giocare d’azzardo, trovando nella vicina Sandra una compagna che risveglia in lei sentimenti nuovi e inesplorati. La frase “È proprio vero quello che dicono della California, che tutte le possibilità sono a portata di mano” pronunciata da Muriel nel trailer riflette perfettamente il senso di illusione e libertà che pervade il film.

Un cast di talento e una regia evocativa

La forza del film risiede nella profondità delle interpretazioni del suo cast. Daisy Edgar-Jones, già nota per il suo ruolo in Normal People, offre una performance delicata e intensa, mentre Jacob Elordi, dopo il successo in Saltburn e Priscilla, conferma il suo talento interpretando Julius con una complessità magnetica. Will Poulter, conosciuto per il ruolo di Adam Warlock in Guardians of the Galaxy Vol. 3, aggiunge spessore emotivo a Lee, un uomo tormentato dall’incapacità di comprendere fino in fondo se stesso e chi lo circonda.

Daniel Minahan, con un’esperienza maturata in serie di grande impatto come American Crime Story e Homeland, dirige il film con uno stile raffinato e contemplativo, catturando con sensibilità le tensioni latenti tra i personaggi. La sceneggiatura, firmata da Bryce Kass, cerca di restituire la complessità emotiva del romanzo di Pufahl, immergendo lo spettatore in un’atmosfera sospesa tra il sogno e la disillusione.

Accoglienza e aspettative

Il debutto al Toronto Film Festival ha suscitato reazioni contrastanti. IndieWire ha elogiato il film definendolo “uno straordinario quadro, che intreccia momenti effimeri di magia con il dolore che inevitabilmente segue quando l’universo li porta via”, mentre ScreenRant ha evidenziato alcune debolezze della sceneggiatura, sottolineando tuttavia la straordinaria intensità delle interpretazioni. Collider, pur lodando la bellezza visiva del film, ha criticato la mancanza di un ritmo coerente e di un obiettivo chiaro.

Nonostante qualche riserva critica, On Swift Horses promette di essere un’opera affascinante e struggente, capace di conquistare il pubblico con la sua narrazione sensuale e malinconica. Un viaggio nelle profondità del desiderio e dell’identità, dove il confine tra la libertà e l’illusione si fa sempre più labile.

Dreams: Il nuovo capolavoro di Dag Johan Haugerud che indaga sull’amore, il desiderio e la libertà di espressione

Nel 2024, il regista norvegese Dag Johan Haugerud regala al pubblico un’opera potente e ricca di emozioni, Dreams (Drømmer), che affronta temi delicati e universali come l’amore, la sessualità e la scoperta di sé. Il film è il secondo capitolo di una trilogia intitolata “La trilogia delle relazioni”, che esplora le sfaccettature dei rapporti sentimentali e sessuali in un mondo sempre più giudicante e per certi versi ancora incapace di accettare la libertà di espressione, in particolare quella femminile.

Con Dreams, Haugerud conferma il suo talento nel dirigere storie di forte introspezione e dramma interpersonale, pur mantenendo un equilibrio perfetto tra il pensiero razionale e l’emozione che ne deriva. La protagonista, Johanne, è una ragazza di diciassette anni che si trova a vivere la sua prima, intensa esperienza amorosa. Si innamora della sua insegnante di francese, un sentimento che si fa sempre più palpabile e profondo, ma che, come tutte le esperienze emotive adolescenziali, si mescola e si confonde con le sue fantasie, trasformandosi in un turbinio di sogni, desideri e realtà che fanno perdere i confini tra i due mondi.

Nel tentativo di dare ordine al suo mondo interiore e comprendere meglio le sue emozioni, Johanne inizia a scrivere un diario. Ogni parola, ogni frase, pulsa di passione e paura, ma anche di una curiosità che accompagna ogni adolescenza. La scrittura diventa per lei uno strumento di esplorazione e di fuga, ma anche una via per esprimere ciò che non riesce a dire a voce. Tuttavia, quando sua madre e sua nonna leggono quelle pagine, la loro reazione iniziale è di sgomento. Le parole di Johanne, infatti, sono audaci e svelano un desiderio che nella loro visione del mondo risulta inaccettabile. Col passare del tempo, però, le due donne si rendono conto che quelle parole possiedono una forza autentica, quasi letteraria, e iniziano a vedere in esse un’opportunità di confronto generazionale.

La trama del film si sviluppa attraverso il conflitto interiore di Johanne, ma anche tramite il confronto tra tre generazioni di donne. Questo scontro di visioni sull’amore e sul desiderio spinge tutte e tre le protagoniste a riconsiderare la loro percezione di se stesse e degli altri. Se per la madre e la nonna di Johanne il diario diventa motivo di dibattito, per Johanne il processo di scrittura è un atto di liberazione e di crescita. Le tre donne, pur appartenendo a generazioni diverse, si trovano unite dal comune desiderio di confrontarsi con la verità dell’amore e della libertà, di mettersi in discussione e di aprire gli occhi su quello che il mondo sembra voler mantenere nascosto o nascosto dietro il velo della moralità.

