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David Fincher e Squid Game: un binomio esplosivo?

Il celebre regista David Fincher è pronto a tuffarsi in un nuovo progetto che sta già facendo discutere: il remake di Squid Game. Ma perché proprio lui? E cosa ci riserva questa nuova versione della serie sudcoreana che ha conquistato il mondo?

Squid Game: da fenomeno globale a remake controverso

Squid Game, la serie coreana che ha spopolato su Netflix nel 2021, è diventata un vero e proprio fenomeno culturale. La sua trama avvincente e le tematiche forti hanno conquistato milioni di spettatori in tutto il mondo. Non sorprende quindi che sia stata scelta come base per un remake.

Tuttavia, la notizia del remake diretto da David Fincher ha suscitato diverse reazioni. Mentre alcuni fan sono entusiasti all’idea di vedere la serie rivisitata da uno dei registi più talentuosi di Hollywood, altri temono che il remake possa snaturare l’originalità e l’impatto dell’opera originale.

I progetti di Fincher: tra thriller e remake

David Fincher è noto per i suoi film dark e psicologici, come Seven, Fight Club e The Social Network. Il regista ha già dimostrato di saper gestire temi complessi e di creare atmosfere intense. Non è quindi un caso che sia stato scelto per dirigere il remake di Squid Game, una serie che tocca temi come la disuguaglianza sociale, la sopravvivenza e la natura umana.

Oltre a Squid Game, Fincher sta valutando anche il remake di Strangers on a Train, un classico del cinema hitchcockiano. Entrambe le pellicole promettono di essere progetti ambiziosi e di grande impatto.

Perché un remake di Squid Game?

La scelta di realizzare un remake di Squid Game potrebbe essere motivata da diversi fattori:

  • Successo globale: Il successo planetario della serie originale ha reso Squid Game un brand molto forte e appetibile per i produttori.
  • Temi universali: Le tematiche affrontate da Squid Game sono attuali e risuonano con un pubblico vasto e diversificato.
  • Visione autoriale di Fincher: Fincher potrebbe portare una nuova luce alla storia, offrendo una prospettiva diversa e personale.

Cosa aspettarsi da Squid Game: America?

È ancora troppo presto per dire con certezza cosa ci riserverà il remake di Squid Game diretto da David Fincher. Tuttavia, possiamo aspettarci un film cupo, intenso e visivamente spettacolare, in linea con lo stile del regista.

Conclusioni

Il progetto di David Fincher su Squid Game è sicuramente uno dei più attesi degli ultimi anni. Non resta che attendere ulteriori dettagli per scoprire se questo remake sarà all’altezza delle aspettative.

“The Killer”: Michael Fassbender protagonista del nuovo film di David Fincher per Netflix

“The Killer” è il nuovo film di David Fincher, il famoso regista di successi come Se7en, The Social Network e Fight Club. Questa volta, Fincher si ispira all’omonimo fumetto francese scritto da Matz e disegnato da Luc Jacamon per portare sul grande schermo una storia avvincente e piena di suspense.

Il film sarà presentato in anteprima all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il 3 settembre 2023, dove è in concorso per il prestigioso Leone d’oro. Dopo la presentazione a Venezia, “The Killer” avrà una distribuzione limitata al cinema a fine ottobre, per poi essere reso disponibile a livello internazionale in streaming su Netflix dal 10 novembre prossimo.

La trama di “The Killer” segue le vicende di uno spietato sicario che, dopo aver commesso un errore, si ritrova a dover affrontare i propri committenti in una caccia all’uomo su scala globale. Il protagonista è interpretato da Michael Fassbender, attore noto per i suoi ruoli in film come “X-Men: First Class” e “12 anni schiavo”. Nel cast figurano anche altri grandi nomi del cinema come Tilda Swinton, Charles Parnell, Arliss Howard, Kerry O’Malley, Sophie Charlotte, Sala Baker, Emiliano Pernía e Gabriel Polanco.

Per David Fincher si tratta del secondo film realizzato per Netflix dopo “Mank” del 2020. Il regista ha dimostrato ancora una volta la sua abilità nel raccontare storie coinvolgenti e ricche di colpi di scena.