Dreams è un film che si distingue per la sua sensibilità nell’affrontare il tema della sessualità e della scoperta di sé, senza mai scivolare nel sensazionalismo o nell’artificiosità. La regia di Haugerud è sobria, ma mai priva di impatto emotivo. L’uso della parola, spesso potente e diretta, si combina perfettamente con la delicatezza delle immagini, rendendo ogni scena una riflessione visiva sul tema trattato. La fotografia è luminosa e coinvolgente, e contribuisce a mettere in risalto le emozioni che attraversano i protagonisti, in particolare la protagonista Johanne, interpretata dalla talentuosa Selome Emnetu.

Il cast del film è eccellente. Ane Dahl Torp, nei panni della madre di Johanne, porta sullo schermo una figura di donna complessa, piena di dubbi e di contraddizioni, ma anche capace di un’incredibile forza nel confrontarsi con le sfide della maternità e della propria sessualità. Ingrid Giæver, che interpreta la nonna, dona al personaggio una profondità emotiva che riflette le sue esperienze passate e le sue convinzioni ormai radicate. Insieme, queste tre interpreti danno vita a una dinamica familiare che è tanto più universale quanto più intima. Ogni parola, ogni silenzio tra loro, è carico di significato.

Il film è stato accolto con entusiasmo dalla critica internazionale, e il suo successo non è passato inosservato: Dreams ha vinto l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2025, un riconoscimento che ne sottolinea la forza narrativa e il suo impatto emotivo. Il film, distribuito in Italia da Wanted Cinema, arriverà nelle sale italiane il 13 marzo 2025, offrendo al pubblico una visione affascinante e provocatoria sulla crescita, sull’identità e sull’amore.

Questo primo capitolo della trilogia di Haugerud non è solo un film sul desiderio e sull’amore, ma anche un’opera che invita a riflettere sulle dinamiche familiari, sui conflitti intergenerazionali e sulla libertà di espressione. In un mondo che sembra spesso pronto a giudicare, Dreams ci ricorda quanto sia importante ascoltare e accettare le storie degli altri, soprattutto quelle che più ci mettono a disagio. Con il suo sguardo delicato e insieme incisivo, il film si impone come una riflessione profonda e necessaria sulle complessità dei rapporti umani.

Impenetrabile: La Storia di Guarigione e Autodeterminazione di Alix Garin

Impenetrabile, il nuovo graphic novel di Alix Garin, è uno di quei libri che non si dimenticano facilmente. Dopo il successo di Non mi dimenticare, l’autrice belga ritorna in libreria con una storia che, seppur intima e personale, si fa portavoce di temi universali. La sua nuova opera, che arriverà in Italia il 7 marzo 2025 grazie a BAO Publishing, ha già conquistato i cuori dei lettori, vincendo il Premio del pubblico al Festival Internazionale del Fumetto di Angoulême nel 2025. Un riconoscimento che non fa altro che confermare l’intensità e la sincerità di questa storia.

Alix Garin, giovane fumettista classe 1997, si è già guadagnata un posto di rilievo nel panorama fumettistico internazionale. Impenetrabile è un’opera autobiografica in cui l’autrice racconta la sua battaglia contro il vaginismo, una condizione medica che rende impossibile avere rapporti sessuali senza provare dolore. La storia di Garin, che si espone senza freni, è una testimonianza di coraggio, ma anche di un percorso di riscoperta del corpo, del desiderio e della felicità, dentro e fuori dalla coppia.

Le pagine di Impenetrabile non sono solo un racconto di guarigione fisica, ma un vero e proprio viaggio interiore che scava nei meandri della psicologia e dei condizionamenti sociali. Garin esplora la difficoltà di affrontare una condizione così intima in un mondo in cui parlare di sessualità è ancora un tabù. La sua lotta è fatta di sfide mediche, psicologiche, ma anche culturali, e ciò che emerge dalle sue parole è una riflessione profonda sul desiderio, sul piacere e sul senso di colpa che spesso accompagna l’esperienza sessuale.

In uno dei passaggi più significativi, Alix descrive il suo stato emotivo con parole che colpiscono dritto al cuore: “Ero completamente svuotata. Non c’era più nessuna sensazione a risvegliare i miei sensi. Come se non abitassi più nel mio corpo”. Un’immagine potente che comunica la solitudine, la frustrazione e la difficoltà di accettare una realtà che sembra sfuggire al controllo. Ma questo graphic novel non è solo una testimonianza di sofferenza, è anche un atto di resilienza. Garin non si arrende mai, e il suo percorso verso la guarigione diventa un messaggio di speranza per chiunque stia affrontando difficoltà simili.