Il fumetto da cui è tratto il film è stato pubblicato in Italia da Eura Editoriale sulle pagine della rivista Lanciostory nel 2002 (numeri 1.416-1.431). Il primo capitolo è stato raccolto in volume da Rizzoli Lizard nel 2010 e al momento in Italia non esiste una riedizione integrale. Se sei un fan del fumetto o semplicemente un amante del cinema d’azione e di suspense, non perdere l’occasione di vedere “The Killer” al cinema o in streaming su Netflix! Con un cast stellare e una regia magistrale, questo film promette di tenerti incollato allo schermo dall’inizio alla fine.

Mindhunter

La serie Mindhunter, prodotta e diretta da David Fincher, è basata sul romanzo omonimo dell’ex agente FBI John E. Douglas. Mindhunter segue la storia di due agenti dell’FBI che cercano di cambiare il sistema di cattura e patteggiamento dei criminali psicologicamente disturbati, studiando a tutti gli effetti una nuova tipologia di assassino. La serie è ambientata negli anni ’70 e segue gli agenti Holden Ford e Bill Tench mentre intervistano serial killer in prigione per capire come funziona la loro mente e utilizzare queste informazioni per risolvere casi di omicidio.

Mindhunter è una serie che si concentra sulla psicologia dei criminali e sulla loro motivazione. La serie non è votata all’azione, ma piuttosto alla narrazione e alla costruzione dei personaggi. La serie è molto lenta e potrebbe non piacere a tutti gli spettatori. Lunghe chiacchierate davanti alla scrivania, in auto, in aule con novellini e via discorrendo possono far storcere il naso, nonostante la costruzione dei personaggi, sia a livello di sceneggiatura che di recitazione, risulti impeccabile e da premiare per la meticolosità con cui è stata costruita.

Alien³ compie trent’anni!

Compie oggi trent’anni il film Alien³,  diretto da David Fincher, con Sigourney Weaver, Charles S. Dutton, Charles Dance, Pete Postlethwaite, Ralph Brown e Paul McGann. Terzo capitolo della celebre saga iniziata nel lontano 1979 con Alien e proseguita nel 1986 con Aliens – Scontro finale, ha avuto un seguito nel 1997 con Alien – La clonazione.

Anno 2179. Sulla USS Sulaco, la nave con cui il tenente Ellen Ripley, il caporale Hicks, la piccola Newt e l’androide Bishop stanno tornando sulla Terra, si verifica un cortocircuito che provoca un incendio, costringendo la nave ad espellere un modulo di salvataggio contenente le capsule criogeniche per un atterraggio di fortuna su Fiorina “Fury” 161, una colonia penale abitata solo da 25 detenuti con la sindrome di Jacobs. Durante l’espulsione delle capsule, uno scanner rivela un Facehugger attaccato al viso di un membro dell’equipaggio.Dopo l’impatto, solo Ripley sopravvive, salvata miracolosamente. Hicks muore a causa di un incidente con la sua capsula criogenica, mentre Newt annega a seguito di un cortocircuito nella sua capsula. Bishop, già disattivato, si danneggia ulteriormente durante l’atterraggio.Ripley si riprende dalle ferite e apprende la morte dei suoi compagni. Sospettando che uno Xenomorfo si sia infiltrato nella nave, chiede di esaminare il cadavere di Newt. Durante il funerale, un cane infettato dallo Xenomorfo dà alla luce una nuova forma letale della creatura. Ripley viene rinchiusa per non subire violenze dai detenuti.Dopo aver riparato Bishop, Ripley scopre che lo Xenomorfo era presente sulla nave. Dopo che la creatura uccide diversi detenuti, Ripley convince gli altri della sua esistenza. Si scopre che Ripley è stata infettata ed ospita un’aliena regina. Una nave della Compagnia atterra per prelevare Ripley e l’embrione Xenomorfo. Dopo un’epica battaglia, Ripley riesce nel suo intento sacrificandosi. Mentre precipita verso il metallo fuso, l’alieno esce dal torace ma viene trattenuto con le mani da Ripley finendo ucciso con lei nel metallo fuso. La colonia penale, senza più nessun prigioniero (tranne Morse, che viene portato via), viene chiusa e smantellata. Il film termina col messaggio di Ripley registrato dopo la vicenda della USS Nostromo, che si ripete incessantemente dentro il relitto della scialuppa di salvataggio della USS Sulaco.