Nonostante il tema delicato, Impenetrabile non è un’opera che mira a suscitare pietà. Anzi, è una storia di empowerment e di autodeterminazione. Alix Garin, con il suo stile audace e sincero, invita i lettori a mettere in discussione le convenzioni sociali che ruotano attorno alla sessualità e al rapporto di coppia. La sua riflessione sul desiderio e sul piacere va oltre la sfera fisica, coinvolgendo anche l’aspetto emotivo e psicologico di ogni relazione. Il libro diventa così una sorta di guida per chiunque desideri comprendere meglio se stesso, il proprio corpo e la propria felicità.

L’impatto di Impenetrabile va ben oltre la sua valenza personale. È un’opera che sfida le norme, che ci invita a non nasconderci dietro il giudizio sociale e a perseguire ciò che ci fa davvero stare bene. Un graphic novel che si fa voce di chi non ha paura di raccontare la propria esperienza, per aiutare gli altri a non sentirsi mai soli. La scelta di trattare il vaginismo in modo tanto diretto è un atto di coraggio che merita di essere celebrato, perché parlare di argomenti così delicati può essere il primo passo per abbattere il muro del silenzio.

Impenetrabile è, dunque, un libro che fa riflettere, che commuove e che, alla fine, regala speranza. Un’opera che si inserisce perfettamente nella scia di quei graphic novel che non si limitano a raccontare una storia, ma che vogliono anche cambiare il modo in cui guardiamo a noi stessi e agli altri. Alix Garin ci regala un’opera d’arte sincera, che non ha paura di essere fragile ma che, attraverso quella fragilità, diventa un potente atto di forza.

Non resta che aspettare il 7 marzo 2025 per poter leggere Impenetrabile e immergersi in questa straordinaria storia di guarigione e amore, che sicuramente rimarrà nel cuore di tutti coloro che avranno la fortuna di scoprirla.

“Gli occhi degli altri”: Un dramma ispirato a un caso di cronaca nera che si prepara ad arrivare sul grande schermo

Gli occhi degli altri è il titolo di un’attesissimo film drama che sta suscitando grande interesse nel panorama cinematografico italiano. Il film, attualmente in produzione, si ispira a uno dei più sconvolgenti casi di cronaca nera che ha scosso l’Italia negli anni ’70: il delitto Casati Stampa, avvenuto a Roma nell’estate del 1970. Un caso che ha scatenato un’onda mediatica per la sua natura morbosa e per la curiosa dinamica che ha visto protagonisti un nobile possidente, la moglie e l’amante di quest’ultima.

Il delitto, avvenuto il 30 agosto 1970, vede come principali protagonisti Camillo Casati Stampa Di Soncino, un uomo della nobiltà romana, la moglie Anna Fallarino e il giovane amante di quest’ultima, Massimo Minorenti. La vicenda, che ha avuto ampio risalto sui giornali dell’epoca, è stata resa ancora più scioccante dalla scoperta che Camillo, ben consapevole della relazione tra sua moglie e Minorenti, non solo l’aveva accettata, ma addirittura la incoraggiava, per soddisfare le sue inclinazioni particolari. Una dinamica che, se da un lato può sembrare straordinaria, ha sollevato interrogativi su una visione del matrimonio e della sessualità davvero fuori dal comune.

Il crimine che segnerà la fine tragica di questa storia avviene quando Camillo, rientrato a Roma da una battuta di caccia, scopre che sua moglie sta vedendo Minorenti. Geloso e deluso dalla crescente intimità emotiva della coppia, Camillo esplode in un impeto di violenza, uccidendo sia la moglie che il suo amante prima di togliersi la vita. Il delitto viene scoperto dalla servitù che sente gli spari, ma non entra nella stanza, e le indagini rivelano che Anna è morta prima di Camillo. Un crimine che non solo ha scosso l’Italia, ma ha alimentato un conflitto familiare per l’eredità, mentre i giornali sensazionalisti hanno pubblicato fotografie intime di Anna Fallarino, contribuendo a gettare ulteriore benzina sul fuoco mediatico.

Questa storia inquietante e dolorosa è al centro di Gli occhi degli altri, il film che si preannuncia come una riflessione intensa e profonda sulle dinamiche di potere, gelosia e desiderio che segnano le relazioni umane. Il regista Andrea De Sica, già conosciuto per il suo lavoro in I figli della notte e per episodi di Baby e Wonderbois, si cimenta con una storia che, come affermato dalla protagonista Jasmine Trinca, esplora la visione e lo sguardo, in un gioco di percezioni e desideri che vanno oltre le apparenze. “Il cuore del racconto è lo sguardo, un aspetto che mi interessa perché, da attrice, vengo sempre guardata – ha dichiarato Trinca in una recente intervista a Leggo – quest’uomo la ama e la determina, invece lei vorrebbe solo essere vista”.

Jasmine Trinca, che in questo film interpreta Anna Fallarino, è una delle attrici italiane più talentuose e apprezzate della sua generazione. Recentemente l’abbiamo vista nel film Diamanti e nelle serie TV Supersex, ispirata alla vita dell’attore hard Rocco Siffredi, e La Storia, tratta dal celebre romanzo di Elsa Morante. Accanto a lei, nel cast, troviamo anche Filippo Timi, noto per le sue performance in film come Rapito di Marco Bellocchio, Le otto montagne e per la serie TV Dostoevskij. Con una carriera in continua ascesa, Timi si conferma uno degli attori più eclettici e capaci della scena cinematografica italiana.

Le riprese di Gli occhi degli altri si sono svolte tra ottobre e novembre 2024 nelle suggestive località dell’Argentario e di Capalbio, che hanno fornito la cornice perfetta per una storia così intensa e drammatica. La produzione è curata da Vivo Film e Tarantula, con l’uscita prevista per il 2025. Il film promette di portare sul grande schermo una storia avvincente, caratterizzata da una forte componente psicologica e una riflessione profonda sui meccanismi umani che si celano dietro la violenza e il tradimento.

Con Gli occhi degli altri, Andrea De Sica si conferma come un regista capace di esplorare temi complessi e scomodi, utilizzando il cinema per mettere in luce le fragilità e le contraddizioni della natura umana. Un film che non solo ripercorre uno degli omicidi più scandalosi della cronaca italiana, ma che offre anche uno spunto di riflessione su come le nostre percezioni e i nostri desideri possano diventare la forza motrice delle scelte più radicali e distruttive.

Ci vediamo in agosto: un tuffo nell’anima di Márquez e un inno alla libertà femminile

Amanti di Gabriel García Márquez, tenetevi forte! Dagli archivi dello scrittore colombiano, scomparso quasi dieci anni fa, emerge un romanzo inedito: Ci vediamo in agosto.

Un’opera che mancava, rimasta nel cassetto, parzialmente incompiuta, ma che ci regala la magia inconfondibile di Gabo.

La storia ruota attorno ad Ana Magdalena Bach, una donna quasi cinquantenne che ogni anno, il 16 agosto, si reca sull’isola dei Caraibi dove è sepolta sua madre.

Un viaggio che diventa un’occasione per trasformarsi, per esplorare la propria sensualità e sondare i misteri dell’amore e dei rimpianti.

Lo stile di Márquez risplende in ogni pagina: musicalità, variazioni sul tema, riflessioni profonde e una scrittura che cattura l’anima.

Ci vediamo in agosto è un inno alla libertà, un omaggio alla femminilità e un’esplorazione del desiderio che non si affievolisce con l’età.

Un’occasione imperdibile per immergersi nuovamente nella poetica di uno dei più grandi scrittori del nostro tempo.

#GabrielGarciaMarquez #CiVediamoInAgosto #RomanzoInedito #LetteraturaLatinoamericana #Nobel #CentAnniDiSolitudine #LAmoreAiTempiDelColera #AnaMagdalenaBach #Libertà #Femminilità #Desiderio #Rimpianto #Magia #Scrittura

The Governesses: Un film audace che sfida le convenzioni

“The Governesses” è uno di quei progetti che suscita una curiosità viscerale, tanto per la sua trama quanto per il cast che promette scintille. Il film, basato sull’omonimo romanzo di Anne Serre, sembra destinato a diventare un’esperienza cinematografica audace, capace di toccare temi controversi e affascinanti come ribellione, desiderio e libertà sessuale. La storia si svolge in una grande casa di campagna, dove tre giovani governanti hanno il compito di educare un gruppo di bambini. Ma la routine educativa si scompone presto, mentre le protagoniste, immerse nella loro voglia di vivere e rompere gli schemi, trascurano i bambini per dedicarsi a esplorazioni erotiche che accendono la fantasia di chi le circonda. Un mix di trasgressione e mistero che promette di catturare l’attenzione, spingendo lo spettatore a riflettere sulla natura della libertà e del desiderio.

La regia di Joe Talbot, che con il suo debutto alla regia in The Last Black Man in San Francisco ha conquistato il Sundance Film Festival nel 2019, è senza dubbio uno degli aspetti che rende “The Governesses” così affascinante. Talbot si occupa anche della sceneggiatura, coadiuvato da Olivia Gatwood, autrice e poetessa la cui scrittura esplora temi come il passaggio all’età adulta, il femminismo e la violenza di genere. Con una combinazione di talento artistico e impegno sociale, questa collaborazione promette di dare vita a un film che non solo solletica la mente, ma stimola anche il dibattito su temi complessi.

Il cast di “The Governesses” è una vera e propria all-star lineup. Lily-Rose Depp, figlia di Johnny Depp, ha ormai consolidato la sua carriera con ruoli in film come Voyagers e nella serie HBO The Idol. In questo film, interprete di una delle tre governanti, promette di regalare una performance intensa e intrigante. Al suo fianco, troviamo Jung Ho-yeon, divenuta famosa grazie alla serie Squid Game, e Renata Reinsve, che ha fatto incetta di consensi con la sua interpretazione in The Worst Person in the World, per la quale ha vinto il premio come miglior attrice al Festival di Cannes. Un trio di attrici che sicuramente porterà sullo schermo una chimica indimenticabile.