La genesi di Alien 3 è stata estremamente problematica, con numerosi tentativi falliti e cambiamenti di sceneggiatori e registi. Questa lunga gestazione ha inciso negativamente sul risultato finale del film, che viene spesso considerato un insuccesso. La storia di Alien 3 ha avuto diverse fasi di sviluppo, con l’intento di discostarsi dai primi due film e concentrarsi sul ruolo della corporazione e sulla colonia penale come nuovo contesto. Tuttavia, le potenzialità di rinnovamento non sono state sfruttate appieno e il film sembra ripiegare sui cliché già visti nei precedenti capitoli. Dal punto di vista tecnico, si nota il talento di Fincher nella regia e nell’attenzione per i dettagli, soprattutto nelle scene iniziali più investigative. Tuttavia, nella seconda metà del film, l’azione prende il sopravvento e si perde un po’ di profondità e interesse. La fotografia con tonalità calde e la scelta degli effetti speciali, sebbene misti, non sempre coerenti, contribuiscono a creare un’atmosfera distintiva. Le musiche di Elliot Goldenthal sono eleganti e ben realizzate, sebbene non riescano a raggiungere lo status iconico di altri compositori della saga.

In definitiva, Alien 3 presenta buone intuizioni che purtroppo non sono state sviluppate in modo adeguato, a causa dei problemi nel processo di produzione. La paura di osare e la tendenza a riproporre schemi già visti hanno reso il film un risultato complicato e insoddisfacente, non all’altezza dei suoi illustri predecessori.

ALIEN³ DI WILLIAM GIBSON

Sono passati oltre trent’anni da quando venne affidato a William Gibson il compito di sviluppare la sceneggiatura di ALIEN³, terzo capitolo della saga di ALIEN che sarebbe stato diretto da David Fincher e che sarebbe uscito nelle sale di tutto il mondo del 1992.

Precisamente trentadue anni, stando alle cronache. È nel 1987, infatti, che Gibson si mette al lavoro. E, nel giro di alcuni mesi, porta a termine il lavoro. Un lavoro che non vedrà mai la luce. O meglio, non l’ha vista fino a oggi. Finalmente la sceneggiatura di William Gibson prende vita e lo fa diventando un fumetto pubblicato negli USA da Dark Horse e in Italia da saldaPress. Un evento a lungo atteso dai fan di uno degli scrittori di fantascienza più importanti del mondo, anche e soprattutto per il contributo fornito alla nascita del sotto-genere Cyberpunk.

ALIEN³ DI WILLIAM GIBSON è composto in tutto da cinque episodi. I primi due saranno pubblicati da saldaPress nel numero 30 del mensile ALIENS (pagg. 48, euro 3,20), disponibile in edicola e in fumetteria a partire da giovedì 26 settembre. Gli altri, a seguire, nei numeri 31 e 32 del mensile, in uscita a ottobre e novembre. Una straordinaria occasione per tutti i fan di Alien e di William Gibson, dunque, che potranno acquistare il mensile indipendentemente dal fatto di aver comprato o meno i numeri precedenti, e immergersi così in una storia leggendaria, finalmente disponibile.

Il racconto di Gibson si apre con la Sulaco alla deriva nello Spazio e in procinto di entrare nel territorio rivendicato dall’Unione dei Popoli Progressisti, che rifiutano l’uso delle armi. Comprese quelle batteriologiche. Un intercettore dell’Unione sale sulla nave e, prima della fuga, fa una scoperta atroce, che costa la vita a uno di loro. I sopravvissuti a bordo, in seguito, verranno tratti in salvo e si tratta di vecchie conoscenze: RipleyNewt e Hicks. Da quel momento, con l’intervento della Weyland Yutani, le cose diventano terribilmente complicate e pericolose.

ALIEN³ DI WILLIAM GIBSON è una storia magnifica, il capitolo caduto troppo a lungo nell’oblio di una saga che continua a sorprendere. Un capitolo che, nelle mani di David Fincher, sarebbe probabilmente diventato un film di culto. Ora, finalmente, può diventare un fumetto di culto, anche grazie allo splendido lavoro di Johnnie Christmas ai disegni e di Tamra Bonvillain ai colori.

Appuntamento coi primi due episodi di ALIEN³ DI WILLIAM GIBSON sul numero 30 del mensile ALIENS, in uscita in edicola, in fumetteria e nello shop del sito saldapress.com a partire da giovedì 26 settembre.

Zodiac di David Fincher

Durante l’estate del 1968 uno spietato assassino mieteva vittime a San Francisco. Questa è la premessa del film. Una storia realmente accaduta e che fino ad oggi non ha avuto un colpevole. Ed è a questo punto che arriva il film ( basato sull’omonimo libro, “ Zodiac”). Perché di lati oscuri e di dubbi della faccenda te ne fa venire tanti.