Dietro le quinte, “The Governesses” beneficia della produzione di realtà cinematografiche di altissimo livello, come A24, BBC Film e Element Pictures, con il supporto di Longshot Features, lo studio fondato dallo stesso Talbot. Le riprese, svoltesi in Spagna, contribuiscono ulteriormente a creare un’atmosfera carica di mistero e solitudine, perfettamente in linea con l’isolamento della villa che ospita le vicende del film. La scelta dell’ambientazione, infatti, non è solo funzionale alla storia, ma diventa quasi un personaggio a sé, enfatizzando la sensazione di una realtà sospesa e distante da quella che conosciamo.

L’uscita di The Governesses è prevista per il 2025, ma già ora il film sta alimentando le aspettative. Grazie al suo mix di erotismo, provocazione e narrazione audace, c’è da scommettere che il film diventerà un argomento di discussione per molti. A24, dopo successi come Hereditary e Lady Bird, si conferma come una delle case di produzione più all’avanguardia, sempre pronta a puntare su progetti che non abbiano paura di sfidare le convenzioni. Con The Governesses, la compagnia potrebbe mettere a segno l’ennesimo colpo da maestro, conquistando sia il pubblico che la critica. The Governesses è un film che promette di scardinare le regole e di portare sul grande schermo storie di ribellione e libertà, con protagoniste che sfidano le norme sociali e educative. Grazie a un cast stellare, una regia visionaria e una sceneggiatura provocante, il film si preannuncia come uno degli eventi più attesi del 2025, capace di scuotere le coscienze e lasciare un’impronta indelebile nel panorama cinematografico.

Sarazanmai: l’assurdo meraviglioso di Ikuhara tra desiderio, connessione e kappa zombie

L’eccentrico maestro Kunihiko Ikuhara (La rivoluzione di Utena, Mawaru Penguindrum) è tornato con un’opera folle e ipnotica, un delirio simbolico tra kappa, desideri repressi e una Asakusa surreale. Sarazanmai non è solo un anime: è un rituale visivo sulla fame inestinguibile di autentico contatto umano nell’era della solitudine digitale.

Quando si parla di Kunihiko Ikuhara, si sa che l’esperienza non sarà mai banale. Il regista, un vero e proprio demiurgo di allegorie e simboli, ha lanciato sul mondo dell’animazione la sua ultima provocazione, prodotta dallo studio MAPPA e co-diretta con Nobuyuki Takeuchi: Sarazanmai (さらざんまい). Una serie che, come da tradizione ikuhariana, finisce per essere un labirinto filosofico mascherato da show pop e demenziale. Ambientata nella storica Asakusa di Tokyo, la serie è un’esplosione di colori, folklore e un’incessante speculazione sul significato profondo del desiderio e della connessione.


Kappa Zombie e la Rivelazione dello Shirikodama

La premessa è un innesco narrativo degno di un B-movie surreale: tre ragazzi delle scuole medie – il solitario Kazuki, l’ombroso Toi e l’appassionato calciatore Enta – rompono accidentalmente la statua di un kappa. Non un semplice ornamento, ma il principe del Regno dei Kappa, Keppi, che per punizione li trasforma in creature mitologiche acquatiche. Da questo momento, il loro destino si lega a una guerra assurda: sconfiggere gli “zombie-kappa”, entità generate dai desideri repressi e dalle ossessioni non risolte degli esseri umani.

Il meccanismo di combattimento è il primo capolavoro di genio narrativo. Per battere le creature, il trio deve gridare all’unisono la parola magica: “Sarazanmai”. Questa formula non è solo un grido di battaglia, ma un vero e proprio catalizzatore di intimità forzata. Ad ogni invocazione, i ragazzi si connettono in maniera tanto fisica quanto spirituale, arrivando a rivelare un segreto doloroso o imbarazzante celato nel cuore di uno di loro. Ogni scontro è, in sostanza, una confessione, un atto di esposizione emotiva che, in modo a tratti letterale, li mette a nudo gli uni davanti agli altri.

Ikuhara utilizza qui il folklore giapponese come un bisturi per l’analisi psicologica. Lo shirikodama, la sfera mitologica che i kappa estraggono dall’ano della vittima e che si ritiene contenga l’anima o la forza vitale, diventa la metafora definitiva del legame più intimo. Estrarre lo shirikodama non è un mero fanservice bizzarro, ma il drammatico svelamento della fragilità interiore, la sostanza stessa che unisce o separa gli esseri umani.


La Falsa Prossimità e la Solitudine nell’Era Social

Dietro la facciata di follia pop e design accattivante, Sarazanmai pulsa di una riflessione sorprendentemente lucida sull’epoca contemporanea. Il regista stesso ha espresso il suo interrogativo fondamentale: in un mondo dove, grazie a smartphone e social media, la connessione è un’attività apparentemente costante e quotidiana, che cosa significa davvero “connettersi”?

Questo è il nervo scoperto della serie. I tre protagonisti incarnano tre differenti angolazioni del desiderio di legame e della vergogna che impedisce di ottenerlo autenticamente. Le loro azioni, oscillanti tra l’egoismo più crudo e l’altruismo più commovente, disegnano un’umanità imperfetta che cerca disperatamente l’equilibrio tra l’isolamento autoimposto e l’ineludibile bisogno dell’altro.

Le connessioni in Sarazanmai non sono solo un fatto digitale; sono le corde invisibili che tengono insieme il desiderio e il dolore. L’oggetto simbolo del legame è il miçanga, il braccialetto dell’amicizia che appare ciclicamente: i rapporti, come il braccialetto, si possono intrecciare, spezzare e, con sforzo e volontà, ricucire.


Il Simbolismo Estatico del “Sanmai”

Ikuhara non è mai un regista semplice, ma Sarazanmai, pur mantenendo i suoi leitmotiv (desiderio, colpa, perdita), si rivela forse la sua opera più accessibile. L’allegoria non è un fine, ma un mezzo per affrontare temi universali. Persino il titolo è un enigma linguistico denso di significato: “Sara” (piatto), “san” (tre) e “mai” (danza o piano). Ma se letto nella sua forma completa, “三昧” (sanmai), evoca un termine buddhista che significa stato di profonda concentrazione o estasi. Sarazanmai diventa quindi “l’essere immersi in tre piatti” o, interpretando il sanmai spirituale, “tre persone unite in un solo stato di connessione”. Non è un caso che gli avversari, i kappa-zombie, siano ossessionati da oggetti che hanno perduto, simboli di legami spezzati. Ogni zombie è la manifestazione mostruosa di un desiderio frustrato, della mancanza di connessione.

A fare da contraltare al trio giovanile, la serie introduce l’enigmatico duo di poliziotti, Mabu e Reo. Il loro dramma sentimentale, legato a un passato oscuro e un design impeccabile, incarna l’“adultità” perduta, quella parte della società che ha smesso di credere nella possibilità di legami autentici, rifugiandosi in meccanismi di controllo e negazione.


La Magia Visiva di MAPPA e il Ritmo Pulsante

Lo studio MAPPA conferisce all’opera un’animazione vibrante e fluida, essenziale per rendere credibile la transizione tra l’intimità di una scena quotidiana e la frenesia psichedelica delle sequenze di trasformazione e battaglia. L’estetica è travolgente, quasi teatrale, con una colonna sonora che ne amplifica il lirismo.

Le opening e ending, “Massara” degli KANA-BOON e “Stand by Me” dei The Peggies, sono piccoli, perfetti inni generazionali. Pulsanti di malinconia e vitalità, riescono a condensare l’intero spirito agrodolce della serie.

Sarazanmai chiede agli spettatori di accettare il rischio di perdersi nel nonsense. Ma è un perdersi produttivo, che alla fine sfocia nella catarsi. Nella sua miscela unica di comicità grottesca e struggente malinconia, ogni trasformazione, ogni estrazione di shirikodama, ogni urlo “Sarazanmai!” diventa una piccola, assurda epifania sul significato di essere umani.

È un promemoria essenziale in un’epoca di iperconnessione: la vera unione non è lo scambio di dati, ma la fusione delle anime. E come suggerisce il principe Keppi con il suo sorriso enigmatico, nessuno può vivere senza connessioni. Anche se, a volte, per ritrovarle, dobbiamo prima imparare a superare le nostre paure e le nostre perdite.


Sarazanmai è più di un anime; è un rituale di purificazione lungo undici episodi, un punto d’ingresso ideale nel labirinto di metafore di Ikuhara e, soprattutto, un’esperienza emotiva completa per chi cerca un’opera che parli davvero della nostra condizione nell’era della solitudine condivisa. Lo avete già visto, o siete pronti a farvi estrarre il vostro shirikodama?

In Compagnia dei Lupi

Tanto per riprendere l’argomento dei film tratti da opere letterarie, vi è un film che riuscii a vedere solo un paio di volte, ma che mi sta molto a cuore, uno perché tratta un argomento horror non molto ben sfruttato, quello dei Licantropi, creature che da umane diventano enormi Lupi Mannari (anche se mi chiamo Lupani purtroppo non sono uno di loro ahimè), sia fisicamente che metaforicamente; il secondo motivo è perché io lo considero tra i primi film a essere considerato più che un horror un film Gotico. Il film si intitola “in Compagnia dei Lupi” (The Company of Wolves), film del 1984 a episodi, ispirato ad alcune storie presenti all’interno di una raccolta di storie intitolata “La Camera di Sangue” di Angela Carter. Per rendere più similare la storia cinematografica ai racconti, lo stesso regista Neil Jordan chiese la collaborazione alla stesura della sceneggiatura alla stessa Carter, l’autrice dei racconti utilizzati, che accettò con un po’ di timore in quanto era la sua prima esperienza nel mondo del cinema.