Fincher è riuscito con grande maestria a costruire un film che sta fra il docusoap e il thriller, a differenza dell’ “Ispettore Callaghan il caso skorpio è tuo” (film del’ 71 che ricalcava le gesta dell’assassino) questo non è un poliziesco canonico, non esiste un vero protagonista. Il film svela la trama attraverso lo sguardo di diversi personaggi, come in un documentario in cui i rispettivi protagonisti della vicenda sono chiamati a narrare la loro esperienza.

All’inizio è il giornalista Robert Downey Jr.  a interessarsi al caso, poi, la macchina da presa ci fa  notare  questo piccolo ometto in disparte, il vignettista Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal), mettersi al lavoro sulla soluzione degli enigmi che Zodiac recapita alla  testata  giornalistica dove lavorano entrambi. L’azione viene poi spostata sull’agente di polizia Mark Rufallo che segue il caso quando l’omicida arriva a San Francisco.

Il tutto, senza alcuna frenesia, come nel precedente “Panic room”; tutto il contesto ci fa presagire calma come il “desk” su cui lavora il vignettista. La drammaticità è sì costante ma sempre vista attraverso l’occhio oggettivo di una scrivania della redazione o il bancone di un bar, a sorseggiare deliziosi drink hawaiani, e non schotch come nella vecchia tradizione poliziesca.  

 Soluzione dell’enigma non c’è, non possiamo averla, il caso è insoluto.

Anche se il film ci dà una speranza, si divide in due parti: la prima segue lo schema dell’assassino come in una macabra ricostruzione documentaristica, la seconda vede Robert Graysmith (il vignettista) ripercorrere la storia di Zodiac e riprendere tutti i punti tralasciati.

Il film si prospetta speculare, la prima (la ricostruzione del periodo,gli omicidi) e la seconda si completano in un mosaico raccapricciante, sono l’una il complemento dell’altra, come lo sono le quasi tre ore di film nell’intento di comprendere al meglio il lavoro svolto dal regista per costruire questo giallo atipico.

Ricostruzione fatta a tutto tondo, non solo i colori, le scene ci riportano agli anni fra il 1968 e il 1983 ( arco necessario per la stesura del libro Zodiac), anche i tempi dell’azione, troppo veloci nel cinema di oggi nel districarsi dall’intreccio. In Zodiac il  tempo si dilata, ci  mostra brevi cenni della vita di questi uomini e di come alcuni di loro lasciarono il caso, aneddoti simili a quelli dei documentari che riempiono la storia e la fanno più limpida e completa.

Pezzi di puzzle che cercano una risposta che allo spettatore più attento tarderanno a mettere insieme. Sarebbe utile riguardare il film e percepire alcuni incipit, da cui far uscire nuove strade che non sono neppure quelle a cui il film vorrebbe portarci. Ma sto dicendo troppo.

La critica americana non ha gradito l’opera di Fincher, abituata ai suoi ritmi isterici e alle ambientazioni claustrofobiche da lui genialmente costruite.Si spera abbia maggior interesse qui in Europa dove film cosi riflessivi e fuori dai canoni Hollywoodiani sono molto apprezzati.

Da considerare, poi, che il film sia stato girato totalmente in digitale.

E’ un fattore decisivo nella riuscita artistica di quest’opera.

Non sembra affatto un film girato in digitale, eppure è la stessa macchina usata da Mann per girare Collateral e Miami Vaice.

Fincher è riuscito a sfruttare lo sporco del digitale per ricostruire quella patina anni ‘60 in modo magistrale; sicuramente il risultato finale deve qualcosa anche ad una post produzione  ma comunque il risultato è ammirevole.

Fincher con il passare del tempo si sta sempre di più proponendo come un autore di nicchia, abbandonati  gli ambienti claustrofobici che hanno seguito la sua storia, ci propone un opera complessa e asciutta, dai toni riflessivi e con uno spiccato accento al documentaristico.

La strada intrapresa da Fincher è quella della sperimentazione ( digitale)e, comunque, anche in un film riflessivo come questo sa ancora concederci perle del suo personale  tono più macabro, l’omicidio della coppietta in riva al lago ci ricorda la paternità di un Fincher in crescita, e si spera, mai in discesa.

 

di Giulio Cangiano