Siamo in Inghilterra in epoca contemporanea (ovviamente il periodo degli anni 80, epoca di uscita del film), in una grande villa ai confini della brughiera, vive Rosaleen una ragazzina adolescente figlia unica di una ricca famiglia, dove trascorre i giorni felice e allegra. Una notte Rosaleen si addormentò e iniziò a fare sogni strani e bizzarri. All’interno del sogno, Rosaleen, si ritrova in una sorta di mondo a metà tra il  fiabesco e il medievale, dove ella vive in un paese coi i genitori e una sorella, vicino a un bosco infestato da feroci lupi i quali attaccano spesso il villaggio, uccidendo bestiame e persone. Una notte, la sorella di Rosaleen, nonostante i divieti dei genitori, si avventura nel bosco e viene aggredita e uccisa dai lupi; dopo il funerale della sorella, Rosaleen anche su consiglio della madre, trascorre la notte a casa della nonna. Qui a casa dell’anziana parente, Rosaleen ascolta attentamente le raccomandazioni che le confida per rimanere al sicuro dai lupi e, mentre le confeziona una mantella rossa, le racconta una storia. Qui ci troviamo in un sogno all’interno di una altro sogno, e il racconto della nonna narra le vicende di un ragazzo dal buon cuore, che, giunto nei pressi di un villaggio, dopo essersi ambientato si innamora ricambiato di una ragazza del posto, alla fine i due si sposano; però la prima notte di nozze, egli viene attratto da una specie di richiamo e scompare nella foresta. A nulla servono le ricerche e vedendo le tracce di lupo nel bosco, la moglie e il resto degli abitanti temono ormai il peggio. Dopo alcuni anni la donna rassegnata si risposa e vive una vita felice avendo anche avuto tre bambini; ma una notte il suo primo marito creduto morto ricompare davanti alla porta di casa, ma egli non è più l’uomo di un tempo: da uomo gentile egli si è trasformato in un essere rabbioso e sgarbato. Appena l’uomo scopre che ella si è risposata, vedendolo come un tradimento, si trasforma in un mostruoso lupo mannaro e si avventa sulla donna e i suoi figli, per fortuna però arriva il nuovo marito della donna che abbatte la bestia. Il mostro morente riprende oltre le sembianze umane anche i tratti gentili che aveva il giorno delle nozze, e qui la donna viene colta da tristezza e angoscia. È mattina e Rosaleen dopo aver passato la notte dalla nonna, ritorna a casa seguendo il sentiero. Arrivata in paese, incontra un ragazzo, il figlio di un vicino, che comincia a farle la corte chiaramente attratto da lei e le chiede se può uscire con lui per una passeggiate nel bosco la domenica dopo la messa, Rosaleen accetta di buon grado. Arriva la domenica e prima di andare a messa la ragazza incontra la nonna, che continua a farle raccomandazioni sui lupi, specie quelli che celano il loro vero aspetto e le racconta un altra storia. Un giovane sta tranquillamente passeggiando nel bosco, quando gli si para di fronte il Diavolo in persona, che gli dona un unguento portentoso, ma con il consiglio di usarlo molto saggiamente. Appena il Diavolo se ne va, il giovane si cosparge completamente con l’unguento e in breve e contro la sua volontà, si trasforma in un orribile creatura. Appena finito il racconto la nonna regala la mantella rossa a Rosaleen, che la indossa subito. Appena finita la messa, Rosaleen e il ragazzo innamorato di lei, fanno la tanto promessa passeggiata nel bosco, qui la ragazza cede alla corte del ragazzo, che la bacia, ma in preda alla vergogna lei scappa via allontanandosi dal sentiero, il ragazzo, mentre cerca Rosaleen, trova delle tracce di lupo e una mucca uccisa, subito va a dare l’allarme al villaggio, qui viene picchiato dal padre di Rosaleen in quanto lo accusa di aver abbandonato sua figlia in balia del lupo, ma ella torna nel villaggio sana e salva; la sera gli uomini del villaggio compreso il padre della ragazza, si preparano e vanno a caccia del lupo perché non faccia altri danni. La madre per tranquillizzare Rosaleen, le racconta una storia di lupi mannari. La protagonista del racconto della madre di Rosaleen, è una giovane donna che venne sedotta e dopo essere rimasta incinta,  abbandonata dal suo seduttore, un giovane nobile della zona, appena saputo che egli si stava sposando con un donna nobile come lui, si reca al matrimonio per cercare vendetta, qui rivela di essere una strega e trasforma lo sposo, la sposa e tutti i nobili invitati in lupi. Coi suoi poteri la giovane strega ne fa suoi schiavi e ordina loro ogni notte di ululare per far addormentare il suo bambino. Finito il racconto, sopraggiunge il padre di Rosaleen che appare euforico. Vedendo gli sguardi di moglie e figlia, racconta che dopo aver seguito le tracce, hanno trovato il lupo e dopo averlo braccato lo hanno abbattuto coi loro fucili, e per festeggiare ogni uomo si è preso un pezzo della bestia, quello preso dal padre della ragazza era la zampa avvolta in un fagotto posato sul tavolo, egli fa vedere il suo “trofeo”, ma pian piano vedono che la zampa di lupo si trasforma in una mano umana. Sconvolti da ciò per liberarsi di un malocchio i tre gettano la mano nel fuoco del camino. Arriva finalmente l’inverno e Rosaleen va come sempre a trovare la nonna seguendo il sentiero come si è sempre raccomandata la parente, qui incontra un cacciatore, che coi suoi modi gentili e il suo fascino comincia a farle delle avances per sedurla; dopo poco, il cacciatore fa una scommessa con la ragazza: ossia che lui grazie all’aiuto delle stelle e grazie alla sua bussola riuscirà ad arrivare alla casa della nonna prima di lei, Rosaleen accetta la scommessa, chi vince avrà un pegno, la ragazza la bussola e il cacciatore un bacio. I due si separano, e in breve tempo il cacciatore arriva prima della ragazza alla casa della nonna, qui la vecchia scopre la vera natura del nuovo venuto e dopo una breve colluttazione, il cacciatore uccide la nonna di Rosaleen. Dopo poco sopraggiunge anche la ragazza, qui il cacciatore imita la nonna per prenderla in giro, dicendole che la nonna tornerà presto, però Rosaleen non ci crede e scopre la sua vera natura ma lui le ricorda che lei ha perso la scommessa e che gli deve un bacio. Come attratta da qualcosa di magico lo bacia, subito dopo lui le rivela che le sue intenzioni sono di divorarla come è nella sua natura, e per difendersi lei gli spara col suo fucile. Ferito gravemente il cacciatore si trasforma davanti alla ragazza in lupo e Rosaleen affascinata dalla sua forma animale e pentita di averlo ferito si avvicina a lui e inizia a consolalo e accarezzarlo, raccontandogli una storia. Dalle porte dell’Inferno, una femmina di lupo mannaro, giunge sulla Terra e si avvicina a un villaggio di notte, nonostante ella non abbia cattive intenzioni, gli abitanti del villaggio la scacciano e uno di essi le spara col suo fucile ferendola. Ferita e spaventata ella si palesa nella sua forma umana e viene scoperta da un vecchio prete, che dopo un primo momento di indecisione si impietosisce, le cura la ferita e la nutre, in quanto per l’uomo ognuno è una creatura bisognosa di aiuto prima o poi. Guarita dalla ferita, la creatura ritorna da dove è venuta calandosi nel pozzo del villaggio. Si fa mattina e i genitori di Rosaleen non vedendola tornare dalla nonna, chiamano a raccolta il villaggio perché li aiutino nelle ricerche temendo il peggio. Appena giunti davanti alla casa della nonna vedono una giovane lupa, temendo che la figlia sia stata uccisa da quell’animale, il padre di Rosaleen prende la mira col suo fucile, però il colpo viene deviato dalla moglie, che riconoscendo negli occhi della lupa quelli di sua figlia, capisce che ella ha scelto di diventare un licantropo e le grida di fuggire per non essere uccisa. Alla fine la ragazza insieme al cacciatore raggiungono così il resto del branco e fuggono attraverso il bosco raggiungendo la casa della Rosaleen “Reale”, che presa dallo spavento si sveglia di colpo, dopo poco dalla finestra irrompe un lupo e Rosaleen urla terrorizzata mentre l’animale si avventa su di lei.

Tra gli interpreti vi è anche Terence Stamp nonostante non sia stato accreditato, nella parte del Diavolo che si presenta davanti al protagonista del racconto della nonna a bordo di una anacronistica Rolls-Royce.

Un film che ha avuto un discreto successo sia di pubblico che di critica, nonostante fosse a basso budget, alla fine esso non è proprio da considerarsi un film horror, ma anzi vista la sua struttura a “cornice” o a “scatole cinesi”, nel quale all’interno della vicenda principale si svolgono vari racconti accavallati, ma con un unico filo conduttore, esso è da considerarsi una specie di allegoria, che segna il passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta utilizzando i lupi mannari come una sorta di metafora, che rappresentano il cambiamento che avviene in tutti in quel periodo di età nel quale molto spesso ci si trova in confusione nei confronti dei primi rapporti “amorosi”. Per quanto mi riguarda, io lo considero un bel film dall’ambientazione Gotico-Fiabesca, e che avrebbe meritato molti più passaggi televisivi, in quanto è come se fosse una specie di rivincita verso i lupi mannari da sempre creduti creature infernali, ma che alla fine, anche loro come tutte le creature viventi, hanno diritto al loro posto nel mondo.